| |
3-2-21
E così ci siamo eh. Hanno fatto fuori Conte.
Ecco l'annuncio di Mattarella ieri sera, forte di avere evocato IL DRAGO, a cui si prevede già la totale genuflessione di: PD, RADICALI, ITALIAVIA, mentre pure la LEGA e udite-udite i 5S sarebbero 'indecisi'. Salvini ha detto che non hanno pregiudizi (LORO!) su Draghi, basta che 'riapra l'Italia' (massì, la pandemia se l'é inventata Conte in combutta con Speranza, vero pagliaccio verde?).
E il serial killer politico Renzi, ovviamente, esulta.
Ma se è riuscito a fare quel che ha fatto è perché c'era comunanza con ALTRI partiti, a cominciare dal PD, infiltrato da renziani dappertutto, a cominciare da Marcucci ma anche Delrio, e chissà quanti altri. Italia Viva è solo la bad company del PD.
Del resto, cos'altro aspettarsi da un Renzi che prima è d'accordo sulla nascita del Conte-bis, e poi forma dopo 14 giorni, un nuovo partito con 18 senatori e 30 deputati, quel che basta per far saltare il governo quando gli pare? Ovviamente restando in maggioranza, eh. E ha cominciato prestissimo a chiedere 'la resa dei conti': già marzo scorso Renzi parlava di farla finita con Conte. Poi è arrivata la pandemia.
Poi è arrivata l'indagine su Renzi e Boschi per la fondazione Open, novembre 2020.
E subito dopo sono ripartiti gli attacchi a Conte.
Ecco cosa c'é. E nel frattempo Verdini, dopo solo 80 giorni di galera, è stato scarcerato per il rischio COVID. Con Salvini, quello che attaccava il governo per la scarcerazione di tanti delinquenti per questa ragione, che poi è andato a ricevere il nuovamente libero Verdini, nonché suo futuro suocero.
Evviva la coerenza.
Uno schifo totale.
E mentre tutto questo accade, abbiamo ancora 500 morti al giorno di COVIDDI. E dobbiamo anche chiederci come mai gli anticorpi monoclonali siano stati ignorati dall'AIFA, mentre li comprano dall'estero.
Pazzesco.
Renzi provoca la crisi e poi va in Arabia Saudita? Chissenefrega, apparentemente. Dice che tanti altri ex premier lo hanno fatto. Ma non erano più in parlamento, la cosa gli sfugge, ma essendo lui un bullo furbo, sa che in Senato a differenza della Camera, non ci sono regole che vietino questo lobbismo d'accatto.
Governo, Scalfarotto (Italia Viva): "Raccogliamo l'appello di Mattarella, appoggeremo Draghi" - Il Fatto Quotidiano
“Si appoggeremo Draghi, ci siamo rimessi alla saggezza del presidente della Repubblica. Raccogliamo il suo appello”, così Ivan Scalfarotto, di Italia Viva dopo la comunicazione di martedì sera del Presidente della Repubblica. “Maggioranza forte? Dobbiamo dargli il tempo di lavorare, non ha neanche ricevuto l’incarico”, spiega.
Nooo, e chi l'avrebbe detto? Uno dei personaggi più lecchini e svergognati del PD prima e IV poi, che 'accoglie' l'appello di Matteralla che stranamente all'inizio dell'anno aveva chiesto di non buttare la politica in personalismi. E che ha fatto il suo disgustoso boss?
Ma poi senti anche Salvini che dice queste boiate:
Governo, Salvini: "Non abbiamo pregiudizi su Draghi ma in democrazia comanda il popolo. Chi vuole la nostra fiducia riapra il paese" - Il Fatto Quotidiano
Salvini: “Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi”
“Si apre una nuova fase. Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi. Vogliamo parlare di taglio di tasse e apertura dei cantieri con la prospettiva del voto. Votera’ mezza Europa e lo faranno tante citta’ italiane per cui la democrazia non puo’ essere sospesa in questi mesi. Ma non sprechiamo questi mesi”. Lo ha detto Matteo Salvini a Omnibus. (FQ 3-2-21)
Matteo Renzi
@matteorenzi
Ora è il momento dei costruttori. Ora tutte le persone di buona volontà devono accogliere l’appello del Presidente #Mattarella e sostenere il governo di Mario #Draghi. Ora è il tempo della sobrietà. Zero polemiche, Viva l’Italia
ECCERTO, fino a ieri avete sabotato CONTE, adesso applaudite a DRAGHI. Maledetto.
Evvai con un pò di fonti:
Governo del presidente, Mattarella convoca al Colle Mario Draghi. La giornata: Renzi ha fatto fallire la maggioranza per le poltrone. M5s e Pd: "Solo veti e voleva scegliere anche i nostri ministri" - diretta - Il Fatto Quotidiano
Alla fine sarà un “governo del presidente“. Guidato dall’uomo il cui nome viene evocato praticamente dall’inizio della crisi politica: Mario Draghi. Dopo che Matteo Renzi ha rovesciato il tavolo delle trattative facendo fallire il mandato esplorativo di Roberto Fico, Sergio Mattarella ha annunciato di voler “conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili“. Poco dopo ha convocato al Quirinale l’ex presidente della Banca centrale europea per mercoledì alle 12. Toccherà a lui presiedere quello che il capo dello Stato ha definito come un “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica“. Un esecutivo del presidente visto che il capo dello Stato ha rivolto “un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché” gli “conferiscano la fiducia“.
La scelta (obbligata) del presidente – Si chiude così dunque la crisi politica scatenata da Italia viva. Dopo quattro giorni di consultazioni, Fico è salito al Quirinale per comunicare a Mattarella che “allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato l’unanime disponibilità di dare vita ad una maggioranza”. Un faccia a faccia brevissimo, circa 20 minuti, quello tra la terza e la prima carica dello Stato, che sancisce il fallimento dell’esplorazione della terza carica dello Stato. E che ha riconsegnato nelle mani del Qurinale la regia della crisi. Il capo dello Stato aveva già osservato nel pomeriggio come le trattative tra il Pd, i 5 stelle, Leu e Italia viva fossero prossime al naufragio. Dopo aver incontrato Fico ha quindi riflettuto meno di un’ora prima di presentarsi ai giornalisti e tenere un discorso lungo poco più di sette minuti. Il presidente aveva due opzioni: portare il Paese a elezioni anticipate o nominare un governo tecnico che si occupasse dell’emergenza sanitaria, economico e sociale. Dopo aver spiegato perché non considerava percorribile la prima ipotesi, il capo dello Stato ha comunicato di aver scelto la seconda. Una scelta che, con gli elementi sul tavolo del Colle, sembra quasi obbligata. Ma andiamo con ordine.
VEDI ANCHE
Mattarella: “Faccio un appello alle forze politiche per un governo di alto profilo”. L’intervento integrale del Capo dello Stato
Le due strade del presidente –Dopo aver confermato l’esito negativo del mandato di Fico – che ha svolto un mandato “impegnato, serio e imparziale – il presidente ha spiegato di avere “adesso due strade, fra loro alternative”. Quali? “Dare, immediatamente, vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria. Ovvero quella di immediate elezioni anticipate”. La seconda è la strada che il capo dello Stato non ha seguito. È per questo motivo che il presidente ha dedicato la maggior parte del suo tempo a spiegare perché il voto anticipato non era una soluzione percorribile. “Questa seconda strada va attentamente considerata, perché le elezioni rappresentano un esercizio di democrazia – ha chiarito l’inquilino del Colle -Di fronte a questa ipotesi, ho il dovere di porre in evidenza alcune circostanze che, oggi, devono far riflettere sulla opportunità di questa soluzione“. Quali sono queste circostanze? Intanto che “il lungo periodo di campagna elettorale – e la conseguente riduzione dell’attività di governo – coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia”.
Coronavirus, Recovery, allarme sociale: perché non si può tornare alle urne – Un momento fondamentale per diversi motivi, e il capo dello Stato li ha elencati tutti: “Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti. Questo richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni per adottare i provvedimenti via via necessari e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale. Lo stesso vale per lo sviluppo decisivo della campagna di vaccinazione, da condurre in stretto coordinamento tra lo Stato e le Regioni“. Ma non è solo un’emergenza sanitaria a sconsigliare il ritorno al voto. “Sul versante sociale – tra l’altro – a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un Governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale”. Poi ovviamente c’è il Recovery. “Entro il mese di aprile va presentato alla Commissione Europea il piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei; ed è fortemente auspicabile che questo avvenga prima di quella data di scadenza, perché quegli indispensabili finanziamenti vengano impegnati presto. E prima si presenta il piano, più tempo si ha per il confronto con la Commissione. Questa ha due mesi di tempo per discutere il piano con il nostro Governo; con un mese ulteriore per il Consiglio Europeo per approvarlo. Occorrerà, quindi, successivamente, provvedere tempestivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli”. Un sorta di programma a cronometro fatto di scelte che “un governo ad attività ridotta non sarebbe in grado” di fare. “Per qualche aspetto neppure potrebbe – ha sottolineato il custode della Carta – E non possiamo permetterci di mancare questa occasione fondamentale per il nostro futuro”.
Governo del presidente, Mattarella convoca al Colle Mario Draghi. La giornata: Renzi ha fatto fallire la maggioranza per le poltrone. M5s e Pd: “Solo veti e voleva scegliere anche i nostri ministri” – diretta
“Anche col voto anticipato servono mesi per un governo” – È per tutti questi motivi che Mattarella ha escluso le elezioni anticipate. Anche perché in caso di ritorno alle urne sarebbe necessario un periodo molto lungo prima di avere un nuovo esecutivo nel pieno delle sue funzioni. E qui l’inquilino del Quirinale è entrato nel dettaglio: “Va ricordato che dal giorno in cui si sciolgono le Camere a quello delle elezioni sono necessari almeno sessanta giorni. Successivamente ne occorrono poco meno di venti per proclamare gli eletti e riunire le nuove Camere. Queste devono, nei giorni successivi, nominare i propri organi di presidenza. Occorre quindi formare il Governo e questo, per operare a pieno ritmo, deve ottenere la fiducia di entrambe le Camere. Deve inoltre organizzare i propri uffici di collaborazione nei vari Ministeri. Dallo scioglimento delle Camere del 2013 sono trascorsi quattro mesi. Nel 2018 sono trascorsi cinque mesi”. Quindi anche con il voto anticipato “si tratterebbe di tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza di funzioni per mesi cruciali, decisivi, per la lotta alla pandemia, per utilizzare i finanziamenti europei e per far fronte ai gravi problemi sociali”.
“In altri Paesi si è votato obbligatoriamente. Poi sono aumentati i contagi” – Ma non è solo una questione di tempi e compiti che “sono ben presenti ai nostri concittadini, che chiedono risposte concrete e rapide ai loro problemi quotidiani”. Mattarella ha ricordato che un ritorno alle urne nei prissimi mesi avrebbe dovuto fare i conti col fatto che “ci troviamo nel pieno della pandemia. Il contagio del virus è diffuso e allarmante; e se ne temono nuove ondate nelle sue varianti”. E le elezioni “non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare ma includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature. Inoltre la successiva campagna elettorale richiede – inevitabilmente – tanti incontri affollati, assemblee, comizi: nel ritmo frenetico elettorale è pressoché impossibile che si svolgano con i necessari distanziamenti”. Qualcuno dirà: perché allora altri Paesi sono andati comunque alle urne? Mattarella ha previsto anche questa obiezione: “In altri Paesi in cui si è votato – obbligatoriamente, perché erano scadute le legislature dei Parlamenti o i mandati dei Presidenti – si è verificato un grave aumento dei contagi. Questo fa riflettere, pensando alle tante vittime che purtroppo continuiamo ogni giorno – anche oggi – a registrare”. È per tutti questi motivi che il presidente della Repubblica ha scelto di non imboccare la strada del ritorno alle urne. A ben pensarci era una strada sbarrata.
Governo del presidente, Mattarella convoca al Colle Mario Draghi.
La giornata: Renzi ha fatto fallire la maggioranza per le poltrone.
M5s e Pd: "Solo veti e voleva scegliere anche i nostri ministri" - diretta - Il Fatto Quotidiano
“Presto incarico di alto profilo”. Tradotto: governo del presidente. Dopo quattro giorni di consultazioni che non hanno portato a un accordo tra i partiti che sostenevano il governo Conte, il capo dello Stato Sergio Mattarella ha deciso di affidare il mandato all’ex presidente della Bce Mario Draghi, convocato per domani al Quirinale alle ore 12. Si tratterà, come ha detto Mattarella, di “un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica“. La decisione del presidente della Repubblica è arrivata al termine di una giornata convulsa, a tratti confusa, che ha sancito la fine definitiva della maggioranza che ha retto il governo Conte 2. Una fine voluta da Matteo Renzi.
LEGGI ANCHE Mattarella sceglie un governo del presidente e convoca Mario Draghi: “Voto non opportuno con l’emergenza, serve pienezza delle funzioni”
La fine della giornata – Dopo due giorni di tavolo per il programma di governo l’ipotesi di ricucire i rapporti tra Italia viva e il resto della maggioranza sono naufragati all’ultimo. Fumata nera per l’incarico esplorativo di Roberto Fico, che è salito al Quirinale per incontrare il capo dello Stato. “Allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato l’unanime disponibilità di dare vita ad una maggioranza”, ha detto il presidente della Camera dopo aver incontrato il capo dello Stato. Un faccia a faccia brevissimo, circa 20 minuti, che sancisce il fallimento dell’esplorazione della terza carica dello Stato. Poco prima che Fico salisse al Colle, infatti, Renzi aveva rovesciato ogni possibilità di accordo con un tweet: “Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei Niet dei colleghi della ex maggioranza. Ringraziamo il presidente Fico e ci affidiamo alla saggezza del Capo dello Stato”. Un de profundis sul tentativo di ricompattare la maggioranza che sosteneva il governo di Giuseppe Conte.
La rottura del tavolo – La fine delle trattative viene certificata anche dagli altri partiti. “Renzi aveva fatto richieste sugli assetti di governo ancor prima che fosse dato l’incarico a Conte e poi la rottura inspiegabile“, fanno sapere fonti del Pd aggiungendo che il leader d’Italia viva voleva scegliere anche i ministri del Pd. Per Loredana De Petris di Leu i renziani hanno “dato parere contrario su tutto e non si scioglie la riserva su Conte“. “Altro che temi! Poltrone e testa di Conte nonostante un pandemia. Indegno! Elezioni vicinissime, a mio parere! E sono pronto: prontissimo!”, scrive su twitter Gianluca Castaldi, senatore M5S e sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento. Un concetto esteso da una nota ufficiale dei 5 stelle: “Da parte di Matteo Renzi sul tavolo c’era solo la questione delle poltrone. Così facendo ha dimostrato chiaramente che questa era la vera ragione per la quale ha provocato la crisi. Poltrone che ha chiesto, contrariamente a quanto sostenuto in questi giorni. Oltre a chiederle il senatore di Rignano, voleva decidere anche per conto delle altre forze politiche. Inoltre il Movimento 5 Stelle, contrariamente a quanto affermato da fonti renziane, non ha posto alcun veto”. Concetti ripetuti da Vito Crimi che parla di “ostruzionismo di Italia viva” e accusa Renzi di avere “posto davanti all’interesse del Paese l’interesse ad avere qualche poltrona in più”.
Lo scontro sul documento – Sono tutte dichiarazioni di fuoco che arrivano dopo una giornata rovente. A Montecitorio, al tavolo del programmma, litigano persino sulla necessità di produrre un verbale finale. Italia viva, che aveva chiesto un documento con cronoprogramma, ha poi detto sì alla scelta di redigere un verbale di fine riunione ma ha lamentato, alla lettura del testo, che non rispecchiava le diverse posizioni che si sono registrate. Alla fine non si è prodotto alcun verbale. È stato solo l’ultimo scontro, di una gioranta di trattative riferita all’esterno della Sala della Lupa in modo completamente opposto. Una versione era stata raccontata da Renzi ai suoi e poi ai giornalisti con le ormai consuete veline, un’altra da chi sedeva al tavolo di lavoro sul programma. “Qualcuno voleva trasformare il verbale in un contratto di governo ma senza che il presidente incaricato fosse presente. E quel qualcuno, Italia viva, ha dato alle agenzie un racconto sul tavolo non rispondente al vero, dicendo che non c’erano temi convergenti. A nostro avviso i temi convergenti sono molto di più di quelli divisivi. E si era detto che i temi divisivi come il Mes erano fuori dal tavolo”, dice il capogruppo M5S Davide Crippa. “Abbiamo fatto un lavoro importante in questi due giorni con discussioni approfondite. Rimangono distanze, non solo con Iv, anche sull’impostazione di alcuni punti. Siamo fiduciosi che il lavoro per colmare le distanze possa essere fatto da chi dovrà formare il governo e scrivere il programma. Il lavoro proficuo è stato fatto ma non sono state esaurite tutte le questioni”, è invece la versione del capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio uscendo dalla sala della Lupa. Poi altre fonti dem hanno certificato la rottura voluta dai renziani.
Il lodo Orlando, ambiente e scuola: i temi sul tavolo – In mattinata i colloqui erano ripartiti dalla riforma delle giustizia, uno dei temi più delicati. Se sull’obiettivo di riformare il sistema per velocizzare i processi è sembrato possibile che si raggiungesse un’intesa, diverso è il caso della prescrizione, riformata con la legge Spazzacorrotti dal guardasigilli Alfonso Bonafede e malvista dai renziani. La soluzione proposta dai dem è un “lodo Orlando“, che prevede di portare avanti al più presto un ddl sulla riforma del processo penale e, in caso di mancata approvazione entro sei mesi, rimettere mano ai tempi della prescrizione. Una mediazione sottoscritta da M5s e Leu, ma respinta da Italia viva. Renzi, intorno all’ora di pranzo, ha fatto sospendere il tavolo per incontrare i suoi parlamentari e, stando a quando lui stesso ha fatto sapere alla stampa, si è lamentato che gli alleati “non concedono nulla“. Una versione smentita poco dopo da chi era seduto al tavolo, ovvero il vicesegretario Pd Andrea Orlando che ha replicato su Twitter: “Forse ero a un’altra riunione. Non sprechiamo questa occasione”. Ma non solo: “I 5 stelle oggi hanno accettato sulla giustizia quello che non avevano mai accettato prima. Non andare a vedere mi pare pazzesco”, ha scritto Orlando, in una conversazione su Twitter, a proposito dell’intesa sulla prescrizione raggiunta al tavolo del programma. Intesa che, però, Italia viva ha smentito. “I 5 stelle hanno messo a verbale che son d’accordo ad approvare la mia riforma. Altro non so….”, aggiunge il vice segretario del Pd rispondendo al tweet di Pietro Grasso. “Avendo partecipato posso confermare: è andata molto bene. Si sono fatti più passi avanti in quelle due ore che nei mesi precedenti. Non riconoscere che il M5S ha mostrato una nuova disponibilità significa cercare pretesti per rompere e non soluzioni per arrivare a un’intesa”, scrive l’ex presidente del Senato. Secondo quanto riferito dai dem poco dopo, ci sarebbe invece una “significativa convergenza dei gruppi al tavolo” sui temi della “sostenibilità ambientale con la mozione approvata in Senato, e sui temi della scuola con l’esigenza di un rilancio prioritario degli investimenti”. Una convergenza ridotta in fumo dai renziani nel pomeriggio inoltrato.
Le trattative sui nomi – Al di là dei temi, il problema principale è stato rappresentato chiaramente dall’accordo sui nomi. Renzi e i suoi finora non hanno sciolto la riserva su Conte premier e proprio quello è il veto che doveva cadere per far andare avanti le trattative. M5s, Pd e Leu hanno già ribadito che il premier uscente è l’unico equilibrio possibile, mentre Italia viva non ha mai voluto esprimersi. Secondo alcune fonti nel pomeriggio si è tenuto un vertice parallelo al tavolo con Renzi, Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza. Secondo fonti di Italia viva, Crimi avrebbe detto no alla richiesta di sostituire i ministri Bonafede e Lucia Azzolina. In più, sarebbe stato “posto un veto” su Teresa Bellanova al ministero del Lavoro. Pd e M5s però concordano su un punto: Italia viva non ha rimosso veti sul Conte ter e addirittura voleva scegliere i ministri 5 stelle e dem. Una situazione che sembra impossibile da ricomporre. E infatti Fico è salito al Colle per comunicare l’esito negativo del suo mandato esplorativo. Dopo una breve riflessione Mattarella ha convocato Draghi al Colle: sarà un “governo del presidente” a mettere fini alla crisi, visto che il capo dello Stato ha rivolto “un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché” gli “conferiscano la fiducia“.
Crippa (M5s): “Boschi ministra anche se indagata? Andrebbe contro quello che abbiamo fatto in passato. Ma deciderà la maggioranza”
CRONACA ORA PER ORA
21.32 – Mattarella convoca al Quirinale Mario Draghi
Il presidente della Repubblica ha convocato per domani alle 12 al Quirinale l’ex presidente della Bce Mario Draghi.
21.23 – Mattarella: “Appello ai partiti”
“Avverto il dovere di rivolgere alle forze politiche un appello per un governo di alto profilo per far fronte con tempestività alle gravi emergenze in corso”.
21.22 – Mattarella: “Incarico ad alto profilo”
Conto di “conferire al più presto incarico per formare governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”.
21.21 – Mattarella: “Cittadini richiedono risposte urgenti”
“Dallo scioglimento delle Camere del 2013 sono trascorsi 4 mesi” per un governo, nel 2018 “5 mesi”. Si tratterebbe di tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza delle funzioni in mesi cruciali. Tutte queste preoccupazioni sono ben presenti ai nostri concittadini, che chiedono risposte urgente”.
21.19 – Mattarella: “Ora due strade, governo nuovo o voto”
“Ora ci sono due strade alternative: dare immediatamente vita a un nuovo governo adeguato a fronteggiare le emergenze sanitaria sociale economica finanziaria o immediate elezioni anticipate”. Lo ha detto il Capo dello Stato Sergio Mattarella dopo il colloquio con il Presidente della Camera Roberto Fico.
21.17 – Mattarella: “Crisi richiede governo con piene funzioni”
La crisi sanitaria ed economica “richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni e non un governo con l’attività ridotta al minimo”. Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
21.02 – Attesa per dichiarazione di Mattarella
I giornalisti al Quirinale sono in attesa di dichiarazioni del presidente Sergio Mattarella.
21.00 – Orlando (Pd): “Italia viva voleva questa rottura”
“Questa sera c’è stato il suono della campanella: c’erano tutte le condizioni per ricomporre. Abbiamo modificato la posizione dei 5s sulla prescrizione, volendo si poteva trovare un’intesa anche su Anpa. Ho l’impressione che si volesse questa rottura, dietro c’è un disegno politico”. Così il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, a Cartabianca su Rai3.
20.50 – Fico: “Manca unanime disponibilità per una maggioranza”
“Allo stato attuale permangono distanze alla luce della quali non ho registrato unanime disponibilità per dare vita alla maggioranza”. Lo ha detto il Presidente della Camera Roberto Fico al termine del colloquio con il Capo dello Stato.
20.38 – Crimi: “Renzi ha rotto per le poltrone”
“L’obiettivo ora è evidente, l’obiettivo era ottenere qualche poltrona in più. Non abbiamo ricevuto da Iv nessun tipo di rassicurazione su Conte e abbiamo assistito anche al sindacare sui minisetri degli altri. Chi ha cominciato a mettere veti è Renzi,che ha posto davanti all’interesse del Paese l’interesse ad avere qualche poltrona in più”. Lo dice il capo politico M5S Vito Crimi.
20.35 – Crimi: “Da Italia viva ostruzionismo”
“Sono state due giornate intense in cui i capigruppo hanno lavorato ai tavoli tematici. Il risultato di questa giornata adesso credo sia a tutti chiaro. Noi abbiamo fatto dei grandi sforzi, grandi passi avanti nei confronti anche di Iv, con un obiettivo: cercare di dare al paese un governo nel più breve tempo possibile e affrontare le questioni più urgenti. Malgrado questo, abbiamo assistito da parte della delegazione di Iv a una serie di attività quasi ostruzionistiche”. Così il capo politico M5S Vito Crimi, parlando con i cronisti.
20.25 – Fico è arrivato al Quirinale
Il presidente della Camera, Roberto Fico, è al Quirinale per riferire al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’esito del mandato esplorativo ricevuto venerdì scorso, per verificare la possibilità di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente.
20.20 – M5s: “Per Renzi solo poltrone, al tavolo per mercanteggiare”
“Nessuna volontà di aiutare il Paese nel momento più difficile, nessun interesse verso i cittadini italiani o a lavorare per l’interesse della collettività. Da parte di Matteo Renzi sul tavolo c’era solo la questione delle poltrone. Così facendo ha dimostrato chiaramente che questa era la vera ragione per la quale ha provocato la crisi. Poltrone che ha chiesto, contrariamente a quanto sostenuto in questi giorni”. Così in una nota il M5S. “Oltre a chiederle – attacca ancora il M5S – il senatore di Rignano, voleva decidere anche per conto delle altre forze politiche. Inoltre il movimento 5 Stelle, contrariamente a quanto affermato da fonti renziane, non ha posto alcun veto. In queste ultime ore e nei giorni precedenti siamo stati concentrati sui temi e si bisogni degli italiani ma ci siamo trovati di fronte a un leader politico che voleva solo mercanteggiare e cercare pretesti per rompere”.
19.55 – Fico sente Renzi
A quanto si apprende, il presidente della Camera Roberto Fico ha sentito telefonicamente il leader di Iv, Matteo Renzi. La terza carica dello stato sta sentendo anche gli altri big, prima di recarsi al Quirinale dove è atteso alle 20.30 per riferire al Capo dello Stato della sua ‘esplorazionè per la formazione del nuovo governo.
19.50 – Fico alle 20 e 30 al Colle
Il presidente della Camera Roberto Fico alle ore 20:30 si recherà al Quirinale. Lo fanno sapere fonti di Montecitorio.
19.45 – Pd: “Renzi voleva scegliere pure i nostri ministri”
“Renzi aveva fatto richieste sugli assetti di governo ancor prima che fosse dato l’incarico a Conte e poi la rottura inspiegabile”. Lo fanno sapere fonti Pd aggiungendo che Renzi voleva scegliere anche i ministri del Pd.
19.35 – Fumata nera al vertice sui nomi
Fumata nera questo pomeriggio a un vertice di Matteo Renzi con Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza per cercare un’intesa sulla nascita di un governo Conte ter. A quanto apprende l’ANSA da fonti di Italia viva, sia sui temi che sulla squadra, dal Mes al ruolo di Arcuri, non si sarebbero registrate le aperture attese. In particolare, secondo le stesse fonti, Crimi avrebbe detto no alla richiesta di sostituire i ministri Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina. In più, sarebbe stato “posto un veto” su Teresa Bellanova al ministero del Lavoro.
19.30 – Castaldi (M5s): “Elezioni vicinissimi”
“Altro che temi! Poltrone e testa di Conte nonostante un pandemia. Indegno! Elezioni vicinissime, a mio parere! E sono pronto: prontissimo!”. Così su Twitter Gianluca Castaldi, senatore M5S e sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento.
18.50 – Boschi: “Rimangono distanze”
“Rimangono le distanze sui contenuti nonostante il lavoro di questi giorni. Non abbiamo parlato di nomi”. Lo dice Maria Elena Boschi di Italia viva uscendo dalla sala della Lupa.
18.45 – Italia viva: “Documento non rappresenta divergenza”
“Noi abbiamo chiesto il verbale, anzi un documento. Solo che questo verbale non rappresenta le differenze di posizioni”. Così fonti Iv in merito al documento che avrebbe dovuto essere sottoscritto al termine del tavolo del programma. I renziani spiegano che “non siamo contro il verbale, lo abbiamo chiesto noi ma devono esserci raccolte tutte le posizioni, non si possono togliere i punti divisivi”.
18.40 – Nessun verbale alla fine dei lavori
“Non ci sarà un verbale. Si è deciso di non farlo”. Così fonti di maggioranza all’Adnkronos rispetto al documento a fine tavolo del programma.
18.23 – Nessuna intesa sul verbale, Italia viva: non rispecchia posizioni
Non c’è intesa, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, sul verbale che dovrebbe chiudere il tavolo sul programma dopo due giorni di lavori. Italia viva, che aveva chiesto un documento con cronoprogramma, avrebbe poi detto sì alla scelta di redigere un verbale di fine riunione ma avrebbero lamentato, alla lettura del testo, che non rispecchia le diverse posizioni che si sono registrate al tavolo su alcuni temi.
18.20 – Fico atteso al Colle in serata
Il presidente della Camera, Roberto Fico, dovrebbe salire al Quirinale in serata per riferire al capo dello Stato, Sergio Mattarella, l’esito dell’esplorazione, affidatagli lo scorso venerdì, con l’attuale maggioranza che sostiene il governo. Lo streaming della presidenza della Repubblica sarà attivo infatti a partire dalle 19.15 per i cronisti che seguiranno non in presenza l’evento, un orario indicativo visto che al momento la terza carica dello Stato è ancora impegnata a Montecitorio. A conclusione dei tavoli di lavoro infatti dovrebbe esserci un giro di consultazioni con i leader (che potrebbe essere anche telefonico), prima di salire al Colle. A seguire il colloquio con Mattarella e poi le comunicazioni del presidente della Camera che saranno appunto trasmesse in diretta sul sito del Quirinale.
18.00 – Fico incontra la maggioranza
Il presidente della Camera Roberto Fico è entrato nella sala della Lupa dove i rappresentanti della possibile maggioranza hanno completato un verbale dei loro incontri.
16.50 – Marcucci: “Confronto concluso, lavoriamo a conclusioni”
Il lavoro di confronto del tavolo del programma si è “di fatto” concluso. Lo ha spiegato Andrea Marcucci in una pausa. “Stiamo lavorando alle conclusioni”, ha sottolineato il presidente dei senatori Pd. Le varie delegazioni, che avevano lasciato la sala della Lupa per qualche minuto, stanno rientrando alla spicciolata e si attende l’arrivo del presidente Roberto Fico.
16.40 – Finita riunione al tavolo sul programma
Si è conclusa la riunione del tavolo sul programma di governo. Lo hanno riferito alcuni partecipanti lasciando la sala. Ora si sta concludendo la verbalizzazione della due giorni che verrà consegnata al presidente Roberto Fico.
16.20 – Gori (Pd): “Pd lavori a maggioranza ampia e nuovo premier”
“Se Renzi ha interesse a chiudere sul Conte Ter per massimizzare il suo dividendo, per ragioni opposte il Pd dovrebbe puntare ad una maggioranza più ampia (con nuovo premier). Questo se ancora non fosse chiaro che l’Italia ha bisogno di un governo ben più forte e fattivo del precedente”. Lo scrive su Twitter il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (Pd).
16.12 – Carelli lascia M5s: “Ora casa di centro per riunire scontenti”
“Non senza sofferenza interiore annuncio la mia uscita dal Gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle. In questo modo dico addio ad un Movimento che ha perso la sua anima.” Lo afferma il deputato Emilio Carelli. “La mia decisione arriva dopo una lunga riflessione. Mentre entro nel Gruppo Misto della Camera voglio propormi come aggregatore di una nuova componente “Centro – Popolari Italiani”, che potrebbe diventare una casa accogliente per tutti i colleghi che intendono lasciare il Movimento ma temono di restare isolati, ma anche per chi proviene da altri gruppi”, aggiunge.
16.10 – Grasso: “Da renziani pretesto per rompere”
“Avendo partecipato posso confermare: è andata molto bene. Si sono fatti più passi avanti in quelle due ore che nei mesi precedenti. Non riconoscere che il M5S ha mostrato una nuova disponibilità significa cercare pretesti per rompere e non soluzioni per arrivare a un’intesa”. Lo scrive su Twitter il senatore di Leu Pietro Grasso, postando il ‘cinguettiò del vicesegretario dem Andrea Orlando.
15.57 – Orlando: “Su giustizia M5s mai accettato tanto, pazzesco non andare a vedere”
“I 5s oggi hanno accettato sulla giustizia quello che non avevano mai accettato prima. Non andare a vedere mi pare pazzesco”. Lo scrive Andrea Orlando, in una conversazione su Twitter, a proposito dell’intesa sulla prescrizione raggiunta al tavolo del programma. Intesa che, però, Iv ha smentito. “I 5s hanno messo a verbale che son d’accordo ad approvare la mia riforma. Altro non so….”, aggiunge il vice segretario del Pd rispondendo a un altro tweet.
15.45 – Emiliano: “Renzi ha fatto tanto rumore per nulla”
“Possiamo dire che è stato fatto tanto rumore per nulla, perché abbiamo capito che era solo una questione di pesi e contrappesi all’interno del governo. Italia Viva si sta accontentando di avere un ruolo più importante nel governo e, quindi, vedremo figure nuove indicate da Renzi”: lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervenendo a Timeline su Sky TG24, rispondendo ad una domanda su come pensa che si evolverà nelle prossime ore la crisi di governo.
15.15 – Tavolo di lavoro fino a massimo le 18. Possibile secondo giro rapido di consultazioni
Fico si è intrattenuto solo per pochi minuti all’interno della Sala della Lupa dove è in corso il tavolo che durerà massimo fino alle 18. Quando i gruppi avranno terminato, Fico tornerà per ascoltare le conclusioni del lavoro. A quanto si apprende, si sta discutendo ancora sui temi, che poi dovrebbero confluire all’intero di un verbale.
15 – La riunione si concluderà alle 16
È ricominciata la riunione del tavolo di maggioranza sul programma che dovrebbe concludersi attorno alle 16. A verbalizzare l’esito della due giorni di lavori è Loredana De Petris, capogruppo di Leu al Senato.
14.20 – Renzi: “Finora nessun passo avanti”
“Finora non è stato fatto nessun passo avanti su nessun contenuto: fino all’ultimo proveremo a vedere se c’è una disponibilità a una mediazione”. Lo avrebbe detto Matteo Renzi, a quanto si apprende, nel suo intervento in assemblea con i parlamentari di Italia viva.
14.15 – Orlando: “Zero assoluto? Forse ero a un’altra riunione”
“Renzi dice che su giustizia “siamo allo zero assoluto”. Probabilmente sono stato invitato a un’altra riunione.. Apertura su riforma penitenziaria, modifica prescrizione, intercettazioni… Non sprechiamo questa possibilità!”. Lo scrive su Twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, commentando quanto trapela dall’assemblea di Italia viva.
14.07 – Renzi si lamenta: “Non concedono nulla”
“Non stanno concedendo nulla”: Italia viva è “favorevole a un accordo, ma” gli altri partiti “non accettano nessuna mediazione sui temi grossi e non vogliono neppure mettere nulla per iscritto”. Lo avrebbe detto Matteo Renzi, a quanto si apprende, ai parlamentari di Iv in assemblea parlando della trattativa sul governo. Sulla giustizia, avrebbe aggiunto, “lo zero assoluto”.
13.55 – E’ iniziata l’assemblea dei parlamentari di Italia viva
E’ iniziata, a quanto si apprende, l’assemblea dei parlamentari di Italia viva con Matteo Renzi. L’incontro si svolge in videoconferenza, via Zoom.
13.45 – Crippa (M5s): “Il lodo Orlando a noi va bene”
Il lodo Orlando sulla prescrizione “a noi va bene”. Lo ha detto Davide Crippa, del M5s, nella pausa dei lavori del tavolo del programma.
13.40 – Boschi: “Passi avanti? No”
“No”. E’ la risposta secca di Maria Elena Boschi, nella pausa dei lavori del tavolo del programma, alla domanda se ci fossero stati passi in avanti.
13.15 – Richetti (Azione): “L’unica cosa su cui si discute veramente è il rimpasto”
“Stanno governando insieme da 18 mesi e oggi scoprono di non essere d’accordo su nulla. L’unica cosa vera su cui si discute è il rimpasto dei Ministri. L’Italia merita di più”. Lo scrive su Twitter il senatore di Azione Matteo Richetti.
13 – Stop al tavolo tra le 13.30 e le 14.30
Alle 13.30 alle 14.30 saranno sospesi i lavori del tavolo di Montecitorio. Da quanto si apprende, lo stop è dovuto dal contemporaneo tenersi dell’assemblea di Italia viva.
12 – Pd: “C’è accordo su ambiente e scuola”
“Sui temi della sostenibilità ambientale con la mozione approvata in Senato, e sui temi della scuola con l’esigenza di un rilancio prioritario degli investimenti, si è registrata una significativa convergenza dei gruppi parlamentari presenti al tavolo con il Presidente Fico”. Lo fa sapere il Pd.
11.37 – De Petris (Leu): “Il nodo resta Conte”
“Sicuramente questo tavolo è utile, ma non è qui che si scrive il programma del governo. Questo lo si fa assieme al presidente del Consiglio incaricato. Finché non si scioglie questo nodo, qualsiasi lavoro è utile ma non decisivo”. Lo ha detto Loredana De Petris, capogruppo di Leu al Senato, durante una pausa caffè del tavolo sul programma in corso a Montecitorio.
11.35 – I tempi: si va avanti fino alle 15
I lavori del tavolo di confronto alla Camera, andranno avanti fino alle 15 di oggi pomeriggio. I rappresentanti dei partiti che partecipano ai lavori hanno chiesto un prolungamento di due ore, rispetto alla conclusione prevista che era stata fissata per oggi alle 13.
11.27 – Sulla giustizia il Pd propone il “lodo Orlando”
Al tavolo sul programma in corso a Montecitorio il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha proposto un “lodo” sulla prescrizione su cui c’è stata una apertura da parte di M5s, mentre da parte di Iv non è stata sciolta la riserva. Lo riferiscono alcuni partecipanti alla riunione. Orlando ha proposto che la maggioranza si impegni a portare avanti il ddl sulla riforma del processo penale, che accorcia i tempi dei processi, e che se entro sei mesi non viene approvato allora si metterebbe mano alla prescrizione.
10.50 – Fonti dello staff di Di Maio: “Fare squadra per dare forza al Movimento”
“Durante una riunione il ministro Luigi Di Maio ha chiesto a tutti di non essere strattonato per la giacca”: è quanto fanno sapere dallo staff del ministro Di Maio. “Basta giocare e tirare in mezzo il nome del ministro. Ora bisogna fare squadra intorno a chi sta trattando per dare forza al Movimento”, concludono dallo staff del titolare della Farnesina.
10.05 – Scalfarotto: “Non sono così sicuro che ci sarà un Conte ter”
“Non sono così sicuro che sia certo un Conte ter, stiamo ancora discutendo”. Queste le parole di Ivan Scalfarotto, parlamentare di Italia Viva, ad Agorà Rai Tre, sulle trattative per la formazione del nuovo governo.
9.44 – Bellanova: “Se ci sarà bisogno di qualche ora in più, non credo sarà un problema”
“La discussione al tavolo non è solo con Italia Viva”. Così Teresa Bellanova, ai microfoni di Omnibus, su La7. “So che ieri c’è stata già una discussione importante, se ci sarà bisogno di qualche ora in più non credo questo sarà un problema”, sottolinea Bellanova.
9.18 – Scalfarotto: “Nomi quando sarà chiaro il perimetro di maggioranza”
“I nomi potranno arrivare quando avremo chiari i temi e il perimetro della maggioranza”. Così Ivan Scalfarotto, di Italia Viva, risponde ad Agorà, su Rai 3, a una domanda sulla possibilità di indicare il nome di Conte o di un altro premier.
9.17 – Riprendono i lavori al tavolo presieduto da Fico
Al via i lavori della seconda giornata del tavolo programmatico di iniziativa del presidente della Camera Roberto Fico sulla base del mandato esplorativo da lui ricevuto dal presidente della Repubblica. Nella giornata di ieri i lavori si erano protratti fino alle 21. Da quanto si apprende da uno dei partecipanti nella Sala delle Lupa, i rappresentanti dei partiti affrontano subito il tema giustizia facendo venire in aggiunta un esperto per gruppo oltre ai partecipanti coinvolti da ieri.
9.11 – Marcucci: “Ci sono distanze, ma ottimista su accordo”
“Una giornata complicata, un confronto serrato su tante questioni però mi sembra di non aver trovato quanto poi ho letto sui giornali, cioè grandi litigi e grandi scontri. In realtà mi sembra che ci sia uno spirito costruttivo, vediamo come va a finire”: lo dichiara ai microfoni di Fanpage.it il capogruppo del Partito democratico in Senato, Andrea Marcucci. Il senatore dem ha anche raccontato che al maxi tavolo di maggioranza convocato da Fico non si sia discusso di nomi: “Non ci è stato chiesto, stiamo lavorando sui contenuti”. “Certamente ci sono posizioni differenziate, sulla giustizia come sul Mes, però un conto è che le posizioni di partenza siano differenziate, un conto è che sia impossibile trovare un accordo. Io sono tra quelli che pensa sia possibile trovare un accordo”, spiega Marcucci.
9.07 – Boschi: mai chiesto poltrone
“Questo è un tweet di 20 giorni fa. Vale anche oggi”. Lo scrive su Twitter la capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena Boschi ritwittando quanto già scritto un mese fa: “Anche oggi polemiche su di me. Italia Viva ha chiesto al governo di prendere il Mes, non di prendere Meb. Come al solito i 5stelle non leggono fino in fondo. O non capiscono. Servono soldi per la sanità, non poltrone per noi”
L’ultima farsa dei tavoli e le teste da tagliare: così Renzi ha rotto tutto - Il Fatto Quotidiano
Alle 19 Matteo Renzi telefona all’esploratore, Roberto Fico, per dirgli che non ci sono più margini per il Conte ter. “È finita”. Game over. ll distruttore ha distrutto. E forse poteva solo finire così, con un cumulo di macerie. Solo lì poteva fermarsi Renzi, a ciò che ha fatto ieri sera: rovesciare il tavolo
UN NO GENTILE MA NETTO
di Marco Travaglio
Non è vero che l’esplorazione di Fico sia stata totalmente inutile. Non ci ha ridato un governo, ma almeno ha spiegato fino in fondo a chi ancora avesse dubbi cosa c’era dietro la crisi più demenziale e delinquenziale del mondo scatenata da Demolition Man: al netto delle ragioni psicopolitiche, dall’invidia per la popolarità di Conte alla frustrazione per l’unanime discredito che lo precede su scala mondiale (Arabia Saudita esclusa), ci sono l’inestinguibile bulimia di potere, l’acquolina in bocca per i 209 miliardi in arrivo, la fame atavica di poltrone del Giglio Magico e la congenita allergia per una giustizia efficiente e uguale per tutti.
Mentre a favore di telecamere andava in scena lo spettacolo dei tavoli tematici – una farsa dove Iv chiedeva di tutto e di più, forse anche Nizza e Savoia e l’Alsazia-Lorena, e i 5Stelle aprivano financo al “lodo Orlando” per rivedere la blocca-prescrizione se entro sei mesi non fosse passata la legge Bonafede accelera-processi – dietro le quinte si discuteva della ciccia: le famigerate “poltrone”. Mister Due per Cento vi è talmente allergico che voleva passare da due a tre o quattro. Possibilmente anche per la solita Boschi, possibilmente alle Infrastrutture per perpetuare e anzi ingigantire la tradizione dei conflitti d’interessi (Maria Etruria è indagata con l’Innominabile per finanziamenti illeciti, anche da Toto, concessionario autostradale di cui sarebbe diventata il concessore).
Che fosse tutta una questione di poltrone era chiaro fin dall’inizio a tutti, fuorché alle civette sul comò dei talk pomeridiani, che ogni giorno si arrampicano sugli specchi per dar la colpa ora a Conte, ora ai 5Stelle, ora al Pd, ora a fantomatiche “crisi di sistema” pur di proteggere il loro beniamino nell’unico luogo in cui ancora lo prendono sul serio: certi studi televisivi.
Il bello è che il noto frequentatore di se stesso, oltreché ai ministri suoi, pretendeva pure di scegliere quelli altrui. Cominciando, indovinate un po’, da Bonafede, Azzolina, Gualtieri e Arcuri, per mettere le mani su Giustizia, Tesoro, Scuola e acquisti anti-Covid. Mentre le civette ancora gli guardavano le spalle, il Tafazzi di Rignano confessava tutto ai suoi (e all’Ansa): “Crimi non cede su nessun nome”. E meno male che non era una faccenda di poltrone. Ora, perché le cose non finiscano male con governissimi o altri orrori, basta che M5S, Pd e LeU siano coerenti e dicano un garbato ma fermo no all’ammucchiata del Colle e di Draghi, per salvare l’unica coalizione che può competere con queste destre: la via maestra è il rinvio di Conte alle Camere; e, in caso di sfiducia, il voto al più presto possibile. Di regali a Salvini & C. ne ha già fatti troppi il loro cavallo di Troia.
Fatto Quotidiano-3 febbraio 2021
Il ritorno dei draghi – Tommaso Merlo (wordpress.com)
Alla fine ce l’hanno fatta. Cade la testa di Conte e nei palazzi del potere tornano bancari e professori e burocrati d’alto borgo. O almeno questo è il piano. Premeditato. Politicidio e conseguente arrivo dei soliti draghi. Le lobby e i loro giornali festeggiano. Erano mesi che invocavano Mario Draghi come salvatore della patria e son stati accontentati. A sentir loro finisce così la pericolosa ricreazione iniziata il 4 marzo e si torna alla normalità. Poveri illusi. Siamo solo alla consueta sconfitta per la nostra democrazia. Quando i meccanismi democratici s’inceppano in periodi turbolenti, da noi la volontà popolare viene commissariata. La parola passa cioè a bancari e professori e burocrati d’alto borgo invece che ai cittadini. Parrucconi e tromboni dagli occhi spenti e dalla vocina che prendono in mano bilanci e grafici e cominciano a decidere le sorti dei cittadini con la stessa freddezza con cui han sempre gestito le loro stramaledette banche o cattedre o società. Draghi elitari e dalle carriere altolocate senza uno straccio d’empatia che hanno sempre generato anni di macelleria sociale per accontentare i mercati finanziari e rimettere a posto i conti. Ottenuta la testa di Conte in piena pandemia, ecco che si ripete lo schema. E dopo mesi e mesi che lo invocano, ecco che sbarca Mario Draghi tra gli applausi delle lobby e dei loro giornali. Evviva. Nessuno meglio di lui rappresenta decenni di deriva neoliberista. Decenni in cui i cittadini sono stati privati della loro centralità democratica a favore degli interessi economici e finanziari di lobby sempre più ciniche e fameliche. Decenni in cui i soldi e i loro cerimonieri si son mangiati tutto. La politica, la burocrazia, l’informazione. Il cuore. Tutto. Interesse pubblico asservito agli interessi privati. Non solo un obbrobrio democratico ma anche una deriva totalmente fallimentare. Decenni di neoliberismo non hanno affatto risolto l’eterna crisi economica e sociale ma al contrario l’hanno esasperata facendo dilagare la povertà ma anche l’ingiustizia sociale ma anche la corruzione e scatenato un malcontento generalizzato che ha portato all’esplosione populista in senso buono. Cittadini cioè che dopo essere stati traditi e spremuti hanno provato a reagire votando forze finalmente schierate dalla loro parte. Una reazione che in Italia ha portato alla storica tornata del 4 marzo, una clamorosa richiesta di cambiamento che dopo tre anni di duro corpo a corpo cade insieme alla testa di Conte. La mossa di Mario Draghi è un penoso dejà vu che politicamente rischia solo di mettere le premesse per una ribellione populista ancora più potente e diffusa. La storia del resto non torna indietro e tantomeno con mosse di palazzo. Certo, siamo in piena pandemia, ma coi soliti gelidi draghi al governo il malcontento politico e sociale avrà una ragione in più per esplodere e cercare sbocchi. I sovranisti si sono infatti furbamente già schierati all’opposizione per lucrare consensi ed andare all’incasso una volta tornato il sereno. Le lobby e i loro giornali festeggiano il penoso dejà vu e si preparano ad un euro-mangiatoia senza precedenti. O almeno questo è il piano. Né Conte, né voto e pancia piena. Nella speranza che torni presto la normalità. Poveri illusi. Ci saranno disonorevoli attaccati allo scranno, ma è solo questione di tempo. Prima o poi i cittadini torneranno al voto e a quel punto puniranno severamente i responsabili di questa delirante crisi. Ripuliranno il parlamento dai voltagabbana e dagli zombie della vecchia partitocrazia riconsegnandoci camere più snelle. Giudicheranno i fatti e i comportamenti di maggioranza e opposizione. E riprenderanno la sacrosanta transizione democratica iniziata il 4 marzo, in modo che la storia faccia il suo corso.
Tommaso Merlo
Andrea Scanzi
1 h ·
Chi esulta per “la vittoria” di Renzi non è solo (temo) un caso umano all’ultimo stadio, ma anche (di sicuro) una squisita capra da un punto di vista politico.
Non c’è proprio nulla da esultare. Il governo Draghi sarà (per forza) un esecutivo “lacrime e sangue”, essendo appoggiato da tutti non potrà fare quasi nulla di veramente politico e tra due mesi (fra licenziamenti, terze ondate e altri demoni) starà sui coglioni anche a se stesso.
C’mon!
Mattarella, di fatto, ha sganciato una bomba napalm su quasi tutti i partiti italiani. La sua decisione è lecita e per certi versi condivisibile. La capisco. Mette però in difficoltà (quasi) tutti i partiti. Soprattutto alcuni.
Berlusconi. Lui è il più contento di tutti, e l’idea che i più felici di questo governo siano gasparri e Brunetta dovrebbe dirci qualcosa.
Evanescenze querule. Renzi, Calenda, Bonino, misti, centristi, socialisti, europeisti. Essendo gente senza elettori, sono contentissimi perché avranno l’illusione di essere politicamente vivi.
Leu/Mdp o come si chiama. Diranno coraggiosamente no, e non era scontato.
Fin qui quelli che non hanno dubbi. Tutti gli altri sono nella melma. Eccoli!
M5S. Chi parla di spaccatura vive su Marte. Potranno perdere qualche Carelli, ma quello è pulviscolo. Paradossalmente Draghi li ricompatta, ma attenzione: ne esce rafforzata l’ala movimentista, che ama stare all’opposizione e non vuole l’alleanza col Pd. Quindi sarà un ritorno alle origini, ma pure un ritorno al passato (e all’indietro). Sorride Di Battista; Di Maio e Patuanelli, molto meno.
Conte. Era (è) il più popolare tra gli italiani, ma ora uscirà di scena per un po’. Andrà a vivere (e guadagnare) molto meglio, ma lo si immagina quantomeno ammaccato. Se l’idea del “campo progressista” regge può tornare in scena come raccordo tra Pd e M5S (eccetera), ma dipenderà molto da come andrà Draghi. Più durerà Draghi, più si indebolirà Conte. Che era poi l’unica cosa che voleva Renzi.
Salvini. Politicamente pavido e “senzapalle” come pochi, ha urlato “al voto al voto” fino a ieri, ma già se la sta facendo sotto. Por’omo. Ha paura di governare, Giorgetti gli dice di appoggiare Draghi e lui ha l’antico fiuto politico dei dromedari morti. Le sbaglia tutte con costanza rara. Starà verosimilmente dentro il carrozzone e farà finta di non essere d’accordo quando Draghi starà antipatico a tutti (a breve). Facendosi quindi sabotare ulteriormente da Meloni. Del resto, senza Berlusconi, Salvini non va neanche al cesso. Se ha le palle, non appoggia Draghi e si va al voto. Quindi non andremo al voto.
Meloni. Ha dubbi persino lei. Urla (come sempre) di andare al voto, ma in realtà la parte più furbina del partito (Crosetto) le sta dicendo di fingersi interessata alle istituzioni e partecipare alla torta. In più ha paura di stare un’altra volta al palo come nel Conte 1, e farsi sempre tradire dagli alleati è frustrante. Se ha un minimo di decenza non vota Draghi, ma potrebbe ammorbidirsi e astenersi. Dimostrando un’altra volta di non avere poi quel coraggio indomito caro (in via teorica) ai camerati.
Pd. Quelli messi peggio. Mattarella li ha distrutti dalle fondamenta, persino più di Napolitano con Monti. Sangue ovunque. Zingaretti è sempre più il Paperino costantemente vilipeso della situazione. Ben oltre le sue colpe e limiti. Appoggeranno Draghi per “senso dello Stato”, ma così facendo: 1) metteranno la faccia su provvedimenti sanguinolenti e perderanno consensi, 2) governeranno con Salvini (con Salviniiiiii); 3) resteranno sotto scacco dei Renzi, Guerini e Marcucci; 4) metteranno a rischio il “campo progressista” di cui sopra, con viva gioia di destra e Renzi (scusate la ripetizione). Nessuno sta peggio del Pd. E Mattarella gli vuole bene. Pensate se lo odiava pure!
Il governo Draghi nasce (e nascerà) come un gran carrozzone con dentro tutto e il suo contrario. Merita ogni fortuna. E noi più di loro. In bocca al lupo. Ma sarà un caravanserraglio. E temo pure un macello.
Daje!
Ma RENZI, impassibile:
Matteo Renzi
19 h ·
Giornata intensa e faticosa ma importante. Buona notte a tutti. E grazie per il Vostro sostegno
Renzi insiste: "Arabia baluardo contro estremismo". Non una parola (né una domanda del Corriere) su diritti umani e crimini del regime - Il Fatto Quotidiano
Il leader di Italia viva rivendica la partecipazione all'evento con il principe ereditario saudita. Nessun riferimento ai crimini di quello che lui stesso definisce "regime", dalla repressione degli oppositori all'assassinio del giornalista Khashoggi fino al trattamento dei lavoratori migranti (da cui il basso costo del lavoro che Renzi "invidia"). "E' uno dei nostri alleati più importanti", dice. Ma Saviano su facebook nota che non ha più la responsabilità di gestire le relazioni internazionali dell'Italia. E, essendo senatore, non è nemmeno un privato cittadino libero di accettare incarichi a pagamento da chiunque
di F. Q. | 31 GENNAIO 2021
Matteo D’Arabia, le 10 cose che non tornano
Renzi magnifica l’Arabia Saudita: “Qui le condizioni di un neo-rinascimento. Sono invidioso del vostro costo del lavoro”
“Renzi in Arabia? Se fosse stato deputato avrebbe violato il codice di condotta della Camera. Ma al Senato non c’è alcuna norma”
“Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico, la forza politica ed economica più importante dell’area. Temo che sia più un argomento per attaccarmi personalmente non riuscendo a rispondere sui contenuti“. I diritti umani violati? Il brutale omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, di cui secondo l’Onu è stato mandante proprio il principe ereditario Mohammed bin Salman? Nulla di tutto questo scalfisce la linea di Matteo Renzi sulla trasferta a Ryad in piena crisi di governo, per partecipare a un evento organizzato dalla fondazione Future investment initiative – nel cui board siede prendendo un gettone fino a 80mila dollari l’anno – con il figlio del re saudita. Intervistato dal Corriere della Sera, il leader di Italia viva sostiene che le polemiche sono pretestuose ma evita di affrontarle nel merito. E l’intervistatrice Maria Teresa Meli non gli chiede conto dell’opportunità che un senatore si presti a un incarico del genere per quello che lo stesso Renzi definisce appunto “regime”. Il quotidiano di via Solferino peraltro non ha dato spazio al duro commento di Roberto Saviano, suo neo-collaboratore, che su facebook ha scritto che il senatore di Rignano dovrebbe a questo punto “avere la dignità di lasciare la vita pubblica del nostro Paese”.
“Arabia uno degli alleati più importanti”. Ma non spetta a lui – “Soltanto chi non conosce la politica estera ignora il fatto che stiamo parlando di uno dei nostri alleati più importanti”, dice Renzi dopo aver definito il Paese arabo “baluardo contro l’estremismo islamico” (ma va ricordato che le recenti iniziative per il contrasto al terrorismo seguono anni di forti sospetti, per esempio, sulle responsabilità saudite nel finanziamento degli attacchi dell’11 settembre 2001). Il punto, nota Saviano, è che proporre qualsiasi “parallelismo con Emanuel Macron che conferisce la Legion d’onore ad Al-Sisi, o con Angela Merkel che mostra timidezza con Vladimir Putin” è del tutto improprio perché “le azioni politiche squallide di Macron e Merkel trovano una possibile giustificazione nella Ragion di Stato“. Invece l’ex presidente del Consiglio non ha (più) la responsabilità di gestire le relazioni internazionali dell’Italia trattando anche con leader discussi. E dunque la sua “grave presenza ai piedi di Bin Salman trova giustificazione solo nella Ragion del Portafogli, il suo”.
“Renzi senatore, non può essere al soldo di chiunque” – D’altro canto Renzi non è nemmeno tornato a essere un privato cittadino libero di accettare incarichi a pagamento da chiunque, come sembra suggerire quando chiosa: “È un’attività che viene svolta da molti ex primi ministri, almeno da chi è giudicato degno di ascolto e attenzioni in significativi consessi internazionali. E grazie a questo pago centinaia di migliaia di euro di tasse in Italia. Sono certo che anche il presidente Conte, quando lascerà Palazzo Chigi, avrà le stesse opportunità di portare il suo contributo di idee”. In realtà gli altri – da Tony Blair a Barack Obama – lo fanno una volta che la politica l’hanno lasciata, non mentre sono ancora in Parlamento (e nel suo caso, fino a pochi giorni, fa nella maggioranza di governo). Saviano insiste sul punto: “Renzi è un senatore della Repubblica Italiana, non un ex politico in pensione, non un personaggio secondario che possa permettersi di essere al soldo di chiunque, soprattutto di un principe che silenzia i suoi oppositori condannandoli a morte”, scrive. “Renzi è ancora pagato dallo Stato italiano per il suo lavoro (un senatore in Italia guadagna oltre 14mila euro al mese netti, considerando l’indennità mensile, la diaria e vari rimborsi spese) e il presupposto è che lo faccia con dignità, nel rispetto dei valori costituzionali, dai quali non mi pare sia riconosciuta la possibilità di fare a pezzi gli oppositori politici in sedi diplomatiche altrui, come è accaduto al giornalista del Washington Post Kashoggi”.
Le responsabilità del regime – Nell’intervista al Corriere però manca qualsiasi riferimento sia a Kashoggi sia alle altre responsabilità del regime, che secondo Amnesty International reprime la libera di espressione e associazione, vessa gli oppositori e i difensori dei diritti umani, applica in maniera estensiva la pena di morte. Oltre a continuare a discriminare sistematicamente le donne che – per esempio – quando possono lavorare guadagnano la metà degli uomini. Per non parlare del trattamento dei lavoratori migranti, costretti a condizioni di simil schiavitù visto che il sistema della “kafala” (sponsorizzazione) vieta loro di lasciare il Paese senza il permesso del titolare. Durante la pandemia i datori di lavoro hanno anche ottenuto il permesso di tagliar loro lo stipendio fino al 40% unilateralmente. Con il risultato che nonostante gli alti salari dei lavoratori (maschi) locali il costo del lavoro, in media, risulta sicuramente “invidiabile“, come Renzi ha sottolineato a Ryad.
L’elogio delle riforme saudite e il “nuovo Rinascimento” – Quanto al merito, Renzi come dimostra il video del suo intervento diffuso dal Future Investment Initiative Institute non si è limitato a partecipare a quella che ora definisce “una conferenza” (“ne faccio tante, ogni anno, in tutto il mondo”). L’ex sindaco di Firenze – per questo considerato testimonial ideale del “nuovo Rinascimento” che l’Arabia a sua detta è candidata ideale ad ospitare – era lì per intervistare Bin Salman elogiandone le riforme e dandogli modo di parlare dei progetti di investimento del regime tra cui Vision 2030. Cioè il piano per diversificare l’economia del Paese e renderla meno dipendente dai proventi del petrolio che comprende anche novità lungamente attese come la concessione alle donne del diritto di guidare, ma che secondo alcuni analisti è stato accompagnato da un inasprimento della repressione contro i dissidenti. Per l’autore di Gomorra le parole di Renzi al principe sono “un marchio d’infamia” e “l’idea che i cittadini del mondo possono farsi, dopo questa uscita, è che il politico italiano più in vista – l’ago della bilancia – sia anche un venduto. Non male per un Paese che, nelle attuali condizioni, avrebbe bisogno solo di una cosa: credibilità“.
Il Senato senza Codice di condotta – Si tratta di questioni sostanziali, oltre che di opportunità, che riportano in evidenza un vulnus normativo nelle istituzioni italiane già criticato più volte dagli organismi internazionali: come ha rilevato The Good Lobby, solo il fatto che il Senato non si sia ancora dotato di un codice di condotta come quello della Camera consente a un suo membro come è Renzi di farsi pagare spese di viaggio e alloggio per attività che esulano dall’esercizio delle proprie funzioni. Anche il Parlamento europeo ha regole che non lo consentono e sul cui modello è stato scritto il codice di Montecitorio varato nel 2016. Il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama non ha ancora adottato un provvedimento del genere.
Renzi magnifica l'Arabia Saudita: "Qui le condizioni di un neo-rinascimento. Sono invidioso del vostro costo del lavoro" - Il Fatto Quotidiano
Mentre il leader d'Italia viva entrava al Quirinale per le consultazioni col presidente della Repubblica in Arabia è stata trasmesso l'intervento registrato dell'ex segretario del Pd al Future Investment Initiative, ribattezzato dai locali come la "Davos del deserto". Un dibattito col controverso principe Mohammed bin Salman durante il quale l'ex segretario del Pd si è prodotto in una serie di affermazioni entusiastiche nei confronti del Paese arabo. Le cui autorità, secondo Amnesty, reprimono "i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione. Hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo"
di F. Q. | 28 GENNAIO 2021
Matteo Renzi in Arabia Saudita, il colloquio con il principe Mohamed bin Salman
www.ilfattoquotidiano.it
Volume 90%Sarà per questo che dialogando col principe bin Salman Renzi usa toni esageratamente entusiastici. Rievocando come il Rinascimento sia nato a Firenze proprio dopo “la peste, una pandemia” (paragone poi usato anche dopo le consultazioni con Sergio Matttarella) l’ex primo cittadino del capoluogo toscano ha sostenuto che quando nel mondo si parla dell’Arabia Saudita se ne riconosce l’importante ruolo di “playmaker nella regione, ma molte persone ignorano i grandi sforzi nello sviluppo delle città, a partire da Riad” . L’entusiasmo del leader del piccolo partito di Italia viva per il Paese arabo è senza confini: commentando le cifre degli investimenti in programma in Arabia Saudita, superiori al trilione di dollari, Renzi ha parlato di “numeri incredibili paragonati al debito pubblico italiano”. Poi ha rivolto al principe ereditario attestati di stima: “Penso che con la tua leadership e quella di re Salman il regno possa svolgere un ruolo cruciale e per me come ex sindaco è molto bello comprendere il ruolo delle città in questo progetto”. Giova ricordare che Renzi ha fatto cadere il governo perché definisce Conte “un vulnus per la democrazia“.
VEDI ANCHE
Renzi in Arabia Saudita elogia il principe Mohammed bin Salman: “Con vostra leadership il regno può avere un ruolo cruciale” – Video
Ma non solo. Siccome il principe saudita si è vantato del basso costo del lavoro a Riad, Renzi ridendo ha risposto che “come italiano sono molto invidioso” e ha indicato “le grandi possibilità per i giovani sauditi nel campo dell’istruzione” nei prossimi 10 anni. Ora non è vero che il costo del lavoro in Arabia Saudita sia poi così basso. Secondo i dati del locale minsitero del Lavoro del 2014 lo stipendio medio mensile di un saudita è di 1.300 dollari. Diverse le cifre quando si parla di lavoratori stranieri, presenti soprattutto nel settore privato, dove sono il 76%: un dipendente non arabo guadagna circa 250 dollari, un quinto di uno autoctono. Particolarmente discussa, sempre per i lavoratori stranieri il sistema della “kafala“, che dovrebbe essere allentato nei prossimi mesi: in Arabia i lavoratori stranieri, infatti, non possono cambiare azienda senza il permesso dello stesso datore di lavoro. Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty international in Arabia le “autorità hanno concesso a centinaia di migliaia di cittadini stranieri il diritto di lavorare e di accedere all’istruzione e all’assistenza sanitaria, ma hanno arrestato ed espulso centinaia di migliaia di lavoratori migranti irregolari, che erano a rischio di abusi e altre forme di sfruttamento da parte dei loro datori di lavoro e di tortura quando erano sotto la custodia dello stato”. Ancora sul costo del lavoro magnificato da Renzi: a Riad le donne guadagnano 56% in meno dei maschi.
Insomma il Paese che tanto piace al leader d’Italia viva non è esattamente questa culla del Rinascimento. E sempre Amnesty a spiegarlo. In Arabia “le autorità hanno intensificato la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione. Hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo, difensori dei diritti umani, compresi attivisti per i diritti delle donne, membri della minoranza sciita e familiari di attivisti. Sono proseguiti i processi davanti a un tribunale antiterrorismo contro attivisti sciiti ed esponenti religiosi, a causa del loro dissenso”. E ancora: “Le autorità hanno applicato in maniera estensiva la pena di morte, effettuando decine di esecuzioni per una vasta gamma di reati, anche in materia di droga. Alcune persone, in maggioranza membri della minoranza sciita del paese, sono state messe a morte al termine di procedimenti gravemente iniqui”. Sui diritti delle donne, “sono state introdotte riforme di ampia portata al sistema repressivo del tutoraggio maschile, che hanno tra l’altro concesso alle donne di ottenere il passaporto, viaggiare senza il permesso di un tutore maschile e assumere il ruolo di capofamiglia; tuttavia, le donne hanno continuato a subire sistematiche discriminazioni nella legge e nella prassi in altre sfere della vita e a non essere adeguatamente protette dalla violenza sessuale e di altro tipo”.
Quando Amnesty si riferisce alle autorità arabe, chiaramente, si riferisce alla famiglia reale. Compreso il principe bin Salman, l’intervistatore di Renzi. Formalmente è il principe ereditario della dinastia degli al-Saud, colui che salirà definitivamente al trono dopo l’addio di re Salman. Nei fatti, è già dal 2017 il deus ex machina della monarchia di Riyad. La faccia giovane e apparentemente innovativa del regime che in questi anni ha inaugurato quella presentata come una nuova era della dinastia al-Saud, cercando di toglierle di dosso quella patina di oscurantismo che per decenni ha avvolto l’immagine della monarchia legata all’integralismo wahhabita. Un ‘nuovo rinascimento’ per il suo Paese lo aveva teorizzato già anni fa con ‘Vision 2030’: è proprio questo enorme progetto ad averlo spinto velocemente ai vertici della petromonarchia saudita. Una serie di riforme per ridurre la dipendenza dal petrolio, diversificare la sua economia e sviluppare settori come sanità, istruzione, infrastrutture e turismo, senza dimenticare l’abbandono di alcune rigide leggi che ancora oggi limitano i diritti umani nel Paese, in particolar modo quelli delle donne.
Un’operazione di facciata, dicono i critici, per rendere la monarchia ‘presentabile‘ agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Strategia che ha ottenuto i risultati sperati anche grazie alla stretta amicizia con Jared Kushner, genero e consigliere dell’ex presidente Donald Trump, con il quale ha stretto un’alleanza sempre più solida nel corso degli anni, diventando il principale partner strategico nell’area, insieme a Israele, e concludendo anche un accordo commerciale per l’acquisto di armamenti da 110 miliardi di dollari. Accordo raggiunto anche con l’Italia, per poco più di 400 milioni, quando proprio sotto il governo Renzi Riad poté acquistare circa 20mila bombe prodotte dallo stabilimento Rwm di Domusnovas, in Sardegna.
Poi ci sono i lati oscuri. Uno su tutti, la guerra spregiudicata nei confronti degli oppositori alla sua linea, sia all’esterno che all’interno della casa reale. È infatti stato accusato di essere la mente dietro all’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista sparito, ucciso e, si presume, fatto a pezzi all’interno dell’ambasciata del suo Paese a Istanbul. Per quell’omicidio sono stati condannati alcuni alti funzionari a lui vicini. Ma in molti sostengono che il filo che collega l’omicidio del reporter alla monarchia saudita si estenda fino a toccare il principe ereditario. Un uomo che non ha avuto pietà nemmeno per i propri familiari: nel marzo scorso, infatti, sono stati arrestati con l’accusa di “tentato golpe” il principe Ahmed bin Abdulaziz, il fratello minore del re Salman, Mohammed bin Nayef, nipote del re ed ex ministro dell’Interno, e Nawaf bin Nayef, altro nipote del re.
Renzi in Arabia Saudita elogia il principe Mohammed bin Salman: "Con vostra leadership il regno può avere un ruolo cruciale" - Video - Il Fatto Quotidiano
di F. Q. | 28 GENNAIO 2021
Mentre in Italia erano in corso le consultazioni al Quirinale, il Future Investment Initiavie Institute mandava in onda in diretta streaming, con in realtà alcune parti registrate, la conferenza alla quale il leader di Italia Viva ha partecipato in qualità di membro del board della Fondazione, ente istituito per decreto dal re dell’Arabia Saudita e che ha dovuto lasciare, proprio per poter salire al colloquio son Sergio Mattarella oggi. L’intervento dell’ex presidente del Consiglio è di fatto un’intervista al principe Mohammed bin Salman, MBS, vicepremier e futura guida del Paese. L’Arabia viene dipinta da Renzi come culla del “neo-Rinascimento”, nome, tra l’altro, dell’evento della Fondazione ispirato proprio dal leader di Italia Viva. “Buongiorno, buongiorno a tutti, grazie per questa opportunità. Per me è un particolare privilegio parlare con lei di Rinascimento perché non sono solo l’ex primo ministro ma anche l’ex sindaco di Firenze, dove il Rinascimento è cresciuto proprio dopo una pandemia”, esordisce Renzi. “Penso che l’Arabia possa essere il posto per un nuovo rinascimento del futuro“, continua. “Grazie primo ministro – risponde Mohamed bin Salman – sono contento di essere qui con lei oggi”. Il ruolo dell’ex premier è quello di “intervistatore” che, con una serie di domande, fa parlare il principe del nuovo sviluppo del Paese e di Ryad. “Molte persone ignorano i vostri sforzi nello sviluppo delle città. Qual è la vostra strategia per Ryad e qual è la vostra visione per il futuro?”, chiede quindi Renzi. La risposta è complessa e termina con un focus, da parte di MBS, sui “numeri” della città: “Oggi rappresenta il 50% dell’economia non-petrolifera dell’Arabia e qui il costo del lavoro è il 30% più basso delle altre città del Paese“. Numeri che, dice Matteo Renzi, sono da invidiare: “Non posso parlare del costo del lavoro a Ryad perché come italiano sono geloso”, dice l’ex presidente del consiglio. Poi continua.
“Se penso ai prossimi 10 anni, penso alla possibilità in particolare per le nuove generazioni. La combinazione a Firenze per la creazione di un nuovo rinascimento fu esattamente questa – spiega – Tanti soldi per creare cittadini e investimenti sull’educazione e l’intelligenza umana”. Il riferimento arriva poco dopo e cioè i prossimi investimenti del Pif, il fondo di investimenti pubblici dell’Arabia Saudita. “L’annuncio di 1,4 trilioni di investimento da oggi al 2030 è incredibile. Penso al debito pubblico italiano….1,4 trilioni è la metà del debito pubblico italiano…ma scherzi a parte penso sia importante capire che tipo di strategia pensate”. “La annunceremo”, assicura il principe.
L’intervista si conclude con un elogio di Renzi: “Mio amico, penso che in questo momento la politica abbia bisogno di una combinazione tra presente e futuro, tra tradizione e innovazione e penso che con la tua leadership e la leadership del re Salman, il regno dell’Arabia Saudita possa svolgere un ruolo cruciale e per me come ex sindaco è molto bello comprendere il ruolo delle città in questo progetto”. “I miei migliori auguri – chiosa – a te e al tuo team. E grazie anche da parte dell’Italia”-
Renzi, conferenze&benefit. Ryad-Roma sul jet privato - Il Fatto Quotidiano
di Marco Lillo e Valeria Pacelli | 28 GENNAIO 2021
L’aereo è atterrato intorno alle 3 di notte a Fiumicino. A bordo un solo passeggero: Matteo Renzi. Grazie a quel volo ‘executive’ operato da una compagnia privata Matteo Renzi ha potuto presentarsi rapidamente a Roma per andare oggi all’incontro con Mattarella. Per evitare polemiche sulla mancata quarantena e sui rischi per il capo dello Stato che lo riceverà, Renzi si sottoporrà stamattina al tampone. Polemiche più forti potrebbero essere sollevate dal soggetto che ha pagato il volo: il FII, Future Investment Initiative Institute, una Fondazione saudita creata all’inizio del 2020 per decreto dal Re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abd al-Aziz Al Saud.
La questione ‘volo gratis’ va inserita nei rapporti che Matteo Renzi definisce senza imbarazzo di ‘amicizia personale’ con il vero leader saudita, il 35enne principe ereditario Mohammad bin Salman, per tutti “The Crown Prince” o MBS. Teoricamente il vicepremier. Di fatto è il figlio del re premier a comandare. Ed è MBS che ha ideato le conferenze del FII Future Investments Initiative.
Matteo Renzi era in Arabia, come svelato dal Domani, per partecipare alla quarta conferenza annuale FII, la cosiddetta Davos nel deserto, dal nome della città svizzera teatro del forum mondiali dell’economia. Tutto parte nel 2018 con un debutto funestato dalle defezioni per l’omicidio efferato di Jamal Khashoggi, il 2 ottobre 2018. Il corpo dell’opinionista saudita che scriveva anche sul Washington Post non fu mai trovato. Khashoggi fu attratto in una trappola, sequestrato ucciso e – secondo le cronache dell’epoca – sezionato, cioè tagliato a pezzi, nell’ambasciata saudita di Instanbul. La fidanzata Hatice Cengiz nel dicembre 2019 venne a Roma per chiedere all’Italia di prendere una posizione più netta. Quando, nel maggio 2020 i figli di Jamal Khashoggi hanno perdonato gli assassini, Hatice Cengiz ha twittato: “Jamal è stato ucciso all’interno del consolato del suo Paese mentre prendeva dei documenti per il nostro matrimonio. Gli assassini sono venuti dall’Arabia Saudita con l’obiettivo premeditato di adescarlo, tendergli una trappola e ucciderlo. Noi non perdoneremo gli assassini né quelli che hanno ordinato l’omicidio”. Poi ha presentato una denuncia alle autorità Usa contro il principe MBS e altri funzionari a lui vicini per chiedere i danni. Il processo saudita chiuso con cinque condanne a morte poi commutate in pene detentive di 20 anni per molti è stato una farsa.
VEDI ANCHEIl Fii Institute di cui fa parte Renzi creato nel 2020 “per decreto” del re Salman dell’Arabia Saudita, l’annuncio in un incontro online – Video
Non per Renzi. L’ex premier deve aver creduto alla versione di MBS che si proclama all’oscuro di tutto. Dopo l’omicidio Khashoggi ha partecipato agli eventi del FII e nel 2020 è entrato nel board della neonata fondazione infischiandosene delle polemiche. Oneri e onori: quando Renzi ha fatto presente la sua esigenza di rientrare velocemente in Italia non ha dovuto cercare un volo anticipato.
In qualità di membro del board ha usufruito di un ‘benefit’ incluso nel suo status. Stando a quel che Renzi stesso ha raccontato a chi gli chiedeva stupito del rientro con volo ‘privato’, non c’è stato un pagamento per il singolo volo. Esisterebbe una sorta di ‘diritto’ del membro del board FII a volare da e verso casa attingendo a questo ‘monte ore’.
Non tutti gli speaker hanno questo privilegio. Solo i membri del board. Le conferenze si svolgono da quattro anni. Però solo un anno fa il regime saudita ha creato la Fondazione.
L’amministratore delegato è il pubblicitario francese Richard Attias, marito di Cecilia, ex moglie dell’ex presidente francese Sarkozy. Attias con Renzi ha scritto anche un saggio pubblicato sulla rivista della Fondazione. Il presidente del board è Yasir Al-Rumayyan, governatore del fondo sovrano saudita PIF Public Investment Fund, un ‘giocattolino’ con un valore netto di 360 miliardi di dollari. Poi ci sono la principessa Reema Bint Bandar Al Saud, Mohamed Alabbar, il Professore Tony Chan, l’imprenditore americano e futurologo Peter H. Diamandis, il professor Adah Almutairi.
Al primo evento, nell’aprile del 2020, in piena pandemia, Renzi ha lanciato l’idea del nuovo rinascimento contro la nuova pandemia. In occidente si è ‘rivenduto’ il Nuovo Rinascimento già con la Merkel nel 2014 con la Pixar nel 2015, con Macron nel 2019 ma Attias e il board hanno battezzato così il quarto convegno FII, il primo della Fondazione. Renzi per fornire le sue visioni e il suo nome al board del think tank saudita è pagato 80 mila dollari all’anno che includono i gettoni di presenza. Sui compensi paga le tasse in Italia e a chi gli parla di conflitto di interesse (FII si occupa per esempio di intelligenza artificiale e altri settori nei quali possono esserci interessi italiani contrastanti con quelli sauditi) Renzi risponde: “Evito di occuparmi di temi simili e resto sulle grandi questioni”. Inoltre l’ex premier è convinto che il rapporto personale con MBS e quello formale con FII siano medaglie da vantare e non relazioni imbarazzanti per un politico. Agli eventi partecipano grandi nomi come l’ex premier australiano Kevin Rudd, il manager di Blackrock Larry Fink e l’ex Ad Ferrari Jean Todt. Però va detto che quasi sempre i manager sono in carica mentre i politici sono usciti davvero dalla scena.
Renzi, Boschi, Lotti indagati: finanziamento illecito. "Somme per l'attività della corrente politica attraverso la fondazione Open" - Il Fatto Quotidiano
Finanziamento illecito attraverso la Fondazione Open. Con questa accusa l’ex premier Matteo Renzi, l’ex ministra Maria Elena Boschi e l’attuale deputato del Pd, Luca Lotti, sono stati iscritti nel registro degli indagati presso la Procura di Firenze, secondo quanto riportato dal quotidiano La Verità e poi confermato anche dall’agenzia Ansa. A ricevere l’avviso di garanzia, inviato il 2 novembre scorso, anche i già indagati Alberto Bianchi e Marco Carrai, rispettivamente ex presidente e membro del consiglio direttivo della fondazione renziana, che comprendeva anche Boschi. Meno di due mesi fa, il 15 settembre, la Cassazione aveva accolto il ricorso di Carrai contro il sequestro di documenti e pc nell’ambito dell’inchiesta. Le indagini, condotte dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi, sono state assegnate al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza.
A tutti loro – riporta l’articolo de La Verità firmato da Giacomo Amadori – è contestato il finanziamento illecito continuato “perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (…)” Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi in quanto membri del consiglio direttivo della Fondazione Open “riferibile a Renzi Matteo (e da lui diretta), articolazione politico- organizzativa del Partito democratico (corrente renziana), ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open”: circa 670.000 euro nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.
Nell’atto prodotto dalla Guardia di Finanza, Matteo Renzi viene identificato come segretario nazionale del Partito Democratico per quasi cinque anni, nonché parlamentare del Senato. Boschi invece viene identificata quale parlamentare, componente e poi coordinatrice della segreteria nazionale del Pd. Entrambi, come noto, da circa un anno sono usciti dal Partito Democratico, fondando Italia Viva. Lotti, invece, ne fa ancora parte. Le somme, secondo gli inquirenti, erano “dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Boschi e Lotti e della corrente renziana”. La documentazione a cui si fa riferimento, secondo il quotidiano, sarebbe stata acquisita durante le perquisizioni subite dalla Fondazione lo scorso anno, quando i finanzieri hanno scandagliato i finanziamenti ricevuti da oltre 30 imprenditori legati da rapporti di vario tipo con Open tra il 2012 e il 2018 (anno della sua chiusura), per un somma totale raccolta di circa 7,2 milioni di euro. Tutti gli indagati sono ora invitati a comparire negli uffici della procura fiorentina il 24 novembre per l’interrogatorio.
I diretti interessati ancora non hanno commentato la notizia, ma da fonti di Italia Viva trapela “sorpresa e incredulità” per le scelte dei pm, specie “dopo che la sentenza della Corte di Cassazione aveva smentito con nettezza l’operato dei pm proprio su questa inchiesta”. Il riferimento è alla decisione della Suprema corte di accogliere il ricorso presentato da Carrai contro il sequestro dei suoi documenti. Nel pomeriggio Matteo Renzi interverrà all’Assemblea del partito, ma stando a quanto si apprende eviterà di entrare in polemica con i magistrati, affidando la discussione nel merito del provvedimento agli avvocati.
Fondazione Open, Renzi indagato attacca i pm: "Un assurdo giuridico, cercano la ribalta mediatica". Ecco perché l'inchiesta va avanti - Il Fatto Quotidiano
L'ex premier accusa la procura di aver mandato "300 finanzieri" a casa di imprenditori amici per eseguire delle perquisizioni che poi la Cassazione avrebbe annullato, come nel caso di Carrai. Ma nelle motivazioni gli ermellini contestano di aver "dato per scontata" l'equiparazione della Fondazione Open a un'articolazione di partito. Che eventualmente va dimostrata con una "rigorosa verifica" della sua azione. Proprio quello che i pm potrebbero aver fatto prima di indagare Renzi
di Marco Procopio | 7 NOVEMBRE 2020
LEGGI ANCHE
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ | DI VINCENZO BISBIGLIARenzi, Boschi, Lotti indagati: finanziamento illecito. “Somme per l’attività della corrente politica attraverso la fondazione Open”Per Matteo Renzi l’inchiesta sulla fondazione Open, l’ex cassaforte fiorentina che ha finanziato la sua scalata al potere, è “un assurdo giuridico“, messo in piedi da magistrati “a cui la ribalta mediatica piace più del giudizio di merito”. L’ex premier accoglie così la decisione della procura di iscrivere anche lui nel registro degli indagati insieme agli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. Intervenuto in apertura dell’assemblea nazionale di Italia Viva, Renzi accusa i pm di aver mandato “300 finanzieri” a casa di imprenditori amici per eseguire delle perquisizioni che poi la Cassazione avrebbe annullato. Il riferimento è al ricorso presentato da Marco Carrai – uno dei membri del consiglio direttivo di Open – contro il sequestro di pc e documenti, poi accolto “con rinvio” dalla Suprema corte. In realtà, nelle motivazioni di quella sentenza gli ermellini contestano al Riesame di aver “dato per scontata” l’equiparazione della Fondazione a un’articolazione di partito. Cosa che eventualmente deve essere dimostrata al termine di una “rigorosa verifica” dell’operatività di Open, in modo tale da dimostrarne la sua “univoca destinazione”. Ed è proprio quello che la procura potrebbe aver fatto prima di iscrivere Renzi e il resto del Giglio magico nel registro degli indagati. “Oggi mi sarei aspettato da quei pm di Firenze una lettera di scuse“, tuona invece l’ex presidente del Consiglio. “Invece è arrivato un avviso di garanzia che riguarda tutto il cda di Open, compreso il sottoscritto“.
LEGGI ANCHERenzi, Boschi, Lotti indagati: finanziamento illecito. “Somme per l’attività della corrente politica attraverso la fondazione Open”A oltre un anno dall’avvio delle indagini su Open, per Renzi è come una ferita che si riapre. È in quel momento che, a suo parere, Italia Viva ha iniziato a perdere consensi. “Eravamo partiti alla grande un anno fa dopo la Leopolda, stavamo puntando al 10 per cento nei sondaggi e avevamo centinaia di migliaia di euro di finanziamento, poi cosa è successo? Uno scandalo, o meglio un presunto scandalo“, dice in diretta sul web da una terrazza romana. “Quella vicenda ci ha causato un danno pazzesco: i sondaggi hanno cessato di crescere, i soldi hanno smesso di arrivare, un danno enorme anche alla nostra capacità attrattiva: molte persone non sono passate con noi perché avevano paura“. Tutto a causa di magistrati che “seguono la viralità sui social più che le sentenze della Corte di cassazione”. Dopo che gli ermellini hanno accolto il ricorso presentato da Carrai contro il sequestro di documenti e pc, infatti, in tanti dentro al neonato partito dell’ex segretario dem hanno esultato, sostenendo che la Suprema corte abbia demolito l’impianto accusatorio su cui si basa l’inchiesta. “Noi abbiamo talmente rispetto nella magistratura che le sentenze della Cassazione le abbiamo lette”, ribadisce oggi Renzi. “Spero che le abbia lette il pm di Firenze o che almeno le abbia capite. Nel dubbio starà ai nostri avvocati”. Poi conclude: “Purtroppo l’ansia di visibilità di qualcuno rischia di nuocere anche agli altri magistrati”.
In realtà, stando alle motivazioni della sentenza (in cui sono state accolte gran parte delle richieste della difesa di Carrai), gli ermellini della sesta sezione penale non hanno smentito l’operato dei pm fiorentini. Hanno invece contestato al tribunale del Riesame di Firenze di aver “dato per scontata” l’equiparazione della Fondazione Open a un’articolazione di partito. Equiparazione che, spiegano, può essere provata solo alla luce di una “rigorosa verifica dell’azione della fondazione, del tipo di rapporto con il partito o con suoi esponenti, della rilevanza della sua operatività ai fini dell’azione del partito o dei suoi esponenti, della sostanziale mancanza di una funzione diversa e autonoma, manifestatasi costantemente negli anni”. Tutte analisi che, chiarisce la Cassazione, il tribunale fiorentino non ha condotto, limitandosi a “prendere atto della tesi accusatoria” ed elencando “una serie di elementi probatori, riferiti a contribuzioni della Fondazione a sostegno di iniziative di un partito o di suoi esponenti, ma avendone erroneamente data per scontata una sorta di autoevidenza”. Da qui la decisione di accogliere il ricorso di Carrai, rinviando però di nuovo tutto il dossier al tribunale del Riesame per un nuovo verdetto “alla luce dei principi esposti”. Diverso è il caso dell’amico dell’ex premier Davide Serra: finito nella lista degli imprenditori perquisiti, anche lui si è appellato alla Cassazione. I giudici hanno disposto l’annullamento senza rinvio.
LEGGI ANCHE“Non è provato che la fondazione Open fosse un’articolazione del partito”: ecco perché la Cassazione ha accolto il ricorso di CarraiCome si spiega quindi l’allargamento dell’inchiesta con l’iscrizione di Renzi, Boschi e Lotti nel registro degli indagati? L’ipotesi è che tra il 19 ottobre scorso – data in cui la Cassazione ha depositato le motivazioni della sua sentenza su Carrai – e il 2 novembre (cioè quando i tre avrebbero ricevuto l’avviso di garanzia), i pm fiorentini abbiano acquisito nuovi elementi su Fondazione Open, risultanti dalle analisi del materiale probatorio raccolto finora. Per poter parlare di una vera e propria “articolazione di partito”, hanno infatti specificato gli ermellini, “non è sufficiente una mera coincidenza di finalità politiche, ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti, in modo che finanziamenti ad essa destinati abbiano per ciò stesso una univoca destinazione al servizio del partito“. Non basta quindi che una fondazione contribuisca alle spese di alcuni parlamentari per considerarla alla stregua di un’articolazione di partito. Per poter effettuare questa equiparazione “è necessario non solo dar conto di erogazioni o contribuzioni in favore del partito rivenienti dall’ente formalmente esterno al partito, ma anche del fatto che la reale funzione di esso, al di là di quanto in apparenza desumibile dalla cornice statutaria, possa dirsi corrispondente a quella di uno strumento nelle mani del partito o di suoi esponenti, in assenza di una sua effettiva diversa operatività”. È proprio la tesi che i magistrati fiorentini hanno intenzione di dimostrare.
Arabia viva – infosannio
Arabia viva(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Deluso dagli italiani, che si ostinavano a non amarlo perché in fondo non lo meritavano, l’Innominabile si trasferì a Riyad con i fedelissimi di Italia Viva, ribattezzata per l’occasione Arabia Viva. “Eccoci nel Nuovo Rinascimento!”, scandì scendendo dal jet del principe Mohammad bin Salman, per gli amici MBS, e baciando la terra promessa. Al principe che l’accoglieva a braccia aperte, presentò subito la Boschi: “Caro MBS, lei è MEB”. Un mutawwi’a, agente della polizia religiosa, la prese in consegna, contrariato per la vertiginosa minigonna. “Dove la portano?”. “Niente, se la caverà con 87 scudisciate per abbigliamento blasfemo. Ma, se preferisce, c’è la lapidazione o la crocifissione”. “Scioakkk bicaoeuuuse”, disse lui. Ma l’altro non raccolse. Il Nostro mandò avanti la Bellanova, avvolta nella consueta tenda per doccia: “È la splendida Teresa, la bracciante che abbiamo fatto ministra”. MBS l’affidò a una guardia agricola: “Qui non abbiamo ministre, e manco ministri. Però, essendo straniera, potrà lavorare nei campi e, siccome è amica tua, guadagnerà ben un dollaro l’anno. È il costo del lavoro che giustamente ci invidi”. “Scioakkk bicaoeuuuse”, ripeté lui, ma nessuno capì. Vista la mala parata, tentò di coprire col suo corpo Ivan Scalfarotto, che però venne notato da un ufficiale dello Squadrone della Tigre: “Mi sa che è un gay, come dite voi, o un sodomita infedele, come diciamo noi. Prendetegli le misure per la solita valigia modello Khashoggi. Ma forse qui basta una 24 ore. E non scordate i seghetti per ossa, sennò è il solito pulp”. “Shissh”, proruppe l’Innominabile fra lo stupore e l’ilarità generali.
Presentare l’ex ministra Elena Bonetti parve oltremodo rischioso, per la difficoltà di spiegare il concetto di Pari opportunità. La donna venne spacciata per la schiava del capo, incontrando l’approvazione del principe. Che riunì l’amico Matteo e il capogruppo di Arabia Viva Ettore Rosato a parlare di politica. “Noi – esordì il primo – apriamo la crisi di governo: non poltrone, ma idee. Siamo garantisti, rivogliamo la prescrizione. Bin stai sereno. Un sorriso”. Alle parole crisi e idee, ma soprattutto garantisti e prescrizione, l’interprete diede di matto. Rosato chiarì: “Siccome, senz’offesa, c’è un vulnus per la democrazia, vorremmo i servizi e un governo Dragh…”. Ma non finì la frase: un agente della Mukhabarat, la polizia politica, roteò la scimitarra. “Il governo – spiegò MBS scrollandosi gli schizzi di sangue dalla kefiah – sono io. E i servizi ve li fa il mio amico. Matteo, se non erro sei indagato per fondi illeciti. Quindi prima ti mozziamo mani e piedi. Poi, per tutto il resto, la testa. Tanto non ti serve. Ma stai sereno. Scioakkk bicaoeuuuse shissh. Un sorriso”.
E ora una parola sulle monoclonali, anzi quattro:
L'anticorpo monoclonale fatto in Italia che noi non usiamo. Prodotto a Latina, poteva curare (gratis) 10mila malati. I burocrati lo lasciano agli Usa - Il Fatto Quotidiano
Grazie alla terapia usata da Trump, 10mila nostri malati sarebbero potuti guarire. Ma il via libera alla sperimentazione è ancora in stallo. Clementi: "Abbiamo 'pallottole' che possono salvare migliaia di pazienti, ma decidiamo di non spararle"
di Thomas Mackinson | 17 DICEMBRE 2020
Diecimila italiani potevano guarire subito, come tanti Donald Trump. Invece, aspettando un vaccino, l’Italia va incontro alla terza ondata Covid senza terapie a base di anticorpi monoclonali, quelli che in tre giorni neutralizzano il virus evitando il ricovero. Da uno stabilimento di Latina in realtà escono furgoni carichi di questi farmaci, ma sono destinati a salvare pazienti americani, non gli italiani. Ai quali, per altro, erano stati offerti a titolo gratuito già due mesi fa. È il paradosso di una storia che ha pesanti risvolti sanitari, politici ed etici. “Abbiamo ‘pallottole’ specifiche contro il virus. Possono salvare migliaia di pazienti, evitare ricoveri e contagi, ma decidiamo di non spararle. Non si spiega”, ripete da giorni Massimo Clementi, virologo del San Raffaele di Milano.
Racconta che i colleghi negli Stati Uniti da alcune settimane somministrano gli anticorpi neutralizzanti come terapia e profilassi per malati Covid. La stessa cura che ha salvato la vita a Donald Trump in pochi giorni, nonostante l’età e il sovrappeso: “Dopo 2-3 giorni guariscono senza effetti collaterali apparenti”. Il tutto a 1000 euro circa per un trattamento completo, contro gli 850 euro di un ricovero giornaliero.
Gli Stati Uniti ne hanno acquistato 950mila dosi, seguiti da Canada e – notizia di ieri – Germania. Non l’Italia, dove si producono. Il nostro Paese ha investito su un monoclonale made in Italy promettente ma disponibile solo fra 4-6 mesi. Scienziati molto pragmatici si chiedono perché, nel frattempo, non si usino i farmaci che già si dimostrano efficaci altrove: fin da ottobre – si scopre ora – era stata data all’Italia la possibilità di usare questi anticorpi attraverso un cosiddetto “trial clinico”, nel quale 10mila dosi del farmaco sarebbero state proposte a titolo a gratuito. Una mano dal cielo misteriosamente respinta mentre il Paese precipitava nella seconda ondata.
Il farmaco – bamlanivimab o Cov555 – è stato sviluppato dalla multinazionale americana Eli Lilly. La sua efficacia nel ridurre carica virale, sintomi e rischio di ricovero è dimostrata da uno studio di Fase2 randomizzato (la fase 3 è in corso) condotto negli USA. I risultati sono stati illustrati sul prestigioso New England Journal of Medicine. Dall’headquarter di Sesto Fiorentino spiegano che l’anticorpo è stato messo in produzione prima ancora che finisse la sperimentazione perché fosse disponibile su scala globale il prima possibile.
Dal 9 novembre, quando l’FDA ne ha autorizzato l’uso di emergenza, gli Stati Uniti hanno acquistato quasi un milione di dosi. In Europa si aspetta il via libera dell’Ema che non autorizza medicinali in fase di sviluppo. Una direttiva europea del 2001 consente, però, ai singoli Paesi EU di procedere all’acquisto e la Germania ieri ha completato la procedura per autorizzarlo. A breve toccherà all’Ungheria. E l’Italia? Aspetta. Avendo il suo cuore europeo alle porte di Firenze, finito lo studio la società di Indianapolis ha preso contatto con le autorità sanitarie e politiche nazionali, anche italiane. Il 29 ottobre riunione con l’Aifa: collegati, tra gli altri, Gianni Rezza per il Ministero della Salute; Giuseppe Ippolito del Cts e direttore dello Spallanzani di Roma; il professor Guido Silvestri, virologo alla Emory University di Atlanta che aveva favorito il contatto con Eli Lilly. Sul tavolo, la possibilità di avviare in Italia la sperimentazione con almeno 10mila dosi gratis del farmaco che negli USA ha dimostrato di ridurre i rischi di ospedalizzazione dal 72 al 90%. In quel contesto viene anche chiarito che non sarebbe stato un favore alla multinazionale, al contrario: una volta che l’FDA l’avesse autorizzato, sarebbero partite richieste da altri Paesi.
L’occasione, da cogliere al volo, cade nel vuoto, forse per una rigida adesione alle regole di AIFA ed EMA che non hanno però fermato la rigorosa Germania. Altra ipotesi: l’offerta è stata lasciata cadere per una scelta già fatta a monte. Sui monoclonali da marzo il Governo ha investito 380 milioni per un progetto tutto italiano che fa capo alla fondazione Toscana Life Sciences (TLS), ente non profit di Siena, in collaborazione con lo Spallanzani e diretto dal luminare Rino Rappuoli. La sperimentazione clinica deve ancora partire e la produzione, salvo intoppi, inizierà solo a primavera 2021. A quanto risulta al Fatto, l’operazione con Eli Lilly, che già due mesi fa avrebbe permesso di salvare migliaia di persone, non sarebbe andata in porto per l’atteggiamento critico verso questi anticorpi del direttore dello Spallanzani che lavorerà al progetto senese. “Non so perché sia andata così, dovete chiedere ad AIFA”, taglia corto il direttore Giuseppe Ippolito, negando un conflitto di interessi: “Non prescrivo farmaci, mi occupo solo di scienza”.
Quando l’FDA autorizza il farmaco, la multinazionale non può più proporre il trial gratuito ma deve attenersi al prezzo della casa madre. Per assurdo, sfumata l’opzione a costo zero, l’Italia esprime una manifestazione ufficiale di interesse all’acquisto. Il negoziato va in scena il 16 novembre alla presenza di Arcuri, del DG dell’Aifa Magrini e del ministro della Salute Speranza. Si parla di prezzo e di dosi ma il negoziato si ferma lì e non va avanti. Neppure quando il sindaco di Firenze torna alla carica. Dario Nardella annuncia ai giornali di aver parlato coi vertici di Eli Lilly e che “se c’è l’ok della Commissione Ue, la distribuzione del farmaco a base di anticorpi monoclonali potrebbe cominciare dopo Natale non solo in Francia, Spagna e Regno Unito ma anche in Italia”. Natale è alle porte e in Italia non c’è traccia di farmaci anticorpali né si ha notizia di una pressione dell’Aifa per sollecitare l’omologa agenzia europea. Come se l’opzione terapeutica per pazienti in lotta col virus, già disponibile altrove, non interessasse.
L’AIFA e la struttura di Arcuri – sentite dal Fatto – ribadiscono: finché non c’è l’autorizzazione EMA non si va avanti. Di troppa prudenza si può anche morire, rispondono gli scienziati. “Io avrei accelerato”, dice chiaro e tondo il consulente del ministro Walter Ricciardi, presente alla riunione un mese fa: “Con tanti morti e ospedalizzati valutare presto tutte le terapie disponibili è un imperativo etico e morale”. Il virologo Silvestri, che tanto aveva spinto: “Non capisco cosa stia bloccando l’introduzione degli anticorpi di Lilly e/o Regeneron, che qui negli States usiamo con risultati molto incoraggianti”. Ieri sera si è aggiunta anche la voce critica dell’immunologa dell’università di Padova Antonella Viola: “E’ sorprendente questo ritardo, cosa aspettiamo?”.
Per il professor Clementi, siamo al paradosso. “È importante trovare il miglior farmaco possibile, ma non possiamo scartare a priori una possibilità terapeutica che altrove salva le persone. Una fiala costa poco più di un giorno di ricovero e ogni risorsa che risparmi la puoi usare per altro. Tenere nel fodero un’arma che si dimostra decisiva è incomprensibile. Da qui, la mia sollecitazione all’AIFA”.
Certo, una soluzione al 100% italiana garantirebbe autosufficienza e prelazione nell’approvvigionamento. Da Sesto Fiorentino, però, rispondono che il loro farmaco, oltre ai benefici in termini di salute e risparmio, avrebbe avuto anche ricadute economiche per l’Italia: nella produzione è coinvolto un fornitore italiano, la Latina BSP Pharmaceutical. “Se andrà bene potremmo distribuirlo non solo negli Usa ma anche in Italia”, esultava a marzo il titolare dell’impresa pontina, Aldo Braca. Nove mesi dopo dallo stabilimento di Latina esce il farmaco più promettente contro il Covid. Ma va soltanto all’estero.
Monoclonali, conferma per quelli di Latina: "Riducono il rischio di morte del 70 per cento" Burioni e Bassetti: "Basta perdere tempo" - Il Fatto Quotidiano
Monoclonali, conferma per quelli di Latina: “Riducono il rischio di morte del 70 per cento” Burioni e Bassetti: “Basta perdere tempo”
La multinazionale Lilli comunica i risultati dello studio di fase 3 su due anticorpi combinati. Aumenta il coro di scienziati e ricercatori che chiedono ad Aifa di autorizzare l'uso dei farmaci neutralizzanti come ha fatto la Germania acquistando 200mila fiale senza aspettare l'ok dell'Ema. La denuncia di Bassetti: "Potevamo essere il primo paese in Europa a usarli, qualcuno ha deciso di ignorare la strada dei monoclonali e dovrebbe assumersene la responsabilità facendo un passo indietro".
di Thomas Mackinson | 26 GENNAIO 2021Il passo avanti della Germania e l’arrivo di nuovi dati incoraggianti fanno aggiungere al coro le voci di Burioni e Bassetti: “Ora avanti coi monoclonali”. Mentre Aifa dorme sonni tranquilli, rimandando ogni iniziativa a futuri studi, la ricerca sugli anticorpi neutralizzanti già autorizzati dall’Fda va avanti, così come le opzioni di acquisto di altri Paesi europei, Germania in testa, che rischiano di togliere al nostro la possibilità di sfruttare le terapie che ha in casa, prodotte nello stabilimento di Latina usato dalla Lilly divenuto famoso proprio perché ignorato dalle autorità sanitarie nostrane, perfino di fronte all’occasione della sperimentazione gratuita.
La multinazionale di Indianapolis oggi ha comunicato i risultati conclusivi di fase 3 dello studio Blaze 1 sul monoclonale Bamlanivimab in combinazione con Etesevimab. Il loro impiego ha ridotto il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70%. Confermano quelli degli studi precedenti, bollati sempre come insufficienti da Aifa che ora ha un motivo in più per ricredersi, come chiede da settimane il suo presidente Giorgio Palù, convinto della necessità di utilizzare i farmaci neutralizzanti come già fanno Usa, Canada, Israele, Ungheria e da questa settimana anche in Germania.
Berlino ha deciso di non attendere bollinature dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, ma di approvvigionarsi di 200mila fiale tra Regeneron e Bamlanivimab, gli unici monoclonali autorizzati al mondo. L’evidenza clinica adesso è ancora più forte. Non a caso il numero due della farmaceutica Daniel Skovronsky parla di “potenziale terapia salvavita”. A questo punto la Lilly attende l’autorizzazione Fda all’uso d’emergenza dei due monoclonali combinati. L’Fda potrebbe anche autorizzare l’uso di fiale con concentrazioni minori rispetto ai 700 mg che consentirebbero la riduzione dei tempi di infusione da 60 a 16 minuti, con conseguente semplificazione della somministrazione e ridurre di oneri per il sistema sanitario.
Skovronsky, per inciso, è il direttore scientifico della multinazionale cui il virologo Guido Silvestri da Atlanta si era rivolto a ottobre per perorare la causa di una sperimentazione gratuita in Italia di 10mila dosi, poi clamorosamente lasciata cadere nel nulla, come rivelato dal Fatto a dicembre. L’arrivo di Palù ha in parte piegato le resistenze dell’Agenzia del farmaco riuscendo però a spuntare solo l’impegno a uno studio in cerca di contraenti di un bando ancora aperto. Insomma, tempi lunghi per accertare in laboratorio risultati già accertati anche nell’esperienza clinica, dove i monoclonali si usano tutti i giorni su migliaia di pazienti.
Questo spiega perché il mondo scientifico stia prendendo posizione contro l’inerzia dell’Italia a fronte di dati ed evidenze ormai difficilmente contestabili. Specie se l’unico farmaco consigliato su suolo italiano resta la Tachipirina, mentre promettenti alternative su cui si sta investendo sono tutte di là da venire, lontane mesi e migliaia di morti dalla produzione.
Così alle numerose voci di medici e ricercatori che chiedevano da tempo di poterli utilizzare – in prima fila lo stesso Silvestri, Clementi, Palù, Sileri, Ricciardi – se ne aggiungono altre. “Ottime, ottime, ottime notizie. Il cocktail di anticorpi monoclonali umani della Eli Lilly (peraltro prodotti in Italia, a Latina!) riduce il rischio di ospedalizzazione e di morte del 70%. Da notare, nessun morto tra i pazienti trattati”. Così sui social Roberto Burioni, virologo dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Adesso muoviamoci”, chiosa il virologo. E non è il solo. “Vedere che la Germania ha deciso di acquistare gli anticorpi monoclonali e che l’Italia è ancora ferma al bando per lo studio, non fa onore alla medicina italiana”. Così l’infettivologo genovese Matteo Bassetti stamani via fb sollecita l’impiego degli anticorpi monoclonali contro il covid. “Potevamo essere il primo paese in Europa a usarli e sperimentarli e invece qualcuno ha deciso di ignorare la strada dei monoclonali. – denuncia – Chi lo ha fatto ha sbagliato e dovrebbe assumersene la responsabilità facendo un passo indietro”.
Monoclonali, l'Aifa che li ha snobbati per mesi ora scopre che c'è la fila per usarli: 'Bando prorogato'. Ricciardi: 'Stiamo perdendo tempo' - Il Fatto Quotidiano
L'Agenzia annuncia di aver prorogato fino al 15 febbraio il bando per lo studio dell'efficacia delle terapie anticorpali che in Usa, Canada, Israele, Ungheria e Germania vengono somministrate ai pazienti tutti i giorni: "Sono arrivate molte richieste da diversi ricercatori di avere più tempo per costruire e presentare la loro proposta di studio". Ma il tempo non c'è più, l'inerzia costa migliaia di vite. Ricciardi: "Altro che bandi, con 500 morti al giorno stiamo perdendo tempo"
di Thomas Mackinson | 28 GENNAIO 2021
Il bando ha lo scopo di “verificare se gli anticorpi monoclonali possono rappresentare una reale opzione terapeutica nella prevenzione della progressione del COVID-19 nei pazienti in fase precoce di malattia”. Riguarda sia il Regeneron che il Bamlanivimab della Eli Lilly, proprio quello che viene prodotto a Latina ma finisce negli Usa, in Canada, Israele, Ungheria e (da lunedì) anche alla Germania ma non in Italia dove pure viene prodotto, perché l’Aifa non ne ha autorizzato l’uso in emergenza e a ottobre ha anche respinto al mittente la proposta di un trial clinico pragmatico con 10mila dosi gratuite, come ha rivelato il Fatto. Fiale che ora lo Stato dovrà comprare, tramite la struttura commissariale di Arcuri, per accertarne l’efficacia nonostante il farmaco sia impiegato da mesi con successo in altri Paesi e gli ultimi studi abbiano confermato una capacità di riduzione delle ospedalizzazioni dell’80% e del 70% del rischio di morte.
La notizia della proroga non è un dettaglio tecnico-burocratico. Riporta sotto i riflettori le scelte di salute pubblica operate per mesi dall’Agenzia e dallo stesso ministero della Salute: l’Italia sta investendo sulla strada autarchica del “monoclonale italiano”, così come per i vaccini con l’investimento su Reithera, che è in via di sviluppo ma lontano dalla produzione. Nel frattempo, nonostante i bollettini con morti e malati, ha ignorato i farmaci autorizzati già in commercio che potevano salvare migliaia di vite. Oltre al razionale scientifico, questa storia sembra aver perso la variabile del tempo, quasi non fossimo in emergenza da quasi un anno con due milioni e mezzo di casi confermati e 85mila morti. A leggere il bando, infatti, lo studio potrà durare fino a 12 mesi. Che significa un anno da che verrà selezionato il centro candidato a sperimentare i monoclonali, stilato il protocollo, arruolati i soggetti, analizzati i dati, approvati i risultati dal comitato etico e così via. Può permetterselo l’Italia con 500 morti al giorno?
“Non mi sembra questo il momento di perdere del tempo per una procedura sicuramente più lunga, quando Germania, Stati Uniti e Canada li hanno già: Aifa approvi i monoclonali già in commercio” è arrivato a dire lo stesso consulente del Ministro della Salute Walter Ricciardi, ordinario di igiene e medicina preventiva all’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Canada, Stati uniti e Germania hanno già acquistato il prodotto e l’Italia, che ne avrebbe molto bisogno con 500 morti al giorno, no. E’ competenza dell’Aifa procedere velocemente ma stiamo perdendo tempo con una call che l’agenzia ha avviato per fare una sperimentazione sui monoclonali. Con tutti i morti che abbiamo ogni giorno, sarebbe meglio utilizzare quelli già in commercio. Un anticorpo monoclonale, se lo somministri in forma precoce, ad esempio entro sei giorni dalla comparsa dell’infezione ai degenti delle Rsa o ai pazienti anziani, puoi salvarli”.
L’imprenditore che produce monoclonali a Latina: 'Li inviamo in tutto il mondo, ma in Italia se faccio uscire una fiala dal cancello mi arrestano' - Il Fatto Quotidiano
Aldo Braca è il titolare della Bsp Pharmaceuticals dove si produce l'anticorpale della Eli Lilly che finisce in tutto il mondo fuorché in Italia, dove non è autorizzato. "I ritardi sui vaccini aumentano la richiesta globale , l'Italia si muova ora o rischia che l'intera produzione venga opzionata”. Aifa non emanato un bando di studio per la ricerca che potrebbe impiegare mesi. Il dg delle malattie infettive del San Martino Bassetti: "Non ha nessuno senso e poi anche Il problema etico: perché dovrei dare un placebo ai malati quando c'è la terapia per guarirli?”
di Thomas Mackinson | 1 FEBBRAIO 2021
“Anche io ho dei parenti che si son presi il Covid sa? Ma ho anche mille dipendenti che controllo tutte le mattine e tanti si sono ammalati fuori di qui, rischiando la vita. Dal mio impianto esce il farmaco che può guarirli subito. Sa che mi succede se lo porto fuori da questo cancello? Succede che mi arrestano, perché in Italia non è autorizzato”. Aldo Braca è il titolare della Bsp Pharmaceuticals di Latina, azienda divenuta celebre nell’era Covid perché da lì partono i camion refrigerati che portano gli anticorpi monoclonali della Eli Lilly in tutto il mondo fuorché in Italia, dove l’Aifa non li ha autorizzati. Gli ultimi studi pubblicati confermano una riduzione del rischio di morte del 70% e tuttavia le fiale da Latina vanno in Francia per l’etichettatura e poi negli ospedali di Stati Uniti, Canada, Israele, Germania, Inghilterra e Ungheria. Non in quelli italiani. “Non ci dormo la notte, da quando ho iniziato a mandare via il prodotto. Mi fa incazzare non una, ma dieci volte. Lo scriva pure questo. Ma la prego, aggiunga: l’Italia deve darsi una mossa”.
LEGGI ANCHEMonoclonali, virologo Guido Silvestri incalza: “Il prossimo ministro autorizzi rapidamente. Ma si faccia anche luce sulle cause del ritardo”All’imprenditore non era sembrato solo un affare, quando ha contratto l’obbligazione con la multinazionale di Indianapolis per 100mila dosi di Bamlanivimab al mese, uno dei due soli trattamenti autorizzati al mondo contro il Covid. “Era settembre – racconta – gli ospedali stavano esplodendo di nuovo. Ho subito chiesto alla Lilly “ma in Italia il prodotto ci sarà vero?”, e loro mi hanno risposto “certamente lo offriremo, poi è il ministero che decide ma noi lo proporremo”. Il resto ormai è storia.
LEGGI ANCHEMonoclonali, l’ex ministra Beatrice Lorenzin: “Utilizzarli subito su rsa e sui fragili Gli strumenti normativi ci sono, li ho fatti io”L’Agenzia del Farmaco, che dal ministero dipende, non ha autorizzato la sperimentazione, neppure quando le fiale erano state offerte gratuitamente a questo scopo su iniziativa del virologo Guido Silvestri che da allora non si da pace. Da Atlanta chiede che si faccia chiarezza su chi, a Roma, ha la responsabilità del ritardo nell’accesso alla terapia e delle vite che potevano salvare. Eccesso di prudenza e burocrazia, inconfessabili conflitti di interesse in capo ai decisori pubblici, non s’è mai capito. Fatto sta che allo sconcerto di pochi è poi seguita la rabbia di molti. Ma nessuno, nel frattempo, si preoccupa dell’approvvigionamento. “Coi vaccini ritardano sale la domanda globale di anticorpi – avverte Braca – . Ho ancora capacità produttiva ma dopo Trump l’amministrazione Biden ha subito opzionato altri due milioni di dosi, ora la Germania. Lilly ha messo un booking molto alto, sma se non ci muoviamo presto l’intera produzione sarà opzionata”.
Il regolatore pubblico non ha fretta. Solo 21 gennaio l’Aifa ha emanato un “bando per lo studio randomizzato” sugli anticorpi monoclonali. A strapparlo, con la forza di un leone, è stato il presidente Giorgio Palù, altra anima inquieta per questa vicenda che sembra aver smarrito da tempo il “razionale scientifico”, posto che gli studi di fase 3 hanno confermato l’efficacia degli anticorpi e altri paesi europei, Germania in testa, hanno iniziato a rifornire gli ospedali senza aspettare autorizzazioni dall’Europa. La scadenza del 21 febbraio è stato subito posticipata al 15: “per lemolte richieste di arrivate da diversi ricercatori di avere più tempo per costruire e presentare la loro proposta di studio”, fa sapere l’Aifa. Dunque, l’agenzia che per mesi ha ignorato la sperimentazione adducendo problemi regolatori e dubbi sull’efficacia, scopre ora che c’è la fila per usarli ma non per impelagarsi in studi ridondanti.
LEGGI ANCHEFarmaci anti Covid, via ai test sugli anticorpi monoclonali: “La terapia potrebbe evitare un’infezione per 6-12 mesi”Allo “studio” si è affacciato il San Martino di Genova. Matteo Bassetti, è il direttore delle malattie infettive. “Quando ho letto il bando mi sono cadute le braccia. Non ha alcun senso proporre ora un protocollo di studio su farmaci la cui efficacia è dimostrata da dati validati di Fase III, già utilizzati come terapia da altri Paesi come la Germania. Con 500 morti al giorno noi che facciamo? Aspettiamo i risultati dello studio che potrebbe – stando al protocollo Aifa – durare fino a 12 mesi?”. La sperimentazione (tardiva) pone anche un problema di natura etica di cui pochi si preoccupano. “Come potrò chiedere a pazienti malati di accettare da volontari il placebo se il farmaco che li guarisce c’è già?”. Anziché perder tempo, conclude Bassetti, si avvi un programma allargato ad uso compassionevole. “Da medici, più della ricerca, una cosa ci interessa: che arrivino terapie che possano salvare la vita ai pazienti. Non tra sei mesi, ora”.
E così ci siamo eh. Hanno fatto fuori Conte.
Ecco l'annuncio di Mattarella ieri sera, forte di avere evocato IL DRAGO, a cui si prevede già la totale genuflessione di: PD, RADICALI, ITALIAVIA, mentre pure la LEGA e udite-udite i 5S sarebbero 'indecisi'. Salvini ha detto che non hanno pregiudizi (LORO!) su Draghi, basta che 'riapra l'Italia' (massì, la pandemia se l'é inventata Conte in combutta con Speranza, vero pagliaccio verde?).
E il serial killer politico Renzi, ovviamente, esulta.
Ma se è riuscito a fare quel che ha fatto è perché c'era comunanza con ALTRI partiti, a cominciare dal PD, infiltrato da renziani dappertutto, a cominciare da Marcucci ma anche Delrio, e chissà quanti altri. Italia Viva è solo la bad company del PD.
Del resto, cos'altro aspettarsi da un Renzi che prima è d'accordo sulla nascita del Conte-bis, e poi forma dopo 14 giorni, un nuovo partito con 18 senatori e 30 deputati, quel che basta per far saltare il governo quando gli pare? Ovviamente restando in maggioranza, eh. E ha cominciato prestissimo a chiedere 'la resa dei conti': già marzo scorso Renzi parlava di farla finita con Conte. Poi è arrivata la pandemia.
Poi è arrivata l'indagine su Renzi e Boschi per la fondazione Open, novembre 2020.
E subito dopo sono ripartiti gli attacchi a Conte.
Ecco cosa c'é. E nel frattempo Verdini, dopo solo 80 giorni di galera, è stato scarcerato per il rischio COVID. Con Salvini, quello che attaccava il governo per la scarcerazione di tanti delinquenti per questa ragione, che poi è andato a ricevere il nuovamente libero Verdini, nonché suo futuro suocero.
Evviva la coerenza.
Uno schifo totale.
E mentre tutto questo accade, abbiamo ancora 500 morti al giorno di COVIDDI. E dobbiamo anche chiederci come mai gli anticorpi monoclonali siano stati ignorati dall'AIFA, mentre li comprano dall'estero.
Pazzesco.
Renzi provoca la crisi e poi va in Arabia Saudita? Chissenefrega, apparentemente. Dice che tanti altri ex premier lo hanno fatto. Ma non erano più in parlamento, la cosa gli sfugge, ma essendo lui un bullo furbo, sa che in Senato a differenza della Camera, non ci sono regole che vietino questo lobbismo d'accatto.
Governo, Scalfarotto (Italia Viva): "Raccogliamo l'appello di Mattarella, appoggeremo Draghi" - Il Fatto Quotidiano
“Si appoggeremo Draghi, ci siamo rimessi alla saggezza del presidente della Repubblica. Raccogliamo il suo appello”, così Ivan Scalfarotto, di Italia Viva dopo la comunicazione di martedì sera del Presidente della Repubblica. “Maggioranza forte? Dobbiamo dargli il tempo di lavorare, non ha neanche ricevuto l’incarico”, spiega.
Nooo, e chi l'avrebbe detto? Uno dei personaggi più lecchini e svergognati del PD prima e IV poi, che 'accoglie' l'appello di Matteralla che stranamente all'inizio dell'anno aveva chiesto di non buttare la politica in personalismi. E che ha fatto il suo disgustoso boss?
Ma poi senti anche Salvini che dice queste boiate:
Governo, Salvini: "Non abbiamo pregiudizi su Draghi ma in democrazia comanda il popolo. Chi vuole la nostra fiducia riapra il paese" - Il Fatto Quotidiano
Salvini: “Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi”
“Si apre una nuova fase. Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi. Vogliamo parlare di taglio di tasse e apertura dei cantieri con la prospettiva del voto. Votera’ mezza Europa e lo faranno tante citta’ italiane per cui la democrazia non puo’ essere sospesa in questi mesi. Ma non sprechiamo questi mesi”. Lo ha detto Matteo Salvini a Omnibus. (FQ 3-2-21)
Matteo Renzi
@matteorenzi
Ora è il momento dei costruttori. Ora tutte le persone di buona volontà devono accogliere l’appello del Presidente #Mattarella e sostenere il governo di Mario #Draghi. Ora è il tempo della sobrietà. Zero polemiche, Viva l’Italia
ECCERTO, fino a ieri avete sabotato CONTE, adesso applaudite a DRAGHI. Maledetto.
Evvai con un pò di fonti:
Governo del presidente, Mattarella convoca al Colle Mario Draghi. La giornata: Renzi ha fatto fallire la maggioranza per le poltrone. M5s e Pd: "Solo veti e voleva scegliere anche i nostri ministri" - diretta - Il Fatto Quotidiano
Alla fine sarà un “governo del presidente“. Guidato dall’uomo il cui nome viene evocato praticamente dall’inizio della crisi politica: Mario Draghi. Dopo che Matteo Renzi ha rovesciato il tavolo delle trattative facendo fallire il mandato esplorativo di Roberto Fico, Sergio Mattarella ha annunciato di voler “conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili“. Poco dopo ha convocato al Quirinale l’ex presidente della Banca centrale europea per mercoledì alle 12. Toccherà a lui presiedere quello che il capo dello Stato ha definito come un “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica“. Un esecutivo del presidente visto che il capo dello Stato ha rivolto “un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché” gli “conferiscano la fiducia“.
La scelta (obbligata) del presidente – Si chiude così dunque la crisi politica scatenata da Italia viva. Dopo quattro giorni di consultazioni, Fico è salito al Quirinale per comunicare a Mattarella che “allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato l’unanime disponibilità di dare vita ad una maggioranza”. Un faccia a faccia brevissimo, circa 20 minuti, quello tra la terza e la prima carica dello Stato, che sancisce il fallimento dell’esplorazione della terza carica dello Stato. E che ha riconsegnato nelle mani del Qurinale la regia della crisi. Il capo dello Stato aveva già osservato nel pomeriggio come le trattative tra il Pd, i 5 stelle, Leu e Italia viva fossero prossime al naufragio. Dopo aver incontrato Fico ha quindi riflettuto meno di un’ora prima di presentarsi ai giornalisti e tenere un discorso lungo poco più di sette minuti. Il presidente aveva due opzioni: portare il Paese a elezioni anticipate o nominare un governo tecnico che si occupasse dell’emergenza sanitaria, economico e sociale. Dopo aver spiegato perché non considerava percorribile la prima ipotesi, il capo dello Stato ha comunicato di aver scelto la seconda. Una scelta che, con gli elementi sul tavolo del Colle, sembra quasi obbligata. Ma andiamo con ordine.
VEDI ANCHE
Mattarella: “Faccio un appello alle forze politiche per un governo di alto profilo”. L’intervento integrale del Capo dello Stato
Le due strade del presidente –Dopo aver confermato l’esito negativo del mandato di Fico – che ha svolto un mandato “impegnato, serio e imparziale – il presidente ha spiegato di avere “adesso due strade, fra loro alternative”. Quali? “Dare, immediatamente, vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria. Ovvero quella di immediate elezioni anticipate”. La seconda è la strada che il capo dello Stato non ha seguito. È per questo motivo che il presidente ha dedicato la maggior parte del suo tempo a spiegare perché il voto anticipato non era una soluzione percorribile. “Questa seconda strada va attentamente considerata, perché le elezioni rappresentano un esercizio di democrazia – ha chiarito l’inquilino del Colle -Di fronte a questa ipotesi, ho il dovere di porre in evidenza alcune circostanze che, oggi, devono far riflettere sulla opportunità di questa soluzione“. Quali sono queste circostanze? Intanto che “il lungo periodo di campagna elettorale – e la conseguente riduzione dell’attività di governo – coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia”.
Coronavirus, Recovery, allarme sociale: perché non si può tornare alle urne – Un momento fondamentale per diversi motivi, e il capo dello Stato li ha elencati tutti: “Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti. Questo richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni per adottare i provvedimenti via via necessari e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale. Lo stesso vale per lo sviluppo decisivo della campagna di vaccinazione, da condurre in stretto coordinamento tra lo Stato e le Regioni“. Ma non è solo un’emergenza sanitaria a sconsigliare il ritorno al voto. “Sul versante sociale – tra l’altro – a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un Governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale”. Poi ovviamente c’è il Recovery. “Entro il mese di aprile va presentato alla Commissione Europea il piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei; ed è fortemente auspicabile che questo avvenga prima di quella data di scadenza, perché quegli indispensabili finanziamenti vengano impegnati presto. E prima si presenta il piano, più tempo si ha per il confronto con la Commissione. Questa ha due mesi di tempo per discutere il piano con il nostro Governo; con un mese ulteriore per il Consiglio Europeo per approvarlo. Occorrerà, quindi, successivamente, provvedere tempestivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli”. Un sorta di programma a cronometro fatto di scelte che “un governo ad attività ridotta non sarebbe in grado” di fare. “Per qualche aspetto neppure potrebbe – ha sottolineato il custode della Carta – E non possiamo permetterci di mancare questa occasione fondamentale per il nostro futuro”.
Governo del presidente, Mattarella convoca al Colle Mario Draghi. La giornata: Renzi ha fatto fallire la maggioranza per le poltrone. M5s e Pd: “Solo veti e voleva scegliere anche i nostri ministri” – diretta
“Anche col voto anticipato servono mesi per un governo” – È per tutti questi motivi che Mattarella ha escluso le elezioni anticipate. Anche perché in caso di ritorno alle urne sarebbe necessario un periodo molto lungo prima di avere un nuovo esecutivo nel pieno delle sue funzioni. E qui l’inquilino del Quirinale è entrato nel dettaglio: “Va ricordato che dal giorno in cui si sciolgono le Camere a quello delle elezioni sono necessari almeno sessanta giorni. Successivamente ne occorrono poco meno di venti per proclamare gli eletti e riunire le nuove Camere. Queste devono, nei giorni successivi, nominare i propri organi di presidenza. Occorre quindi formare il Governo e questo, per operare a pieno ritmo, deve ottenere la fiducia di entrambe le Camere. Deve inoltre organizzare i propri uffici di collaborazione nei vari Ministeri. Dallo scioglimento delle Camere del 2013 sono trascorsi quattro mesi. Nel 2018 sono trascorsi cinque mesi”. Quindi anche con il voto anticipato “si tratterebbe di tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza di funzioni per mesi cruciali, decisivi, per la lotta alla pandemia, per utilizzare i finanziamenti europei e per far fronte ai gravi problemi sociali”.
“In altri Paesi si è votato obbligatoriamente. Poi sono aumentati i contagi” – Ma non è solo una questione di tempi e compiti che “sono ben presenti ai nostri concittadini, che chiedono risposte concrete e rapide ai loro problemi quotidiani”. Mattarella ha ricordato che un ritorno alle urne nei prissimi mesi avrebbe dovuto fare i conti col fatto che “ci troviamo nel pieno della pandemia. Il contagio del virus è diffuso e allarmante; e se ne temono nuove ondate nelle sue varianti”. E le elezioni “non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare ma includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature. Inoltre la successiva campagna elettorale richiede – inevitabilmente – tanti incontri affollati, assemblee, comizi: nel ritmo frenetico elettorale è pressoché impossibile che si svolgano con i necessari distanziamenti”. Qualcuno dirà: perché allora altri Paesi sono andati comunque alle urne? Mattarella ha previsto anche questa obiezione: “In altri Paesi in cui si è votato – obbligatoriamente, perché erano scadute le legislature dei Parlamenti o i mandati dei Presidenti – si è verificato un grave aumento dei contagi. Questo fa riflettere, pensando alle tante vittime che purtroppo continuiamo ogni giorno – anche oggi – a registrare”. È per tutti questi motivi che il presidente della Repubblica ha scelto di non imboccare la strada del ritorno alle urne. A ben pensarci era una strada sbarrata.
Governo del presidente, Mattarella convoca al Colle Mario Draghi.
La giornata: Renzi ha fatto fallire la maggioranza per le poltrone.
M5s e Pd: "Solo veti e voleva scegliere anche i nostri ministri" - diretta - Il Fatto Quotidiano
“Presto incarico di alto profilo”. Tradotto: governo del presidente. Dopo quattro giorni di consultazioni che non hanno portato a un accordo tra i partiti che sostenevano il governo Conte, il capo dello Stato Sergio Mattarella ha deciso di affidare il mandato all’ex presidente della Bce Mario Draghi, convocato per domani al Quirinale alle ore 12. Si tratterà, come ha detto Mattarella, di “un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica“. La decisione del presidente della Repubblica è arrivata al termine di una giornata convulsa, a tratti confusa, che ha sancito la fine definitiva della maggioranza che ha retto il governo Conte 2. Una fine voluta da Matteo Renzi.
LEGGI ANCHE Mattarella sceglie un governo del presidente e convoca Mario Draghi: “Voto non opportuno con l’emergenza, serve pienezza delle funzioni”
La fine della giornata – Dopo due giorni di tavolo per il programma di governo l’ipotesi di ricucire i rapporti tra Italia viva e il resto della maggioranza sono naufragati all’ultimo. Fumata nera per l’incarico esplorativo di Roberto Fico, che è salito al Quirinale per incontrare il capo dello Stato. “Allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato l’unanime disponibilità di dare vita ad una maggioranza”, ha detto il presidente della Camera dopo aver incontrato il capo dello Stato. Un faccia a faccia brevissimo, circa 20 minuti, che sancisce il fallimento dell’esplorazione della terza carica dello Stato. Poco prima che Fico salisse al Colle, infatti, Renzi aveva rovesciato ogni possibilità di accordo con un tweet: “Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei Niet dei colleghi della ex maggioranza. Ringraziamo il presidente Fico e ci affidiamo alla saggezza del Capo dello Stato”. Un de profundis sul tentativo di ricompattare la maggioranza che sosteneva il governo di Giuseppe Conte.
La rottura del tavolo – La fine delle trattative viene certificata anche dagli altri partiti. “Renzi aveva fatto richieste sugli assetti di governo ancor prima che fosse dato l’incarico a Conte e poi la rottura inspiegabile“, fanno sapere fonti del Pd aggiungendo che il leader d’Italia viva voleva scegliere anche i ministri del Pd. Per Loredana De Petris di Leu i renziani hanno “dato parere contrario su tutto e non si scioglie la riserva su Conte“. “Altro che temi! Poltrone e testa di Conte nonostante un pandemia. Indegno! Elezioni vicinissime, a mio parere! E sono pronto: prontissimo!”, scrive su twitter Gianluca Castaldi, senatore M5S e sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento. Un concetto esteso da una nota ufficiale dei 5 stelle: “Da parte di Matteo Renzi sul tavolo c’era solo la questione delle poltrone. Così facendo ha dimostrato chiaramente che questa era la vera ragione per la quale ha provocato la crisi. Poltrone che ha chiesto, contrariamente a quanto sostenuto in questi giorni. Oltre a chiederle il senatore di Rignano, voleva decidere anche per conto delle altre forze politiche. Inoltre il Movimento 5 Stelle, contrariamente a quanto affermato da fonti renziane, non ha posto alcun veto”. Concetti ripetuti da Vito Crimi che parla di “ostruzionismo di Italia viva” e accusa Renzi di avere “posto davanti all’interesse del Paese l’interesse ad avere qualche poltrona in più”.
Lo scontro sul documento – Sono tutte dichiarazioni di fuoco che arrivano dopo una giornata rovente. A Montecitorio, al tavolo del programmma, litigano persino sulla necessità di produrre un verbale finale. Italia viva, che aveva chiesto un documento con cronoprogramma, ha poi detto sì alla scelta di redigere un verbale di fine riunione ma ha lamentato, alla lettura del testo, che non rispecchiava le diverse posizioni che si sono registrate. Alla fine non si è prodotto alcun verbale. È stato solo l’ultimo scontro, di una gioranta di trattative riferita all’esterno della Sala della Lupa in modo completamente opposto. Una versione era stata raccontata da Renzi ai suoi e poi ai giornalisti con le ormai consuete veline, un’altra da chi sedeva al tavolo di lavoro sul programma. “Qualcuno voleva trasformare il verbale in un contratto di governo ma senza che il presidente incaricato fosse presente. E quel qualcuno, Italia viva, ha dato alle agenzie un racconto sul tavolo non rispondente al vero, dicendo che non c’erano temi convergenti. A nostro avviso i temi convergenti sono molto di più di quelli divisivi. E si era detto che i temi divisivi come il Mes erano fuori dal tavolo”, dice il capogruppo M5S Davide Crippa. “Abbiamo fatto un lavoro importante in questi due giorni con discussioni approfondite. Rimangono distanze, non solo con Iv, anche sull’impostazione di alcuni punti. Siamo fiduciosi che il lavoro per colmare le distanze possa essere fatto da chi dovrà formare il governo e scrivere il programma. Il lavoro proficuo è stato fatto ma non sono state esaurite tutte le questioni”, è invece la versione del capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio uscendo dalla sala della Lupa. Poi altre fonti dem hanno certificato la rottura voluta dai renziani.
Il lodo Orlando, ambiente e scuola: i temi sul tavolo – In mattinata i colloqui erano ripartiti dalla riforma delle giustizia, uno dei temi più delicati. Se sull’obiettivo di riformare il sistema per velocizzare i processi è sembrato possibile che si raggiungesse un’intesa, diverso è il caso della prescrizione, riformata con la legge Spazzacorrotti dal guardasigilli Alfonso Bonafede e malvista dai renziani. La soluzione proposta dai dem è un “lodo Orlando“, che prevede di portare avanti al più presto un ddl sulla riforma del processo penale e, in caso di mancata approvazione entro sei mesi, rimettere mano ai tempi della prescrizione. Una mediazione sottoscritta da M5s e Leu, ma respinta da Italia viva. Renzi, intorno all’ora di pranzo, ha fatto sospendere il tavolo per incontrare i suoi parlamentari e, stando a quando lui stesso ha fatto sapere alla stampa, si è lamentato che gli alleati “non concedono nulla“. Una versione smentita poco dopo da chi era seduto al tavolo, ovvero il vicesegretario Pd Andrea Orlando che ha replicato su Twitter: “Forse ero a un’altra riunione. Non sprechiamo questa occasione”. Ma non solo: “I 5 stelle oggi hanno accettato sulla giustizia quello che non avevano mai accettato prima. Non andare a vedere mi pare pazzesco”, ha scritto Orlando, in una conversazione su Twitter, a proposito dell’intesa sulla prescrizione raggiunta al tavolo del programma. Intesa che, però, Italia viva ha smentito. “I 5 stelle hanno messo a verbale che son d’accordo ad approvare la mia riforma. Altro non so….”, aggiunge il vice segretario del Pd rispondendo al tweet di Pietro Grasso. “Avendo partecipato posso confermare: è andata molto bene. Si sono fatti più passi avanti in quelle due ore che nei mesi precedenti. Non riconoscere che il M5S ha mostrato una nuova disponibilità significa cercare pretesti per rompere e non soluzioni per arrivare a un’intesa”, scrive l’ex presidente del Senato. Secondo quanto riferito dai dem poco dopo, ci sarebbe invece una “significativa convergenza dei gruppi al tavolo” sui temi della “sostenibilità ambientale con la mozione approvata in Senato, e sui temi della scuola con l’esigenza di un rilancio prioritario degli investimenti”. Una convergenza ridotta in fumo dai renziani nel pomeriggio inoltrato.
Le trattative sui nomi – Al di là dei temi, il problema principale è stato rappresentato chiaramente dall’accordo sui nomi. Renzi e i suoi finora non hanno sciolto la riserva su Conte premier e proprio quello è il veto che doveva cadere per far andare avanti le trattative. M5s, Pd e Leu hanno già ribadito che il premier uscente è l’unico equilibrio possibile, mentre Italia viva non ha mai voluto esprimersi. Secondo alcune fonti nel pomeriggio si è tenuto un vertice parallelo al tavolo con Renzi, Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza. Secondo fonti di Italia viva, Crimi avrebbe detto no alla richiesta di sostituire i ministri Bonafede e Lucia Azzolina. In più, sarebbe stato “posto un veto” su Teresa Bellanova al ministero del Lavoro. Pd e M5s però concordano su un punto: Italia viva non ha rimosso veti sul Conte ter e addirittura voleva scegliere i ministri 5 stelle e dem. Una situazione che sembra impossibile da ricomporre. E infatti Fico è salito al Colle per comunicare l’esito negativo del suo mandato esplorativo. Dopo una breve riflessione Mattarella ha convocato Draghi al Colle: sarà un “governo del presidente” a mettere fini alla crisi, visto che il capo dello Stato ha rivolto “un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché” gli “conferiscano la fiducia“.
Crippa (M5s): “Boschi ministra anche se indagata? Andrebbe contro quello che abbiamo fatto in passato. Ma deciderà la maggioranza”
CRONACA ORA PER ORA
21.32 – Mattarella convoca al Quirinale Mario Draghi
Il presidente della Repubblica ha convocato per domani alle 12 al Quirinale l’ex presidente della Bce Mario Draghi.
21.23 – Mattarella: “Appello ai partiti”
“Avverto il dovere di rivolgere alle forze politiche un appello per un governo di alto profilo per far fronte con tempestività alle gravi emergenze in corso”.
21.22 – Mattarella: “Incarico ad alto profilo”
Conto di “conferire al più presto incarico per formare governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”.
21.21 – Mattarella: “Cittadini richiedono risposte urgenti”
“Dallo scioglimento delle Camere del 2013 sono trascorsi 4 mesi” per un governo, nel 2018 “5 mesi”. Si tratterebbe di tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza delle funzioni in mesi cruciali. Tutte queste preoccupazioni sono ben presenti ai nostri concittadini, che chiedono risposte urgente”.
21.19 – Mattarella: “Ora due strade, governo nuovo o voto”
“Ora ci sono due strade alternative: dare immediatamente vita a un nuovo governo adeguato a fronteggiare le emergenze sanitaria sociale economica finanziaria o immediate elezioni anticipate”. Lo ha detto il Capo dello Stato Sergio Mattarella dopo il colloquio con il Presidente della Camera Roberto Fico.
21.17 – Mattarella: “Crisi richiede governo con piene funzioni”
La crisi sanitaria ed economica “richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni e non un governo con l’attività ridotta al minimo”. Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
21.02 – Attesa per dichiarazione di Mattarella
I giornalisti al Quirinale sono in attesa di dichiarazioni del presidente Sergio Mattarella.
21.00 – Orlando (Pd): “Italia viva voleva questa rottura”
“Questa sera c’è stato il suono della campanella: c’erano tutte le condizioni per ricomporre. Abbiamo modificato la posizione dei 5s sulla prescrizione, volendo si poteva trovare un’intesa anche su Anpa. Ho l’impressione che si volesse questa rottura, dietro c’è un disegno politico”. Così il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, a Cartabianca su Rai3.
20.50 – Fico: “Manca unanime disponibilità per una maggioranza”
“Allo stato attuale permangono distanze alla luce della quali non ho registrato unanime disponibilità per dare vita alla maggioranza”. Lo ha detto il Presidente della Camera Roberto Fico al termine del colloquio con il Capo dello Stato.
20.38 – Crimi: “Renzi ha rotto per le poltrone”
“L’obiettivo ora è evidente, l’obiettivo era ottenere qualche poltrona in più. Non abbiamo ricevuto da Iv nessun tipo di rassicurazione su Conte e abbiamo assistito anche al sindacare sui minisetri degli altri. Chi ha cominciato a mettere veti è Renzi,che ha posto davanti all’interesse del Paese l’interesse ad avere qualche poltrona in più”. Lo dice il capo politico M5S Vito Crimi.
20.35 – Crimi: “Da Italia viva ostruzionismo”
“Sono state due giornate intense in cui i capigruppo hanno lavorato ai tavoli tematici. Il risultato di questa giornata adesso credo sia a tutti chiaro. Noi abbiamo fatto dei grandi sforzi, grandi passi avanti nei confronti anche di Iv, con un obiettivo: cercare di dare al paese un governo nel più breve tempo possibile e affrontare le questioni più urgenti. Malgrado questo, abbiamo assistito da parte della delegazione di Iv a una serie di attività quasi ostruzionistiche”. Così il capo politico M5S Vito Crimi, parlando con i cronisti.
20.25 – Fico è arrivato al Quirinale
Il presidente della Camera, Roberto Fico, è al Quirinale per riferire al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’esito del mandato esplorativo ricevuto venerdì scorso, per verificare la possibilità di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente.
20.20 – M5s: “Per Renzi solo poltrone, al tavolo per mercanteggiare”
“Nessuna volontà di aiutare il Paese nel momento più difficile, nessun interesse verso i cittadini italiani o a lavorare per l’interesse della collettività. Da parte di Matteo Renzi sul tavolo c’era solo la questione delle poltrone. Così facendo ha dimostrato chiaramente che questa era la vera ragione per la quale ha provocato la crisi. Poltrone che ha chiesto, contrariamente a quanto sostenuto in questi giorni”. Così in una nota il M5S. “Oltre a chiederle – attacca ancora il M5S – il senatore di Rignano, voleva decidere anche per conto delle altre forze politiche. Inoltre il movimento 5 Stelle, contrariamente a quanto affermato da fonti renziane, non ha posto alcun veto. In queste ultime ore e nei giorni precedenti siamo stati concentrati sui temi e si bisogni degli italiani ma ci siamo trovati di fronte a un leader politico che voleva solo mercanteggiare e cercare pretesti per rompere”.
19.55 – Fico sente Renzi
A quanto si apprende, il presidente della Camera Roberto Fico ha sentito telefonicamente il leader di Iv, Matteo Renzi. La terza carica dello stato sta sentendo anche gli altri big, prima di recarsi al Quirinale dove è atteso alle 20.30 per riferire al Capo dello Stato della sua ‘esplorazionè per la formazione del nuovo governo.
19.50 – Fico alle 20 e 30 al Colle
Il presidente della Camera Roberto Fico alle ore 20:30 si recherà al Quirinale. Lo fanno sapere fonti di Montecitorio.
19.45 – Pd: “Renzi voleva scegliere pure i nostri ministri”
“Renzi aveva fatto richieste sugli assetti di governo ancor prima che fosse dato l’incarico a Conte e poi la rottura inspiegabile”. Lo fanno sapere fonti Pd aggiungendo che Renzi voleva scegliere anche i ministri del Pd.
19.35 – Fumata nera al vertice sui nomi
Fumata nera questo pomeriggio a un vertice di Matteo Renzi con Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza per cercare un’intesa sulla nascita di un governo Conte ter. A quanto apprende l’ANSA da fonti di Italia viva, sia sui temi che sulla squadra, dal Mes al ruolo di Arcuri, non si sarebbero registrate le aperture attese. In particolare, secondo le stesse fonti, Crimi avrebbe detto no alla richiesta di sostituire i ministri Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina. In più, sarebbe stato “posto un veto” su Teresa Bellanova al ministero del Lavoro.
19.30 – Castaldi (M5s): “Elezioni vicinissimi”
“Altro che temi! Poltrone e testa di Conte nonostante un pandemia. Indegno! Elezioni vicinissime, a mio parere! E sono pronto: prontissimo!”. Così su Twitter Gianluca Castaldi, senatore M5S e sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento.
18.50 – Boschi: “Rimangono distanze”
“Rimangono le distanze sui contenuti nonostante il lavoro di questi giorni. Non abbiamo parlato di nomi”. Lo dice Maria Elena Boschi di Italia viva uscendo dalla sala della Lupa.
18.45 – Italia viva: “Documento non rappresenta divergenza”
“Noi abbiamo chiesto il verbale, anzi un documento. Solo che questo verbale non rappresenta le differenze di posizioni”. Così fonti Iv in merito al documento che avrebbe dovuto essere sottoscritto al termine del tavolo del programma. I renziani spiegano che “non siamo contro il verbale, lo abbiamo chiesto noi ma devono esserci raccolte tutte le posizioni, non si possono togliere i punti divisivi”.
18.40 – Nessun verbale alla fine dei lavori
“Non ci sarà un verbale. Si è deciso di non farlo”. Così fonti di maggioranza all’Adnkronos rispetto al documento a fine tavolo del programma.
18.23 – Nessuna intesa sul verbale, Italia viva: non rispecchia posizioni
Non c’è intesa, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, sul verbale che dovrebbe chiudere il tavolo sul programma dopo due giorni di lavori. Italia viva, che aveva chiesto un documento con cronoprogramma, avrebbe poi detto sì alla scelta di redigere un verbale di fine riunione ma avrebbero lamentato, alla lettura del testo, che non rispecchia le diverse posizioni che si sono registrate al tavolo su alcuni temi.
18.20 – Fico atteso al Colle in serata
Il presidente della Camera, Roberto Fico, dovrebbe salire al Quirinale in serata per riferire al capo dello Stato, Sergio Mattarella, l’esito dell’esplorazione, affidatagli lo scorso venerdì, con l’attuale maggioranza che sostiene il governo. Lo streaming della presidenza della Repubblica sarà attivo infatti a partire dalle 19.15 per i cronisti che seguiranno non in presenza l’evento, un orario indicativo visto che al momento la terza carica dello Stato è ancora impegnata a Montecitorio. A conclusione dei tavoli di lavoro infatti dovrebbe esserci un giro di consultazioni con i leader (che potrebbe essere anche telefonico), prima di salire al Colle. A seguire il colloquio con Mattarella e poi le comunicazioni del presidente della Camera che saranno appunto trasmesse in diretta sul sito del Quirinale.
18.00 – Fico incontra la maggioranza
Il presidente della Camera Roberto Fico è entrato nella sala della Lupa dove i rappresentanti della possibile maggioranza hanno completato un verbale dei loro incontri.
16.50 – Marcucci: “Confronto concluso, lavoriamo a conclusioni”
Il lavoro di confronto del tavolo del programma si è “di fatto” concluso. Lo ha spiegato Andrea Marcucci in una pausa. “Stiamo lavorando alle conclusioni”, ha sottolineato il presidente dei senatori Pd. Le varie delegazioni, che avevano lasciato la sala della Lupa per qualche minuto, stanno rientrando alla spicciolata e si attende l’arrivo del presidente Roberto Fico.
16.40 – Finita riunione al tavolo sul programma
Si è conclusa la riunione del tavolo sul programma di governo. Lo hanno riferito alcuni partecipanti lasciando la sala. Ora si sta concludendo la verbalizzazione della due giorni che verrà consegnata al presidente Roberto Fico.
16.20 – Gori (Pd): “Pd lavori a maggioranza ampia e nuovo premier”
“Se Renzi ha interesse a chiudere sul Conte Ter per massimizzare il suo dividendo, per ragioni opposte il Pd dovrebbe puntare ad una maggioranza più ampia (con nuovo premier). Questo se ancora non fosse chiaro che l’Italia ha bisogno di un governo ben più forte e fattivo del precedente”. Lo scrive su Twitter il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (Pd).
16.12 – Carelli lascia M5s: “Ora casa di centro per riunire scontenti”
“Non senza sofferenza interiore annuncio la mia uscita dal Gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle. In questo modo dico addio ad un Movimento che ha perso la sua anima.” Lo afferma il deputato Emilio Carelli. “La mia decisione arriva dopo una lunga riflessione. Mentre entro nel Gruppo Misto della Camera voglio propormi come aggregatore di una nuova componente “Centro – Popolari Italiani”, che potrebbe diventare una casa accogliente per tutti i colleghi che intendono lasciare il Movimento ma temono di restare isolati, ma anche per chi proviene da altri gruppi”, aggiunge.
16.10 – Grasso: “Da renziani pretesto per rompere”
“Avendo partecipato posso confermare: è andata molto bene. Si sono fatti più passi avanti in quelle due ore che nei mesi precedenti. Non riconoscere che il M5S ha mostrato una nuova disponibilità significa cercare pretesti per rompere e non soluzioni per arrivare a un’intesa”. Lo scrive su Twitter il senatore di Leu Pietro Grasso, postando il ‘cinguettiò del vicesegretario dem Andrea Orlando.
15.57 – Orlando: “Su giustizia M5s mai accettato tanto, pazzesco non andare a vedere”
“I 5s oggi hanno accettato sulla giustizia quello che non avevano mai accettato prima. Non andare a vedere mi pare pazzesco”. Lo scrive Andrea Orlando, in una conversazione su Twitter, a proposito dell’intesa sulla prescrizione raggiunta al tavolo del programma. Intesa che, però, Iv ha smentito. “I 5s hanno messo a verbale che son d’accordo ad approvare la mia riforma. Altro non so….”, aggiunge il vice segretario del Pd rispondendo a un altro tweet.
15.45 – Emiliano: “Renzi ha fatto tanto rumore per nulla”
“Possiamo dire che è stato fatto tanto rumore per nulla, perché abbiamo capito che era solo una questione di pesi e contrappesi all’interno del governo. Italia Viva si sta accontentando di avere un ruolo più importante nel governo e, quindi, vedremo figure nuove indicate da Renzi”: lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervenendo a Timeline su Sky TG24, rispondendo ad una domanda su come pensa che si evolverà nelle prossime ore la crisi di governo.
15.15 – Tavolo di lavoro fino a massimo le 18. Possibile secondo giro rapido di consultazioni
Fico si è intrattenuto solo per pochi minuti all’interno della Sala della Lupa dove è in corso il tavolo che durerà massimo fino alle 18. Quando i gruppi avranno terminato, Fico tornerà per ascoltare le conclusioni del lavoro. A quanto si apprende, si sta discutendo ancora sui temi, che poi dovrebbero confluire all’intero di un verbale.
15 – La riunione si concluderà alle 16
È ricominciata la riunione del tavolo di maggioranza sul programma che dovrebbe concludersi attorno alle 16. A verbalizzare l’esito della due giorni di lavori è Loredana De Petris, capogruppo di Leu al Senato.
14.20 – Renzi: “Finora nessun passo avanti”
“Finora non è stato fatto nessun passo avanti su nessun contenuto: fino all’ultimo proveremo a vedere se c’è una disponibilità a una mediazione”. Lo avrebbe detto Matteo Renzi, a quanto si apprende, nel suo intervento in assemblea con i parlamentari di Italia viva.
14.15 – Orlando: “Zero assoluto? Forse ero a un’altra riunione”
“Renzi dice che su giustizia “siamo allo zero assoluto”. Probabilmente sono stato invitato a un’altra riunione.. Apertura su riforma penitenziaria, modifica prescrizione, intercettazioni… Non sprechiamo questa possibilità!”. Lo scrive su Twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, commentando quanto trapela dall’assemblea di Italia viva.
14.07 – Renzi si lamenta: “Non concedono nulla”
“Non stanno concedendo nulla”: Italia viva è “favorevole a un accordo, ma” gli altri partiti “non accettano nessuna mediazione sui temi grossi e non vogliono neppure mettere nulla per iscritto”. Lo avrebbe detto Matteo Renzi, a quanto si apprende, ai parlamentari di Iv in assemblea parlando della trattativa sul governo. Sulla giustizia, avrebbe aggiunto, “lo zero assoluto”.
13.55 – E’ iniziata l’assemblea dei parlamentari di Italia viva
E’ iniziata, a quanto si apprende, l’assemblea dei parlamentari di Italia viva con Matteo Renzi. L’incontro si svolge in videoconferenza, via Zoom.
13.45 – Crippa (M5s): “Il lodo Orlando a noi va bene”
Il lodo Orlando sulla prescrizione “a noi va bene”. Lo ha detto Davide Crippa, del M5s, nella pausa dei lavori del tavolo del programma.
13.40 – Boschi: “Passi avanti? No”
“No”. E’ la risposta secca di Maria Elena Boschi, nella pausa dei lavori del tavolo del programma, alla domanda se ci fossero stati passi in avanti.
13.15 – Richetti (Azione): “L’unica cosa su cui si discute veramente è il rimpasto”
“Stanno governando insieme da 18 mesi e oggi scoprono di non essere d’accordo su nulla. L’unica cosa vera su cui si discute è il rimpasto dei Ministri. L’Italia merita di più”. Lo scrive su Twitter il senatore di Azione Matteo Richetti.
13 – Stop al tavolo tra le 13.30 e le 14.30
Alle 13.30 alle 14.30 saranno sospesi i lavori del tavolo di Montecitorio. Da quanto si apprende, lo stop è dovuto dal contemporaneo tenersi dell’assemblea di Italia viva.
12 – Pd: “C’è accordo su ambiente e scuola”
“Sui temi della sostenibilità ambientale con la mozione approvata in Senato, e sui temi della scuola con l’esigenza di un rilancio prioritario degli investimenti, si è registrata una significativa convergenza dei gruppi parlamentari presenti al tavolo con il Presidente Fico”. Lo fa sapere il Pd.
11.37 – De Petris (Leu): “Il nodo resta Conte”
“Sicuramente questo tavolo è utile, ma non è qui che si scrive il programma del governo. Questo lo si fa assieme al presidente del Consiglio incaricato. Finché non si scioglie questo nodo, qualsiasi lavoro è utile ma non decisivo”. Lo ha detto Loredana De Petris, capogruppo di Leu al Senato, durante una pausa caffè del tavolo sul programma in corso a Montecitorio.
11.35 – I tempi: si va avanti fino alle 15
I lavori del tavolo di confronto alla Camera, andranno avanti fino alle 15 di oggi pomeriggio. I rappresentanti dei partiti che partecipano ai lavori hanno chiesto un prolungamento di due ore, rispetto alla conclusione prevista che era stata fissata per oggi alle 13.
11.27 – Sulla giustizia il Pd propone il “lodo Orlando”
Al tavolo sul programma in corso a Montecitorio il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha proposto un “lodo” sulla prescrizione su cui c’è stata una apertura da parte di M5s, mentre da parte di Iv non è stata sciolta la riserva. Lo riferiscono alcuni partecipanti alla riunione. Orlando ha proposto che la maggioranza si impegni a portare avanti il ddl sulla riforma del processo penale, che accorcia i tempi dei processi, e che se entro sei mesi non viene approvato allora si metterebbe mano alla prescrizione.
10.50 – Fonti dello staff di Di Maio: “Fare squadra per dare forza al Movimento”
“Durante una riunione il ministro Luigi Di Maio ha chiesto a tutti di non essere strattonato per la giacca”: è quanto fanno sapere dallo staff del ministro Di Maio. “Basta giocare e tirare in mezzo il nome del ministro. Ora bisogna fare squadra intorno a chi sta trattando per dare forza al Movimento”, concludono dallo staff del titolare della Farnesina.
10.05 – Scalfarotto: “Non sono così sicuro che ci sarà un Conte ter”
“Non sono così sicuro che sia certo un Conte ter, stiamo ancora discutendo”. Queste le parole di Ivan Scalfarotto, parlamentare di Italia Viva, ad Agorà Rai Tre, sulle trattative per la formazione del nuovo governo.
9.44 – Bellanova: “Se ci sarà bisogno di qualche ora in più, non credo sarà un problema”
“La discussione al tavolo non è solo con Italia Viva”. Così Teresa Bellanova, ai microfoni di Omnibus, su La7. “So che ieri c’è stata già una discussione importante, se ci sarà bisogno di qualche ora in più non credo questo sarà un problema”, sottolinea Bellanova.
9.18 – Scalfarotto: “Nomi quando sarà chiaro il perimetro di maggioranza”
“I nomi potranno arrivare quando avremo chiari i temi e il perimetro della maggioranza”. Così Ivan Scalfarotto, di Italia Viva, risponde ad Agorà, su Rai 3, a una domanda sulla possibilità di indicare il nome di Conte o di un altro premier.
9.17 – Riprendono i lavori al tavolo presieduto da Fico
Al via i lavori della seconda giornata del tavolo programmatico di iniziativa del presidente della Camera Roberto Fico sulla base del mandato esplorativo da lui ricevuto dal presidente della Repubblica. Nella giornata di ieri i lavori si erano protratti fino alle 21. Da quanto si apprende da uno dei partecipanti nella Sala delle Lupa, i rappresentanti dei partiti affrontano subito il tema giustizia facendo venire in aggiunta un esperto per gruppo oltre ai partecipanti coinvolti da ieri.
9.11 – Marcucci: “Ci sono distanze, ma ottimista su accordo”
“Una giornata complicata, un confronto serrato su tante questioni però mi sembra di non aver trovato quanto poi ho letto sui giornali, cioè grandi litigi e grandi scontri. In realtà mi sembra che ci sia uno spirito costruttivo, vediamo come va a finire”: lo dichiara ai microfoni di Fanpage.it il capogruppo del Partito democratico in Senato, Andrea Marcucci. Il senatore dem ha anche raccontato che al maxi tavolo di maggioranza convocato da Fico non si sia discusso di nomi: “Non ci è stato chiesto, stiamo lavorando sui contenuti”. “Certamente ci sono posizioni differenziate, sulla giustizia come sul Mes, però un conto è che le posizioni di partenza siano differenziate, un conto è che sia impossibile trovare un accordo. Io sono tra quelli che pensa sia possibile trovare un accordo”, spiega Marcucci.
9.07 – Boschi: mai chiesto poltrone
“Questo è un tweet di 20 giorni fa. Vale anche oggi”. Lo scrive su Twitter la capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena Boschi ritwittando quanto già scritto un mese fa: “Anche oggi polemiche su di me. Italia Viva ha chiesto al governo di prendere il Mes, non di prendere Meb. Come al solito i 5stelle non leggono fino in fondo. O non capiscono. Servono soldi per la sanità, non poltrone per noi”
L’ultima farsa dei tavoli e le teste da tagliare: così Renzi ha rotto tutto - Il Fatto Quotidiano
Alle 19 Matteo Renzi telefona all’esploratore, Roberto Fico, per dirgli che non ci sono più margini per il Conte ter. “È finita”. Game over. ll distruttore ha distrutto. E forse poteva solo finire così, con un cumulo di macerie. Solo lì poteva fermarsi Renzi, a ciò che ha fatto ieri sera: rovesciare il tavolo
UN NO GENTILE MA NETTO
di Marco Travaglio
Non è vero che l’esplorazione di Fico sia stata totalmente inutile. Non ci ha ridato un governo, ma almeno ha spiegato fino in fondo a chi ancora avesse dubbi cosa c’era dietro la crisi più demenziale e delinquenziale del mondo scatenata da Demolition Man: al netto delle ragioni psicopolitiche, dall’invidia per la popolarità di Conte alla frustrazione per l’unanime discredito che lo precede su scala mondiale (Arabia Saudita esclusa), ci sono l’inestinguibile bulimia di potere, l’acquolina in bocca per i 209 miliardi in arrivo, la fame atavica di poltrone del Giglio Magico e la congenita allergia per una giustizia efficiente e uguale per tutti.
Mentre a favore di telecamere andava in scena lo spettacolo dei tavoli tematici – una farsa dove Iv chiedeva di tutto e di più, forse anche Nizza e Savoia e l’Alsazia-Lorena, e i 5Stelle aprivano financo al “lodo Orlando” per rivedere la blocca-prescrizione se entro sei mesi non fosse passata la legge Bonafede accelera-processi – dietro le quinte si discuteva della ciccia: le famigerate “poltrone”. Mister Due per Cento vi è talmente allergico che voleva passare da due a tre o quattro. Possibilmente anche per la solita Boschi, possibilmente alle Infrastrutture per perpetuare e anzi ingigantire la tradizione dei conflitti d’interessi (Maria Etruria è indagata con l’Innominabile per finanziamenti illeciti, anche da Toto, concessionario autostradale di cui sarebbe diventata il concessore).
Che fosse tutta una questione di poltrone era chiaro fin dall’inizio a tutti, fuorché alle civette sul comò dei talk pomeridiani, che ogni giorno si arrampicano sugli specchi per dar la colpa ora a Conte, ora ai 5Stelle, ora al Pd, ora a fantomatiche “crisi di sistema” pur di proteggere il loro beniamino nell’unico luogo in cui ancora lo prendono sul serio: certi studi televisivi.
Il bello è che il noto frequentatore di se stesso, oltreché ai ministri suoi, pretendeva pure di scegliere quelli altrui. Cominciando, indovinate un po’, da Bonafede, Azzolina, Gualtieri e Arcuri, per mettere le mani su Giustizia, Tesoro, Scuola e acquisti anti-Covid. Mentre le civette ancora gli guardavano le spalle, il Tafazzi di Rignano confessava tutto ai suoi (e all’Ansa): “Crimi non cede su nessun nome”. E meno male che non era una faccenda di poltrone. Ora, perché le cose non finiscano male con governissimi o altri orrori, basta che M5S, Pd e LeU siano coerenti e dicano un garbato ma fermo no all’ammucchiata del Colle e di Draghi, per salvare l’unica coalizione che può competere con queste destre: la via maestra è il rinvio di Conte alle Camere; e, in caso di sfiducia, il voto al più presto possibile. Di regali a Salvini & C. ne ha già fatti troppi il loro cavallo di Troia.
Fatto Quotidiano-3 febbraio 2021
Il ritorno dei draghi – Tommaso Merlo (wordpress.com)
Alla fine ce l’hanno fatta. Cade la testa di Conte e nei palazzi del potere tornano bancari e professori e burocrati d’alto borgo. O almeno questo è il piano. Premeditato. Politicidio e conseguente arrivo dei soliti draghi. Le lobby e i loro giornali festeggiano. Erano mesi che invocavano Mario Draghi come salvatore della patria e son stati accontentati. A sentir loro finisce così la pericolosa ricreazione iniziata il 4 marzo e si torna alla normalità. Poveri illusi. Siamo solo alla consueta sconfitta per la nostra democrazia. Quando i meccanismi democratici s’inceppano in periodi turbolenti, da noi la volontà popolare viene commissariata. La parola passa cioè a bancari e professori e burocrati d’alto borgo invece che ai cittadini. Parrucconi e tromboni dagli occhi spenti e dalla vocina che prendono in mano bilanci e grafici e cominciano a decidere le sorti dei cittadini con la stessa freddezza con cui han sempre gestito le loro stramaledette banche o cattedre o società. Draghi elitari e dalle carriere altolocate senza uno straccio d’empatia che hanno sempre generato anni di macelleria sociale per accontentare i mercati finanziari e rimettere a posto i conti. Ottenuta la testa di Conte in piena pandemia, ecco che si ripete lo schema. E dopo mesi e mesi che lo invocano, ecco che sbarca Mario Draghi tra gli applausi delle lobby e dei loro giornali. Evviva. Nessuno meglio di lui rappresenta decenni di deriva neoliberista. Decenni in cui i cittadini sono stati privati della loro centralità democratica a favore degli interessi economici e finanziari di lobby sempre più ciniche e fameliche. Decenni in cui i soldi e i loro cerimonieri si son mangiati tutto. La politica, la burocrazia, l’informazione. Il cuore. Tutto. Interesse pubblico asservito agli interessi privati. Non solo un obbrobrio democratico ma anche una deriva totalmente fallimentare. Decenni di neoliberismo non hanno affatto risolto l’eterna crisi economica e sociale ma al contrario l’hanno esasperata facendo dilagare la povertà ma anche l’ingiustizia sociale ma anche la corruzione e scatenato un malcontento generalizzato che ha portato all’esplosione populista in senso buono. Cittadini cioè che dopo essere stati traditi e spremuti hanno provato a reagire votando forze finalmente schierate dalla loro parte. Una reazione che in Italia ha portato alla storica tornata del 4 marzo, una clamorosa richiesta di cambiamento che dopo tre anni di duro corpo a corpo cade insieme alla testa di Conte. La mossa di Mario Draghi è un penoso dejà vu che politicamente rischia solo di mettere le premesse per una ribellione populista ancora più potente e diffusa. La storia del resto non torna indietro e tantomeno con mosse di palazzo. Certo, siamo in piena pandemia, ma coi soliti gelidi draghi al governo il malcontento politico e sociale avrà una ragione in più per esplodere e cercare sbocchi. I sovranisti si sono infatti furbamente già schierati all’opposizione per lucrare consensi ed andare all’incasso una volta tornato il sereno. Le lobby e i loro giornali festeggiano il penoso dejà vu e si preparano ad un euro-mangiatoia senza precedenti. O almeno questo è il piano. Né Conte, né voto e pancia piena. Nella speranza che torni presto la normalità. Poveri illusi. Ci saranno disonorevoli attaccati allo scranno, ma è solo questione di tempo. Prima o poi i cittadini torneranno al voto e a quel punto puniranno severamente i responsabili di questa delirante crisi. Ripuliranno il parlamento dai voltagabbana e dagli zombie della vecchia partitocrazia riconsegnandoci camere più snelle. Giudicheranno i fatti e i comportamenti di maggioranza e opposizione. E riprenderanno la sacrosanta transizione democratica iniziata il 4 marzo, in modo che la storia faccia il suo corso.
Tommaso Merlo
Andrea Scanzi
1 h ·
Chi esulta per “la vittoria” di Renzi non è solo (temo) un caso umano all’ultimo stadio, ma anche (di sicuro) una squisita capra da un punto di vista politico.
Non c’è proprio nulla da esultare. Il governo Draghi sarà (per forza) un esecutivo “lacrime e sangue”, essendo appoggiato da tutti non potrà fare quasi nulla di veramente politico e tra due mesi (fra licenziamenti, terze ondate e altri demoni) starà sui coglioni anche a se stesso.
C’mon!
Mattarella, di fatto, ha sganciato una bomba napalm su quasi tutti i partiti italiani. La sua decisione è lecita e per certi versi condivisibile. La capisco. Mette però in difficoltà (quasi) tutti i partiti. Soprattutto alcuni.
Berlusconi. Lui è il più contento di tutti, e l’idea che i più felici di questo governo siano gasparri e Brunetta dovrebbe dirci qualcosa.
Evanescenze querule. Renzi, Calenda, Bonino, misti, centristi, socialisti, europeisti. Essendo gente senza elettori, sono contentissimi perché avranno l’illusione di essere politicamente vivi.
Leu/Mdp o come si chiama. Diranno coraggiosamente no, e non era scontato.
Fin qui quelli che non hanno dubbi. Tutti gli altri sono nella melma. Eccoli!
M5S. Chi parla di spaccatura vive su Marte. Potranno perdere qualche Carelli, ma quello è pulviscolo. Paradossalmente Draghi li ricompatta, ma attenzione: ne esce rafforzata l’ala movimentista, che ama stare all’opposizione e non vuole l’alleanza col Pd. Quindi sarà un ritorno alle origini, ma pure un ritorno al passato (e all’indietro). Sorride Di Battista; Di Maio e Patuanelli, molto meno.
Conte. Era (è) il più popolare tra gli italiani, ma ora uscirà di scena per un po’. Andrà a vivere (e guadagnare) molto meglio, ma lo si immagina quantomeno ammaccato. Se l’idea del “campo progressista” regge può tornare in scena come raccordo tra Pd e M5S (eccetera), ma dipenderà molto da come andrà Draghi. Più durerà Draghi, più si indebolirà Conte. Che era poi l’unica cosa che voleva Renzi.
Salvini. Politicamente pavido e “senzapalle” come pochi, ha urlato “al voto al voto” fino a ieri, ma già se la sta facendo sotto. Por’omo. Ha paura di governare, Giorgetti gli dice di appoggiare Draghi e lui ha l’antico fiuto politico dei dromedari morti. Le sbaglia tutte con costanza rara. Starà verosimilmente dentro il carrozzone e farà finta di non essere d’accordo quando Draghi starà antipatico a tutti (a breve). Facendosi quindi sabotare ulteriormente da Meloni. Del resto, senza Berlusconi, Salvini non va neanche al cesso. Se ha le palle, non appoggia Draghi e si va al voto. Quindi non andremo al voto.
Meloni. Ha dubbi persino lei. Urla (come sempre) di andare al voto, ma in realtà la parte più furbina del partito (Crosetto) le sta dicendo di fingersi interessata alle istituzioni e partecipare alla torta. In più ha paura di stare un’altra volta al palo come nel Conte 1, e farsi sempre tradire dagli alleati è frustrante. Se ha un minimo di decenza non vota Draghi, ma potrebbe ammorbidirsi e astenersi. Dimostrando un’altra volta di non avere poi quel coraggio indomito caro (in via teorica) ai camerati.
Pd. Quelli messi peggio. Mattarella li ha distrutti dalle fondamenta, persino più di Napolitano con Monti. Sangue ovunque. Zingaretti è sempre più il Paperino costantemente vilipeso della situazione. Ben oltre le sue colpe e limiti. Appoggeranno Draghi per “senso dello Stato”, ma così facendo: 1) metteranno la faccia su provvedimenti sanguinolenti e perderanno consensi, 2) governeranno con Salvini (con Salviniiiiii); 3) resteranno sotto scacco dei Renzi, Guerini e Marcucci; 4) metteranno a rischio il “campo progressista” di cui sopra, con viva gioia di destra e Renzi (scusate la ripetizione). Nessuno sta peggio del Pd. E Mattarella gli vuole bene. Pensate se lo odiava pure!
Il governo Draghi nasce (e nascerà) come un gran carrozzone con dentro tutto e il suo contrario. Merita ogni fortuna. E noi più di loro. In bocca al lupo. Ma sarà un caravanserraglio. E temo pure un macello.
Daje!
Ma RENZI, impassibile:
Matteo Renzi
19 h ·
Giornata intensa e faticosa ma importante. Buona notte a tutti. E grazie per il Vostro sostegno
- Ciuffo De Ciuffis
Sei il peggior politico di sempre.
4
Rosalba Rasà
Schifezzetta umana.... un quaquaraquà.
Daniela La Verghetta
Sei molto tattico ma da questi giochetti di potere ne sei uscito proprio male
Mason Susana
Vai a ca*gare
Edgar Wolter
Ammazziti
Alessio Bouganville
Bravissimo
Danilo Tucci
12 risposte
Nicola Salerno
... Quanti sostenitori... Fai sempre più ridere
Andrea Palazzi
Da una testata in uno spigolo ma dalla forte pago io i danni
Laura Vincenza Staglianò
Ma va caca
Salvo Laudani
Affuchiti!!!
Alberto Musco
Munezz
Renzi insiste: "Arabia baluardo contro estremismo". Non una parola (né una domanda del Corriere) su diritti umani e crimini del regime - Il Fatto Quotidiano
Il leader di Italia viva rivendica la partecipazione all'evento con il principe ereditario saudita. Nessun riferimento ai crimini di quello che lui stesso definisce "regime", dalla repressione degli oppositori all'assassinio del giornalista Khashoggi fino al trattamento dei lavoratori migranti (da cui il basso costo del lavoro che Renzi "invidia"). "E' uno dei nostri alleati più importanti", dice. Ma Saviano su facebook nota che non ha più la responsabilità di gestire le relazioni internazionali dell'Italia. E, essendo senatore, non è nemmeno un privato cittadino libero di accettare incarichi a pagamento da chiunque
di F. Q. | 31 GENNAIO 2021
Matteo D’Arabia, le 10 cose che non tornano
Renzi magnifica l’Arabia Saudita: “Qui le condizioni di un neo-rinascimento. Sono invidioso del vostro costo del lavoro”
“Renzi in Arabia? Se fosse stato deputato avrebbe violato il codice di condotta della Camera. Ma al Senato non c’è alcuna norma”
“Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico, la forza politica ed economica più importante dell’area. Temo che sia più un argomento per attaccarmi personalmente non riuscendo a rispondere sui contenuti“. I diritti umani violati? Il brutale omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, di cui secondo l’Onu è stato mandante proprio il principe ereditario Mohammed bin Salman? Nulla di tutto questo scalfisce la linea di Matteo Renzi sulla trasferta a Ryad in piena crisi di governo, per partecipare a un evento organizzato dalla fondazione Future investment initiative – nel cui board siede prendendo un gettone fino a 80mila dollari l’anno – con il figlio del re saudita. Intervistato dal Corriere della Sera, il leader di Italia viva sostiene che le polemiche sono pretestuose ma evita di affrontarle nel merito. E l’intervistatrice Maria Teresa Meli non gli chiede conto dell’opportunità che un senatore si presti a un incarico del genere per quello che lo stesso Renzi definisce appunto “regime”. Il quotidiano di via Solferino peraltro non ha dato spazio al duro commento di Roberto Saviano, suo neo-collaboratore, che su facebook ha scritto che il senatore di Rignano dovrebbe a questo punto “avere la dignità di lasciare la vita pubblica del nostro Paese”.
“Arabia uno degli alleati più importanti”. Ma non spetta a lui – “Soltanto chi non conosce la politica estera ignora il fatto che stiamo parlando di uno dei nostri alleati più importanti”, dice Renzi dopo aver definito il Paese arabo “baluardo contro l’estremismo islamico” (ma va ricordato che le recenti iniziative per il contrasto al terrorismo seguono anni di forti sospetti, per esempio, sulle responsabilità saudite nel finanziamento degli attacchi dell’11 settembre 2001). Il punto, nota Saviano, è che proporre qualsiasi “parallelismo con Emanuel Macron che conferisce la Legion d’onore ad Al-Sisi, o con Angela Merkel che mostra timidezza con Vladimir Putin” è del tutto improprio perché “le azioni politiche squallide di Macron e Merkel trovano una possibile giustificazione nella Ragion di Stato“. Invece l’ex presidente del Consiglio non ha (più) la responsabilità di gestire le relazioni internazionali dell’Italia trattando anche con leader discussi. E dunque la sua “grave presenza ai piedi di Bin Salman trova giustificazione solo nella Ragion del Portafogli, il suo”.
“Renzi senatore, non può essere al soldo di chiunque” – D’altro canto Renzi non è nemmeno tornato a essere un privato cittadino libero di accettare incarichi a pagamento da chiunque, come sembra suggerire quando chiosa: “È un’attività che viene svolta da molti ex primi ministri, almeno da chi è giudicato degno di ascolto e attenzioni in significativi consessi internazionali. E grazie a questo pago centinaia di migliaia di euro di tasse in Italia. Sono certo che anche il presidente Conte, quando lascerà Palazzo Chigi, avrà le stesse opportunità di portare il suo contributo di idee”. In realtà gli altri – da Tony Blair a Barack Obama – lo fanno una volta che la politica l’hanno lasciata, non mentre sono ancora in Parlamento (e nel suo caso, fino a pochi giorni, fa nella maggioranza di governo). Saviano insiste sul punto: “Renzi è un senatore della Repubblica Italiana, non un ex politico in pensione, non un personaggio secondario che possa permettersi di essere al soldo di chiunque, soprattutto di un principe che silenzia i suoi oppositori condannandoli a morte”, scrive. “Renzi è ancora pagato dallo Stato italiano per il suo lavoro (un senatore in Italia guadagna oltre 14mila euro al mese netti, considerando l’indennità mensile, la diaria e vari rimborsi spese) e il presupposto è che lo faccia con dignità, nel rispetto dei valori costituzionali, dai quali non mi pare sia riconosciuta la possibilità di fare a pezzi gli oppositori politici in sedi diplomatiche altrui, come è accaduto al giornalista del Washington Post Kashoggi”.
Le responsabilità del regime – Nell’intervista al Corriere però manca qualsiasi riferimento sia a Kashoggi sia alle altre responsabilità del regime, che secondo Amnesty International reprime la libera di espressione e associazione, vessa gli oppositori e i difensori dei diritti umani, applica in maniera estensiva la pena di morte. Oltre a continuare a discriminare sistematicamente le donne che – per esempio – quando possono lavorare guadagnano la metà degli uomini. Per non parlare del trattamento dei lavoratori migranti, costretti a condizioni di simil schiavitù visto che il sistema della “kafala” (sponsorizzazione) vieta loro di lasciare il Paese senza il permesso del titolare. Durante la pandemia i datori di lavoro hanno anche ottenuto il permesso di tagliar loro lo stipendio fino al 40% unilateralmente. Con il risultato che nonostante gli alti salari dei lavoratori (maschi) locali il costo del lavoro, in media, risulta sicuramente “invidiabile“, come Renzi ha sottolineato a Ryad.
L’elogio delle riforme saudite e il “nuovo Rinascimento” – Quanto al merito, Renzi come dimostra il video del suo intervento diffuso dal Future Investment Initiative Institute non si è limitato a partecipare a quella che ora definisce “una conferenza” (“ne faccio tante, ogni anno, in tutto il mondo”). L’ex sindaco di Firenze – per questo considerato testimonial ideale del “nuovo Rinascimento” che l’Arabia a sua detta è candidata ideale ad ospitare – era lì per intervistare Bin Salman elogiandone le riforme e dandogli modo di parlare dei progetti di investimento del regime tra cui Vision 2030. Cioè il piano per diversificare l’economia del Paese e renderla meno dipendente dai proventi del petrolio che comprende anche novità lungamente attese come la concessione alle donne del diritto di guidare, ma che secondo alcuni analisti è stato accompagnato da un inasprimento della repressione contro i dissidenti. Per l’autore di Gomorra le parole di Renzi al principe sono “un marchio d’infamia” e “l’idea che i cittadini del mondo possono farsi, dopo questa uscita, è che il politico italiano più in vista – l’ago della bilancia – sia anche un venduto. Non male per un Paese che, nelle attuali condizioni, avrebbe bisogno solo di una cosa: credibilità“.
Il Senato senza Codice di condotta – Si tratta di questioni sostanziali, oltre che di opportunità, che riportano in evidenza un vulnus normativo nelle istituzioni italiane già criticato più volte dagli organismi internazionali: come ha rilevato The Good Lobby, solo il fatto che il Senato non si sia ancora dotato di un codice di condotta come quello della Camera consente a un suo membro come è Renzi di farsi pagare spese di viaggio e alloggio per attività che esulano dall’esercizio delle proprie funzioni. Anche il Parlamento europeo ha regole che non lo consentono e sul cui modello è stato scritto il codice di Montecitorio varato nel 2016. Il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama non ha ancora adottato un provvedimento del genere.
Renzi magnifica l'Arabia Saudita: "Qui le condizioni di un neo-rinascimento. Sono invidioso del vostro costo del lavoro" - Il Fatto Quotidiano
Mentre il leader d'Italia viva entrava al Quirinale per le consultazioni col presidente della Repubblica in Arabia è stata trasmesso l'intervento registrato dell'ex segretario del Pd al Future Investment Initiative, ribattezzato dai locali come la "Davos del deserto". Un dibattito col controverso principe Mohammed bin Salman durante il quale l'ex segretario del Pd si è prodotto in una serie di affermazioni entusiastiche nei confronti del Paese arabo. Le cui autorità, secondo Amnesty, reprimono "i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione. Hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo"
di F. Q. | 28 GENNAIO 2021
“Renzi in Arabia? Se fosse stato deputato avrebbe violato il codice di condotta della Camera. Ma al Senato non c’è alcuna norma”
Khashoggi, parla la compagna Hatice Cengiz: “La storia giudicherà chi loda il regime saudita”
In piena crisi di governo Matteo Renzi vola a Riad per una conferenza di 20 minuti. È nel board di un ente saudita che ha promosso l’evento
Arabia Saudita, Renzi: “Mia viaggio a Riad usato come diversivo. Pronto a parlarne, ma dopo la crisi di governo”
Renzi, conferenze&benefit. Ryad-Roma sul jet privato
Governo revoca l’export di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati: “Fermati 12.700 ordigni sui 20mila autorizzati durante mandato Renzi”
Renzi in Arabia Saudita, Calenda: “Testimonial pagato da regime. Che credibilità può avere?”. Cabras (M5s): “Interrogazione a governo”
Export di bombe in Arabia Saudita, dopo la revoca delle licenze la fabbrica di armi Rwm annuncia ricorso contro il governo
Hatice Cengiz, Khashoggi’s fiancée: “History will judge those who praise Saudi Arabia regime”
Matteo Renzi in Arabia Saudita, il colloquio con il principe Mohamed bin Salman
www.ilfattoquotidiano.it
Volume 90%Sarà per questo che dialogando col principe bin Salman Renzi usa toni esageratamente entusiastici. Rievocando come il Rinascimento sia nato a Firenze proprio dopo “la peste, una pandemia” (paragone poi usato anche dopo le consultazioni con Sergio Matttarella) l’ex primo cittadino del capoluogo toscano ha sostenuto che quando nel mondo si parla dell’Arabia Saudita se ne riconosce l’importante ruolo di “playmaker nella regione, ma molte persone ignorano i grandi sforzi nello sviluppo delle città, a partire da Riad” . L’entusiasmo del leader del piccolo partito di Italia viva per il Paese arabo è senza confini: commentando le cifre degli investimenti in programma in Arabia Saudita, superiori al trilione di dollari, Renzi ha parlato di “numeri incredibili paragonati al debito pubblico italiano”. Poi ha rivolto al principe ereditario attestati di stima: “Penso che con la tua leadership e quella di re Salman il regno possa svolgere un ruolo cruciale e per me come ex sindaco è molto bello comprendere il ruolo delle città in questo progetto”. Giova ricordare che Renzi ha fatto cadere il governo perché definisce Conte “un vulnus per la democrazia“.
VEDI ANCHE
Renzi in Arabia Saudita elogia il principe Mohammed bin Salman: “Con vostra leadership il regno può avere un ruolo cruciale” – Video
Ma non solo. Siccome il principe saudita si è vantato del basso costo del lavoro a Riad, Renzi ridendo ha risposto che “come italiano sono molto invidioso” e ha indicato “le grandi possibilità per i giovani sauditi nel campo dell’istruzione” nei prossimi 10 anni. Ora non è vero che il costo del lavoro in Arabia Saudita sia poi così basso. Secondo i dati del locale minsitero del Lavoro del 2014 lo stipendio medio mensile di un saudita è di 1.300 dollari. Diverse le cifre quando si parla di lavoratori stranieri, presenti soprattutto nel settore privato, dove sono il 76%: un dipendente non arabo guadagna circa 250 dollari, un quinto di uno autoctono. Particolarmente discussa, sempre per i lavoratori stranieri il sistema della “kafala“, che dovrebbe essere allentato nei prossimi mesi: in Arabia i lavoratori stranieri, infatti, non possono cambiare azienda senza il permesso dello stesso datore di lavoro. Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty international in Arabia le “autorità hanno concesso a centinaia di migliaia di cittadini stranieri il diritto di lavorare e di accedere all’istruzione e all’assistenza sanitaria, ma hanno arrestato ed espulso centinaia di migliaia di lavoratori migranti irregolari, che erano a rischio di abusi e altre forme di sfruttamento da parte dei loro datori di lavoro e di tortura quando erano sotto la custodia dello stato”. Ancora sul costo del lavoro magnificato da Renzi: a Riad le donne guadagnano 56% in meno dei maschi.
Insomma il Paese che tanto piace al leader d’Italia viva non è esattamente questa culla del Rinascimento. E sempre Amnesty a spiegarlo. In Arabia “le autorità hanno intensificato la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione. Hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo, difensori dei diritti umani, compresi attivisti per i diritti delle donne, membri della minoranza sciita e familiari di attivisti. Sono proseguiti i processi davanti a un tribunale antiterrorismo contro attivisti sciiti ed esponenti religiosi, a causa del loro dissenso”. E ancora: “Le autorità hanno applicato in maniera estensiva la pena di morte, effettuando decine di esecuzioni per una vasta gamma di reati, anche in materia di droga. Alcune persone, in maggioranza membri della minoranza sciita del paese, sono state messe a morte al termine di procedimenti gravemente iniqui”. Sui diritti delle donne, “sono state introdotte riforme di ampia portata al sistema repressivo del tutoraggio maschile, che hanno tra l’altro concesso alle donne di ottenere il passaporto, viaggiare senza il permesso di un tutore maschile e assumere il ruolo di capofamiglia; tuttavia, le donne hanno continuato a subire sistematiche discriminazioni nella legge e nella prassi in altre sfere della vita e a non essere adeguatamente protette dalla violenza sessuale e di altro tipo”.
Quando Amnesty si riferisce alle autorità arabe, chiaramente, si riferisce alla famiglia reale. Compreso il principe bin Salman, l’intervistatore di Renzi. Formalmente è il principe ereditario della dinastia degli al-Saud, colui che salirà definitivamente al trono dopo l’addio di re Salman. Nei fatti, è già dal 2017 il deus ex machina della monarchia di Riyad. La faccia giovane e apparentemente innovativa del regime che in questi anni ha inaugurato quella presentata come una nuova era della dinastia al-Saud, cercando di toglierle di dosso quella patina di oscurantismo che per decenni ha avvolto l’immagine della monarchia legata all’integralismo wahhabita. Un ‘nuovo rinascimento’ per il suo Paese lo aveva teorizzato già anni fa con ‘Vision 2030’: è proprio questo enorme progetto ad averlo spinto velocemente ai vertici della petromonarchia saudita. Una serie di riforme per ridurre la dipendenza dal petrolio, diversificare la sua economia e sviluppare settori come sanità, istruzione, infrastrutture e turismo, senza dimenticare l’abbandono di alcune rigide leggi che ancora oggi limitano i diritti umani nel Paese, in particolar modo quelli delle donne.
Un’operazione di facciata, dicono i critici, per rendere la monarchia ‘presentabile‘ agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Strategia che ha ottenuto i risultati sperati anche grazie alla stretta amicizia con Jared Kushner, genero e consigliere dell’ex presidente Donald Trump, con il quale ha stretto un’alleanza sempre più solida nel corso degli anni, diventando il principale partner strategico nell’area, insieme a Israele, e concludendo anche un accordo commerciale per l’acquisto di armamenti da 110 miliardi di dollari. Accordo raggiunto anche con l’Italia, per poco più di 400 milioni, quando proprio sotto il governo Renzi Riad poté acquistare circa 20mila bombe prodotte dallo stabilimento Rwm di Domusnovas, in Sardegna.
Poi ci sono i lati oscuri. Uno su tutti, la guerra spregiudicata nei confronti degli oppositori alla sua linea, sia all’esterno che all’interno della casa reale. È infatti stato accusato di essere la mente dietro all’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista sparito, ucciso e, si presume, fatto a pezzi all’interno dell’ambasciata del suo Paese a Istanbul. Per quell’omicidio sono stati condannati alcuni alti funzionari a lui vicini. Ma in molti sostengono che il filo che collega l’omicidio del reporter alla monarchia saudita si estenda fino a toccare il principe ereditario. Un uomo che non ha avuto pietà nemmeno per i propri familiari: nel marzo scorso, infatti, sono stati arrestati con l’accusa di “tentato golpe” il principe Ahmed bin Abdulaziz, il fratello minore del re Salman, Mohammed bin Nayef, nipote del re ed ex ministro dell’Interno, e Nawaf bin Nayef, altro nipote del re.
Renzi in Arabia Saudita elogia il principe Mohammed bin Salman: "Con vostra leadership il regno può avere un ruolo cruciale" - Video - Il Fatto Quotidiano
di F. Q. | 28 GENNAIO 2021
Mentre in Italia erano in corso le consultazioni al Quirinale, il Future Investment Initiavie Institute mandava in onda in diretta streaming, con in realtà alcune parti registrate, la conferenza alla quale il leader di Italia Viva ha partecipato in qualità di membro del board della Fondazione, ente istituito per decreto dal re dell’Arabia Saudita e che ha dovuto lasciare, proprio per poter salire al colloquio son Sergio Mattarella oggi. L’intervento dell’ex presidente del Consiglio è di fatto un’intervista al principe Mohammed bin Salman, MBS, vicepremier e futura guida del Paese. L’Arabia viene dipinta da Renzi come culla del “neo-Rinascimento”, nome, tra l’altro, dell’evento della Fondazione ispirato proprio dal leader di Italia Viva. “Buongiorno, buongiorno a tutti, grazie per questa opportunità. Per me è un particolare privilegio parlare con lei di Rinascimento perché non sono solo l’ex primo ministro ma anche l’ex sindaco di Firenze, dove il Rinascimento è cresciuto proprio dopo una pandemia”, esordisce Renzi. “Penso che l’Arabia possa essere il posto per un nuovo rinascimento del futuro“, continua. “Grazie primo ministro – risponde Mohamed bin Salman – sono contento di essere qui con lei oggi”. Il ruolo dell’ex premier è quello di “intervistatore” che, con una serie di domande, fa parlare il principe del nuovo sviluppo del Paese e di Ryad. “Molte persone ignorano i vostri sforzi nello sviluppo delle città. Qual è la vostra strategia per Ryad e qual è la vostra visione per il futuro?”, chiede quindi Renzi. La risposta è complessa e termina con un focus, da parte di MBS, sui “numeri” della città: “Oggi rappresenta il 50% dell’economia non-petrolifera dell’Arabia e qui il costo del lavoro è il 30% più basso delle altre città del Paese“. Numeri che, dice Matteo Renzi, sono da invidiare: “Non posso parlare del costo del lavoro a Ryad perché come italiano sono geloso”, dice l’ex presidente del consiglio. Poi continua.
“Se penso ai prossimi 10 anni, penso alla possibilità in particolare per le nuove generazioni. La combinazione a Firenze per la creazione di un nuovo rinascimento fu esattamente questa – spiega – Tanti soldi per creare cittadini e investimenti sull’educazione e l’intelligenza umana”. Il riferimento arriva poco dopo e cioè i prossimi investimenti del Pif, il fondo di investimenti pubblici dell’Arabia Saudita. “L’annuncio di 1,4 trilioni di investimento da oggi al 2030 è incredibile. Penso al debito pubblico italiano….1,4 trilioni è la metà del debito pubblico italiano…ma scherzi a parte penso sia importante capire che tipo di strategia pensate”. “La annunceremo”, assicura il principe.
L’intervista si conclude con un elogio di Renzi: “Mio amico, penso che in questo momento la politica abbia bisogno di una combinazione tra presente e futuro, tra tradizione e innovazione e penso che con la tua leadership e la leadership del re Salman, il regno dell’Arabia Saudita possa svolgere un ruolo cruciale e per me come ex sindaco è molto bello comprendere il ruolo delle città in questo progetto”. “I miei migliori auguri – chiosa – a te e al tuo team. E grazie anche da parte dell’Italia”-
Renzi, conferenze&benefit. Ryad-Roma sul jet privato - Il Fatto Quotidiano
di Marco Lillo e Valeria Pacelli | 28 GENNAIO 2021
L’aereo è atterrato intorno alle 3 di notte a Fiumicino. A bordo un solo passeggero: Matteo Renzi. Grazie a quel volo ‘executive’ operato da una compagnia privata Matteo Renzi ha potuto presentarsi rapidamente a Roma per andare oggi all’incontro con Mattarella. Per evitare polemiche sulla mancata quarantena e sui rischi per il capo dello Stato che lo riceverà, Renzi si sottoporrà stamattina al tampone. Polemiche più forti potrebbero essere sollevate dal soggetto che ha pagato il volo: il FII, Future Investment Initiative Institute, una Fondazione saudita creata all’inizio del 2020 per decreto dal Re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abd al-Aziz Al Saud.
La questione ‘volo gratis’ va inserita nei rapporti che Matteo Renzi definisce senza imbarazzo di ‘amicizia personale’ con il vero leader saudita, il 35enne principe ereditario Mohammad bin Salman, per tutti “The Crown Prince” o MBS. Teoricamente il vicepremier. Di fatto è il figlio del re premier a comandare. Ed è MBS che ha ideato le conferenze del FII Future Investments Initiative.
Matteo Renzi era in Arabia, come svelato dal Domani, per partecipare alla quarta conferenza annuale FII, la cosiddetta Davos nel deserto, dal nome della città svizzera teatro del forum mondiali dell’economia. Tutto parte nel 2018 con un debutto funestato dalle defezioni per l’omicidio efferato di Jamal Khashoggi, il 2 ottobre 2018. Il corpo dell’opinionista saudita che scriveva anche sul Washington Post non fu mai trovato. Khashoggi fu attratto in una trappola, sequestrato ucciso e – secondo le cronache dell’epoca – sezionato, cioè tagliato a pezzi, nell’ambasciata saudita di Instanbul. La fidanzata Hatice Cengiz nel dicembre 2019 venne a Roma per chiedere all’Italia di prendere una posizione più netta. Quando, nel maggio 2020 i figli di Jamal Khashoggi hanno perdonato gli assassini, Hatice Cengiz ha twittato: “Jamal è stato ucciso all’interno del consolato del suo Paese mentre prendeva dei documenti per il nostro matrimonio. Gli assassini sono venuti dall’Arabia Saudita con l’obiettivo premeditato di adescarlo, tendergli una trappola e ucciderlo. Noi non perdoneremo gli assassini né quelli che hanno ordinato l’omicidio”. Poi ha presentato una denuncia alle autorità Usa contro il principe MBS e altri funzionari a lui vicini per chiedere i danni. Il processo saudita chiuso con cinque condanne a morte poi commutate in pene detentive di 20 anni per molti è stato una farsa.
VEDI ANCHEIl Fii Institute di cui fa parte Renzi creato nel 2020 “per decreto” del re Salman dell’Arabia Saudita, l’annuncio in un incontro online – Video
Non per Renzi. L’ex premier deve aver creduto alla versione di MBS che si proclama all’oscuro di tutto. Dopo l’omicidio Khashoggi ha partecipato agli eventi del FII e nel 2020 è entrato nel board della neonata fondazione infischiandosene delle polemiche. Oneri e onori: quando Renzi ha fatto presente la sua esigenza di rientrare velocemente in Italia non ha dovuto cercare un volo anticipato.
In qualità di membro del board ha usufruito di un ‘benefit’ incluso nel suo status. Stando a quel che Renzi stesso ha raccontato a chi gli chiedeva stupito del rientro con volo ‘privato’, non c’è stato un pagamento per il singolo volo. Esisterebbe una sorta di ‘diritto’ del membro del board FII a volare da e verso casa attingendo a questo ‘monte ore’.
Non tutti gli speaker hanno questo privilegio. Solo i membri del board. Le conferenze si svolgono da quattro anni. Però solo un anno fa il regime saudita ha creato la Fondazione.
L’amministratore delegato è il pubblicitario francese Richard Attias, marito di Cecilia, ex moglie dell’ex presidente francese Sarkozy. Attias con Renzi ha scritto anche un saggio pubblicato sulla rivista della Fondazione. Il presidente del board è Yasir Al-Rumayyan, governatore del fondo sovrano saudita PIF Public Investment Fund, un ‘giocattolino’ con un valore netto di 360 miliardi di dollari. Poi ci sono la principessa Reema Bint Bandar Al Saud, Mohamed Alabbar, il Professore Tony Chan, l’imprenditore americano e futurologo Peter H. Diamandis, il professor Adah Almutairi.
Al primo evento, nell’aprile del 2020, in piena pandemia, Renzi ha lanciato l’idea del nuovo rinascimento contro la nuova pandemia. In occidente si è ‘rivenduto’ il Nuovo Rinascimento già con la Merkel nel 2014 con la Pixar nel 2015, con Macron nel 2019 ma Attias e il board hanno battezzato così il quarto convegno FII, il primo della Fondazione. Renzi per fornire le sue visioni e il suo nome al board del think tank saudita è pagato 80 mila dollari all’anno che includono i gettoni di presenza. Sui compensi paga le tasse in Italia e a chi gli parla di conflitto di interesse (FII si occupa per esempio di intelligenza artificiale e altri settori nei quali possono esserci interessi italiani contrastanti con quelli sauditi) Renzi risponde: “Evito di occuparmi di temi simili e resto sulle grandi questioni”. Inoltre l’ex premier è convinto che il rapporto personale con MBS e quello formale con FII siano medaglie da vantare e non relazioni imbarazzanti per un politico. Agli eventi partecipano grandi nomi come l’ex premier australiano Kevin Rudd, il manager di Blackrock Larry Fink e l’ex Ad Ferrari Jean Todt. Però va detto che quasi sempre i manager sono in carica mentre i politici sono usciti davvero dalla scena.
Renzi, Boschi, Lotti indagati: finanziamento illecito. "Somme per l'attività della corrente politica attraverso la fondazione Open" - Il Fatto Quotidiano
Finanziamento illecito attraverso la Fondazione Open. Con questa accusa l’ex premier Matteo Renzi, l’ex ministra Maria Elena Boschi e l’attuale deputato del Pd, Luca Lotti, sono stati iscritti nel registro degli indagati presso la Procura di Firenze, secondo quanto riportato dal quotidiano La Verità e poi confermato anche dall’agenzia Ansa. A ricevere l’avviso di garanzia, inviato il 2 novembre scorso, anche i già indagati Alberto Bianchi e Marco Carrai, rispettivamente ex presidente e membro del consiglio direttivo della fondazione renziana, che comprendeva anche Boschi. Meno di due mesi fa, il 15 settembre, la Cassazione aveva accolto il ricorso di Carrai contro il sequestro di documenti e pc nell’ambito dell’inchiesta. Le indagini, condotte dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi, sono state assegnate al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza.
A tutti loro – riporta l’articolo de La Verità firmato da Giacomo Amadori – è contestato il finanziamento illecito continuato “perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (…)” Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi in quanto membri del consiglio direttivo della Fondazione Open “riferibile a Renzi Matteo (e da lui diretta), articolazione politico- organizzativa del Partito democratico (corrente renziana), ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open”: circa 670.000 euro nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.
Nell’atto prodotto dalla Guardia di Finanza, Matteo Renzi viene identificato come segretario nazionale del Partito Democratico per quasi cinque anni, nonché parlamentare del Senato. Boschi invece viene identificata quale parlamentare, componente e poi coordinatrice della segreteria nazionale del Pd. Entrambi, come noto, da circa un anno sono usciti dal Partito Democratico, fondando Italia Viva. Lotti, invece, ne fa ancora parte. Le somme, secondo gli inquirenti, erano “dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Boschi e Lotti e della corrente renziana”. La documentazione a cui si fa riferimento, secondo il quotidiano, sarebbe stata acquisita durante le perquisizioni subite dalla Fondazione lo scorso anno, quando i finanzieri hanno scandagliato i finanziamenti ricevuti da oltre 30 imprenditori legati da rapporti di vario tipo con Open tra il 2012 e il 2018 (anno della sua chiusura), per un somma totale raccolta di circa 7,2 milioni di euro. Tutti gli indagati sono ora invitati a comparire negli uffici della procura fiorentina il 24 novembre per l’interrogatorio.
I diretti interessati ancora non hanno commentato la notizia, ma da fonti di Italia Viva trapela “sorpresa e incredulità” per le scelte dei pm, specie “dopo che la sentenza della Corte di Cassazione aveva smentito con nettezza l’operato dei pm proprio su questa inchiesta”. Il riferimento è alla decisione della Suprema corte di accogliere il ricorso presentato da Carrai contro il sequestro dei suoi documenti. Nel pomeriggio Matteo Renzi interverrà all’Assemblea del partito, ma stando a quanto si apprende eviterà di entrare in polemica con i magistrati, affidando la discussione nel merito del provvedimento agli avvocati.
Fondazione Open, Renzi indagato attacca i pm: "Un assurdo giuridico, cercano la ribalta mediatica". Ecco perché l'inchiesta va avanti - Il Fatto Quotidiano
L'ex premier accusa la procura di aver mandato "300 finanzieri" a casa di imprenditori amici per eseguire delle perquisizioni che poi la Cassazione avrebbe annullato, come nel caso di Carrai. Ma nelle motivazioni gli ermellini contestano di aver "dato per scontata" l'equiparazione della Fondazione Open a un'articolazione di partito. Che eventualmente va dimostrata con una "rigorosa verifica" della sua azione. Proprio quello che i pm potrebbero aver fatto prima di indagare Renzi
di Marco Procopio | 7 NOVEMBRE 2020
LEGGI ANCHE
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ | DI VINCENZO BISBIGLIARenzi, Boschi, Lotti indagati: finanziamento illecito. “Somme per l’attività della corrente politica attraverso la fondazione Open”Per Matteo Renzi l’inchiesta sulla fondazione Open, l’ex cassaforte fiorentina che ha finanziato la sua scalata al potere, è “un assurdo giuridico“, messo in piedi da magistrati “a cui la ribalta mediatica piace più del giudizio di merito”. L’ex premier accoglie così la decisione della procura di iscrivere anche lui nel registro degli indagati insieme agli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. Intervenuto in apertura dell’assemblea nazionale di Italia Viva, Renzi accusa i pm di aver mandato “300 finanzieri” a casa di imprenditori amici per eseguire delle perquisizioni che poi la Cassazione avrebbe annullato. Il riferimento è al ricorso presentato da Marco Carrai – uno dei membri del consiglio direttivo di Open – contro il sequestro di pc e documenti, poi accolto “con rinvio” dalla Suprema corte. In realtà, nelle motivazioni di quella sentenza gli ermellini contestano al Riesame di aver “dato per scontata” l’equiparazione della Fondazione a un’articolazione di partito. Cosa che eventualmente deve essere dimostrata al termine di una “rigorosa verifica” dell’operatività di Open, in modo tale da dimostrarne la sua “univoca destinazione”. Ed è proprio quello che la procura potrebbe aver fatto prima di iscrivere Renzi e il resto del Giglio magico nel registro degli indagati. “Oggi mi sarei aspettato da quei pm di Firenze una lettera di scuse“, tuona invece l’ex presidente del Consiglio. “Invece è arrivato un avviso di garanzia che riguarda tutto il cda di Open, compreso il sottoscritto“.
LEGGI ANCHERenzi, Boschi, Lotti indagati: finanziamento illecito. “Somme per l’attività della corrente politica attraverso la fondazione Open”A oltre un anno dall’avvio delle indagini su Open, per Renzi è come una ferita che si riapre. È in quel momento che, a suo parere, Italia Viva ha iniziato a perdere consensi. “Eravamo partiti alla grande un anno fa dopo la Leopolda, stavamo puntando al 10 per cento nei sondaggi e avevamo centinaia di migliaia di euro di finanziamento, poi cosa è successo? Uno scandalo, o meglio un presunto scandalo“, dice in diretta sul web da una terrazza romana. “Quella vicenda ci ha causato un danno pazzesco: i sondaggi hanno cessato di crescere, i soldi hanno smesso di arrivare, un danno enorme anche alla nostra capacità attrattiva: molte persone non sono passate con noi perché avevano paura“. Tutto a causa di magistrati che “seguono la viralità sui social più che le sentenze della Corte di cassazione”. Dopo che gli ermellini hanno accolto il ricorso presentato da Carrai contro il sequestro di documenti e pc, infatti, in tanti dentro al neonato partito dell’ex segretario dem hanno esultato, sostenendo che la Suprema corte abbia demolito l’impianto accusatorio su cui si basa l’inchiesta. “Noi abbiamo talmente rispetto nella magistratura che le sentenze della Cassazione le abbiamo lette”, ribadisce oggi Renzi. “Spero che le abbia lette il pm di Firenze o che almeno le abbia capite. Nel dubbio starà ai nostri avvocati”. Poi conclude: “Purtroppo l’ansia di visibilità di qualcuno rischia di nuocere anche agli altri magistrati”.
In realtà, stando alle motivazioni della sentenza (in cui sono state accolte gran parte delle richieste della difesa di Carrai), gli ermellini della sesta sezione penale non hanno smentito l’operato dei pm fiorentini. Hanno invece contestato al tribunale del Riesame di Firenze di aver “dato per scontata” l’equiparazione della Fondazione Open a un’articolazione di partito. Equiparazione che, spiegano, può essere provata solo alla luce di una “rigorosa verifica dell’azione della fondazione, del tipo di rapporto con il partito o con suoi esponenti, della rilevanza della sua operatività ai fini dell’azione del partito o dei suoi esponenti, della sostanziale mancanza di una funzione diversa e autonoma, manifestatasi costantemente negli anni”. Tutte analisi che, chiarisce la Cassazione, il tribunale fiorentino non ha condotto, limitandosi a “prendere atto della tesi accusatoria” ed elencando “una serie di elementi probatori, riferiti a contribuzioni della Fondazione a sostegno di iniziative di un partito o di suoi esponenti, ma avendone erroneamente data per scontata una sorta di autoevidenza”. Da qui la decisione di accogliere il ricorso di Carrai, rinviando però di nuovo tutto il dossier al tribunale del Riesame per un nuovo verdetto “alla luce dei principi esposti”. Diverso è il caso dell’amico dell’ex premier Davide Serra: finito nella lista degli imprenditori perquisiti, anche lui si è appellato alla Cassazione. I giudici hanno disposto l’annullamento senza rinvio.
LEGGI ANCHE“Non è provato che la fondazione Open fosse un’articolazione del partito”: ecco perché la Cassazione ha accolto il ricorso di CarraiCome si spiega quindi l’allargamento dell’inchiesta con l’iscrizione di Renzi, Boschi e Lotti nel registro degli indagati? L’ipotesi è che tra il 19 ottobre scorso – data in cui la Cassazione ha depositato le motivazioni della sua sentenza su Carrai – e il 2 novembre (cioè quando i tre avrebbero ricevuto l’avviso di garanzia), i pm fiorentini abbiano acquisito nuovi elementi su Fondazione Open, risultanti dalle analisi del materiale probatorio raccolto finora. Per poter parlare di una vera e propria “articolazione di partito”, hanno infatti specificato gli ermellini, “non è sufficiente una mera coincidenza di finalità politiche, ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti, in modo che finanziamenti ad essa destinati abbiano per ciò stesso una univoca destinazione al servizio del partito“. Non basta quindi che una fondazione contribuisca alle spese di alcuni parlamentari per considerarla alla stregua di un’articolazione di partito. Per poter effettuare questa equiparazione “è necessario non solo dar conto di erogazioni o contribuzioni in favore del partito rivenienti dall’ente formalmente esterno al partito, ma anche del fatto che la reale funzione di esso, al di là di quanto in apparenza desumibile dalla cornice statutaria, possa dirsi corrispondente a quella di uno strumento nelle mani del partito o di suoi esponenti, in assenza di una sua effettiva diversa operatività”. È proprio la tesi che i magistrati fiorentini hanno intenzione di dimostrare.
Arabia viva – infosannio
Arabia viva(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Deluso dagli italiani, che si ostinavano a non amarlo perché in fondo non lo meritavano, l’Innominabile si trasferì a Riyad con i fedelissimi di Italia Viva, ribattezzata per l’occasione Arabia Viva. “Eccoci nel Nuovo Rinascimento!”, scandì scendendo dal jet del principe Mohammad bin Salman, per gli amici MBS, e baciando la terra promessa. Al principe che l’accoglieva a braccia aperte, presentò subito la Boschi: “Caro MBS, lei è MEB”. Un mutawwi’a, agente della polizia religiosa, la prese in consegna, contrariato per la vertiginosa minigonna. “Dove la portano?”. “Niente, se la caverà con 87 scudisciate per abbigliamento blasfemo. Ma, se preferisce, c’è la lapidazione o la crocifissione”. “Scioakkk bicaoeuuuse”, disse lui. Ma l’altro non raccolse. Il Nostro mandò avanti la Bellanova, avvolta nella consueta tenda per doccia: “È la splendida Teresa, la bracciante che abbiamo fatto ministra”. MBS l’affidò a una guardia agricola: “Qui non abbiamo ministre, e manco ministri. Però, essendo straniera, potrà lavorare nei campi e, siccome è amica tua, guadagnerà ben un dollaro l’anno. È il costo del lavoro che giustamente ci invidi”. “Scioakkk bicaoeuuuse”, ripeté lui, ma nessuno capì. Vista la mala parata, tentò di coprire col suo corpo Ivan Scalfarotto, che però venne notato da un ufficiale dello Squadrone della Tigre: “Mi sa che è un gay, come dite voi, o un sodomita infedele, come diciamo noi. Prendetegli le misure per la solita valigia modello Khashoggi. Ma forse qui basta una 24 ore. E non scordate i seghetti per ossa, sennò è il solito pulp”. “Shissh”, proruppe l’Innominabile fra lo stupore e l’ilarità generali.
Presentare l’ex ministra Elena Bonetti parve oltremodo rischioso, per la difficoltà di spiegare il concetto di Pari opportunità. La donna venne spacciata per la schiava del capo, incontrando l’approvazione del principe. Che riunì l’amico Matteo e il capogruppo di Arabia Viva Ettore Rosato a parlare di politica. “Noi – esordì il primo – apriamo la crisi di governo: non poltrone, ma idee. Siamo garantisti, rivogliamo la prescrizione. Bin stai sereno. Un sorriso”. Alle parole crisi e idee, ma soprattutto garantisti e prescrizione, l’interprete diede di matto. Rosato chiarì: “Siccome, senz’offesa, c’è un vulnus per la democrazia, vorremmo i servizi e un governo Dragh…”. Ma non finì la frase: un agente della Mukhabarat, la polizia politica, roteò la scimitarra. “Il governo – spiegò MBS scrollandosi gli schizzi di sangue dalla kefiah – sono io. E i servizi ve li fa il mio amico. Matteo, se non erro sei indagato per fondi illeciti. Quindi prima ti mozziamo mani e piedi. Poi, per tutto il resto, la testa. Tanto non ti serve. Ma stai sereno. Scioakkk bicaoeuuuse shissh. Un sorriso”.
E ora una parola sulle monoclonali, anzi quattro:
L'anticorpo monoclonale fatto in Italia che noi non usiamo. Prodotto a Latina, poteva curare (gratis) 10mila malati. I burocrati lo lasciano agli Usa - Il Fatto Quotidiano
Grazie alla terapia usata da Trump, 10mila nostri malati sarebbero potuti guarire. Ma il via libera alla sperimentazione è ancora in stallo. Clementi: "Abbiamo 'pallottole' che possono salvare migliaia di pazienti, ma decidiamo di non spararle"
Anticorpi monoclonali, cosa è e come funziona la prima terapia mirata approvata negli Usa
Anticorpi monoclonali in Italia, l’Aifa dà il via alla sperimentazione. La svolta dopo l’inchiesta del Fatto sul “trial mancato”
L’imprenditore che produce monoclonali a Latina: ‘Li inviamo in tutto il mondo, ma in Italia se faccio uscire una fiala dal cancello mi arrestano’
Monoclonali e mancato trial, riunione straordinaria Aifa per capire chi si è opposto alla sperimentazione
Covid, autorizzato l’uso in via d’urgenza di anticorpi monoclonali negli Usa. È la prima terapia mirata
La Germania compra i monoclonali di Latina: 400 milioni per garantire le cure anticorpali. L’Italia? E’ ferma al “bando per lo studio”
Il monoclonale prodotto in Italia si poteva usare (ed era pure gratis). Avrebbe fatto risparmiare almeno 950 ricoveri
L’inspiegabile silenzio di Aifa sul farmaco anti-Coronavirus
Latina, nella fabbrica dei monoclonali stoppati dall’Aifa: “L’Agenzia ha nostro dossier, speriamo facciano valutazioni prima possibile”
Monoclonali, l’Aifa che li ha snobbati per mesi ora scopre che c’è la fila per usarli: ‘Bando prorogato’. Ricciardi: ‘Stiamo perdendo tempo’
Monoclonali, virologo Guido Silvestri incalza: “Il prossimo ministro autorizzi rapidamente. Ma si faccia anche luce sulle cause del ritardo”
Monoclonali, Palù insiste per il via libera: “Ho richiesto la decretazione d’urgenza”. Veneto e Marche si candidano a sperimentarli
di Thomas Mackinson | 17 DICEMBRE 2020
Diecimila italiani potevano guarire subito, come tanti Donald Trump. Invece, aspettando un vaccino, l’Italia va incontro alla terza ondata Covid senza terapie a base di anticorpi monoclonali, quelli che in tre giorni neutralizzano il virus evitando il ricovero. Da uno stabilimento di Latina in realtà escono furgoni carichi di questi farmaci, ma sono destinati a salvare pazienti americani, non gli italiani. Ai quali, per altro, erano stati offerti a titolo gratuito già due mesi fa. È il paradosso di una storia che ha pesanti risvolti sanitari, politici ed etici. “Abbiamo ‘pallottole’ specifiche contro il virus. Possono salvare migliaia di pazienti, evitare ricoveri e contagi, ma decidiamo di non spararle. Non si spiega”, ripete da giorni Massimo Clementi, virologo del San Raffaele di Milano.
Racconta che i colleghi negli Stati Uniti da alcune settimane somministrano gli anticorpi neutralizzanti come terapia e profilassi per malati Covid. La stessa cura che ha salvato la vita a Donald Trump in pochi giorni, nonostante l’età e il sovrappeso: “Dopo 2-3 giorni guariscono senza effetti collaterali apparenti”. Il tutto a 1000 euro circa per un trattamento completo, contro gli 850 euro di un ricovero giornaliero.
Gli Stati Uniti ne hanno acquistato 950mila dosi, seguiti da Canada e – notizia di ieri – Germania. Non l’Italia, dove si producono. Il nostro Paese ha investito su un monoclonale made in Italy promettente ma disponibile solo fra 4-6 mesi. Scienziati molto pragmatici si chiedono perché, nel frattempo, non si usino i farmaci che già si dimostrano efficaci altrove: fin da ottobre – si scopre ora – era stata data all’Italia la possibilità di usare questi anticorpi attraverso un cosiddetto “trial clinico”, nel quale 10mila dosi del farmaco sarebbero state proposte a titolo a gratuito. Una mano dal cielo misteriosamente respinta mentre il Paese precipitava nella seconda ondata.
Il farmaco – bamlanivimab o Cov555 – è stato sviluppato dalla multinazionale americana Eli Lilly. La sua efficacia nel ridurre carica virale, sintomi e rischio di ricovero è dimostrata da uno studio di Fase2 randomizzato (la fase 3 è in corso) condotto negli USA. I risultati sono stati illustrati sul prestigioso New England Journal of Medicine. Dall’headquarter di Sesto Fiorentino spiegano che l’anticorpo è stato messo in produzione prima ancora che finisse la sperimentazione perché fosse disponibile su scala globale il prima possibile.
Dal 9 novembre, quando l’FDA ne ha autorizzato l’uso di emergenza, gli Stati Uniti hanno acquistato quasi un milione di dosi. In Europa si aspetta il via libera dell’Ema che non autorizza medicinali in fase di sviluppo. Una direttiva europea del 2001 consente, però, ai singoli Paesi EU di procedere all’acquisto e la Germania ieri ha completato la procedura per autorizzarlo. A breve toccherà all’Ungheria. E l’Italia? Aspetta. Avendo il suo cuore europeo alle porte di Firenze, finito lo studio la società di Indianapolis ha preso contatto con le autorità sanitarie e politiche nazionali, anche italiane. Il 29 ottobre riunione con l’Aifa: collegati, tra gli altri, Gianni Rezza per il Ministero della Salute; Giuseppe Ippolito del Cts e direttore dello Spallanzani di Roma; il professor Guido Silvestri, virologo alla Emory University di Atlanta che aveva favorito il contatto con Eli Lilly. Sul tavolo, la possibilità di avviare in Italia la sperimentazione con almeno 10mila dosi gratis del farmaco che negli USA ha dimostrato di ridurre i rischi di ospedalizzazione dal 72 al 90%. In quel contesto viene anche chiarito che non sarebbe stato un favore alla multinazionale, al contrario: una volta che l’FDA l’avesse autorizzato, sarebbero partite richieste da altri Paesi.
L’occasione, da cogliere al volo, cade nel vuoto, forse per una rigida adesione alle regole di AIFA ed EMA che non hanno però fermato la rigorosa Germania. Altra ipotesi: l’offerta è stata lasciata cadere per una scelta già fatta a monte. Sui monoclonali da marzo il Governo ha investito 380 milioni per un progetto tutto italiano che fa capo alla fondazione Toscana Life Sciences (TLS), ente non profit di Siena, in collaborazione con lo Spallanzani e diretto dal luminare Rino Rappuoli. La sperimentazione clinica deve ancora partire e la produzione, salvo intoppi, inizierà solo a primavera 2021. A quanto risulta al Fatto, l’operazione con Eli Lilly, che già due mesi fa avrebbe permesso di salvare migliaia di persone, non sarebbe andata in porto per l’atteggiamento critico verso questi anticorpi del direttore dello Spallanzani che lavorerà al progetto senese. “Non so perché sia andata così, dovete chiedere ad AIFA”, taglia corto il direttore Giuseppe Ippolito, negando un conflitto di interessi: “Non prescrivo farmaci, mi occupo solo di scienza”.
Quando l’FDA autorizza il farmaco, la multinazionale non può più proporre il trial gratuito ma deve attenersi al prezzo della casa madre. Per assurdo, sfumata l’opzione a costo zero, l’Italia esprime una manifestazione ufficiale di interesse all’acquisto. Il negoziato va in scena il 16 novembre alla presenza di Arcuri, del DG dell’Aifa Magrini e del ministro della Salute Speranza. Si parla di prezzo e di dosi ma il negoziato si ferma lì e non va avanti. Neppure quando il sindaco di Firenze torna alla carica. Dario Nardella annuncia ai giornali di aver parlato coi vertici di Eli Lilly e che “se c’è l’ok della Commissione Ue, la distribuzione del farmaco a base di anticorpi monoclonali potrebbe cominciare dopo Natale non solo in Francia, Spagna e Regno Unito ma anche in Italia”. Natale è alle porte e in Italia non c’è traccia di farmaci anticorpali né si ha notizia di una pressione dell’Aifa per sollecitare l’omologa agenzia europea. Come se l’opzione terapeutica per pazienti in lotta col virus, già disponibile altrove, non interessasse.
L’AIFA e la struttura di Arcuri – sentite dal Fatto – ribadiscono: finché non c’è l’autorizzazione EMA non si va avanti. Di troppa prudenza si può anche morire, rispondono gli scienziati. “Io avrei accelerato”, dice chiaro e tondo il consulente del ministro Walter Ricciardi, presente alla riunione un mese fa: “Con tanti morti e ospedalizzati valutare presto tutte le terapie disponibili è un imperativo etico e morale”. Il virologo Silvestri, che tanto aveva spinto: “Non capisco cosa stia bloccando l’introduzione degli anticorpi di Lilly e/o Regeneron, che qui negli States usiamo con risultati molto incoraggianti”. Ieri sera si è aggiunta anche la voce critica dell’immunologa dell’università di Padova Antonella Viola: “E’ sorprendente questo ritardo, cosa aspettiamo?”.
Per il professor Clementi, siamo al paradosso. “È importante trovare il miglior farmaco possibile, ma non possiamo scartare a priori una possibilità terapeutica che altrove salva le persone. Una fiala costa poco più di un giorno di ricovero e ogni risorsa che risparmi la puoi usare per altro. Tenere nel fodero un’arma che si dimostra decisiva è incomprensibile. Da qui, la mia sollecitazione all’AIFA”.
Certo, una soluzione al 100% italiana garantirebbe autosufficienza e prelazione nell’approvvigionamento. Da Sesto Fiorentino, però, rispondono che il loro farmaco, oltre ai benefici in termini di salute e risparmio, avrebbe avuto anche ricadute economiche per l’Italia: nella produzione è coinvolto un fornitore italiano, la Latina BSP Pharmaceutical. “Se andrà bene potremmo distribuirlo non solo negli Usa ma anche in Italia”, esultava a marzo il titolare dell’impresa pontina, Aldo Braca. Nove mesi dopo dallo stabilimento di Latina esce il farmaco più promettente contro il Covid. Ma va soltanto all’estero.
Monoclonali, conferma per quelli di Latina: "Riducono il rischio di morte del 70 per cento" Burioni e Bassetti: "Basta perdere tempo" - Il Fatto Quotidiano
Monoclonali, conferma per quelli di Latina: “Riducono il rischio di morte del 70 per cento” Burioni e Bassetti: “Basta perdere tempo”
La multinazionale Lilli comunica i risultati dello studio di fase 3 su due anticorpi combinati. Aumenta il coro di scienziati e ricercatori che chiedono ad Aifa di autorizzare l'uso dei farmaci neutralizzanti come ha fatto la Germania acquistando 200mila fiale senza aspettare l'ok dell'Ema. La denuncia di Bassetti: "Potevamo essere il primo paese in Europa a usarli, qualcuno ha deciso di ignorare la strada dei monoclonali e dovrebbe assumersene la responsabilità facendo un passo indietro".
di Thomas Mackinson | 26 GENNAIO 2021Il passo avanti della Germania e l’arrivo di nuovi dati incoraggianti fanno aggiungere al coro le voci di Burioni e Bassetti: “Ora avanti coi monoclonali”. Mentre Aifa dorme sonni tranquilli, rimandando ogni iniziativa a futuri studi, la ricerca sugli anticorpi neutralizzanti già autorizzati dall’Fda va avanti, così come le opzioni di acquisto di altri Paesi europei, Germania in testa, che rischiano di togliere al nostro la possibilità di sfruttare le terapie che ha in casa, prodotte nello stabilimento di Latina usato dalla Lilly divenuto famoso proprio perché ignorato dalle autorità sanitarie nostrane, perfino di fronte all’occasione della sperimentazione gratuita.
La multinazionale di Indianapolis oggi ha comunicato i risultati conclusivi di fase 3 dello studio Blaze 1 sul monoclonale Bamlanivimab in combinazione con Etesevimab. Il loro impiego ha ridotto il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70%. Confermano quelli degli studi precedenti, bollati sempre come insufficienti da Aifa che ora ha un motivo in più per ricredersi, come chiede da settimane il suo presidente Giorgio Palù, convinto della necessità di utilizzare i farmaci neutralizzanti come già fanno Usa, Canada, Israele, Ungheria e da questa settimana anche in Germania.
Berlino ha deciso di non attendere bollinature dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, ma di approvvigionarsi di 200mila fiale tra Regeneron e Bamlanivimab, gli unici monoclonali autorizzati al mondo. L’evidenza clinica adesso è ancora più forte. Non a caso il numero due della farmaceutica Daniel Skovronsky parla di “potenziale terapia salvavita”. A questo punto la Lilly attende l’autorizzazione Fda all’uso d’emergenza dei due monoclonali combinati. L’Fda potrebbe anche autorizzare l’uso di fiale con concentrazioni minori rispetto ai 700 mg che consentirebbero la riduzione dei tempi di infusione da 60 a 16 minuti, con conseguente semplificazione della somministrazione e ridurre di oneri per il sistema sanitario.
Skovronsky, per inciso, è il direttore scientifico della multinazionale cui il virologo Guido Silvestri da Atlanta si era rivolto a ottobre per perorare la causa di una sperimentazione gratuita in Italia di 10mila dosi, poi clamorosamente lasciata cadere nel nulla, come rivelato dal Fatto a dicembre. L’arrivo di Palù ha in parte piegato le resistenze dell’Agenzia del farmaco riuscendo però a spuntare solo l’impegno a uno studio in cerca di contraenti di un bando ancora aperto. Insomma, tempi lunghi per accertare in laboratorio risultati già accertati anche nell’esperienza clinica, dove i monoclonali si usano tutti i giorni su migliaia di pazienti.
Questo spiega perché il mondo scientifico stia prendendo posizione contro l’inerzia dell’Italia a fronte di dati ed evidenze ormai difficilmente contestabili. Specie se l’unico farmaco consigliato su suolo italiano resta la Tachipirina, mentre promettenti alternative su cui si sta investendo sono tutte di là da venire, lontane mesi e migliaia di morti dalla produzione.
Così alle numerose voci di medici e ricercatori che chiedevano da tempo di poterli utilizzare – in prima fila lo stesso Silvestri, Clementi, Palù, Sileri, Ricciardi – se ne aggiungono altre. “Ottime, ottime, ottime notizie. Il cocktail di anticorpi monoclonali umani della Eli Lilly (peraltro prodotti in Italia, a Latina!) riduce il rischio di ospedalizzazione e di morte del 70%. Da notare, nessun morto tra i pazienti trattati”. Così sui social Roberto Burioni, virologo dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Adesso muoviamoci”, chiosa il virologo. E non è il solo. “Vedere che la Germania ha deciso di acquistare gli anticorpi monoclonali e che l’Italia è ancora ferma al bando per lo studio, non fa onore alla medicina italiana”. Così l’infettivologo genovese Matteo Bassetti stamani via fb sollecita l’impiego degli anticorpi monoclonali contro il covid. “Potevamo essere il primo paese in Europa a usarli e sperimentarli e invece qualcuno ha deciso di ignorare la strada dei monoclonali. – denuncia – Chi lo ha fatto ha sbagliato e dovrebbe assumersene la responsabilità facendo un passo indietro”.
Monoclonali, l'Aifa che li ha snobbati per mesi ora scopre che c'è la fila per usarli: 'Bando prorogato'. Ricciardi: 'Stiamo perdendo tempo' - Il Fatto Quotidiano
L'Agenzia annuncia di aver prorogato fino al 15 febbraio il bando per lo studio dell'efficacia delle terapie anticorpali che in Usa, Canada, Israele, Ungheria e Germania vengono somministrate ai pazienti tutti i giorni: "Sono arrivate molte richieste da diversi ricercatori di avere più tempo per costruire e presentare la loro proposta di studio". Ma il tempo non c'è più, l'inerzia costa migliaia di vite. Ricciardi: "Altro che bandi, con 500 morti al giorno stiamo perdendo tempo"
di Thomas Mackinson | 28 GENNAIO 2021
L’imprenditore che produce monoclonali a Latina: ‘Li inviamo in tutto il mondo, ma in Italia se faccio uscire una fiala dal cancello mi arrestano’
L’anticorpo monoclonale fatto in Italia che noi non usiamo. Prodotto a Latina, poteva curare (gratis) 10mila malati. I burocrati lo lasciano agli Usa
Monoclonali e mancato trial, riunione straordinaria Aifa per capire chi si è opposto alla sperimentazione
Monoclonali, virologo Guido Silvestri incalza: “Il prossimo ministro autorizzi rapidamente. Ma si faccia anche luce sulle cause del ritardo”
Monoclonali, Palù insiste per il via libera: “Ho richiesto la decretazione d’urgenza”. Veneto e Marche si candidano a sperimentarli
Il bando ha lo scopo di “verificare se gli anticorpi monoclonali possono rappresentare una reale opzione terapeutica nella prevenzione della progressione del COVID-19 nei pazienti in fase precoce di malattia”. Riguarda sia il Regeneron che il Bamlanivimab della Eli Lilly, proprio quello che viene prodotto a Latina ma finisce negli Usa, in Canada, Israele, Ungheria e (da lunedì) anche alla Germania ma non in Italia dove pure viene prodotto, perché l’Aifa non ne ha autorizzato l’uso in emergenza e a ottobre ha anche respinto al mittente la proposta di un trial clinico pragmatico con 10mila dosi gratuite, come ha rivelato il Fatto. Fiale che ora lo Stato dovrà comprare, tramite la struttura commissariale di Arcuri, per accertarne l’efficacia nonostante il farmaco sia impiegato da mesi con successo in altri Paesi e gli ultimi studi abbiano confermato una capacità di riduzione delle ospedalizzazioni dell’80% e del 70% del rischio di morte.
La notizia della proroga non è un dettaglio tecnico-burocratico. Riporta sotto i riflettori le scelte di salute pubblica operate per mesi dall’Agenzia e dallo stesso ministero della Salute: l’Italia sta investendo sulla strada autarchica del “monoclonale italiano”, così come per i vaccini con l’investimento su Reithera, che è in via di sviluppo ma lontano dalla produzione. Nel frattempo, nonostante i bollettini con morti e malati, ha ignorato i farmaci autorizzati già in commercio che potevano salvare migliaia di vite. Oltre al razionale scientifico, questa storia sembra aver perso la variabile del tempo, quasi non fossimo in emergenza da quasi un anno con due milioni e mezzo di casi confermati e 85mila morti. A leggere il bando, infatti, lo studio potrà durare fino a 12 mesi. Che significa un anno da che verrà selezionato il centro candidato a sperimentare i monoclonali, stilato il protocollo, arruolati i soggetti, analizzati i dati, approvati i risultati dal comitato etico e così via. Può permetterselo l’Italia con 500 morti al giorno?
“Non mi sembra questo il momento di perdere del tempo per una procedura sicuramente più lunga, quando Germania, Stati Uniti e Canada li hanno già: Aifa approvi i monoclonali già in commercio” è arrivato a dire lo stesso consulente del Ministro della Salute Walter Ricciardi, ordinario di igiene e medicina preventiva all’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Canada, Stati uniti e Germania hanno già acquistato il prodotto e l’Italia, che ne avrebbe molto bisogno con 500 morti al giorno, no. E’ competenza dell’Aifa procedere velocemente ma stiamo perdendo tempo con una call che l’agenzia ha avviato per fare una sperimentazione sui monoclonali. Con tutti i morti che abbiamo ogni giorno, sarebbe meglio utilizzare quelli già in commercio. Un anticorpo monoclonale, se lo somministri in forma precoce, ad esempio entro sei giorni dalla comparsa dell’infezione ai degenti delle Rsa o ai pazienti anziani, puoi salvarli”.
L’imprenditore che produce monoclonali a Latina: 'Li inviamo in tutto il mondo, ma in Italia se faccio uscire una fiala dal cancello mi arrestano' - Il Fatto Quotidiano
Aldo Braca è il titolare della Bsp Pharmaceuticals dove si produce l'anticorpale della Eli Lilly che finisce in tutto il mondo fuorché in Italia, dove non è autorizzato. "I ritardi sui vaccini aumentano la richiesta globale , l'Italia si muova ora o rischia che l'intera produzione venga opzionata”. Aifa non emanato un bando di studio per la ricerca che potrebbe impiegare mesi. Il dg delle malattie infettive del San Martino Bassetti: "Non ha nessuno senso e poi anche Il problema etico: perché dovrei dare un placebo ai malati quando c'è la terapia per guarirli?”
di Thomas Mackinson | 1 FEBBRAIO 2021
“Anche io ho dei parenti che si son presi il Covid sa? Ma ho anche mille dipendenti che controllo tutte le mattine e tanti si sono ammalati fuori di qui, rischiando la vita. Dal mio impianto esce il farmaco che può guarirli subito. Sa che mi succede se lo porto fuori da questo cancello? Succede che mi arrestano, perché in Italia non è autorizzato”. Aldo Braca è il titolare della Bsp Pharmaceuticals di Latina, azienda divenuta celebre nell’era Covid perché da lì partono i camion refrigerati che portano gli anticorpi monoclonali della Eli Lilly in tutto il mondo fuorché in Italia, dove l’Aifa non li ha autorizzati. Gli ultimi studi pubblicati confermano una riduzione del rischio di morte del 70% e tuttavia le fiale da Latina vanno in Francia per l’etichettatura e poi negli ospedali di Stati Uniti, Canada, Israele, Germania, Inghilterra e Ungheria. Non in quelli italiani. “Non ci dormo la notte, da quando ho iniziato a mandare via il prodotto. Mi fa incazzare non una, ma dieci volte. Lo scriva pure questo. Ma la prego, aggiunga: l’Italia deve darsi una mossa”.
LEGGI ANCHEMonoclonali, virologo Guido Silvestri incalza: “Il prossimo ministro autorizzi rapidamente. Ma si faccia anche luce sulle cause del ritardo”All’imprenditore non era sembrato solo un affare, quando ha contratto l’obbligazione con la multinazionale di Indianapolis per 100mila dosi di Bamlanivimab al mese, uno dei due soli trattamenti autorizzati al mondo contro il Covid. “Era settembre – racconta – gli ospedali stavano esplodendo di nuovo. Ho subito chiesto alla Lilly “ma in Italia il prodotto ci sarà vero?”, e loro mi hanno risposto “certamente lo offriremo, poi è il ministero che decide ma noi lo proporremo”. Il resto ormai è storia.
LEGGI ANCHEMonoclonali, l’ex ministra Beatrice Lorenzin: “Utilizzarli subito su rsa e sui fragili Gli strumenti normativi ci sono, li ho fatti io”L’Agenzia del Farmaco, che dal ministero dipende, non ha autorizzato la sperimentazione, neppure quando le fiale erano state offerte gratuitamente a questo scopo su iniziativa del virologo Guido Silvestri che da allora non si da pace. Da Atlanta chiede che si faccia chiarezza su chi, a Roma, ha la responsabilità del ritardo nell’accesso alla terapia e delle vite che potevano salvare. Eccesso di prudenza e burocrazia, inconfessabili conflitti di interesse in capo ai decisori pubblici, non s’è mai capito. Fatto sta che allo sconcerto di pochi è poi seguita la rabbia di molti. Ma nessuno, nel frattempo, si preoccupa dell’approvvigionamento. “Coi vaccini ritardano sale la domanda globale di anticorpi – avverte Braca – . Ho ancora capacità produttiva ma dopo Trump l’amministrazione Biden ha subito opzionato altri due milioni di dosi, ora la Germania. Lilly ha messo un booking molto alto, sma se non ci muoviamo presto l’intera produzione sarà opzionata”.
Il regolatore pubblico non ha fretta. Solo 21 gennaio l’Aifa ha emanato un “bando per lo studio randomizzato” sugli anticorpi monoclonali. A strapparlo, con la forza di un leone, è stato il presidente Giorgio Palù, altra anima inquieta per questa vicenda che sembra aver smarrito da tempo il “razionale scientifico”, posto che gli studi di fase 3 hanno confermato l’efficacia degli anticorpi e altri paesi europei, Germania in testa, hanno iniziato a rifornire gli ospedali senza aspettare autorizzazioni dall’Europa. La scadenza del 21 febbraio è stato subito posticipata al 15: “per lemolte richieste di arrivate da diversi ricercatori di avere più tempo per costruire e presentare la loro proposta di studio”, fa sapere l’Aifa. Dunque, l’agenzia che per mesi ha ignorato la sperimentazione adducendo problemi regolatori e dubbi sull’efficacia, scopre ora che c’è la fila per usarli ma non per impelagarsi in studi ridondanti.
LEGGI ANCHEFarmaci anti Covid, via ai test sugli anticorpi monoclonali: “La terapia potrebbe evitare un’infezione per 6-12 mesi”Allo “studio” si è affacciato il San Martino di Genova. Matteo Bassetti, è il direttore delle malattie infettive. “Quando ho letto il bando mi sono cadute le braccia. Non ha alcun senso proporre ora un protocollo di studio su farmaci la cui efficacia è dimostrata da dati validati di Fase III, già utilizzati come terapia da altri Paesi come la Germania. Con 500 morti al giorno noi che facciamo? Aspettiamo i risultati dello studio che potrebbe – stando al protocollo Aifa – durare fino a 12 mesi?”. La sperimentazione (tardiva) pone anche un problema di natura etica di cui pochi si preoccupano. “Come potrò chiedere a pazienti malati di accettare da volontari il placebo se il farmaco che li guarisce c’è già?”. Anziché perder tempo, conclude Bassetti, si avvi un programma allargato ad uso compassionevole. “Da medici, più della ricerca, una cosa ci interessa: che arrivino terapie che possano salvare la vita ai pazienti. Non tra sei mesi, ora”.