22-12-16 Wargames (e ora qualcosa di completamente diverso!)
Questo tipo di wargame è qualcosa che molto probabilmente non è stato mai visto o letto da nessun altro, perché è diverso da quelli fatti da chiunque altro.
ATTENZIONE: questo non è un wargame come tutti gli altri... ma proprio no. E' infatti uno scontro non tra forze militari reali, ma tra il potenziale bellico nazionale di ciascuna nazione.
INTRODUZIONE
Cosa si intende fare con questo tipo di wargame?
E' una cosa che mi ha sempre intrigato. Voglio dire, tutte queste notizie sulla produzione di armi italiane e i successi export, balzando in testa alle classifiche di vendita davanti a potenze ben più 'tradizionali' dell'Italia. Un popolo di geni, e va beh. Ma come misurare questo successo? Per esempio, come ho deciso di fare in questo wargame.
IN sostanza, si cerca di stabilire non la forza effettiva tra le nazioni o le armate delle stesse, ma si cerca piuttosto di capire un'altra cosa di tutto genere. Tante volte si sente parlare di armi e sistemi d'arma anche molto sofisticati. E come saprete, l'Italia è uno dei maggiori esportatori di armi a livello mondiale. E non da adesso: già nei primi anni '80 eravamo attorno al 4o posto, dietro URSS, USA e Francia, ma davanti ad UK, Germania Ovest, Cina e tanti altri.
Forse la cosa non dovrebbe stupire, certo non chi ha visto quel vecchio film di Sordi, ovvero 'Finché c'é guerra c'é speranza'. Perché, in verità, dagli anni '60 in poi, era davvero così: chiunque chiedeva armi, le otteneva. Non importa se fosse un nemico potenziale, se come Gheddafi, ad un certo punto potesse anche lanciarcele contro. L'importante era fare businness.
E non si creda che questo fosse un vizietto italiano soltanto del boom economico, tutt'altro. E' dalla notte dei tempi che l'Italia esporta armi. Era così nel periodo interguerra, con una vastissima produzione di aerei, navi, carri armati, artiglierie e quant'altro, che si potevano trovare in Irak come in Cina, come in Argentina. E prima ancora della Grande Guerra, l'Italia ebbe notorietà internazionale perché, pur arrancando un pò nella flotta mercantile d'altura, produsse con successo degli incrociatori corazzati che ebbero numerosi clienti, basati su di una classe dal nome appropriato, il Giuseppe Garibaldi, che come è noto, era l'Eroe dei due mondi. Possiamo tornare indietro a prima dell'Unità e abbiamo armieri e ingegneri italiani o meglio, italici (perché insistere a chiamare 'italiani' persone che provenivano da quella che per dirla col Metternich, era un' espressione geografica'?), che vendevano armi, corazze, invenzioni varie, a tutta Europa. Poi abbiamo, più indietro ancora, i Romani, ma quelli non erano proprio 'italiani' in nessun senso, anche se sono i nostri diretti antenati. Del resto nemmeno gli antichi Egizi sono uguali agli egiziani attuali, idem per i Galli, per gli Ellenici ecc ecc.
Ma indubbiamente, l'attitudine e l'ingegno romano/italico/etrusco/italiano o come volete, è sempre rimasto in tutti i campi, perché dopotutto noi siamo il popolo di 'poeti, navigatori e santi... ma tanti tanti'. Ed abbiamo anche la fabbrica d'armi più antica e forse più rinomata del mondo (la Beretta). Purtroppo, nemmeno in questa parte delle scoperte ci siamo fatti mancare nulla, anche se i carri armati e gli elicotteri, o le macchine sottomarine di Leopardo e altri rinascimentali meno noti, fanno notizia per le intuizioni, ma molto meno per l'efficacia pratica (provate ad immaginare di azionare un carro armato... a manovella, per capirci: tanto vale usare un carro senza fondo e spingere con le gambe...).
Adesso, però, siamo nel XXI secolo. Che però a me non interessa. Devo dire che l'Italia, da dopo l'Unità, è stata certamente consapevole del decadimento che in circa 200 anni l'aveva colpita, dal Rinascimento in poi, a vantaggio di altre nazioni che, complice la macchina a vapore e grandi quantità di ottimo carbone disponibile, riuscirono a realizzare un'industria finalmente sviluppata (purtroppo per la vita sulla Terra, a dire il vero!). Questa Rivoluzione industriale, oltre alla precedente scoperta delle Americhe (propiziata proprio... da italiani), mise all'angolo l'Italia, che era stata fino ad allora privilegiata, in quanto rappresentava un ponte naturale nel Mediterraneo, tra Europa e resto del mondo, con grandi benefici per i commerci e la ricchezza di una terra già bellissima, dal clima mite, fertile, con abbastanza acqua, e assai popolata (certo molto più della Gran Bretagna, per esempio).
Dopo l'Unificazione, però, la visione militarista dei Piemontesi forgiò il nuovo stato, bellicoso e voglioso di ritagliarsi un posto al Sole, così come altre nazioni stavano facendo all'epoca (i nostri... futuri compagni dell'Asse, ovvero Germania/Prussia, e Giappone), nonché di espandersi, sia 'liberando i fratelli irredenti' ad Est, che ingrandendosi in Africa. L'Italietta bellicista non si fece mancare nulla, nemmeno prima della nascita ufficiale, come la partecipazione piemontese a fianco dei 'potenti' dell'epoca, Francesi e Inglesi, contro i Russi in Crimea (altra costante della politica italiana, quest'attitudine a farsi truppa cammellata o ascaro del potente di turno). Poi fu la volta dell'aggressiva politica africana, spesso pagata a caro prezzo, come a Dogali, e sopratututto ad Adua. Se poi in certe situazioni la retorica eroistica e patriottarda riuscirà ad indorare la pillola, come a Dogali, in altre, come ad Adua, il peggior scacco subito dagli europei in Africa, ben poco ci sarà d fare. Questa 'tradizione mediatica' avrà anch'essa una lunga tradizione, trasformando per default tutti i soldati italiani in eroi, nascondendo crimini ed errori, rifugiandosi dietro le figure 'virtuose' alla Enrico Toti e accampando scuse più o meno credibili per i disastri come Caporetto o Tobruk, fino ad arrivare ad asserire, con certi autori di avere niente di meno che 'vinto' ad El Alamein (se vogliamo metterla da un punto di vista morale, si può anche capire, ma allora i giapponesi che si facevano ammazzare fino all'ultimo per difendere Iwo Jima, cosa dovevano fare, marciare su Washington?).
Per cui, l'opportunismo italiano, nel cambiare alleanze (vedi le guerre mondiali), nel cercare ora l'uno e ora l'altro 'alleato forte' a cui affidare la perpetuazione del potere costituito ('Franza o Spagna...' niente di nuovo pure per i discendenti di chi, una volta, dominò il mondo conosciuto...), nel trarre il massimo insegnamento da ogni cosa e nel perseguire i propri fini di potenza militare e industriale, è qualcosa di alquanto desolante dal punto di vista morale, e assai interessante dal punto di vista tecnico e operativo.
Inizialmente, per recuperare l'evidente gap, la tecnologia bellica nazionale si affidò in massa ai paesi guida della situazione; la RM guardava con interesse alla RN (e come avrebbe potuto non essere così, del resto?) e ne seguiva gli sviluppi, cercando addirittura di anticiparli, come con i progetti delle super-corazzate di B.Brin, che tuttavia, pur minacciando anche la 'terra irredenta' Malta, erano stati realizzati soltanto con i cannoni e le macchine inglesi, e le corazze d'acciaio francesi, ovvero con i potenziali nemici a fare da fornitori! E la libertaria Inghilterra che fece, bloccò le vendite? Macché, già che c'era non trovò di meglio che comprarsi 4 cannoni praticamente uguali a quelli venduti agli italiani, piazzandoli a Malta e a Gibilterra! Del resto, è successo qualcosa di simile anche 100 anni dopo con l'Argentina, ma questa è un'altra storia.
Le artiglierie erano prevalentemente di progetto inglese quando navali, francese e anche tedesco quando terrestri. L'Italia, praticamente, fino al 1918 produsse solo pochissimi progetti effettivamente 'suoi', e con i residuati bellici della Grande Guerra ci campò per decenni ulteriori, senza rinnovare il suo parco artiglierie.
Appena prima, e durante la II GM la situazione era diversa, se non altro l'Italia produceva progetti propri della maggior parte delle armi necessarie. Spesso si trattava di progetti di assoluta eccellenza, specialmente le artiglierie di ogni calibro, dal 20 al 381 mm, di molti tipi di aerei -singolarmente robusti e veloci per la potenza installata- e di navi straordinariamente veloci (anche a costo di dotarle di costosissimi apparati motori e di fargli fare le prove senza nemmeno le armi a bordo, che la R.M. non poteva essere certo da meno dell'Aeronautica), perché all'epoca c'era il mito della velocità come programma futurista per una nazione sviluppata e almeno pari alle altre (che invece, curavano molto meno il folklore e pensavano meno ai fronzoli), e l'Italia era prodigiosa in questo. Aveva corridori sportivi di ogni tipo, dai Nuvolari ai Bartali, aveva i treni veloci già allora, aveva le auto sportive, gli aerei che macinavano oltre 100 record, le navi che passavano 40 nodi... mai prima si vide così tanta attenzione per il glamour, e mai più dopo. Dell'impresa del REX, peraltro battuta dopo qualche anno da altre navi straniere ancora più grandi e prestigiose, ne conserviamo memoria addirittura con una nota birra.
Era tutto oro quel che luccicava? NO. E' proprio l'applicazione del contrappasso dantesco. Tanta gloria, e poi tante delusioni. Tutte quelle risorse per le imprese alla Balbo, per la Coppa Schneider e così via, sarebbero state meglio spese forse, se si fosse fatta attenzione a quello che era lo strumento militare, adeguato a metà anni '30, ma poi progressivamente obsoleto mentre gli 'altri' si riarmavano per davvero. E curiosamente, durante la guerra, l'Italia riuscì a produrre persino MENO di quel che produceva in tempo di pace, fenomeno unico nella Storia moderna, per quanto ne so. Battemmo (sic) la Francia, solo perché era oramai alle corde, ma la Gran Bretagna, con un pugno di uomini, tenne testa all'Italia in casa sua, per poi sbaragliarla con l'Operazione Compass, la peggiore disfatta militare italiana. Se non fosse stato per Rommel, la guerra in Africa sarebbe finita prima del 1942, e addio momenti di gloria, con gli italiani che dopo oltre un anno di guerra con gli inglesi riusciranno alfine a capire come si fa una guerra moderna, quando peraltro il tempo stava oramai scadendo. In tutta onestà, la boria e la vanagloria dell'Italietta mussoliniana, che pure era riuscita a farsi stimare e rispettare come mai prima di allora nel mondo, riceveva la paga che si meritava. E un regime dittttoriale e militarista (per quanto decisamente NON il peggiore dell'epoca), veniva ripagato della stessa moneta che amava elargire.
Le armi italiane erano prodotte a ritmi inferiori rispetto a quelle straniere; non propriamente bassissimi, ma inferiori, questo sì. E anche la qualità lasciava a desiderare, anche se c'erano eccezioni, peccato che solitamente erano inversamente proporzionali al numero prodotto (es. il Reggiane 2005). La cosa incredibile è che le produzioni belliche furono addirittura più inefficienti di quelle del periodo prebellico, caratteristica unica del panorama mondiale: pensate soltanto che degli oltre 1.200 SM.79, circa i 2/3 appaiono prodotti tra il 1936 e il giugno 1940, e questo era il nostro principale bombardiere! Durante tutto il periodo bellico, l'Italia riuscì a produrre 'ben' 1.500 bombardieri di vario tipo (tra cui presumibilmente circa 400 SM.79, 250 BR.20, 300 SM.84, 500+ Z.1007 e poco altro) e nel 1942 la produzione calò addirittura rispetto a quella dell'anno prima (circa 2.800 velivoli di tutti i tipi contro 3.500), malgrado l'assenza di pesanti bombardamenti aerei come avveniva in altre nazioni coinvolte in quel tragico conflitto. Qualcuno, evidentemente aveva sbagliato qualcosa, e di parecchio, anche. Idem per le navi: malgrado che negli anni '30 e fino al giugno 1940 la RM avesse introdotto in servizio circa 40 cacciatorpediniere, 12 incrociatori leggeri, 7 pesanti, 2 corazzate, più dozzine di torpediniere e sottomarini, realizzandone flottiglie intere in 1-2 anni di tempo... durante la guerra riuscirà a completare 'ben' 5 cacciatorpediniere, 2 incrociatori (leggerissimi) e 1 corazzata (già varata prima...). Questo mentre le perdite nel solo 1940 comportarono la distruzione di almeno 7 cacciatorpediniere, 2 torpediniere e 1 incrociatore leggero, solo considerando le navi principali perse negli scontri diretti dei primi 6 mesi di battaglie. I numerosi sottomarini ebbero circa 10 perdite nel primo mese di guerra, pur ottenendo qualche successo a loro volta (tra cui qualche nave trasporto, un caccia e un incrociatore); uno di essi, il Galilei, venne addirittura catturato e rimorchiato in porto da un piccolo bastimento inglese. Nel prosieguo della guerra sarebbero andati complessivamente perduti 1 incrociatore corazzato, 5 incrociatori pesanti (e gli altri 2 finiti KO), e 6 incrociatori leggeri, più dozzine di unità leggere siluranti e quasi 90 sommergibili. Nessuna meraviglia che all'8 settembre ben poco restasse di operativo della Regia Marina, a parte il molto gelosamente custodito nucleo di navi da battaglia, salvo subire l'onta dell'affondamento dell'ammiraglia proprio il giorno dopo l'armistizio, mentre stava 'gloriosamente' fuggendo a Malta per consegnarsi ai britannici. Era quello il periodo in cui un celebre film di Sordi (Tutti a Casa) vedeva il suo personaggio dire al telefono che 'i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso'. I pochi e migliori mezzi corazzati italiani vennero distrutti o catturati nella battaglia di Roma, da forze tedesche largamente inferiori (e straniere, sopratutto). Nel mentre il Re e i capi militari erano in fuga, come nella Badoglieide (vedi alla voce Gufi..). C'era grossa confusione sotto al cielo.
Quanto ai velivoli italiani dell'epoca, da un lato erano frutto di progetti e concetti largamente originali (alle volte anche troppo), pur essendo sostanzialmente tradizionali nella formula. I motori, però, erano un problema non indifferente: per i caccia, gli unici motori che funzionarono bene furono gli A.74 e i DB-601/605 prodotti su licenza. Ma progetti nazionali E di potenza elevata furono un disastro dietro l'altro: i Piaggio P.XI e i Fiat A.80, classe 1.000 cv, funzionarono sempre male, sopratutto coi caccia; motori più potenti, come gli Alfa 135 e Piaggio P.XII, non furono mai totalmente a punto o quando lo furono, era troppo tardi, pur erogando potenze non eccezionali per l'epoca, sui 1.300-1.600 cv, quando oramai da altre parti (URSS, UK, Giappone, Germania) si stava viaggiando verso i 2.000. Peggio che mai, praticamente tutti i motori italiani erano oramai versioni più o meno migliorate di progetti stranieri, dopo l'abbandono dei tipi promettenti fatti in casa, come i 'lineari' dei CR.32. Anche se la propaganda fascista evitava di parlarne, motori come i Piaggio, gli Alfa e persino i Fiat A.74, erano effettivamente derivati più o meno elaborati di modelli stranieri, finché in mancanza di qualche parvenza autarchica funzionale, si decise di dover gettare la maschera e adottare i DB-601 tedeschi, che coincisero con il miglior periodo per la caccia italiana, visto che si infilavano perfettamente nelle avviatissime (e anche troppo elaborate) linee tipiche dei caccia italiani.
Questo vizietto di rivolgersi all'industria motoristica estera, così come largamente anche per quanto riguarda gli armamenti più sofisticati, resterà tale e quale anche nel dopoguerra, dove al massimo l'industria italiana farà parte di consorzi, ma mai avrà luogo uno sviluppo autarchico di un motore interamente nazionale, a differenza di Francia e Gran Bretagna. Anche la Svezia avrà questo problema, ma almeno riuscirà a fare più dell'Italia, per esempio mettere un postbruciatore al Ghost e all'Avon, o trasformare il JTD-9 commerciale in un motore, l'RM-8, per caccia supersonici, è una cosa che merita non poca stima. La Germania, che paradossalmente ha dato origine al turbogetto moderno (assiale), è rimasta all'angolo, dato il dopoguerra, mentre altre nazioni (tra cui la Francia) beneficiavano delle sue conoscenze. Non sarebbe esagerato dire che il Mirage francese, al dunque, è una sorta di aereo Lippisch motorizzato con un BMW e armato con gli MG 213 evoluti. Ma questo, ad ogni modo, non lo rende meno francese di quanto non meriti di essere. E non c'é dubbio che la Germania, nel dopoguerra, sia stata opportunamente neutralizzata in termini aeronautici, costringendola a fare 'con gli altri' per ricostruire la propria industria e aeronautica.
Insomma, cosa si vuole dimostrare con questo wargame? In definitiva, bisogna fare una netta distinzione. In questo wargame verranno di fatto usate soltanto le armi di concezione nazionale.
La questione poteva anche essere disposta in maniera diversa, ovvero: cosa sarebbe successo se invece si fossero schierate solo le armi PRODOTTE da una certa nazione? Molto, come si vede, perché un conto è la capacità produttiva, e un altro è quella progettuale. E alcune nazioni eccellono in entrambe, altre si arrangiano ma falliscono almeno parzialmente nell'intento. Le distorsioni, rispetto ad una vera 'forza armata' sono innegabilmente elevate, spesso totalmente inverosimili. Ma è quello che mi prefiggo di dimostrare.
In tutti i casi, sia ben chiaro che stiamo parlando di armi prodotte nel periodo postbellico. Le regole le stabiliamo con un post successivo, sono belle lunghe, non c'é che dire. Ma è necessario che sia così, data la differenza nell'elaborare i casi singoli. Come vedrete, c'é lo spunto per parlare di un'enorme mole di informazioni che sono state via via scoperte tramite uno studio certosino dei singoli casi. Le conclusioni non sono univoche, ma è importante almeno provare a fare chiarezza. Del resto, basta vedere qualsiasi cosa complessa scritta da esseri umani, dal bugiardino di un farmaco, al regolamento di un condominio, per non parlare delle leggi e delle modifiche costituzionali (come il mitico art.70 riscritto dalla Boschi...). E' maledettamente difficile scrivere qualcosa al di sopra di ogni sospetto e polemica. Anzi, è impossibile. Diciamo che ho provato a fare qualcosa che fosse il più possibile a prova di un tipico Ghedini (= avvocato del Diavolo). Almeno ci ho provato.
I protagonisti
La classifica di potenza, numeri e capacità tra queste 5 nazioni cambia parecchio, come è facile capire. In particolare, mentre, come si vedrà, in un caso sono in testa UK e Francia, seguite da Svezia, Italia e Germania, nel secondo caso la situazione sarebbe diversa, purché... ovviamente si escludano le armi nucleari! Escluse queste (ma perché, a pensarci bene?), sarebbe invece una classifica che vedrebbe guadagnare posti a Italia e sopratutto, Germania (troppo penalizzata dalla scarsa 'originalità' dei suoi mezzi aerei), a scapito sopratutto della Svezia. Ma anche così, UK e Francia si disputerebbero il titolo di più potente tra i potenti (europei).
Per brevità si escludono altre nazioni, pure interessanti, come Spagna, Olanda, Yugoslavia, Cecoslovacchia, Belgio, Norvegia, Finlandia, Polonia, Romania, Svizzera e qualche altra, che tuttavia sono piuttosto indietro rispetto al potenziale di questi 5 'big'. E il confronto sarebbe troppo impari, di conseguenza.
Ecco i protagonisti, della versione europea di questo wargame, quello che mi interessa maggiormente:
Quanto all'Italia, ha ricominciato presto, grazie alle clausule armistiziali molto più morbide, a rialzare la testa con le sue industrie, specialmente con quella aeronautica. I suoi successi, arrivati nei tardi anni '50 e nel decennio successivo, sono ben noti: il G.91 e l'MB.326, più altri tipi minori, che peraltro sono ancora in produzione, come l'SF-260, il G-222 e l'A.109. Innumerevoli i prodotti su licenza, dall'F-104, ai cannoni Bofors L70, ai missili MILAN, agli elicotteri AB-204/412, i carri Leopard, le artiglierie M109, i blindati M113 ecc ecc. Questo è stato fatto mischiando i fornitori e prendendo il meglio che si poteva, dalla Germania, dagli USA, qualche volta dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Questo in attesa di progetti finalmente di un certo livello ma più o meno autarchici, che servissero ad aumentare ancora di più le esportazioni a nazioni di ogni sorta, senza veti degli USA. E questo con una nazione i cui produttori di armi si lamentavano di continuano della legislazione troppo 'restritittiva', che tuttavia non ha impedito di esportare armi ad ogni dittatore disponibile a comprarle, dalle giunte militari cilene, spagnole, argentine, greche, brasiliane, a nazioni sotto embarco come Israele e Sudafrica per guerre, apartheid ecc ecc. Non parliamo poi dell'incredibile quantità di elicotteri venduti alla Persia del dittatore Palevhi, o alla grande quantità di navi, missili, blindati, artiglierie e velivoli (inclusa una speciale versione del G-222) per l'altro noto filantropo Gheddafi. Come diceva Sordi nel film di cui sopra, insomma, 'finché c'é guerra c'é speranza'. Tutto questo, ovviamente, senza considerare il mercato interno, che è rimasto impervio a qualsiasi bando internazionale persino dopo l'entrata delle normative europee in merito, e forse non sarà un caso che tutti gli elicotteri comprati (in misura senza paragoni in Europa) da tutti i corpi governativi sono made in Agusta. Bel modo di concepire l'Europa, ma solo quando ti conviene per poter fare concorrenza in casa d'altri. Oltre 10 anni fa questa situazione era stata sollevata dall'UE contro l'Italia, ma ovviamente non si è risaputo più nulla in merito.
Molto curata l'elettronica (a quanto pare, la dura lezione della guerra e della mancanza di radar, è servita), con importanti realizzazioni come radar di vario tipo, sensori IR, sistemi ECM e persino parecchi tipi di velivoli RPV sia recce che bersagli. Curatissima, come sempre, la cantieristica, che già da dopo Lissa era sospinta da una Marina mai soddisfatta dell'eccellenza, ma sempre propensa -non importa a quale 'costo', ovviamente- ad ottenere il 'meglio'. Era così con le corazzate Duilio (che inizialmente dovevano avere cannoni da 320 mm in un'epoca in cui era normale il 305, ma per 'timore' che qualcuno ce li avesse più grossi, finirono per avere i 450 mm, rimasti per decenni il calibro più grosso sistemato su di una nave), è stato così per le Littorio, per tutte le flottiglie di cacciatorpediniere, torpediniere, sommergibili, incrociatori, con sistemi di tiro elaboratissimi, cannoni ad alta velocità iniziale, motori potentissimi ecc ecc. Basti pensare in tempi recenti alla realizzazione delle Lupo, Maestrale, Audace, e De La Penne. Questi ultimi hanno avuto 2 batterie di cannoni diversi, 3 batterie lanciamissili, 2 lanciasiluri, 2 elicotteri, 11 radar (1 scoperta 2D, 1 scoperta 3D, 1 scoperta media quota, 1 scoperta bassa quota e superficie, 1 navigazione, 6 di controllo tiro) e 2 sonar. Costo? 749 miliardi al pezzo, ma vuoi mettere la soddisfazione di avere 'compattato' ben 3 cannoni e un lanciamissili in 20 metri di prua (quando una nave della stessa categoria lì ha 1-2 armi al massimo)? E che importa se poi si fosse ottenuta una protezione più che dignitosa (visto che sono armi qualitativamente potentissime), anche montando che so, soltanto 2 cannoni o 1 e un lanciamissili? Questo tanto per dire (la zona poppiera dell'hangar: 1 cannone, 2 elicotteri e il lanciamissili). A quanto pare, i risparmi erano contemplati solo nel fare le navi (non necessariamente) più piccole rispetto al dovuto, anche se era proprio l'acciaio che costava di meno. Con la recente legge navale, la 'festa' continua, e le FREMM, che erano calate giustamente a soltanto 6, sono ritornate prima 8 e poi a 10 esemplari, tutte quelle pianificate all'inizio, mentre i nostri patner francesi sono scesi da 17 a 8, visto che ben si rendono conto che il mondo ha bisogno di qualcosa di più utile che farsi belli producendo tante fregate da un mezzo miliardo al pezzo. Nell'ultima finanziaria, hanno trovato i soldi per altre armi (fondi MISE) per un miliardo, ma poi hanno tagliato 50 milioni per la sanità dei tarantini. Vabbé, scusate la digressione, ma quannocevvò cevvò.
La Francia, uscita dalla guerra a pezzi, ci ha messo ancora di meno, dato il suo status di 'nazione vincitrice' della guerra, anche se ha sprecato tantissime risorse nelle guerre coloniali (orrende) che ha combattuto (perdendo). Però ha riformato la sua industria e lo ha fatto con uno spirito d'indipendenza che non ha avuto eguali in Europa, producendo e progettando praticamente tutto quel che le serviva, dalle armi atomiche ai missili aria-aria (anche se spesso con inevitabili iniezioni di tecnologie estere, sia tedesche che 'alleate'). Poi si è rivolta anch'essa, a causa dei costi sempre maggiori, alle collaborazioni internazionali, con l'Italia, la Germania e la Gran Bretagna. Però è la nazione che ha mantenuto più a lungo, anche con l'esplosione della globalizzazione del dopo-guerra fredda, la sua indipendenza, anche se l'ha pagata a caro prezzo (vedi i Rafale, efficaci ma costosi). Particolarmente degni di nota: il prodigioso proliferare delle sue famiglie di missili, come gli ENTAC, SS-10, SS-11, AS-12, AS-20, AS-30 ecc ecc; i caccia Mirage; gli elicotteri di vario tipo, specie gli Alouette II/III; e blindati leggeri per ogni necessità, alcuni dei quali aventi nondimento la potenza di fuoco di un carro armato vero. Anche l'elettronica è stata molto curata, e buoni risultati sono stati ottenuti con l'industria navale, incluse unità nucleari.
Il nucleare è stata decisamente la maggiore scommessa dei francesi, con la Force de Frappe, che si è permessa addirittura di schierare una TRIADE di armi, come solo le superpotenze hanno osato fare. Mica male, ma in questo wargame... per le armi atomiche non c'é posto (sigh).
La Gran Bretagna, uscita vincitrice ma impoverita dalla guerra, ha dovuto poi lottare a lungo per il suo impero coloniale, perdendolo, ma in maniera molto più scaltra e onorevole di quanto abbia fatto la Francia. Ha avuto una grandissima produzione di aerei validi, ma ha stentato moltissimo a trovare un mercato, sopratutto per la concorrenza degli americani. Anche così non si spiega come sia stato possibile il sostanziale fallimento di aerei validi come il Belfast o il VC-10. Assieme alla Francia è arrivata persino prima degli americani nel campo dei trasporti supersonici. Ha avuto successo sopratutto nei primi 10-15 anni del dopoguerra, con macchine come Vampire, Venom, Hunter, Meteor, per poi rallentare e rivolgersi a mezzi più piccoli come l'Hawk, o coproduzioni come Jaguar, Concorde e Tornado. Come elicotteri ha rifatto più che altro versioni migliorate di mezzi americani, ma i suoi progetti hanno avuto poco successo commerciale anche quando validi. Moltissimi i mezzi corazzati, spesso di tipo pesante, prodotti, meno le artiglierie, ma in ogni caso segnando un progressivo calo di successi produttivi ed economici. Anche qui curata l'elettronica, ma non quanto in Francia, e il deterrente nucleare, meno i missili balistici (i cui progetti erano nondimeno stati approntati!).
Germania? Ottima per i mezzi corazzati (Leopard 1/Leopard 2, Marder, Luchs), meno per le artiglierie (per lo più prodotte su licenza, ma vanno anche ricordati i razzi LARS, che ne hanno fatto forse l'unica nazione NATO, per qualche decennio, ad avere degli MLR in servizio in quantità apprezzabile), buona per elicotteri e velivoli leggeri, pressoché nulla per velivoli di sua concezione, ma con una produzione internazione importante, dato che l'F-104G si chiama così perché è la Germania la nazione guida del progetto. Buona la cantieristica, con un dominio chiaro nel campo dei sottomarini convenzionali, che progressivamente hanno scalzato tutti i concorrenti olandesi, francesi, inglesi, svedesi e italiani. Discreta anche l'elettronica, buoni i sistemi a.a. con punte d'eccellenza come i Gepard.
Svezia: piccolo gioiello nordico, per difendere la sua neutralità ha fatto ancora più sforzi della Svizzera. Ha ottenuto molto: i cannoni L70, che sono un degno successore, in realtà ampiamente rinnovato, dell'L60 precedente; i missili RBS-70, i Bantam, i BILL, una vasta gamma di artiglierie trainate e semoventi di grosso calibro, da 120 e 155 mm, una discreta marina con mezzi piccoli ma molto ben realizzati, un'ottima industria elettronica e una grande industria aviatoria, che peraltro non si è mai cimentata nella produzione di elicotteri, almeno non di sua progettazione. Nell'insieme tiene bene il campo e si è caratterizzata anche per innovazioni notevoli: il J29 Tunnan è stato il primo jet a freccia (concepito come tale) in Europa, il Viggen è stato il primo vero caccia multiruolo concepito in maniera modulare fin dall'inizio, il carro S è un gioiellino rimasto unico a tutt'oggi.
Dunque, cosa si può dedurre da questo wargame, chi sono i partecipanti, cosa usano e perché, cosa c'é dietro a questa logica.
Essenzialmente, si tratta di un gioco che premia chi è più 'originale', chi fa maggiore sforzo non tanto produttivo, ma in termini di inventiva. Infatti, sono accettate le armi sia di produzione nazionale, sia prodotte all'estero su licenza, purché le armi in parola siano nazionali e corrispondano a tante altre condizioni, che poi vedremo. Questo per evidenziare come anche una nazione di enorme successo di vendite di armi come l'Italia sia, in realtà, stata per lungo tempo dipendente in larga misura dall'estero per le tecnologie fondamentali delle sue realizzazioni. Pensate un pò cosa significhi avere o non avere, nel proprio arsenale, circa 1.000 carri M60 e Leopard e 5.000 M113, tanto per dire qualche cifra, o circa 400 F-104 per il settore aeronautico, o innumerabili elicotteri americani prodotti su licenza (4.000?). L'Italia, in altre parole, ha prodotto moltissimo, ma spesso si è trattato di modelli su licenza, magari debitamente migliorati, ma pur sempre prodotti su licenza.
Non solo, ma a differenza di Francia e anche Gran Bretagna, anche le armi di bordo e i motori sono stati essenzialmente prodotti su licenza o acquistati direttamente: basti pensare ai G.91R (B.Orpheus), T (idem), Y (GE. J85), Macchi 326 (RR. Viper), 339 (idem), AMX (RR. Spey), A.129 (RR. Gem) e così via.
Altri casi specifici, sono quelli delle progettazioni: lo stesso G.91 non è chiamato 'piccolo Sabre' per nulla. L'SM.1019 è la riprogettazione dell'O-1 con motore a turbina, e così via, fino al Tornado, in cui l'Italia deteneva inizialmente almeno solo il 15% dello share (e il 20 nel consorzio MTU per la produzione dell'RB.199), o l'AMX in cui se non altro l'Italia è maggioritaria, avendo uno share di circa il 77%.
Per le armi di bordo, si tratta di AN/M3 e M61 Vulcan, nonché dei DEFA francesi, o anche altri tipi, ma in nessun caso sono armi italiane. Idem per i missili aria-aria e ASM vari, nonché per molti tipi di razzi e bombe.
MA, anche tutto questo, non sarebbe comunque sufficiente per escludere, per esempio, gli aerei italiani (e svedesi) dalla competizione. Certo che in un mondo ideale, bisognerebbe stabilire qualche forma di compensazione per cui ha motori/armi originali e chi non li ha, penalizzando i secondi o avvantaggiando i primi. La questione è aperta, e ancora più aperta è la faccenda scottante delle armi nucleari.
Per adesso lascio sospesa la questione, ma poi eventualmente ci si può tornare.
Questo tipo di wargame è qualcosa che molto probabilmente non è stato mai visto o letto da nessun altro, perché è diverso da quelli fatti da chiunque altro.
ATTENZIONE: questo non è un wargame come tutti gli altri... ma proprio no. E' infatti uno scontro non tra forze militari reali, ma tra il potenziale bellico nazionale di ciascuna nazione.
INTRODUZIONE
Cosa si intende fare con questo tipo di wargame?
E' una cosa che mi ha sempre intrigato. Voglio dire, tutte queste notizie sulla produzione di armi italiane e i successi export, balzando in testa alle classifiche di vendita davanti a potenze ben più 'tradizionali' dell'Italia. Un popolo di geni, e va beh. Ma come misurare questo successo? Per esempio, come ho deciso di fare in questo wargame.
IN sostanza, si cerca di stabilire non la forza effettiva tra le nazioni o le armate delle stesse, ma si cerca piuttosto di capire un'altra cosa di tutto genere. Tante volte si sente parlare di armi e sistemi d'arma anche molto sofisticati. E come saprete, l'Italia è uno dei maggiori esportatori di armi a livello mondiale. E non da adesso: già nei primi anni '80 eravamo attorno al 4o posto, dietro URSS, USA e Francia, ma davanti ad UK, Germania Ovest, Cina e tanti altri.
Forse la cosa non dovrebbe stupire, certo non chi ha visto quel vecchio film di Sordi, ovvero 'Finché c'é guerra c'é speranza'. Perché, in verità, dagli anni '60 in poi, era davvero così: chiunque chiedeva armi, le otteneva. Non importa se fosse un nemico potenziale, se come Gheddafi, ad un certo punto potesse anche lanciarcele contro. L'importante era fare businness.
E non si creda che questo fosse un vizietto italiano soltanto del boom economico, tutt'altro. E' dalla notte dei tempi che l'Italia esporta armi. Era così nel periodo interguerra, con una vastissima produzione di aerei, navi, carri armati, artiglierie e quant'altro, che si potevano trovare in Irak come in Cina, come in Argentina. E prima ancora della Grande Guerra, l'Italia ebbe notorietà internazionale perché, pur arrancando un pò nella flotta mercantile d'altura, produsse con successo degli incrociatori corazzati che ebbero numerosi clienti, basati su di una classe dal nome appropriato, il Giuseppe Garibaldi, che come è noto, era l'Eroe dei due mondi. Possiamo tornare indietro a prima dell'Unità e abbiamo armieri e ingegneri italiani o meglio, italici (perché insistere a chiamare 'italiani' persone che provenivano da quella che per dirla col Metternich, era un' espressione geografica'?), che vendevano armi, corazze, invenzioni varie, a tutta Europa. Poi abbiamo, più indietro ancora, i Romani, ma quelli non erano proprio 'italiani' in nessun senso, anche se sono i nostri diretti antenati. Del resto nemmeno gli antichi Egizi sono uguali agli egiziani attuali, idem per i Galli, per gli Ellenici ecc ecc.
Ma indubbiamente, l'attitudine e l'ingegno romano/italico/etrusco/italiano o come volete, è sempre rimasto in tutti i campi, perché dopotutto noi siamo il popolo di 'poeti, navigatori e santi... ma tanti tanti'. Ed abbiamo anche la fabbrica d'armi più antica e forse più rinomata del mondo (la Beretta). Purtroppo, nemmeno in questa parte delle scoperte ci siamo fatti mancare nulla, anche se i carri armati e gli elicotteri, o le macchine sottomarine di Leopardo e altri rinascimentali meno noti, fanno notizia per le intuizioni, ma molto meno per l'efficacia pratica (provate ad immaginare di azionare un carro armato... a manovella, per capirci: tanto vale usare un carro senza fondo e spingere con le gambe...).
Adesso, però, siamo nel XXI secolo. Che però a me non interessa. Devo dire che l'Italia, da dopo l'Unità, è stata certamente consapevole del decadimento che in circa 200 anni l'aveva colpita, dal Rinascimento in poi, a vantaggio di altre nazioni che, complice la macchina a vapore e grandi quantità di ottimo carbone disponibile, riuscirono a realizzare un'industria finalmente sviluppata (purtroppo per la vita sulla Terra, a dire il vero!). Questa Rivoluzione industriale, oltre alla precedente scoperta delle Americhe (propiziata proprio... da italiani), mise all'angolo l'Italia, che era stata fino ad allora privilegiata, in quanto rappresentava un ponte naturale nel Mediterraneo, tra Europa e resto del mondo, con grandi benefici per i commerci e la ricchezza di una terra già bellissima, dal clima mite, fertile, con abbastanza acqua, e assai popolata (certo molto più della Gran Bretagna, per esempio).
Dopo l'Unificazione, però, la visione militarista dei Piemontesi forgiò il nuovo stato, bellicoso e voglioso di ritagliarsi un posto al Sole, così come altre nazioni stavano facendo all'epoca (i nostri... futuri compagni dell'Asse, ovvero Germania/Prussia, e Giappone), nonché di espandersi, sia 'liberando i fratelli irredenti' ad Est, che ingrandendosi in Africa. L'Italietta bellicista non si fece mancare nulla, nemmeno prima della nascita ufficiale, come la partecipazione piemontese a fianco dei 'potenti' dell'epoca, Francesi e Inglesi, contro i Russi in Crimea (altra costante della politica italiana, quest'attitudine a farsi truppa cammellata o ascaro del potente di turno). Poi fu la volta dell'aggressiva politica africana, spesso pagata a caro prezzo, come a Dogali, e sopratututto ad Adua. Se poi in certe situazioni la retorica eroistica e patriottarda riuscirà ad indorare la pillola, come a Dogali, in altre, come ad Adua, il peggior scacco subito dagli europei in Africa, ben poco ci sarà d fare. Questa 'tradizione mediatica' avrà anch'essa una lunga tradizione, trasformando per default tutti i soldati italiani in eroi, nascondendo crimini ed errori, rifugiandosi dietro le figure 'virtuose' alla Enrico Toti e accampando scuse più o meno credibili per i disastri come Caporetto o Tobruk, fino ad arrivare ad asserire, con certi autori di avere niente di meno che 'vinto' ad El Alamein (se vogliamo metterla da un punto di vista morale, si può anche capire, ma allora i giapponesi che si facevano ammazzare fino all'ultimo per difendere Iwo Jima, cosa dovevano fare, marciare su Washington?).
Per cui, l'opportunismo italiano, nel cambiare alleanze (vedi le guerre mondiali), nel cercare ora l'uno e ora l'altro 'alleato forte' a cui affidare la perpetuazione del potere costituito ('Franza o Spagna...' niente di nuovo pure per i discendenti di chi, una volta, dominò il mondo conosciuto...), nel trarre il massimo insegnamento da ogni cosa e nel perseguire i propri fini di potenza militare e industriale, è qualcosa di alquanto desolante dal punto di vista morale, e assai interessante dal punto di vista tecnico e operativo.
Inizialmente, per recuperare l'evidente gap, la tecnologia bellica nazionale si affidò in massa ai paesi guida della situazione; la RM guardava con interesse alla RN (e come avrebbe potuto non essere così, del resto?) e ne seguiva gli sviluppi, cercando addirittura di anticiparli, come con i progetti delle super-corazzate di B.Brin, che tuttavia, pur minacciando anche la 'terra irredenta' Malta, erano stati realizzati soltanto con i cannoni e le macchine inglesi, e le corazze d'acciaio francesi, ovvero con i potenziali nemici a fare da fornitori! E la libertaria Inghilterra che fece, bloccò le vendite? Macché, già che c'era non trovò di meglio che comprarsi 4 cannoni praticamente uguali a quelli venduti agli italiani, piazzandoli a Malta e a Gibilterra! Del resto, è successo qualcosa di simile anche 100 anni dopo con l'Argentina, ma questa è un'altra storia.
Le artiglierie erano prevalentemente di progetto inglese quando navali, francese e anche tedesco quando terrestri. L'Italia, praticamente, fino al 1918 produsse solo pochissimi progetti effettivamente 'suoi', e con i residuati bellici della Grande Guerra ci campò per decenni ulteriori, senza rinnovare il suo parco artiglierie.
Appena prima, e durante la II GM la situazione era diversa, se non altro l'Italia produceva progetti propri della maggior parte delle armi necessarie. Spesso si trattava di progetti di assoluta eccellenza, specialmente le artiglierie di ogni calibro, dal 20 al 381 mm, di molti tipi di aerei -singolarmente robusti e veloci per la potenza installata- e di navi straordinariamente veloci (anche a costo di dotarle di costosissimi apparati motori e di fargli fare le prove senza nemmeno le armi a bordo, che la R.M. non poteva essere certo da meno dell'Aeronautica), perché all'epoca c'era il mito della velocità come programma futurista per una nazione sviluppata e almeno pari alle altre (che invece, curavano molto meno il folklore e pensavano meno ai fronzoli), e l'Italia era prodigiosa in questo. Aveva corridori sportivi di ogni tipo, dai Nuvolari ai Bartali, aveva i treni veloci già allora, aveva le auto sportive, gli aerei che macinavano oltre 100 record, le navi che passavano 40 nodi... mai prima si vide così tanta attenzione per il glamour, e mai più dopo. Dell'impresa del REX, peraltro battuta dopo qualche anno da altre navi straniere ancora più grandi e prestigiose, ne conserviamo memoria addirittura con una nota birra.
Era tutto oro quel che luccicava? NO. E' proprio l'applicazione del contrappasso dantesco. Tanta gloria, e poi tante delusioni. Tutte quelle risorse per le imprese alla Balbo, per la Coppa Schneider e così via, sarebbero state meglio spese forse, se si fosse fatta attenzione a quello che era lo strumento militare, adeguato a metà anni '30, ma poi progressivamente obsoleto mentre gli 'altri' si riarmavano per davvero. E curiosamente, durante la guerra, l'Italia riuscì a produrre persino MENO di quel che produceva in tempo di pace, fenomeno unico nella Storia moderna, per quanto ne so. Battemmo (sic) la Francia, solo perché era oramai alle corde, ma la Gran Bretagna, con un pugno di uomini, tenne testa all'Italia in casa sua, per poi sbaragliarla con l'Operazione Compass, la peggiore disfatta militare italiana. Se non fosse stato per Rommel, la guerra in Africa sarebbe finita prima del 1942, e addio momenti di gloria, con gli italiani che dopo oltre un anno di guerra con gli inglesi riusciranno alfine a capire come si fa una guerra moderna, quando peraltro il tempo stava oramai scadendo. In tutta onestà, la boria e la vanagloria dell'Italietta mussoliniana, che pure era riuscita a farsi stimare e rispettare come mai prima di allora nel mondo, riceveva la paga che si meritava. E un regime dittttoriale e militarista (per quanto decisamente NON il peggiore dell'epoca), veniva ripagato della stessa moneta che amava elargire.
Le armi italiane erano prodotte a ritmi inferiori rispetto a quelle straniere; non propriamente bassissimi, ma inferiori, questo sì. E anche la qualità lasciava a desiderare, anche se c'erano eccezioni, peccato che solitamente erano inversamente proporzionali al numero prodotto (es. il Reggiane 2005). La cosa incredibile è che le produzioni belliche furono addirittura più inefficienti di quelle del periodo prebellico, caratteristica unica del panorama mondiale: pensate soltanto che degli oltre 1.200 SM.79, circa i 2/3 appaiono prodotti tra il 1936 e il giugno 1940, e questo era il nostro principale bombardiere! Durante tutto il periodo bellico, l'Italia riuscì a produrre 'ben' 1.500 bombardieri di vario tipo (tra cui presumibilmente circa 400 SM.79, 250 BR.20, 300 SM.84, 500+ Z.1007 e poco altro) e nel 1942 la produzione calò addirittura rispetto a quella dell'anno prima (circa 2.800 velivoli di tutti i tipi contro 3.500), malgrado l'assenza di pesanti bombardamenti aerei come avveniva in altre nazioni coinvolte in quel tragico conflitto. Qualcuno, evidentemente aveva sbagliato qualcosa, e di parecchio, anche. Idem per le navi: malgrado che negli anni '30 e fino al giugno 1940 la RM avesse introdotto in servizio circa 40 cacciatorpediniere, 12 incrociatori leggeri, 7 pesanti, 2 corazzate, più dozzine di torpediniere e sottomarini, realizzandone flottiglie intere in 1-2 anni di tempo... durante la guerra riuscirà a completare 'ben' 5 cacciatorpediniere, 2 incrociatori (leggerissimi) e 1 corazzata (già varata prima...). Questo mentre le perdite nel solo 1940 comportarono la distruzione di almeno 7 cacciatorpediniere, 2 torpediniere e 1 incrociatore leggero, solo considerando le navi principali perse negli scontri diretti dei primi 6 mesi di battaglie. I numerosi sottomarini ebbero circa 10 perdite nel primo mese di guerra, pur ottenendo qualche successo a loro volta (tra cui qualche nave trasporto, un caccia e un incrociatore); uno di essi, il Galilei, venne addirittura catturato e rimorchiato in porto da un piccolo bastimento inglese. Nel prosieguo della guerra sarebbero andati complessivamente perduti 1 incrociatore corazzato, 5 incrociatori pesanti (e gli altri 2 finiti KO), e 6 incrociatori leggeri, più dozzine di unità leggere siluranti e quasi 90 sommergibili. Nessuna meraviglia che all'8 settembre ben poco restasse di operativo della Regia Marina, a parte il molto gelosamente custodito nucleo di navi da battaglia, salvo subire l'onta dell'affondamento dell'ammiraglia proprio il giorno dopo l'armistizio, mentre stava 'gloriosamente' fuggendo a Malta per consegnarsi ai britannici. Era quello il periodo in cui un celebre film di Sordi (Tutti a Casa) vedeva il suo personaggio dire al telefono che 'i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso'. I pochi e migliori mezzi corazzati italiani vennero distrutti o catturati nella battaglia di Roma, da forze tedesche largamente inferiori (e straniere, sopratutto). Nel mentre il Re e i capi militari erano in fuga, come nella Badoglieide (vedi alla voce Gufi..). C'era grossa confusione sotto al cielo.
Quanto ai velivoli italiani dell'epoca, da un lato erano frutto di progetti e concetti largamente originali (alle volte anche troppo), pur essendo sostanzialmente tradizionali nella formula. I motori, però, erano un problema non indifferente: per i caccia, gli unici motori che funzionarono bene furono gli A.74 e i DB-601/605 prodotti su licenza. Ma progetti nazionali E di potenza elevata furono un disastro dietro l'altro: i Piaggio P.XI e i Fiat A.80, classe 1.000 cv, funzionarono sempre male, sopratutto coi caccia; motori più potenti, come gli Alfa 135 e Piaggio P.XII, non furono mai totalmente a punto o quando lo furono, era troppo tardi, pur erogando potenze non eccezionali per l'epoca, sui 1.300-1.600 cv, quando oramai da altre parti (URSS, UK, Giappone, Germania) si stava viaggiando verso i 2.000. Peggio che mai, praticamente tutti i motori italiani erano oramai versioni più o meno migliorate di progetti stranieri, dopo l'abbandono dei tipi promettenti fatti in casa, come i 'lineari' dei CR.32. Anche se la propaganda fascista evitava di parlarne, motori come i Piaggio, gli Alfa e persino i Fiat A.74, erano effettivamente derivati più o meno elaborati di modelli stranieri, finché in mancanza di qualche parvenza autarchica funzionale, si decise di dover gettare la maschera e adottare i DB-601 tedeschi, che coincisero con il miglior periodo per la caccia italiana, visto che si infilavano perfettamente nelle avviatissime (e anche troppo elaborate) linee tipiche dei caccia italiani.
Questo vizietto di rivolgersi all'industria motoristica estera, così come largamente anche per quanto riguarda gli armamenti più sofisticati, resterà tale e quale anche nel dopoguerra, dove al massimo l'industria italiana farà parte di consorzi, ma mai avrà luogo uno sviluppo autarchico di un motore interamente nazionale, a differenza di Francia e Gran Bretagna. Anche la Svezia avrà questo problema, ma almeno riuscirà a fare più dell'Italia, per esempio mettere un postbruciatore al Ghost e all'Avon, o trasformare il JTD-9 commerciale in un motore, l'RM-8, per caccia supersonici, è una cosa che merita non poca stima. La Germania, che paradossalmente ha dato origine al turbogetto moderno (assiale), è rimasta all'angolo, dato il dopoguerra, mentre altre nazioni (tra cui la Francia) beneficiavano delle sue conoscenze. Non sarebbe esagerato dire che il Mirage francese, al dunque, è una sorta di aereo Lippisch motorizzato con un BMW e armato con gli MG 213 evoluti. Ma questo, ad ogni modo, non lo rende meno francese di quanto non meriti di essere. E non c'é dubbio che la Germania, nel dopoguerra, sia stata opportunamente neutralizzata in termini aeronautici, costringendola a fare 'con gli altri' per ricostruire la propria industria e aeronautica.
Insomma, cosa si vuole dimostrare con questo wargame? In definitiva, bisogna fare una netta distinzione. In questo wargame verranno di fatto usate soltanto le armi di concezione nazionale.
La questione poteva anche essere disposta in maniera diversa, ovvero: cosa sarebbe successo se invece si fossero schierate solo le armi PRODOTTE da una certa nazione? Molto, come si vede, perché un conto è la capacità produttiva, e un altro è quella progettuale. E alcune nazioni eccellono in entrambe, altre si arrangiano ma falliscono almeno parzialmente nell'intento. Le distorsioni, rispetto ad una vera 'forza armata' sono innegabilmente elevate, spesso totalmente inverosimili. Ma è quello che mi prefiggo di dimostrare.
In tutti i casi, sia ben chiaro che stiamo parlando di armi prodotte nel periodo postbellico. Le regole le stabiliamo con un post successivo, sono belle lunghe, non c'é che dire. Ma è necessario che sia così, data la differenza nell'elaborare i casi singoli. Come vedrete, c'é lo spunto per parlare di un'enorme mole di informazioni che sono state via via scoperte tramite uno studio certosino dei singoli casi. Le conclusioni non sono univoche, ma è importante almeno provare a fare chiarezza. Del resto, basta vedere qualsiasi cosa complessa scritta da esseri umani, dal bugiardino di un farmaco, al regolamento di un condominio, per non parlare delle leggi e delle modifiche costituzionali (come il mitico art.70 riscritto dalla Boschi...). E' maledettamente difficile scrivere qualcosa al di sopra di ogni sospetto e polemica. Anzi, è impossibile. Diciamo che ho provato a fare qualcosa che fosse il più possibile a prova di un tipico Ghedini (= avvocato del Diavolo). Almeno ci ho provato.
I protagonisti
La classifica di potenza, numeri e capacità tra queste 5 nazioni cambia parecchio, come è facile capire. In particolare, mentre, come si vedrà, in un caso sono in testa UK e Francia, seguite da Svezia, Italia e Germania, nel secondo caso la situazione sarebbe diversa, purché... ovviamente si escludano le armi nucleari! Escluse queste (ma perché, a pensarci bene?), sarebbe invece una classifica che vedrebbe guadagnare posti a Italia e sopratutto, Germania (troppo penalizzata dalla scarsa 'originalità' dei suoi mezzi aerei), a scapito sopratutto della Svezia. Ma anche così, UK e Francia si disputerebbero il titolo di più potente tra i potenti (europei).
Per brevità si escludono altre nazioni, pure interessanti, come Spagna, Olanda, Yugoslavia, Cecoslovacchia, Belgio, Norvegia, Finlandia, Polonia, Romania, Svizzera e qualche altra, che tuttavia sono piuttosto indietro rispetto al potenziale di questi 5 'big'. E il confronto sarebbe troppo impari, di conseguenza.
Ecco i protagonisti, della versione europea di questo wargame, quello che mi interessa maggiormente:
Quanto all'Italia, ha ricominciato presto, grazie alle clausule armistiziali molto più morbide, a rialzare la testa con le sue industrie, specialmente con quella aeronautica. I suoi successi, arrivati nei tardi anni '50 e nel decennio successivo, sono ben noti: il G.91 e l'MB.326, più altri tipi minori, che peraltro sono ancora in produzione, come l'SF-260, il G-222 e l'A.109. Innumerevoli i prodotti su licenza, dall'F-104, ai cannoni Bofors L70, ai missili MILAN, agli elicotteri AB-204/412, i carri Leopard, le artiglierie M109, i blindati M113 ecc ecc. Questo è stato fatto mischiando i fornitori e prendendo il meglio che si poteva, dalla Germania, dagli USA, qualche volta dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Questo in attesa di progetti finalmente di un certo livello ma più o meno autarchici, che servissero ad aumentare ancora di più le esportazioni a nazioni di ogni sorta, senza veti degli USA. E questo con una nazione i cui produttori di armi si lamentavano di continuano della legislazione troppo 'restritittiva', che tuttavia non ha impedito di esportare armi ad ogni dittatore disponibile a comprarle, dalle giunte militari cilene, spagnole, argentine, greche, brasiliane, a nazioni sotto embarco come Israele e Sudafrica per guerre, apartheid ecc ecc. Non parliamo poi dell'incredibile quantità di elicotteri venduti alla Persia del dittatore Palevhi, o alla grande quantità di navi, missili, blindati, artiglierie e velivoli (inclusa una speciale versione del G-222) per l'altro noto filantropo Gheddafi. Come diceva Sordi nel film di cui sopra, insomma, 'finché c'é guerra c'é speranza'. Tutto questo, ovviamente, senza considerare il mercato interno, che è rimasto impervio a qualsiasi bando internazionale persino dopo l'entrata delle normative europee in merito, e forse non sarà un caso che tutti gli elicotteri comprati (in misura senza paragoni in Europa) da tutti i corpi governativi sono made in Agusta. Bel modo di concepire l'Europa, ma solo quando ti conviene per poter fare concorrenza in casa d'altri. Oltre 10 anni fa questa situazione era stata sollevata dall'UE contro l'Italia, ma ovviamente non si è risaputo più nulla in merito.
Molto curata l'elettronica (a quanto pare, la dura lezione della guerra e della mancanza di radar, è servita), con importanti realizzazioni come radar di vario tipo, sensori IR, sistemi ECM e persino parecchi tipi di velivoli RPV sia recce che bersagli. Curatissima, come sempre, la cantieristica, che già da dopo Lissa era sospinta da una Marina mai soddisfatta dell'eccellenza, ma sempre propensa -non importa a quale 'costo', ovviamente- ad ottenere il 'meglio'. Era così con le corazzate Duilio (che inizialmente dovevano avere cannoni da 320 mm in un'epoca in cui era normale il 305, ma per 'timore' che qualcuno ce li avesse più grossi, finirono per avere i 450 mm, rimasti per decenni il calibro più grosso sistemato su di una nave), è stato così per le Littorio, per tutte le flottiglie di cacciatorpediniere, torpediniere, sommergibili, incrociatori, con sistemi di tiro elaboratissimi, cannoni ad alta velocità iniziale, motori potentissimi ecc ecc. Basti pensare in tempi recenti alla realizzazione delle Lupo, Maestrale, Audace, e De La Penne. Questi ultimi hanno avuto 2 batterie di cannoni diversi, 3 batterie lanciamissili, 2 lanciasiluri, 2 elicotteri, 11 radar (1 scoperta 2D, 1 scoperta 3D, 1 scoperta media quota, 1 scoperta bassa quota e superficie, 1 navigazione, 6 di controllo tiro) e 2 sonar. Costo? 749 miliardi al pezzo, ma vuoi mettere la soddisfazione di avere 'compattato' ben 3 cannoni e un lanciamissili in 20 metri di prua (quando una nave della stessa categoria lì ha 1-2 armi al massimo)? E che importa se poi si fosse ottenuta una protezione più che dignitosa (visto che sono armi qualitativamente potentissime), anche montando che so, soltanto 2 cannoni o 1 e un lanciamissili? Questo tanto per dire (la zona poppiera dell'hangar: 1 cannone, 2 elicotteri e il lanciamissili). A quanto pare, i risparmi erano contemplati solo nel fare le navi (non necessariamente) più piccole rispetto al dovuto, anche se era proprio l'acciaio che costava di meno. Con la recente legge navale, la 'festa' continua, e le FREMM, che erano calate giustamente a soltanto 6, sono ritornate prima 8 e poi a 10 esemplari, tutte quelle pianificate all'inizio, mentre i nostri patner francesi sono scesi da 17 a 8, visto che ben si rendono conto che il mondo ha bisogno di qualcosa di più utile che farsi belli producendo tante fregate da un mezzo miliardo al pezzo. Nell'ultima finanziaria, hanno trovato i soldi per altre armi (fondi MISE) per un miliardo, ma poi hanno tagliato 50 milioni per la sanità dei tarantini. Vabbé, scusate la digressione, ma quannocevvò cevvò.
La Francia, uscita dalla guerra a pezzi, ci ha messo ancora di meno, dato il suo status di 'nazione vincitrice' della guerra, anche se ha sprecato tantissime risorse nelle guerre coloniali (orrende) che ha combattuto (perdendo). Però ha riformato la sua industria e lo ha fatto con uno spirito d'indipendenza che non ha avuto eguali in Europa, producendo e progettando praticamente tutto quel che le serviva, dalle armi atomiche ai missili aria-aria (anche se spesso con inevitabili iniezioni di tecnologie estere, sia tedesche che 'alleate'). Poi si è rivolta anch'essa, a causa dei costi sempre maggiori, alle collaborazioni internazionali, con l'Italia, la Germania e la Gran Bretagna. Però è la nazione che ha mantenuto più a lungo, anche con l'esplosione della globalizzazione del dopo-guerra fredda, la sua indipendenza, anche se l'ha pagata a caro prezzo (vedi i Rafale, efficaci ma costosi). Particolarmente degni di nota: il prodigioso proliferare delle sue famiglie di missili, come gli ENTAC, SS-10, SS-11, AS-12, AS-20, AS-30 ecc ecc; i caccia Mirage; gli elicotteri di vario tipo, specie gli Alouette II/III; e blindati leggeri per ogni necessità, alcuni dei quali aventi nondimento la potenza di fuoco di un carro armato vero. Anche l'elettronica è stata molto curata, e buoni risultati sono stati ottenuti con l'industria navale, incluse unità nucleari.
Il nucleare è stata decisamente la maggiore scommessa dei francesi, con la Force de Frappe, che si è permessa addirittura di schierare una TRIADE di armi, come solo le superpotenze hanno osato fare. Mica male, ma in questo wargame... per le armi atomiche non c'é posto (sigh).
La Gran Bretagna, uscita vincitrice ma impoverita dalla guerra, ha dovuto poi lottare a lungo per il suo impero coloniale, perdendolo, ma in maniera molto più scaltra e onorevole di quanto abbia fatto la Francia. Ha avuto una grandissima produzione di aerei validi, ma ha stentato moltissimo a trovare un mercato, sopratutto per la concorrenza degli americani. Anche così non si spiega come sia stato possibile il sostanziale fallimento di aerei validi come il Belfast o il VC-10. Assieme alla Francia è arrivata persino prima degli americani nel campo dei trasporti supersonici. Ha avuto successo sopratutto nei primi 10-15 anni del dopoguerra, con macchine come Vampire, Venom, Hunter, Meteor, per poi rallentare e rivolgersi a mezzi più piccoli come l'Hawk, o coproduzioni come Jaguar, Concorde e Tornado. Come elicotteri ha rifatto più che altro versioni migliorate di mezzi americani, ma i suoi progetti hanno avuto poco successo commerciale anche quando validi. Moltissimi i mezzi corazzati, spesso di tipo pesante, prodotti, meno le artiglierie, ma in ogni caso segnando un progressivo calo di successi produttivi ed economici. Anche qui curata l'elettronica, ma non quanto in Francia, e il deterrente nucleare, meno i missili balistici (i cui progetti erano nondimeno stati approntati!).
Germania? Ottima per i mezzi corazzati (Leopard 1/Leopard 2, Marder, Luchs), meno per le artiglierie (per lo più prodotte su licenza, ma vanno anche ricordati i razzi LARS, che ne hanno fatto forse l'unica nazione NATO, per qualche decennio, ad avere degli MLR in servizio in quantità apprezzabile), buona per elicotteri e velivoli leggeri, pressoché nulla per velivoli di sua concezione, ma con una produzione internazione importante, dato che l'F-104G si chiama così perché è la Germania la nazione guida del progetto. Buona la cantieristica, con un dominio chiaro nel campo dei sottomarini convenzionali, che progressivamente hanno scalzato tutti i concorrenti olandesi, francesi, inglesi, svedesi e italiani. Discreta anche l'elettronica, buoni i sistemi a.a. con punte d'eccellenza come i Gepard.
Svezia: piccolo gioiello nordico, per difendere la sua neutralità ha fatto ancora più sforzi della Svizzera. Ha ottenuto molto: i cannoni L70, che sono un degno successore, in realtà ampiamente rinnovato, dell'L60 precedente; i missili RBS-70, i Bantam, i BILL, una vasta gamma di artiglierie trainate e semoventi di grosso calibro, da 120 e 155 mm, una discreta marina con mezzi piccoli ma molto ben realizzati, un'ottima industria elettronica e una grande industria aviatoria, che peraltro non si è mai cimentata nella produzione di elicotteri, almeno non di sua progettazione. Nell'insieme tiene bene il campo e si è caratterizzata anche per innovazioni notevoli: il J29 Tunnan è stato il primo jet a freccia (concepito come tale) in Europa, il Viggen è stato il primo vero caccia multiruolo concepito in maniera modulare fin dall'inizio, il carro S è un gioiellino rimasto unico a tutt'oggi.
Dunque, cosa si può dedurre da questo wargame, chi sono i partecipanti, cosa usano e perché, cosa c'é dietro a questa logica.
Essenzialmente, si tratta di un gioco che premia chi è più 'originale', chi fa maggiore sforzo non tanto produttivo, ma in termini di inventiva. Infatti, sono accettate le armi sia di produzione nazionale, sia prodotte all'estero su licenza, purché le armi in parola siano nazionali e corrispondano a tante altre condizioni, che poi vedremo. Questo per evidenziare come anche una nazione di enorme successo di vendite di armi come l'Italia sia, in realtà, stata per lungo tempo dipendente in larga misura dall'estero per le tecnologie fondamentali delle sue realizzazioni. Pensate un pò cosa significhi avere o non avere, nel proprio arsenale, circa 1.000 carri M60 e Leopard e 5.000 M113, tanto per dire qualche cifra, o circa 400 F-104 per il settore aeronautico, o innumerabili elicotteri americani prodotti su licenza (4.000?). L'Italia, in altre parole, ha prodotto moltissimo, ma spesso si è trattato di modelli su licenza, magari debitamente migliorati, ma pur sempre prodotti su licenza.
Non solo, ma a differenza di Francia e anche Gran Bretagna, anche le armi di bordo e i motori sono stati essenzialmente prodotti su licenza o acquistati direttamente: basti pensare ai G.91R (B.Orpheus), T (idem), Y (GE. J85), Macchi 326 (RR. Viper), 339 (idem), AMX (RR. Spey), A.129 (RR. Gem) e così via.
Altri casi specifici, sono quelli delle progettazioni: lo stesso G.91 non è chiamato 'piccolo Sabre' per nulla. L'SM.1019 è la riprogettazione dell'O-1 con motore a turbina, e così via, fino al Tornado, in cui l'Italia deteneva inizialmente almeno solo il 15% dello share (e il 20 nel consorzio MTU per la produzione dell'RB.199), o l'AMX in cui se non altro l'Italia è maggioritaria, avendo uno share di circa il 77%.
Per le armi di bordo, si tratta di AN/M3 e M61 Vulcan, nonché dei DEFA francesi, o anche altri tipi, ma in nessun caso sono armi italiane. Idem per i missili aria-aria e ASM vari, nonché per molti tipi di razzi e bombe.
MA, anche tutto questo, non sarebbe comunque sufficiente per escludere, per esempio, gli aerei italiani (e svedesi) dalla competizione. Certo che in un mondo ideale, bisognerebbe stabilire qualche forma di compensazione per cui ha motori/armi originali e chi non li ha, penalizzando i secondi o avvantaggiando i primi. La questione è aperta, e ancora più aperta è la faccenda scottante delle armi nucleari.
Per adesso lascio sospesa la questione, ma poi eventualmente ci si può tornare.