Specchio specchio delle mie brame... chi è il cannone più forte del reame? 30-8-17
L'Ansaldo da 90/53 contestualizzato con gli altri, e in particolare, con l'88 tedesco.
Quando in Italia si dice 'un pezzo da novanta' si capisce subito che è qualcuno che conta molto. Non è molto chiaro però cosa significhi 'da novanta'. Da novanta cosa? Chili? Lire? Euro? 1 metro e 90? No, affatto. Da 90 millimetri, dicono gli esperti di armi storiche.
Ma anche gli esperti di armi storiche, poi possono o dovrebbero chiedersi: quale pezzo da 90?
Perché in Italia ne abbiamo avuti un bel pò. Naturamente la memoria degli appassionati va a cercare il pezzo Ansaldo da 90/53, ma questa è una risposta non necessariamente completa e vera.
Infatti, anzitutto il 90/53 NON è l'unico 'pezzo da novanta' italiano.
Prima ancora, c'era anche un poco noto pezzo da 90/42 Skoda, che tra l'altro, per quanto poco impiegato, ha dato anche le prime munizioni al cannonissimo italiano. Infatti inizialmente aveva una munizione da 90 'non autarchica' che infatti era solo semiperforante e non una perforante totale come poi è avvenuto. Da qui la prestazione 'sub-standard' di 100 mm a 90° a 500 m (oppure 80 mm a 60°), oppure 80 mm a 1500 m (o 60 mm a 60°). In seguito è arrivata la munizione perforante da 12,1+ kg che perforava 100 mm a 1 km (forse, dico forse, a 60°).
Ma sopratutto, poi, dopo la II GM, c'é stato il cannone americano da 90/50. Appena leggermente meno potente e forse meno preciso dell'arma italiana, ma più moderno ancora, con tutte le sue attrezzature di controllo e tiro. Non solo come arma antiaerea, ma anche come cannone per i diffusissimi carri armati M47, che l'Italia ebbe in quantità assolutamente record, tanto da accumularne ben 2.500 circa, sui 9.000 prodotti.
E questo mentre l'Ansaldo da 90 è stato prodotto, probabilmente, in circa 1600-1800 esemplari.
Però il 'pezzo da 90' è probabilmente derivato solo, come definizione classica, all'arma italiana. Probabilmente questo è dovuto al fatto che essa era usata in massa, dopo il 1940, per la difesa delle città italiane dalle incursioni aeree. Ovviamente la propaganda non avrà mancato di farsi sentire con il cannonissimo Ansaldo, vendendolo come protezione dalla perfida Albione, lo 'scudo spaziale' dell'epoca.
Il fatto che fosse solo propaganda, non contava molto.
Eppure, anche ai tempi attuali, un autore di grosso calibro come il buon'anima Pignato ha scritto ripetutamente che questo cannone fosse considerato il miglior pezzo antiaereo pesante della II GM schierato da TUTTI i belligeranti.
Ora, che anche all'estero questo cannone era ben considerato è certo; ma che esso fosse considerato addirittura 'superiore' è un altro discorso. Falso, oltretutto. E vediamo il perché.
Non starò a dilungarmi sui particolari tecnici che possono o meno sostanziare quest'affermazione sull'arma italiana, ma preferisco fare le differenze con le altre e trarne le valutazioni.
Comunque sia, una breve descrizione, il Krupp da 88 mm, se la merita:
Il cannone Krupp da 88 mm era in realtà nato già ai tempi della Grande Guerra, tanto che artiglierie di questo calibro erano già diffuse nella marina tedesca, e vennero presto, dal 1917 in poi, costruite come armi a.a. pesanti dalla Krupp e dall'allora Erhardt (oggi Rheinmetall).
Nel primo dopoguerra, dato il trattato di Versailles, la Germania mandò i tecnici in Svezia, dove d'accordo con la Bofors, svilupparono un cannone da 75 mm, che però venne rifiutato dall'esercito. Sviluppato in calibro maggiore, ovvero ancora una volta, da 88 mm, esso diventò presto un'arma di sicuro affidamento. Nel 1933, quando la Germania ebbe (purtroppo!) Hitler al potere, denunciò il Trattato di Versailles, e a quel punto già i cannoni da 88 fluivano numerosi dalle linee di produzione.
Anzitutto venne creato il Flak 18, che però era costituito da un solo pezzo per l'intera canna. Questa, del resto era una cosa che aveva in comune anche con il cannone da 90. Ma già con il Flak 36 venne cambiato il sistema di costruzione con sezioni separate, potendo così sostituire quella più vicina alla culatta e più soggetta ad usura. Poi arrivò il Mod 37 (Flak 37) con modalità essenzialmente di cannone da difesa aerea per obiettivi fissi e strategici. Non si deve pensare che fossero modelli incompatibili tra di loro, tanto che saranno spesso 'mischiati' nelle loro varie versioni e componenti.
La canna era lunga, complessivamente, 53 calibri (e non 55 o 56), otturatore orizzontale semiautomatico con una molla messa in tensione dal rinculo del cannone stesso al momento del fuoco. Quanto all'affusto, esso era a crociera su piedistallo assai alto onde permettere che l'otturatore funzionasse anche alla massima elevazione. Benché il sistema a crociera fosse peggiore di quelli convenzionali come altezza, baricentro, messa in batteria, era capace di funzionare al meglio e di garantire rapidi puntamenti sui 360°.
Il peso dell'intera arma in batteria era di soli 4985 kg, e la lunghezza della canna di 4,664 m. Esisteva anche una scudatura di protezione.
I proiettili erano sparabili fino a 15-20 colpi al minuto ed erano del tipo fisso; pesavano 10,4 kg per il tipo HE, o 9,2 kg perforante per velocità di 820 m/sec. Gittata massima di 9.900 metri, pratica 8.000 metri, massima sull'orizzonte 14.800 m, tiro diretto 3.000 m.
Il Flak 36 aveva altre modifiche oltre la canna su più pezzi, anche l'affusto era migliorato, i carrelli di trasporto erano a ruote doppie e potevano muoversi sia in avanti che indietro senza alcuna differenza. La canna era adesso addirittura in tre sezioni, con manicotto esterno.
Esistette anche un Flak 36/41 con canna del Flak 41 su affusto del Flak 36, perché i cannoni avevano superato, nel 1942, la produzione dei sofisticati e pesanti affusti. Nel Flak 37 la canna ritornò ai due pezzi originari. L'attrezzatura del tiro a.a. era elettromeccanico con cariche ad orologeria e 4 cannoni per centrale di tiro con graduatori delle spolette.
Poi c'era il Flak 41, che era stato ibridato anche con il Flak 36 e 37. Il Flak 41 aveva fatto la sua comparsa nel 1941 per migliorare le prestazioni a.a. e aveva anche sistemi di rinculo e recupero migliorati, culla orizzontale e piedistallo sostituito da un perno per ridurre l'altezza totale. La canna era adesso da 72 calibri in tre parti alesate cn manicotto esterno. Pesava molto di più ma aveva una gittata di 15.000 m a.a. e circa 10.000 di efficacia. I proiettili erano pesanti, per il tiro anti-superficie, 10,4 kg, con gittata di ben 19.700 metri. Pesava però 11.240 kg in marcia e 7.800 in batteria. La cadenza era fino a 25 c.min. e l'alzo fino a 90° o -3 per il tiro in depressione.
Non fu un grande successo, per cui i pezzi da 128 diventarono la speranza successiva per la difesa aerea tedesca, ad un problema che in realtà non aveva una soluzione.
Anzitutto, io direi che quest'affermazione è falsa per due ordini di ragioni: 1) storico e 2) tecnico.
Adesso vediamo il primo dei due.
Anzitutto, l'arma italiana, come Atto di fede, è definita sempre e comunque con frasi tipo 'addirittura superiore al celebre 88 tedesco'. Ma in che modo lo era?
Da un punto di vista storico e produttivo, il pezzo da 88 era INCREDIBILMENTE superiore al pezzo italiano.
Ma pensateci un attimo: l'88 tedesco, erede di una lunga tradizione di cannoni germanici di questo calibro, era un'arma già un pò superata all'inizio della guerra, tanto che presto ne venne proposto un perfezionamento che peraltro si dimostrò troppo sofisticato e inaffidabile. I tedeschi preferirono andare a calibri maggiori, fermandosi in pratica al 128 mm visto che nemmeno il 105 li soddisfava appieno.
Eppure, questo fatto di essere apparso anni prima del 90 italiano fu un ENORME vantaggio. Già negli anni '30 ne affluivano a centinaia dalle linee di montaggio. Nella guerra di Spagna cominciarono a sterminare tutto quel che gli capitava a tiro, e gli italiani presero nota. Con una cadenza paragonabile a quella del loro (un pò debole) pezzo da 75/46, l'88 tedesco era capace di tirare una granata del 50% più potente, a distanze maggiori, ed era asservito da un'enormità di vantaggiose soluzioni tecniche.
Per quando entrò in guerra, la Germania aveva già prodotto circa 2.500 Flak 18 e 36 da 88/55 mm.
Ebbene, questo significa che già allora, i tedeschi avevano una forza di artiglieria contraerei più grande di quella che tutta la produzione bellica italiana non riuscirà ad eguagliare!
E questo, senza considerare che poi i tedeschi continuarono ad impiegare quest'arma e a costruirla, al punto di arrivare attorno ai 20.000 esemplari per la fine del conflitto: un ordine di grandezza maggiore rispetto al pezzo da '90' italiano. Questo cannone venne usato dappertutto, per anni già prima della guerra, e durante questa, oltre che frequentemente anche dopo in certe nazioni tipo la Yugoslavia.
L'88 non lasciava adito a dubbi su CHI fosse il migliore dal punto di vista storico e produttivo.
Prebe: 2.459
1939 183
1940 1.130
1941 1.998
1942 3.052
1943 4.712
1944 6.482
1945 738
Totale 20.754
Come aspetto storico, il pezzo da 88, con la sua mobilità, fu sempre al posto giusto e nel momento giusto. Faceva strage di carri armati nel deserto africano nel 1941, faceva saltare in aria Matilda, KV-1, T-34 ovunque tra Mosca e la Francia. Abbatteva squadriglie di aerei ovunque gli capitasse, dalla Spagna a Berlino.
Quanti danni avrà fatto il pezzo da '88 ai nemici? Sicuramente molti di più di quello che costò costruirlo, mi viene da dire anche senza fare troppi calcoli in merito (che del resto sono molto difficili per mancanza di dati).
Anche se non fossero danni diretti, il fatto stesso che un pezzo da 88 potesse dominare un campo di battaglia, come successe per esempio in più occasioni, in Nord Africa, tra il 1942 e il 1943, dà l'idea di quanto fosse temibile. Non c'era modo per un carro di muoversi con sicurezza sul campo di battaglia finché un singolo '88 fosse stato attivo da qualche parte.
E mentre questo succedeva, dove erano i pezzi da '90?
Da qualche parte a difendere la capitale, o Milano.
Solo pochi pezzi su autocarro riuscirono ad entrare in azione prima della fine della campagna d'Africa. Nessuno ad Est, contro i T-34 e simili.
NON solo: ma addirittura, per difendere l'Italietta guerrafondaia, fu necessario chiedere subito aiuto ai tedeschi, importando circa 500 pezzi da 88 per la difesa delle città e altri centri strategici. Il pezzo da 88, cioé, divenne quasi altrettanto numeroso di quello da 90 e solo nel 1943 quest'ultimo superò per certo in numero, il cannone da 88 tedesco!
Per questo, da un punto di vista storico non c'é partita. Forse da noi è così, perché siamo affezionati ai '90', come al lotto, ma non è una cosa sensata da un punto di vista razionale.
Per quel che riguarda l'aspetto tecnico, il discorso è più complesso.
Anzitutto, pur essendo leggermente più potente (granata da 10 kg a 850 m/s anziché da 9 a 820), il pezzo italiano era anche molto più pesante: circa 8.000 kg in assetto di tiro, contro circa 6.000 del pezzo tedesco. A questo aggiungiamo, ovviamente, che l'esercito tedesco aveva anche dei mezzi di trazione potentissimi, come i semicingolati più grandi, mentre gli italiani avevano, in confronto più difficoltà a portarsi dietro il loro pezzo d'artiglieria a.a. divisionale più potente, il cannone da 75 mm che pure pesava meno del Flak tedesco.
Ora, come si potesse pretendere che una nazione che aveva meno mezzi di mobilitaizione potesse muovere un'arma addirittura PIU' pesante di quella tedesca, è difficile da dire.
In generale, sembra quasi che gli italiani, dopo avere fatto un eccellente progetto nelle sue basi, come l'Ansaldo da 90, si siano poi dimenticati di TUTTO il resto.
0- anzittto, da non dimenticare che l'arma italiana era monoblocco, al modico costo di oltre 500.000 lire al pezzo; l'arma tedesca aveva 2-3 sezioni con manicotto esterno, per cui era molto più economica da gestire in azioni di fuoco prolungate.
1- munizioni: inizialmente, erano usate quelle del vecchio cannone da 90/42. Solo dopo il 1941 cominciarono ad essere disponibili armi migliori, ma a quanto pare, ci volle almeno un altro anno perché i proiettili APC da 90/53 diventassero disponibili: troppo tardi per l'Africa, a quel che si dice in merito all'impiego operativo.
2- spolette: inizialmente c'erano quelle piriche, e non quelle, molto più precise, ad orologeria, che erano indispensabili per un tiro più preciso, ma che divennero disponibili solo con grande fatica e in numero probabilmente mai sufficiente.
3- cariche di lancio: l'arma italiana aveva, come altri pezzi di vecchio tipo navale (del resto era nata come arma navale a suo tempo), una carica di lancio selezionabile a seconda delle esigenze. Ma per qualche ragione strana, le cariche di lancio inizialmente disponibili erano di tipo 'ridotto'. La previsione era per una Vo di 850 m/sec con granata da circa 10 kg. Però inizialmente vennero usate granate da marina da 750 m/sec, che non è affatto la stessa cosa (KE pari al 78% di quella prevista). In seguito vennero usate nuove cariche di lancio, ma da appena 710 m/sec! In pratica, un'arma potenzialmente da 12.000 m di quota di intercettazione, diventava inefficace sopra gli 8.000 metri!
In questo modo il costoso e pesante 90/53 non era meglio del vecchio 75/46, per giunta era peggio del pezzo da 88 tedesco.
E non deve stupire che in questo senso, i tedeschi dovettero presto aiutare i camerati italiani fornendo intere batterie da 88 per la protezione delle città e altri centri strategici, con tanto di sistemi di tiro e ricerca aerea.
4- sistemi di traino: un cannone che non è al posto giusto al momento giusto è buono solo per fare ruggine. I pezzi italiani non avevano praticamente modo di essere al posto giusto al momento giusto. L'affusto campale venne approntato solo con grande ritardo e prima dell'armistizio almeno, solo circa 100 pezzi vennero così equipaggiati.
La situazione era talmente disperata che si ricorse agli autocannoni. Questi erano però troppo pesanti e lenti con il pezzo da 90 sistemato sopra, e facilmente individuabili da distanza. Non furono mai molto popolari, benché, in caso fossero riusciti ad arrivare al contatto balistico, potessero causare moltissimi danni, al pari dell'88 tedesco.
Oltretutto, di questi autocannoni ne vennero prodotti almeno due tipi: quello su Lancia 3Ro e quello su Breda 52. Ma quest'ultimo fu prodotto in circa 90 esemplari, ed era su di un mezzo moderno 6x4 da 60 km/h. Il Lancia era invece un camion solo 4x2 con movimento fuoristrada quasi nullo, ed era pure lento. Eppure, in Nord Africa, per qualche strano motivo, mandarono quasi tutti i Lancia ma pochi o nessun Breda.
Strano, a dire il minimo.
Il pezzo da 88 tedesco era NORMALMENTE dotato di un affusto campale a 2 assi, facilmente trasportabile anche ad alta velocità su strada e pure fuori. Non era fantascienza, era proprio scienza. E funzionava.
Mentre il pezzo da 90, NORMALMENTE fu limitato al pezzo da 90P, ovvero un affusto da posizione con piattaforma in cemento e spesso senza nemmeno sistemi di tiro sofisticati sull'affusto. Tanto, non doveva andare da nessuna parte. E certo che non è la stessa cosa!
5- centrali di tiro. Anche tralasciando il discorso dei radar, è imbarazzante notare anche questa minuscola manchevolezza. Per dare al pezzo da 90 il miglior utilizzo, venne riunito tutto il meglio dell'industria italica per dare origine alla centrale BGS. Questa avrebbe dovuto essere superiore a quelle alleate e sfruttare al meglio il potenziale di tiro del pezzo italiano da 90. Poteva ingaggiare bersagli fino a 12.000 m e fino a 720 km/h. Ed era anche collegabile ai radar Volpe, ovvero ai Wurzburg tedeschi.
PECCATO, però, che in pratica, ancora a metà 1943, i reparti NON avessero ricevuto alcuna BGS! Delle già numerose batterie da 90 italiane, infatti, molte avevano semplici tavoli di calcolo, alcune non avevano nulla (zero! giusto spettacoli pirotecnici), le più fortunate avevano le centraline Gamma ungheresi, che erano molto buone ma un pò limitate per le prestazioni del calibro 90 mm. Le BGS? Quelle ancora dovevano vederle. E la gran parte dei reparti continuò a sparare inutilmente con i calibri da 90 senza ottenere nulla o quasi, per tutta la guerra.
Paradossalmente, solo dopo l'armistizio le cose migliorarono come sistemi di tiro, munizioni e spolette, ma oramai erano i tedeschi che comandavano e le facevano funzionare per loro interesse.
Pertanto, come si può seriamente parlare della superiorità tecnica del pezzo italiano? Al dunque, è come se avessero fatto una Ferrari ma si fossero dimenticati delle ruote (letteralmente!).
6- ma non è nemmeno e solo questo: i pezzi da 88 diedero presto origine a derivati interessantissimi: uno era il cannone da 88 del Tiger, che non ha bisogno di presentazioni.
L'altro è il pezzo da 88/71 con canna allungata e 1.000 m/sec (per munizione da circa 10 kg), che poi diventerà anch'esso arma da mezzi corazzati. I tedeschi, quindi, già verso la metà della guerra avevano fatto il salto dai cannoni classe 50 calibri, a quelli da 70. Il Flak 41 era indubbiamente un cannone formidabile, ma al dunque non piacque più di tanto e si pensò piuttosto a cannoni meno estremi, ma con più potenza di fuoco come il Flak 40 da 128 mm. Vennero persino fatti prototipi più grandi, come cannoni a caricamento automatico da 150 mm, prima di passare all'inevitabile salto generazionale, ovvero ai missili antiaerei (SAM) veri e propri, come l'Enzian e il Wasserfall.
Quindi, ricapitolando: se si vuole il confronto tecnico, il pezzo da 88, con tutti i suoi accessori, dall'affusto ai radar di tiro, è senz'altro migliore del 90 italiano, benché meno potente come arma di base (mi riferisco al 88/55, non certo al Flak 41). Se si vuole il progetto evoluto (giova ricordare che il Flak 41 è circa contemporaneo del 90/53, e non circa 10 anni antecedente come il cannone originale), allora questo era chiaramente migliore anche come tecnica della bocca da fuoco e ritmo di tiro ottenibile (fino a ben 25-27 c.min, contro, pare, attorno a 20). Inoltre la potenza del singolo colpo è notevolmente maggiore: circa il 15% extra di KE, per esempio, e un tempo di volo molto ridotto.
SE invece si vuole il confronto storico, l'88 è entrato 10 anni prima in servizio, ed è stato prodotto almeno 10 volte di più; è stato impiegato in innumerevoli combattimenti, ha ottenuto innumerevoli vittorie e una ben meritata fama di sterminatore sul campo di battaglia. I mezzi di supporto e le tattiche e l'addestramento dei tedeschi hanno fatto il resto, rendendo un'arma buona -ma non strabiliante- un caso storico di efficacia. Non c'é veramente nessun altro cannone della II GM che abbia 'lasciato il segno' come l'88, e pertanto è difficile capire come possa gente come Pignato dire che il pezzo da 90 fosse l'arma migliore della sua categoria. Anche solo dal punto di vista produttivo ne sono state realizzate più per i carri Tiger e Tiger II, di quelle ottenute dalle linee di montaggio per l'intera famiglia dei 90P/C/autocannoni e simili.
C'era anche il pezzo da 90 per semoventi. Però siamo onesti: quale esempio MIGLIORE per capire la differenza d'importanza, con 30 cannoni contati su altrettanti scafi di carro M14, senza nemmeno una riserva di munizioni (vabbé, 8 colpi), quando dall'altra parte hai oltre 2.000 tra Tiger e altri potenti mezzi da combattimento? Solo considerando i Jagdpanther hai oltre 300 mezzi, ovvero oltre 10 volte i modesti M41 da 90. Questa è la vera grandezza in gioco tra queste due armi, ben esemplificata dai derivati per mezzi corazzati, se non altro perché facevano molti più danni 'accertabili' direttamente.
Quanto agli altri cannoni della categoria, i discorsi che si possono fare sono simili. E questo, anche escludendo i super-cannoni da 105 e sopratutto, da 128 mm, che meritano una citazione a se stante, e che sono chiaramente più potenti di queste armi da 88-94 mm.
I pezzi da 90 americani, per esempio: balisticamente molto simili, hanno avuto ben presto sistema di caricamento automatico (27 colpi al minuto!), radar di puntamento e ricerca, e dal 1944, anche spolette di prossimità radar, mentre i 90 italiani di grazia che non sparavano vecchie munizioni 'piriche' da 90/42.
Bastano già questi discorsi per capire quale sia il cannone 'superiore'. Se poi aggiungiamo che i 90 mm americani sono stati prodotti in quantità molto maggiore, e che sono diventati presto artiglierie da mezzo corazzato per i cacciacarri M36 e i carri armati dall'M26 all'M48, il gioco è fatto.
Basti dire che nel dopoguerra i pezzi da 90 americani erano l'arma standard di difesa aerea e che soppiantarono almeno parzialmente anche i pezzi da 90 in Italia. Se fossero stati inferiori, perché avrebbero dovuto rimpiazzare i 90 italiani come arma di prima linea?
Un discorso simile va bene anche per i pezzi da 94 inglesi, anch'essi usati in Italia nel dopoguerra. Pur essendo delle armi leggermente più vecchie come concezione, erano potenti e certamente ebbero miglioramenti ed evoluzioni importanti. Comunque sia, in questo caso erano troppo pesanti per essere usate come pezzi campali e sul campo di battaglia si videro anche meno dei 90 italiani e americani. E sopratutto, non ebbero applicazioni pratiche su alcun mezzo corazzato, perché i britannici svilupparono i 76 mm ad alta potenza.
Se si vedono i numeri, anche qui il discorso è tutto a favore dei 94 britannici. Inoltre, va ricordato come questi vennero usati ampiamente in Gran Bretagna contribuendo a far vincere la Battaglia d'Inghilterra nel 1940, quando i pezzi italiani erano appena entrati in produzione e non ancora in servizio!
Insomma, da un punto di vista tecnico è difficile dare ragione a Pignato, sia considerando i cannoni della stessa classe, sia considerando -a maggior ragione- i super cannoni di calibro o lunghezza nettamente maggiori.
Da un punto di vista storico è anche peggio di così: i pezzi da 90 italiani sono stati letteralmente irrilevanti, magari magistralmente progettati come cannone di base, ma irrilevanti.
Infine i pezzi da 85 sovietici: questi sono all'estremità opposta del gruppo dei pezzi di questo calibro, tra 85 e 94 mm. Sono i meno potenti, meno avanzati e i più leggeri. Però sono anche i più mobili, i più economici, e sono stati costruiti in gran numero, oltretutto diventando presto anche le armi (dopo riprogettazioni apposite) dei celebri carri T-34/85, che sono ancora in giro in qualche esercito scalcinato.
Nell'insieme non vedo ragioni per definire così entusiasticamente i pezzi da 90 italiani. Il titolo del 'migliore cannone a.a. pesante' della guerra non è proprio nella loro portata. Probabilmente, in questa gara, possono aspirare al gradino più basso del podio, ma solo se in competizione con almeno altre due armi, che potrebbero essere il 94 e l'85 mm. E questo senza considerare i cannoni di calibro superiore, ovviamente.
Come se non bastasse, solo nel dopoguerra il 90 italiano ebbe dei miglioramenti importanti: a parte la nuova centrale di tiro adottata, nonché i nuovi radar e presumibilmente, le munizioni VT, ebbe due importanti evoluzioni: il 90/71 con Vo superiore a 1000 m/sec, che riduceva il tempo di volo a 10 km da 27 a soli 20 secondi (ricordate quel che hanno fatto con il pezzo da 88/71 già all'inizio della guerra). Questa evoluzione, però, era simile a quella del pezzo da 88/71 Flak 41, rispetto a cui era anche leggermente più potente, con una tangenza arrivata a circa 15.000 metri. Ma tutto quel che fu realizzato, nel dopoguerra, fu una batteria sperimentale di 3 pezzi. Una soluzione anche più insignificante rispetto al pezzo d 90/70 americano, di cui un esemplare fu installato sul carro M26 Super Pershing, che se non altro fu usato in battaglia.
Un altro sviluppo fu quello con il caricatore automatico per migliorare la cadenza di tiro (probabilmente sui 30 RPM), però anche qui, parliamo di pochi esemplari (fatti per la Marina), che ebbero un servizio limitato e sopratutto, post-bellico.
Per essere un cannone realmente valido, il 90/53 avrebbe dovuto A- essere prodotto in quantità già per l'inizio della guerra B- essere prodotto con gli affusti giusti C- essere prodotto da subito con le munizioni giuste D- essere prodotto assieme ai sistemi di tiro appositi fatti per valorizzarne al meglio le capacità.
Queste condizioni si sono realizzate? No? E allora come si fa a dargli questo titolo, in tutta onestà, quando ci sono almeno altri 3 o 4 tipi di cannone che rispettano gran parte o tutti questi criteri?
L'Ansaldo da 90/53 contestualizzato con gli altri, e in particolare, con l'88 tedesco.
Quando in Italia si dice 'un pezzo da novanta' si capisce subito che è qualcuno che conta molto. Non è molto chiaro però cosa significhi 'da novanta'. Da novanta cosa? Chili? Lire? Euro? 1 metro e 90? No, affatto. Da 90 millimetri, dicono gli esperti di armi storiche.
Ma anche gli esperti di armi storiche, poi possono o dovrebbero chiedersi: quale pezzo da 90?
Perché in Italia ne abbiamo avuti un bel pò. Naturamente la memoria degli appassionati va a cercare il pezzo Ansaldo da 90/53, ma questa è una risposta non necessariamente completa e vera.
Infatti, anzitutto il 90/53 NON è l'unico 'pezzo da novanta' italiano.
Prima ancora, c'era anche un poco noto pezzo da 90/42 Skoda, che tra l'altro, per quanto poco impiegato, ha dato anche le prime munizioni al cannonissimo italiano. Infatti inizialmente aveva una munizione da 90 'non autarchica' che infatti era solo semiperforante e non una perforante totale come poi è avvenuto. Da qui la prestazione 'sub-standard' di 100 mm a 90° a 500 m (oppure 80 mm a 60°), oppure 80 mm a 1500 m (o 60 mm a 60°). In seguito è arrivata la munizione perforante da 12,1+ kg che perforava 100 mm a 1 km (forse, dico forse, a 60°).
Ma sopratutto, poi, dopo la II GM, c'é stato il cannone americano da 90/50. Appena leggermente meno potente e forse meno preciso dell'arma italiana, ma più moderno ancora, con tutte le sue attrezzature di controllo e tiro. Non solo come arma antiaerea, ma anche come cannone per i diffusissimi carri armati M47, che l'Italia ebbe in quantità assolutamente record, tanto da accumularne ben 2.500 circa, sui 9.000 prodotti.
E questo mentre l'Ansaldo da 90 è stato prodotto, probabilmente, in circa 1600-1800 esemplari.
Però il 'pezzo da 90' è probabilmente derivato solo, come definizione classica, all'arma italiana. Probabilmente questo è dovuto al fatto che essa era usata in massa, dopo il 1940, per la difesa delle città italiane dalle incursioni aeree. Ovviamente la propaganda non avrà mancato di farsi sentire con il cannonissimo Ansaldo, vendendolo come protezione dalla perfida Albione, lo 'scudo spaziale' dell'epoca.
Il fatto che fosse solo propaganda, non contava molto.
Eppure, anche ai tempi attuali, un autore di grosso calibro come il buon'anima Pignato ha scritto ripetutamente che questo cannone fosse considerato il miglior pezzo antiaereo pesante della II GM schierato da TUTTI i belligeranti.
Ora, che anche all'estero questo cannone era ben considerato è certo; ma che esso fosse considerato addirittura 'superiore' è un altro discorso. Falso, oltretutto. E vediamo il perché.
Non starò a dilungarmi sui particolari tecnici che possono o meno sostanziare quest'affermazione sull'arma italiana, ma preferisco fare le differenze con le altre e trarne le valutazioni.
Comunque sia, una breve descrizione, il Krupp da 88 mm, se la merita:
Il cannone Krupp da 88 mm era in realtà nato già ai tempi della Grande Guerra, tanto che artiglierie di questo calibro erano già diffuse nella marina tedesca, e vennero presto, dal 1917 in poi, costruite come armi a.a. pesanti dalla Krupp e dall'allora Erhardt (oggi Rheinmetall).
Nel primo dopoguerra, dato il trattato di Versailles, la Germania mandò i tecnici in Svezia, dove d'accordo con la Bofors, svilupparono un cannone da 75 mm, che però venne rifiutato dall'esercito. Sviluppato in calibro maggiore, ovvero ancora una volta, da 88 mm, esso diventò presto un'arma di sicuro affidamento. Nel 1933, quando la Germania ebbe (purtroppo!) Hitler al potere, denunciò il Trattato di Versailles, e a quel punto già i cannoni da 88 fluivano numerosi dalle linee di produzione.
Anzitutto venne creato il Flak 18, che però era costituito da un solo pezzo per l'intera canna. Questa, del resto era una cosa che aveva in comune anche con il cannone da 90. Ma già con il Flak 36 venne cambiato il sistema di costruzione con sezioni separate, potendo così sostituire quella più vicina alla culatta e più soggetta ad usura. Poi arrivò il Mod 37 (Flak 37) con modalità essenzialmente di cannone da difesa aerea per obiettivi fissi e strategici. Non si deve pensare che fossero modelli incompatibili tra di loro, tanto che saranno spesso 'mischiati' nelle loro varie versioni e componenti.
La canna era lunga, complessivamente, 53 calibri (e non 55 o 56), otturatore orizzontale semiautomatico con una molla messa in tensione dal rinculo del cannone stesso al momento del fuoco. Quanto all'affusto, esso era a crociera su piedistallo assai alto onde permettere che l'otturatore funzionasse anche alla massima elevazione. Benché il sistema a crociera fosse peggiore di quelli convenzionali come altezza, baricentro, messa in batteria, era capace di funzionare al meglio e di garantire rapidi puntamenti sui 360°.
Il peso dell'intera arma in batteria era di soli 4985 kg, e la lunghezza della canna di 4,664 m. Esisteva anche una scudatura di protezione.
I proiettili erano sparabili fino a 15-20 colpi al minuto ed erano del tipo fisso; pesavano 10,4 kg per il tipo HE, o 9,2 kg perforante per velocità di 820 m/sec. Gittata massima di 9.900 metri, pratica 8.000 metri, massima sull'orizzonte 14.800 m, tiro diretto 3.000 m.
Il Flak 36 aveva altre modifiche oltre la canna su più pezzi, anche l'affusto era migliorato, i carrelli di trasporto erano a ruote doppie e potevano muoversi sia in avanti che indietro senza alcuna differenza. La canna era adesso addirittura in tre sezioni, con manicotto esterno.
Esistette anche un Flak 36/41 con canna del Flak 41 su affusto del Flak 36, perché i cannoni avevano superato, nel 1942, la produzione dei sofisticati e pesanti affusti. Nel Flak 37 la canna ritornò ai due pezzi originari. L'attrezzatura del tiro a.a. era elettromeccanico con cariche ad orologeria e 4 cannoni per centrale di tiro con graduatori delle spolette.
Poi c'era il Flak 41, che era stato ibridato anche con il Flak 36 e 37. Il Flak 41 aveva fatto la sua comparsa nel 1941 per migliorare le prestazioni a.a. e aveva anche sistemi di rinculo e recupero migliorati, culla orizzontale e piedistallo sostituito da un perno per ridurre l'altezza totale. La canna era adesso da 72 calibri in tre parti alesate cn manicotto esterno. Pesava molto di più ma aveva una gittata di 15.000 m a.a. e circa 10.000 di efficacia. I proiettili erano pesanti, per il tiro anti-superficie, 10,4 kg, con gittata di ben 19.700 metri. Pesava però 11.240 kg in marcia e 7.800 in batteria. La cadenza era fino a 25 c.min. e l'alzo fino a 90° o -3 per il tiro in depressione.
Non fu un grande successo, per cui i pezzi da 128 diventarono la speranza successiva per la difesa aerea tedesca, ad un problema che in realtà non aveva una soluzione.
Anzitutto, io direi che quest'affermazione è falsa per due ordini di ragioni: 1) storico e 2) tecnico.
Adesso vediamo il primo dei due.
Anzitutto, l'arma italiana, come Atto di fede, è definita sempre e comunque con frasi tipo 'addirittura superiore al celebre 88 tedesco'. Ma in che modo lo era?
Da un punto di vista storico e produttivo, il pezzo da 88 era INCREDIBILMENTE superiore al pezzo italiano.
Ma pensateci un attimo: l'88 tedesco, erede di una lunga tradizione di cannoni germanici di questo calibro, era un'arma già un pò superata all'inizio della guerra, tanto che presto ne venne proposto un perfezionamento che peraltro si dimostrò troppo sofisticato e inaffidabile. I tedeschi preferirono andare a calibri maggiori, fermandosi in pratica al 128 mm visto che nemmeno il 105 li soddisfava appieno.
Eppure, questo fatto di essere apparso anni prima del 90 italiano fu un ENORME vantaggio. Già negli anni '30 ne affluivano a centinaia dalle linee di montaggio. Nella guerra di Spagna cominciarono a sterminare tutto quel che gli capitava a tiro, e gli italiani presero nota. Con una cadenza paragonabile a quella del loro (un pò debole) pezzo da 75/46, l'88 tedesco era capace di tirare una granata del 50% più potente, a distanze maggiori, ed era asservito da un'enormità di vantaggiose soluzioni tecniche.
Per quando entrò in guerra, la Germania aveva già prodotto circa 2.500 Flak 18 e 36 da 88/55 mm.
Ebbene, questo significa che già allora, i tedeschi avevano una forza di artiglieria contraerei più grande di quella che tutta la produzione bellica italiana non riuscirà ad eguagliare!
E questo, senza considerare che poi i tedeschi continuarono ad impiegare quest'arma e a costruirla, al punto di arrivare attorno ai 20.000 esemplari per la fine del conflitto: un ordine di grandezza maggiore rispetto al pezzo da '90' italiano. Questo cannone venne usato dappertutto, per anni già prima della guerra, e durante questa, oltre che frequentemente anche dopo in certe nazioni tipo la Yugoslavia.
L'88 non lasciava adito a dubbi su CHI fosse il migliore dal punto di vista storico e produttivo.
Prebe: 2.459
1939 183
1940 1.130
1941 1.998
1942 3.052
1943 4.712
1944 6.482
1945 738
Totale 20.754
Come aspetto storico, il pezzo da 88, con la sua mobilità, fu sempre al posto giusto e nel momento giusto. Faceva strage di carri armati nel deserto africano nel 1941, faceva saltare in aria Matilda, KV-1, T-34 ovunque tra Mosca e la Francia. Abbatteva squadriglie di aerei ovunque gli capitasse, dalla Spagna a Berlino.
Quanti danni avrà fatto il pezzo da '88 ai nemici? Sicuramente molti di più di quello che costò costruirlo, mi viene da dire anche senza fare troppi calcoli in merito (che del resto sono molto difficili per mancanza di dati).
Anche se non fossero danni diretti, il fatto stesso che un pezzo da 88 potesse dominare un campo di battaglia, come successe per esempio in più occasioni, in Nord Africa, tra il 1942 e il 1943, dà l'idea di quanto fosse temibile. Non c'era modo per un carro di muoversi con sicurezza sul campo di battaglia finché un singolo '88 fosse stato attivo da qualche parte.
E mentre questo succedeva, dove erano i pezzi da '90?
Da qualche parte a difendere la capitale, o Milano.
Solo pochi pezzi su autocarro riuscirono ad entrare in azione prima della fine della campagna d'Africa. Nessuno ad Est, contro i T-34 e simili.
NON solo: ma addirittura, per difendere l'Italietta guerrafondaia, fu necessario chiedere subito aiuto ai tedeschi, importando circa 500 pezzi da 88 per la difesa delle città e altri centri strategici. Il pezzo da 88, cioé, divenne quasi altrettanto numeroso di quello da 90 e solo nel 1943 quest'ultimo superò per certo in numero, il cannone da 88 tedesco!
Per questo, da un punto di vista storico non c'é partita. Forse da noi è così, perché siamo affezionati ai '90', come al lotto, ma non è una cosa sensata da un punto di vista razionale.
Per quel che riguarda l'aspetto tecnico, il discorso è più complesso.
Anzitutto, pur essendo leggermente più potente (granata da 10 kg a 850 m/s anziché da 9 a 820), il pezzo italiano era anche molto più pesante: circa 8.000 kg in assetto di tiro, contro circa 6.000 del pezzo tedesco. A questo aggiungiamo, ovviamente, che l'esercito tedesco aveva anche dei mezzi di trazione potentissimi, come i semicingolati più grandi, mentre gli italiani avevano, in confronto più difficoltà a portarsi dietro il loro pezzo d'artiglieria a.a. divisionale più potente, il cannone da 75 mm che pure pesava meno del Flak tedesco.
Ora, come si potesse pretendere che una nazione che aveva meno mezzi di mobilitaizione potesse muovere un'arma addirittura PIU' pesante di quella tedesca, è difficile da dire.
In generale, sembra quasi che gli italiani, dopo avere fatto un eccellente progetto nelle sue basi, come l'Ansaldo da 90, si siano poi dimenticati di TUTTO il resto.
0- anzittto, da non dimenticare che l'arma italiana era monoblocco, al modico costo di oltre 500.000 lire al pezzo; l'arma tedesca aveva 2-3 sezioni con manicotto esterno, per cui era molto più economica da gestire in azioni di fuoco prolungate.
1- munizioni: inizialmente, erano usate quelle del vecchio cannone da 90/42. Solo dopo il 1941 cominciarono ad essere disponibili armi migliori, ma a quanto pare, ci volle almeno un altro anno perché i proiettili APC da 90/53 diventassero disponibili: troppo tardi per l'Africa, a quel che si dice in merito all'impiego operativo.
2- spolette: inizialmente c'erano quelle piriche, e non quelle, molto più precise, ad orologeria, che erano indispensabili per un tiro più preciso, ma che divennero disponibili solo con grande fatica e in numero probabilmente mai sufficiente.
3- cariche di lancio: l'arma italiana aveva, come altri pezzi di vecchio tipo navale (del resto era nata come arma navale a suo tempo), una carica di lancio selezionabile a seconda delle esigenze. Ma per qualche ragione strana, le cariche di lancio inizialmente disponibili erano di tipo 'ridotto'. La previsione era per una Vo di 850 m/sec con granata da circa 10 kg. Però inizialmente vennero usate granate da marina da 750 m/sec, che non è affatto la stessa cosa (KE pari al 78% di quella prevista). In seguito vennero usate nuove cariche di lancio, ma da appena 710 m/sec! In pratica, un'arma potenzialmente da 12.000 m di quota di intercettazione, diventava inefficace sopra gli 8.000 metri!
In questo modo il costoso e pesante 90/53 non era meglio del vecchio 75/46, per giunta era peggio del pezzo da 88 tedesco.
E non deve stupire che in questo senso, i tedeschi dovettero presto aiutare i camerati italiani fornendo intere batterie da 88 per la protezione delle città e altri centri strategici, con tanto di sistemi di tiro e ricerca aerea.
4- sistemi di traino: un cannone che non è al posto giusto al momento giusto è buono solo per fare ruggine. I pezzi italiani non avevano praticamente modo di essere al posto giusto al momento giusto. L'affusto campale venne approntato solo con grande ritardo e prima dell'armistizio almeno, solo circa 100 pezzi vennero così equipaggiati.
La situazione era talmente disperata che si ricorse agli autocannoni. Questi erano però troppo pesanti e lenti con il pezzo da 90 sistemato sopra, e facilmente individuabili da distanza. Non furono mai molto popolari, benché, in caso fossero riusciti ad arrivare al contatto balistico, potessero causare moltissimi danni, al pari dell'88 tedesco.
Oltretutto, di questi autocannoni ne vennero prodotti almeno due tipi: quello su Lancia 3Ro e quello su Breda 52. Ma quest'ultimo fu prodotto in circa 90 esemplari, ed era su di un mezzo moderno 6x4 da 60 km/h. Il Lancia era invece un camion solo 4x2 con movimento fuoristrada quasi nullo, ed era pure lento. Eppure, in Nord Africa, per qualche strano motivo, mandarono quasi tutti i Lancia ma pochi o nessun Breda.
Strano, a dire il minimo.
Il pezzo da 88 tedesco era NORMALMENTE dotato di un affusto campale a 2 assi, facilmente trasportabile anche ad alta velocità su strada e pure fuori. Non era fantascienza, era proprio scienza. E funzionava.
Mentre il pezzo da 90, NORMALMENTE fu limitato al pezzo da 90P, ovvero un affusto da posizione con piattaforma in cemento e spesso senza nemmeno sistemi di tiro sofisticati sull'affusto. Tanto, non doveva andare da nessuna parte. E certo che non è la stessa cosa!
5- centrali di tiro. Anche tralasciando il discorso dei radar, è imbarazzante notare anche questa minuscola manchevolezza. Per dare al pezzo da 90 il miglior utilizzo, venne riunito tutto il meglio dell'industria italica per dare origine alla centrale BGS. Questa avrebbe dovuto essere superiore a quelle alleate e sfruttare al meglio il potenziale di tiro del pezzo italiano da 90. Poteva ingaggiare bersagli fino a 12.000 m e fino a 720 km/h. Ed era anche collegabile ai radar Volpe, ovvero ai Wurzburg tedeschi.
PECCATO, però, che in pratica, ancora a metà 1943, i reparti NON avessero ricevuto alcuna BGS! Delle già numerose batterie da 90 italiane, infatti, molte avevano semplici tavoli di calcolo, alcune non avevano nulla (zero! giusto spettacoli pirotecnici), le più fortunate avevano le centraline Gamma ungheresi, che erano molto buone ma un pò limitate per le prestazioni del calibro 90 mm. Le BGS? Quelle ancora dovevano vederle. E la gran parte dei reparti continuò a sparare inutilmente con i calibri da 90 senza ottenere nulla o quasi, per tutta la guerra.
Paradossalmente, solo dopo l'armistizio le cose migliorarono come sistemi di tiro, munizioni e spolette, ma oramai erano i tedeschi che comandavano e le facevano funzionare per loro interesse.
Pertanto, come si può seriamente parlare della superiorità tecnica del pezzo italiano? Al dunque, è come se avessero fatto una Ferrari ma si fossero dimenticati delle ruote (letteralmente!).
6- ma non è nemmeno e solo questo: i pezzi da 88 diedero presto origine a derivati interessantissimi: uno era il cannone da 88 del Tiger, che non ha bisogno di presentazioni.
L'altro è il pezzo da 88/71 con canna allungata e 1.000 m/sec (per munizione da circa 10 kg), che poi diventerà anch'esso arma da mezzi corazzati. I tedeschi, quindi, già verso la metà della guerra avevano fatto il salto dai cannoni classe 50 calibri, a quelli da 70. Il Flak 41 era indubbiamente un cannone formidabile, ma al dunque non piacque più di tanto e si pensò piuttosto a cannoni meno estremi, ma con più potenza di fuoco come il Flak 40 da 128 mm. Vennero persino fatti prototipi più grandi, come cannoni a caricamento automatico da 150 mm, prima di passare all'inevitabile salto generazionale, ovvero ai missili antiaerei (SAM) veri e propri, come l'Enzian e il Wasserfall.
Quindi, ricapitolando: se si vuole il confronto tecnico, il pezzo da 88, con tutti i suoi accessori, dall'affusto ai radar di tiro, è senz'altro migliore del 90 italiano, benché meno potente come arma di base (mi riferisco al 88/55, non certo al Flak 41). Se si vuole il progetto evoluto (giova ricordare che il Flak 41 è circa contemporaneo del 90/53, e non circa 10 anni antecedente come il cannone originale), allora questo era chiaramente migliore anche come tecnica della bocca da fuoco e ritmo di tiro ottenibile (fino a ben 25-27 c.min, contro, pare, attorno a 20). Inoltre la potenza del singolo colpo è notevolmente maggiore: circa il 15% extra di KE, per esempio, e un tempo di volo molto ridotto.
SE invece si vuole il confronto storico, l'88 è entrato 10 anni prima in servizio, ed è stato prodotto almeno 10 volte di più; è stato impiegato in innumerevoli combattimenti, ha ottenuto innumerevoli vittorie e una ben meritata fama di sterminatore sul campo di battaglia. I mezzi di supporto e le tattiche e l'addestramento dei tedeschi hanno fatto il resto, rendendo un'arma buona -ma non strabiliante- un caso storico di efficacia. Non c'é veramente nessun altro cannone della II GM che abbia 'lasciato il segno' come l'88, e pertanto è difficile capire come possa gente come Pignato dire che il pezzo da 90 fosse l'arma migliore della sua categoria. Anche solo dal punto di vista produttivo ne sono state realizzate più per i carri Tiger e Tiger II, di quelle ottenute dalle linee di montaggio per l'intera famiglia dei 90P/C/autocannoni e simili.
C'era anche il pezzo da 90 per semoventi. Però siamo onesti: quale esempio MIGLIORE per capire la differenza d'importanza, con 30 cannoni contati su altrettanti scafi di carro M14, senza nemmeno una riserva di munizioni (vabbé, 8 colpi), quando dall'altra parte hai oltre 2.000 tra Tiger e altri potenti mezzi da combattimento? Solo considerando i Jagdpanther hai oltre 300 mezzi, ovvero oltre 10 volte i modesti M41 da 90. Questa è la vera grandezza in gioco tra queste due armi, ben esemplificata dai derivati per mezzi corazzati, se non altro perché facevano molti più danni 'accertabili' direttamente.
Quanto agli altri cannoni della categoria, i discorsi che si possono fare sono simili. E questo, anche escludendo i super-cannoni da 105 e sopratutto, da 128 mm, che meritano una citazione a se stante, e che sono chiaramente più potenti di queste armi da 88-94 mm.
I pezzi da 90 americani, per esempio: balisticamente molto simili, hanno avuto ben presto sistema di caricamento automatico (27 colpi al minuto!), radar di puntamento e ricerca, e dal 1944, anche spolette di prossimità radar, mentre i 90 italiani di grazia che non sparavano vecchie munizioni 'piriche' da 90/42.
Bastano già questi discorsi per capire quale sia il cannone 'superiore'. Se poi aggiungiamo che i 90 mm americani sono stati prodotti in quantità molto maggiore, e che sono diventati presto artiglierie da mezzo corazzato per i cacciacarri M36 e i carri armati dall'M26 all'M48, il gioco è fatto.
Basti dire che nel dopoguerra i pezzi da 90 americani erano l'arma standard di difesa aerea e che soppiantarono almeno parzialmente anche i pezzi da 90 in Italia. Se fossero stati inferiori, perché avrebbero dovuto rimpiazzare i 90 italiani come arma di prima linea?
Un discorso simile va bene anche per i pezzi da 94 inglesi, anch'essi usati in Italia nel dopoguerra. Pur essendo delle armi leggermente più vecchie come concezione, erano potenti e certamente ebbero miglioramenti ed evoluzioni importanti. Comunque sia, in questo caso erano troppo pesanti per essere usate come pezzi campali e sul campo di battaglia si videro anche meno dei 90 italiani e americani. E sopratutto, non ebbero applicazioni pratiche su alcun mezzo corazzato, perché i britannici svilupparono i 76 mm ad alta potenza.
Se si vedono i numeri, anche qui il discorso è tutto a favore dei 94 britannici. Inoltre, va ricordato come questi vennero usati ampiamente in Gran Bretagna contribuendo a far vincere la Battaglia d'Inghilterra nel 1940, quando i pezzi italiani erano appena entrati in produzione e non ancora in servizio!
Insomma, da un punto di vista tecnico è difficile dare ragione a Pignato, sia considerando i cannoni della stessa classe, sia considerando -a maggior ragione- i super cannoni di calibro o lunghezza nettamente maggiori.
Da un punto di vista storico è anche peggio di così: i pezzi da 90 italiani sono stati letteralmente irrilevanti, magari magistralmente progettati come cannone di base, ma irrilevanti.
Infine i pezzi da 85 sovietici: questi sono all'estremità opposta del gruppo dei pezzi di questo calibro, tra 85 e 94 mm. Sono i meno potenti, meno avanzati e i più leggeri. Però sono anche i più mobili, i più economici, e sono stati costruiti in gran numero, oltretutto diventando presto anche le armi (dopo riprogettazioni apposite) dei celebri carri T-34/85, che sono ancora in giro in qualche esercito scalcinato.
Nell'insieme non vedo ragioni per definire così entusiasticamente i pezzi da 90 italiani. Il titolo del 'migliore cannone a.a. pesante' della guerra non è proprio nella loro portata. Probabilmente, in questa gara, possono aspirare al gradino più basso del podio, ma solo se in competizione con almeno altre due armi, che potrebbero essere il 94 e l'85 mm. E questo senza considerare i cannoni di calibro superiore, ovviamente.
Come se non bastasse, solo nel dopoguerra il 90 italiano ebbe dei miglioramenti importanti: a parte la nuova centrale di tiro adottata, nonché i nuovi radar e presumibilmente, le munizioni VT, ebbe due importanti evoluzioni: il 90/71 con Vo superiore a 1000 m/sec, che riduceva il tempo di volo a 10 km da 27 a soli 20 secondi (ricordate quel che hanno fatto con il pezzo da 88/71 già all'inizio della guerra). Questa evoluzione, però, era simile a quella del pezzo da 88/71 Flak 41, rispetto a cui era anche leggermente più potente, con una tangenza arrivata a circa 15.000 metri. Ma tutto quel che fu realizzato, nel dopoguerra, fu una batteria sperimentale di 3 pezzi. Una soluzione anche più insignificante rispetto al pezzo d 90/70 americano, di cui un esemplare fu installato sul carro M26 Super Pershing, che se non altro fu usato in battaglia.
Un altro sviluppo fu quello con il caricatore automatico per migliorare la cadenza di tiro (probabilmente sui 30 RPM), però anche qui, parliamo di pochi esemplari (fatti per la Marina), che ebbero un servizio limitato e sopratutto, post-bellico.
Per essere un cannone realmente valido, il 90/53 avrebbe dovuto A- essere prodotto in quantità già per l'inizio della guerra B- essere prodotto con gli affusti giusti C- essere prodotto da subito con le munizioni giuste D- essere prodotto assieme ai sistemi di tiro appositi fatti per valorizzarne al meglio le capacità.
Queste condizioni si sono realizzate? No? E allora come si fa a dargli questo titolo, in tutta onestà, quando ci sono almeno altri 3 o 4 tipi di cannone che rispettano gran parte o tutti questi criteri?
Breve riassunto dei vari cannoni di questa classe:
Il cannone Krupp da 88 mm era in realtà nato già ai tempi della Grande Guerra, tanto che artiglierie di questo calibro erano già diffuse nella marina tedesca, e vennero presto, dal 1917 in poi, costruite come armi a.a. pesanti dalla Krupp e dall'allora Erhardt (oggi Rheinmetall).
Nel primo dopoguerra, dato il trattato di Versailles, la Germania mandò i tecnici in Svezia, dove d'accordo con la Bofors, svilupparono un cannone da 75 mm, che però venne rifiutato dall'esercito. Sviluppato in calibro maggiore, ovvero ancora una volta, da 88 mm, esso diventò presto un'arma di sicuro affidamento. Nel 1933, quando la Germania ebbe (purtroppo!) Hitler al potere, denunciò il Trattato di Versailles, e a quel punto già i cannoni da 88 fluivano numerosi dalle linee di produzione.
Anzitutto venne creato il Flak 18, che però era costituito da un solo pezzo per l'intera canna. Questa, del resto era una cosa che aveva in comune anche con il cannone da 90. Ma già con il Flak 36 venne cambiato il sistema di costruzione con sezioni separate, potendo così sostituire quella più vicina alla culatta e più soggetta ad usura. Poi arrivò il Mod 37 (Flak 37) con modalità essenzialmente di cannone da difesa aerea per obiettivi fissi e strategici. Non si deve pensare che fossero modelli incompatibili tra di loro, tanto che saranno spesso 'mischiati' nelle loro varie versioni e componenti.
La canna era lunga, complessivamente, 53 calibri (e non 55 o 56), otturatore orizzontale semiautomatico con una molla messa in tensione dal rinculo del cannone stesso al momento del fuoco. Quanto all'affusto, esso era a crociera su piedistallo assai alto onde permettere che l'otturatore funzionasse anche alla massima elevazione. Benché il sistema a crociera fosse peggiore di quelli convenzionali come altezza, baricentro, messa in batteria, era capace di funzionare al meglio e di garantire rapidi puntamenti sui 360°.
Il peso dell'intera arma in batteria era di soli 4985 kg, e la lunghezza della canna di 4,664 m. Esisteva anche una scudatura di protezione.
I proiettili erano sparabili fino a 15-20 colpi al minuto ed erano del tipo fisso; pesavano 10,4 kg per il tipo HE, o 9,2 kg perforante per velocità di 820 m/sec. Gittata massima di 9.900 metri, pratica 8.000 metri, massima sull'orizzonte 14.800 m, tiro diretto 3.000 m.
Il Flak 36 aveva altre modifiche oltre la canna su più pezzi, anche l'affusto era migliorato, i carrelli di trasporto erano a ruote doppie e potevano muoversi sia in avanti che indietro senza alcuna differenza. La canna era adesso addirittura in tre sezioni, con manicotto esterno.
Esistette anche un Flak 36/41 con canna del Flak 41 su affusto del Flak 36, perché i cannoni avevano superato, nel 1942, la produzione dei sofisticati e pesanti affusti. Nel Flak 37 la canna ritornò ai due pezzi originari. L'attrezzatura del tiro a.a. era elettromeccanico con cariche ad orologeria e 4 cannoni per centrale di tiro con graduatori delle spolette.
Poi c'era il Flak 41, che era stato ibridato anche con il Flak 36 e 37. Il Flak 41 aveva fatto la sua comparsa nel 1941 per migliorare le prestazioni a.a. e aveva anche sistemi di rinculo e recupero migliorati, culla orizzontale e piedistallo sostituito da un perno per ridurre l'altezza totale. La canna era adesso da 72 calibri in tre parti alesate cn manicotto esterno. Pesava molto di più ma aveva una gittata di 15.000 m a.a. e circa 10.000 di efficacia. I proiettili erano pesanti, per il tiro anti-superficie, 10,4 kg, con gittata di ben 19.700 metri. Pesava però 11.240 kg in marcia e 7.800 in batteria. La cadenza era fino a 25 c.min. e l'alzo fino a 90° o -3 per il tiro in depressione.
Non fu un grande successo, per cui i pezzi da 128 diventarono la speranza successiva per la difesa aerea tedesca, ad un problema che in realtà non aveva una soluzione.
Tecnica del cannone da 90 mm italiano:
Canna ( lunga 5,039 m) a pareti semplici, in acciaio speciale (Fe-Ni-Cr-Mo) rigatura destrorsa a 28 righe. La culatta era avviata a freddo alla canna ed era separabile per sostuirla (ma questa, notare bene, era in un unico blocco). Affusto a forcella. Apertura cuneo a scorrimento orizzontale, chiusura a mano, mentre nel modo di funzionamenoto 'automatico' l'otturatore era trattenuto in posizione aperta dopo l'espulsione del bossolo.
Affusto a forcella con piedistallo di supporto conico che a sua volta poggiava su di un paiolo. La culla era a manicotto dove scorrevano cannone e sistemi di puntamento. Nel tipo campale il paiuolo poggiava su forcella. Traino (nel tipo 90C) era 4 ruote. C'erano due recuperatori idropneumatici esterni alla culla e sopra la canna.
La versione da 90/74 apparve solo nel 1951 in una batteria sperimentale. Peso in ordine di marcia 8.950 kg e in batteria 6.240 kg. Gittata, probabilmente con la granata standard da 10,1 kg a 850 m/sec, di 17400 m (11300 o 12000 c.a.), -2/+85°
Entrato in servizio nel 1940, il pezzo da 90/50 M1 americano pesava 8.618 kg. La lunghezza della canna era di 4,63 metri. La velocità iniziale era, con munizione di 10,56 kg, di solo 823 m/sec, ma la gittata max era comunque importante: 10.380-12.000 m verticale, ben 17.823 orizzontale. Alzo tra -5 e +80°.
Sviluppato in appena 2 anni per sostituire il più piccolo 76 mm, anche se non molto lo sanno ebbe anche un fratello maggiore, il potentissimo M1 da 120 mm, che tra l'altro, quando usato come cannone da carro armato, erogava molta più energia (13 MJ!!!!!) del pezzo moderno dell'M1 Abrams. Alla fine del 1940 apparve già la versione migliorata M1A1 essendo adottato nel maggio successivo. In pratica era coetaneo davvero con il 90 italiano e per certi aspetti è l'arma che più dovrebbe esservi accomunata. Tra le capacità che aveva c'era un calcatoio a molla che portava la cadenza fino a 27 colpi minuto.
Nel 1942 il pezzo, nato solo come arma a.a. dovette anche essere modificato per diventare un'arma capace di tiro c.c. Questo fu il modello M2 con -10° di alzo minimo, adottato il 13 maggio 1943, ironicamente lo stesso giorno in cui l'Asse si arrendeva in Tunisia.
I sistemi di direzione erano gli M7 o M8 o il Kerrison, i radar SCR-268 nel 1941, ma nel 1944 questo sistema poco preciso venne sostituito dall'SRC-584 centimetrico con una precisione di 1 milliradiante, collegato al computer balistico M3 e alla centrale M9. In pratica, questi miglioramenti, ancorché tardivi vista la poca minaccia aerea dell'epoca, assieme anche alle munizioni VT, trasformarono facilmente il pezzo da 90 americano nel miglior sistema a.a. della guerra anche se, come il pezzo italiano, la sua evoluzione fu relativamente lenta.
Dalla versione T7 sperimentale partì il pezzo M3 per carri armati, prima sperimentato su di un M10 nel 1943, poi divenne l'arma per l'M36 e M26. Inizialmente era munito però di una poco efficace munizione APC semplice tipo M82, 10,94 kg, da 820 m/sec, che però fu presto soppiantata dalla HVAP con nucleo in tungsteno da 1050 m/s o dalla T33 APC (850 m/sec). Peraltro entrambe rimasero molto poco numerose per tutta la guerra, per cui l'arma principale rimase la M82.
Come arma c.c. specifica, scartata la T8 su affusto dell'obice M2, venne impiegato l'M36, che peraltro era piuttosto lento rispetto agli M10 originali, ma certo potenet; poi arrivò la T14 da 70 calibri che tirava la perforante T43 a 975 m/sec. Questo potente cannone, con munizioni HVAP poteva perforare qualcosa come 220 mm a 910 m di distanza.
Apparvero anche altre armi migliorate, ma nel dopoguerra il tipo T54 era l'arma standard dei carri Pershing e Patton.
L'M1939 (52-K) era un'altra arma che sostituiva quelle classe 3 pollici; canna da 85/55, pesava appena 4.500 kg, tirava proiettili da circa 9 kg a 800 m/s con gittata max di circa 10.500 m oppure 15.650 orizzontale; alzo -3/+82°.
Benché usato anch'esso in migliaia di esemplari e spesso anche con tiri controcarri, il cannone conobbe la maggiore popolarità con il T-34/85, dopo essere stato riprogettato come D-5 e poi come ZiS-S-53, apparso con il T-34/85 Mod 1944.
3.7 in AA GUN
Disegnato nel 1937 ed entrato presto in produzione, il pezzo da 3,7 in venne prodotto in circa 10.000 esemplari. Aveva una massa di circa 9.317 kg, canna da 4,7 metri, elezazione da -5 a 80°, ROF di 10-20 rpm; la velocità iniziale era di 810 m/s con canne nuove, fino a 792 con quelle usurate. L'Mk VI, però, arrivava a ben 1044 m/sec.
La tangenza: fino a 7.000-9.000, dipendente dalle spolette, ma l'Mk VI aveva ben 13.700 m.
Inizialmente la difesa dell'UK era molto manchevole, a dire il vero: nonostante i molti anni di studi interbellici, per sostituire i pezzi da 76 mm, e lo sviluppo del predittore Vickers collegato ad un telemetro, solo nel 1936 questo cannone venne accettato in servizio anche se era più lento nella Vo, senza spoletta meccanica, ed era più pesante.
Ancora all'inizio del 1938 c'erano solo 180 cannoni a.a. pesanti per la difesa della Gran Bretagna, un quantitativo ridicolo, pari a circa 1/10 di quel che sarebbe stato il il dispositivo italiano nel giugno 1940. ANche se la corsa all'armamento portò il totale a 341 per quel settembre, un anno dopo c'erano ancora solo 540 artiglierie, anche se per fortuna parecchie erano oramai quelle da 94 mm. Ma ancora nella B.o.B. l'organico iniziale era sui 1.140 cannoni, pari a circa la metà di quelli italiani (!!!!!), sebbene fossero molto più efficienti in media, visto che centinaia erano del tipo da 94 mm mentre gli italiani avevano solo alcune decine di pezzi da 75 moderni. La produzione di 228 pezzi al mese fino alla fine della guerra e l'aiuto di Canada e Australia contribuì presto a cambiare la situazione, sebbene oramai non c'era più realmente una grande minaccia aerea nemica. Tornarono utili solo contro le V-2.
Il pezzo da 94 aveva sia la carica fissa - a differenza di quello italiano- sia la canna unica -a differenza di quello tedesco, col risultato che presto cominciarono i problemi di approviionamento anche delle canne. Nelle unità inglesi il pezzo da 3.7 in arrivò ad equipaggiare reggimenti speciali con ben 3 batterie da 8 cannoni l'una, e per la fine della guerra ce n'erano 212.
C'erano sia cannoni da posizione che i tipi Mk I e III, con affusto da movimento e 4 ruote. Anche quelli da posizione, però, potevano essere spostati facilmente con una piattaforma dalle ruote distaccabili.
C'erano diversi tipi di affusti, ma anche le spolette, inizialmente quelle piriche che arrivavano fino a 30 secondi, che tuttavia erano pochi per sfruttare il tiro dell'arma. Le spolette meccaniche non erano molto soddisfacenti, finché non arrivò la No.208 con un tempo massimo di 43 secondi. Grazie al regolatore di spolette No.11 fu possibile, dal 1942 in poi, arrivare a 20 RPM.
Tra le versioni vanno considerate la Mk III che passò finalmente alla canna con manicotto e tubo-anima.
Mentre la Mk VI aveva a tutti gli effetti la struttura di un pezzo da 114 mm ritubato, con la munizione tirata da un bossolo tipo 114 mm, e la rigatura che diventava a profondità zero entro gli ultimi 5 calibri per sparare una granata con minore resistenza aerodinamica (dovuta alla forma delle corone di forzamento). Il risultato fu una mostruosa tangenza di 15.240 m.
Quanto alla tangenza, va detto che essa era considerata come il tempo di ingaggio di 20 secondi, pur andando a ben 400 mph (il doppio dei normali bombardieri) prima che il cannone raggiunga 70° di alzo. Certo questo rende la questione un pò strana da considerare, visto che è ovviamente MOLTO inferiore rispetto alla quota massima, dato che in 20 secondi un aereo può fare circa 3 km a quella velocità.
Ad ogni modo, questo metodo, che esisteva almeno all'inizio della guerra, faceva variare la quota efficace da 7.200 a 9.800 m, mentre per il mostruoso Mk VI si giungeva a 14.000 m.
A differenza del pezzo da 88 tedesco, il 94 inglese, pur essendo potente, non riuscì a diventare un'arma campale: l'esercito ne aveva troppo pochi, erano troppo grossi e pesanti, sparare a basso angolo tendeva a rovinarli, inoltre le munizioni erano in genere solo le HE e la spoletta era quella a scoppio a.a. che riduceva il raggio a 10-14 km pratici anche nel tiro contro-batteria.
Nell'insieme è stata una buona arma (l'esercito del Nepal ne ha ancora una cinquantina), ma non è certo stato un capolavoro, pur essendo certo più potente del pezzo da 88 e teoricamente, anche di quelli da 90 (specie con il 'mostro' da 94/114).
Non vi basta?
Allora tabella riepilogativa: (dati, enciclopedia Armi da Guerra):
M1/3 Mod 39 QF 3.7 in 88/55 88/72 85/52 Flak 105 Flak 40
Calibro: 90 90 94 88 88 85 105 128
Entrata in servizio: 1940 1940 1937? 1933? 1942 1942? 1939 1942
Esemplari: 7831 1.600? 10.000?? 20.000 556 xxxx? 4000+ c.a. 1100
Peso: marcia/posiz. 14651 8950-6240 9317 6861-5150 11240-7840 4220-3057 14600-10240 27000-17000
V.o: 823 830 792 820 1000 800 880 880
Peso proiettile: 10,33 12,96 9,2 9,4 9,2 15,1 26
ROF: 27 20 20 20 25 15-20? 10? 10?
Tangenza: 12000 12000 9700 8000 14700 10500 12800 14800
Gittata: 17.900 17.400 14-20 km? 14,8 km 19.700 m 15,6 km 17,6 km 25 km
PRODUZIONE precisa (il più possibile) dei 90/53: fino a luglio (escluso??) 1254 pezzi dall'Ansaldo; dopo l'armistizio 145 P e 68C. Questo ci dà un totale di almeno 1467 pezzi. A questi però bisogna aggiungere anche un totale ignoto prodotto tra luglio e agosto, inizio settembre: quanti? Forse un paio di centinaia?? Più i pezzi della OTO, per la quale era stata data una commessa di 300 pezzi, però completata all'8 settembre solo per il 59%. Significa che ne costruirono 180? Secondo Cappellano, però, la produzione di pezzi COMPLETI si limitò a soli 30 esemplari. Quindi, facciamo due conti: se i pezzi da 90 Ansaldo sono stati prodotti in appena 117 in 3 mesi, sono circa 40 al mese, dunque un totale di circa 80 esemplari potrebbe essere accettabile per il periodo luglio-agosto-inizio settembre. In questo modo, avremmo un totale di circa 1577 esemplari. Anche arrotondando, è probabile che arriviamo al più a 1.600 pezzi. Certo non a 2.000 e nemmeno a 1.800, sempre che i dati dell'OTO siano giusti, in ogni caso nessuna fonte parla di completamento delle commesse della OTO per la sua parte (abbastanza modesta) di questi cannoni.
Un'altra cosa interessante è che c'erano in Italia circa 750 pezzi da 90 a luglio 1943; ci si può chiedere dove fossero finiti tutti gli altri visto che dovevano essere 500 in più: possibile che erano stati tutti persi in Africa e a Lampedusa/Pantelleria?
QUANTO al pezzo da 94 mm, va detto che già prima della guerra erano state prodotte oltre 500 b.d.f. e oltre 480 affusti; per la fine del 1940 si arrivò a circa 2.000 b.d.f. e circa 1.600 affusti, praticamente eguagliando già il totale della produzione dell'Ansaldo in TUTTA la guerra.
Il cannone Krupp da 88 mm era in realtà nato già ai tempi della Grande Guerra, tanto che artiglierie di questo calibro erano già diffuse nella marina tedesca, e vennero presto, dal 1917 in poi, costruite come armi a.a. pesanti dalla Krupp e dall'allora Erhardt (oggi Rheinmetall).
Nel primo dopoguerra, dato il trattato di Versailles, la Germania mandò i tecnici in Svezia, dove d'accordo con la Bofors, svilupparono un cannone da 75 mm, che però venne rifiutato dall'esercito. Sviluppato in calibro maggiore, ovvero ancora una volta, da 88 mm, esso diventò presto un'arma di sicuro affidamento. Nel 1933, quando la Germania ebbe (purtroppo!) Hitler al potere, denunciò il Trattato di Versailles, e a quel punto già i cannoni da 88 fluivano numerosi dalle linee di produzione.
Anzitutto venne creato il Flak 18, che però era costituito da un solo pezzo per l'intera canna. Questa, del resto era una cosa che aveva in comune anche con il cannone da 90. Ma già con il Flak 36 venne cambiato il sistema di costruzione con sezioni separate, potendo così sostituire quella più vicina alla culatta e più soggetta ad usura. Poi arrivò il Mod 37 (Flak 37) con modalità essenzialmente di cannone da difesa aerea per obiettivi fissi e strategici. Non si deve pensare che fossero modelli incompatibili tra di loro, tanto che saranno spesso 'mischiati' nelle loro varie versioni e componenti.
La canna era lunga, complessivamente, 53 calibri (e non 55 o 56), otturatore orizzontale semiautomatico con una molla messa in tensione dal rinculo del cannone stesso al momento del fuoco. Quanto all'affusto, esso era a crociera su piedistallo assai alto onde permettere che l'otturatore funzionasse anche alla massima elevazione. Benché il sistema a crociera fosse peggiore di quelli convenzionali come altezza, baricentro, messa in batteria, era capace di funzionare al meglio e di garantire rapidi puntamenti sui 360°.
Il peso dell'intera arma in batteria era di soli 4985 kg, e la lunghezza della canna di 4,664 m. Esisteva anche una scudatura di protezione.
I proiettili erano sparabili fino a 15-20 colpi al minuto ed erano del tipo fisso; pesavano 10,4 kg per il tipo HE, o 9,2 kg perforante per velocità di 820 m/sec. Gittata massima di 9.900 metri, pratica 8.000 metri, massima sull'orizzonte 14.800 m, tiro diretto 3.000 m.
Il Flak 36 aveva altre modifiche oltre la canna su più pezzi, anche l'affusto era migliorato, i carrelli di trasporto erano a ruote doppie e potevano muoversi sia in avanti che indietro senza alcuna differenza. La canna era adesso addirittura in tre sezioni, con manicotto esterno.
Esistette anche un Flak 36/41 con canna del Flak 41 su affusto del Flak 36, perché i cannoni avevano superato, nel 1942, la produzione dei sofisticati e pesanti affusti. Nel Flak 37 la canna ritornò ai due pezzi originari. L'attrezzatura del tiro a.a. era elettromeccanico con cariche ad orologeria e 4 cannoni per centrale di tiro con graduatori delle spolette.
Poi c'era il Flak 41, che era stato ibridato anche con il Flak 36 e 37. Il Flak 41 aveva fatto la sua comparsa nel 1941 per migliorare le prestazioni a.a. e aveva anche sistemi di rinculo e recupero migliorati, culla orizzontale e piedistallo sostituito da un perno per ridurre l'altezza totale. La canna era adesso da 72 calibri in tre parti alesate cn manicotto esterno. Pesava molto di più ma aveva una gittata di 15.000 m a.a. e circa 10.000 di efficacia. I proiettili erano pesanti, per il tiro anti-superficie, 10,4 kg, con gittata di ben 19.700 metri. Pesava però 11.240 kg in marcia e 7.800 in batteria. La cadenza era fino a 25 c.min. e l'alzo fino a 90° o -3 per il tiro in depressione.
Non fu un grande successo, per cui i pezzi da 128 diventarono la speranza successiva per la difesa aerea tedesca, ad un problema che in realtà non aveva una soluzione.
Tecnica del cannone da 90 mm italiano:
Canna ( lunga 5,039 m) a pareti semplici, in acciaio speciale (Fe-Ni-Cr-Mo) rigatura destrorsa a 28 righe. La culatta era avviata a freddo alla canna ed era separabile per sostuirla (ma questa, notare bene, era in un unico blocco). Affusto a forcella. Apertura cuneo a scorrimento orizzontale, chiusura a mano, mentre nel modo di funzionamenoto 'automatico' l'otturatore era trattenuto in posizione aperta dopo l'espulsione del bossolo.
Affusto a forcella con piedistallo di supporto conico che a sua volta poggiava su di un paiolo. La culla era a manicotto dove scorrevano cannone e sistemi di puntamento. Nel tipo campale il paiuolo poggiava su forcella. Traino (nel tipo 90C) era 4 ruote. C'erano due recuperatori idropneumatici esterni alla culla e sopra la canna.
La versione da 90/74 apparve solo nel 1951 in una batteria sperimentale. Peso in ordine di marcia 8.950 kg e in batteria 6.240 kg. Gittata, probabilmente con la granata standard da 10,1 kg a 850 m/sec, di 17400 m (11300 o 12000 c.a.), -2/+85°
Entrato in servizio nel 1940, il pezzo da 90/50 M1 americano pesava 8.618 kg. La lunghezza della canna era di 4,63 metri. La velocità iniziale era, con munizione di 10,56 kg, di solo 823 m/sec, ma la gittata max era comunque importante: 10.380-12.000 m verticale, ben 17.823 orizzontale. Alzo tra -5 e +80°.
Sviluppato in appena 2 anni per sostituire il più piccolo 76 mm, anche se non molto lo sanno ebbe anche un fratello maggiore, il potentissimo M1 da 120 mm, che tra l'altro, quando usato come cannone da carro armato, erogava molta più energia (13 MJ!!!!!) del pezzo moderno dell'M1 Abrams. Alla fine del 1940 apparve già la versione migliorata M1A1 essendo adottato nel maggio successivo. In pratica era coetaneo davvero con il 90 italiano e per certi aspetti è l'arma che più dovrebbe esservi accomunata. Tra le capacità che aveva c'era un calcatoio a molla che portava la cadenza fino a 27 colpi minuto.
Nel 1942 il pezzo, nato solo come arma a.a. dovette anche essere modificato per diventare un'arma capace di tiro c.c. Questo fu il modello M2 con -10° di alzo minimo, adottato il 13 maggio 1943, ironicamente lo stesso giorno in cui l'Asse si arrendeva in Tunisia.
I sistemi di direzione erano gli M7 o M8 o il Kerrison, i radar SCR-268 nel 1941, ma nel 1944 questo sistema poco preciso venne sostituito dall'SRC-584 centimetrico con una precisione di 1 milliradiante, collegato al computer balistico M3 e alla centrale M9. In pratica, questi miglioramenti, ancorché tardivi vista la poca minaccia aerea dell'epoca, assieme anche alle munizioni VT, trasformarono facilmente il pezzo da 90 americano nel miglior sistema a.a. della guerra anche se, come il pezzo italiano, la sua evoluzione fu relativamente lenta.
Dalla versione T7 sperimentale partì il pezzo M3 per carri armati, prima sperimentato su di un M10 nel 1943, poi divenne l'arma per l'M36 e M26. Inizialmente era munito però di una poco efficace munizione APC semplice tipo M82, 10,94 kg, da 820 m/sec, che però fu presto soppiantata dalla HVAP con nucleo in tungsteno da 1050 m/s o dalla T33 APC (850 m/sec). Peraltro entrambe rimasero molto poco numerose per tutta la guerra, per cui l'arma principale rimase la M82.
Come arma c.c. specifica, scartata la T8 su affusto dell'obice M2, venne impiegato l'M36, che peraltro era piuttosto lento rispetto agli M10 originali, ma certo potenet; poi arrivò la T14 da 70 calibri che tirava la perforante T43 a 975 m/sec. Questo potente cannone, con munizioni HVAP poteva perforare qualcosa come 220 mm a 910 m di distanza.
Apparvero anche altre armi migliorate, ma nel dopoguerra il tipo T54 era l'arma standard dei carri Pershing e Patton.
L'M1939 (52-K) era un'altra arma che sostituiva quelle classe 3 pollici; canna da 85/55, pesava appena 4.500 kg, tirava proiettili da circa 9 kg a 800 m/s con gittata max di circa 10.500 m oppure 15.650 orizzontale; alzo -3/+82°.
Benché usato anch'esso in migliaia di esemplari e spesso anche con tiri controcarri, il cannone conobbe la maggiore popolarità con il T-34/85, dopo essere stato riprogettato come D-5 e poi come ZiS-S-53, apparso con il T-34/85 Mod 1944.
3.7 in AA GUN
Disegnato nel 1937 ed entrato presto in produzione, il pezzo da 3,7 in venne prodotto in circa 10.000 esemplari. Aveva una massa di circa 9.317 kg, canna da 4,7 metri, elezazione da -5 a 80°, ROF di 10-20 rpm; la velocità iniziale era di 810 m/s con canne nuove, fino a 792 con quelle usurate. L'Mk VI, però, arrivava a ben 1044 m/sec.
La tangenza: fino a 7.000-9.000, dipendente dalle spolette, ma l'Mk VI aveva ben 13.700 m.
Inizialmente la difesa dell'UK era molto manchevole, a dire il vero: nonostante i molti anni di studi interbellici, per sostituire i pezzi da 76 mm, e lo sviluppo del predittore Vickers collegato ad un telemetro, solo nel 1936 questo cannone venne accettato in servizio anche se era più lento nella Vo, senza spoletta meccanica, ed era più pesante.
Ancora all'inizio del 1938 c'erano solo 180 cannoni a.a. pesanti per la difesa della Gran Bretagna, un quantitativo ridicolo, pari a circa 1/10 di quel che sarebbe stato il il dispositivo italiano nel giugno 1940. ANche se la corsa all'armamento portò il totale a 341 per quel settembre, un anno dopo c'erano ancora solo 540 artiglierie, anche se per fortuna parecchie erano oramai quelle da 94 mm. Ma ancora nella B.o.B. l'organico iniziale era sui 1.140 cannoni, pari a circa la metà di quelli italiani (!!!!!), sebbene fossero molto più efficienti in media, visto che centinaia erano del tipo da 94 mm mentre gli italiani avevano solo alcune decine di pezzi da 75 moderni. La produzione di 228 pezzi al mese fino alla fine della guerra e l'aiuto di Canada e Australia contribuì presto a cambiare la situazione, sebbene oramai non c'era più realmente una grande minaccia aerea nemica. Tornarono utili solo contro le V-2.
Il pezzo da 94 aveva sia la carica fissa - a differenza di quello italiano- sia la canna unica -a differenza di quello tedesco, col risultato che presto cominciarono i problemi di approviionamento anche delle canne. Nelle unità inglesi il pezzo da 3.7 in arrivò ad equipaggiare reggimenti speciali con ben 3 batterie da 8 cannoni l'una, e per la fine della guerra ce n'erano 212.
C'erano sia cannoni da posizione che i tipi Mk I e III, con affusto da movimento e 4 ruote. Anche quelli da posizione, però, potevano essere spostati facilmente con una piattaforma dalle ruote distaccabili.
C'erano diversi tipi di affusti, ma anche le spolette, inizialmente quelle piriche che arrivavano fino a 30 secondi, che tuttavia erano pochi per sfruttare il tiro dell'arma. Le spolette meccaniche non erano molto soddisfacenti, finché non arrivò la No.208 con un tempo massimo di 43 secondi. Grazie al regolatore di spolette No.11 fu possibile, dal 1942 in poi, arrivare a 20 RPM.
Tra le versioni vanno considerate la Mk III che passò finalmente alla canna con manicotto e tubo-anima.
Mentre la Mk VI aveva a tutti gli effetti la struttura di un pezzo da 114 mm ritubato, con la munizione tirata da un bossolo tipo 114 mm, e la rigatura che diventava a profondità zero entro gli ultimi 5 calibri per sparare una granata con minore resistenza aerodinamica (dovuta alla forma delle corone di forzamento). Il risultato fu una mostruosa tangenza di 15.240 m.
Quanto alla tangenza, va detto che essa era considerata come il tempo di ingaggio di 20 secondi, pur andando a ben 400 mph (il doppio dei normali bombardieri) prima che il cannone raggiunga 70° di alzo. Certo questo rende la questione un pò strana da considerare, visto che è ovviamente MOLTO inferiore rispetto alla quota massima, dato che in 20 secondi un aereo può fare circa 3 km a quella velocità.
Ad ogni modo, questo metodo, che esisteva almeno all'inizio della guerra, faceva variare la quota efficace da 7.200 a 9.800 m, mentre per il mostruoso Mk VI si giungeva a 14.000 m.
A differenza del pezzo da 88 tedesco, il 94 inglese, pur essendo potente, non riuscì a diventare un'arma campale: l'esercito ne aveva troppo pochi, erano troppo grossi e pesanti, sparare a basso angolo tendeva a rovinarli, inoltre le munizioni erano in genere solo le HE e la spoletta era quella a scoppio a.a. che riduceva il raggio a 10-14 km pratici anche nel tiro contro-batteria.
Nell'insieme è stata una buona arma (l'esercito del Nepal ne ha ancora una cinquantina), ma non è certo stato un capolavoro, pur essendo certo più potente del pezzo da 88 e teoricamente, anche di quelli da 90 (specie con il 'mostro' da 94/114).
Non vi basta?
Allora tabella riepilogativa: (dati, enciclopedia Armi da Guerra):
M1/3 Mod 39 QF 3.7 in 88/55 88/72 85/52 Flak 105 Flak 40
Calibro: 90 90 94 88 88 85 105 128
Entrata in servizio: 1940 1940 1937? 1933? 1942 1942? 1939 1942
Esemplari: 7831 1.600? 10.000?? 20.000 556 xxxx? 4000+ c.a. 1100
Peso: marcia/posiz. 14651 8950-6240 9317 6861-5150 11240-7840 4220-3057 14600-10240 27000-17000
V.o: 823 830 792 820 1000 800 880 880
Peso proiettile: 10,33 12,96 9,2 9,4 9,2 15,1 26
ROF: 27 20 20 20 25 15-20? 10? 10?
Tangenza: 12000 12000 9700 8000 14700 10500 12800 14800
Gittata: 17.900 17.400 14-20 km? 14,8 km 19.700 m 15,6 km 17,6 km 25 km
PRODUZIONE precisa (il più possibile) dei 90/53: fino a luglio (escluso??) 1254 pezzi dall'Ansaldo; dopo l'armistizio 145 P e 68C. Questo ci dà un totale di almeno 1467 pezzi. A questi però bisogna aggiungere anche un totale ignoto prodotto tra luglio e agosto, inizio settembre: quanti? Forse un paio di centinaia?? Più i pezzi della OTO, per la quale era stata data una commessa di 300 pezzi, però completata all'8 settembre solo per il 59%. Significa che ne costruirono 180? Secondo Cappellano, però, la produzione di pezzi COMPLETI si limitò a soli 30 esemplari. Quindi, facciamo due conti: se i pezzi da 90 Ansaldo sono stati prodotti in appena 117 in 3 mesi, sono circa 40 al mese, dunque un totale di circa 80 esemplari potrebbe essere accettabile per il periodo luglio-agosto-inizio settembre. In questo modo, avremmo un totale di circa 1577 esemplari. Anche arrotondando, è probabile che arriviamo al più a 1.600 pezzi. Certo non a 2.000 e nemmeno a 1.800, sempre che i dati dell'OTO siano giusti, in ogni caso nessuna fonte parla di completamento delle commesse della OTO per la sua parte (abbastanza modesta) di questi cannoni.
Un'altra cosa interessante è che c'erano in Italia circa 750 pezzi da 90 a luglio 1943; ci si può chiedere dove fossero finiti tutti gli altri visto che dovevano essere 500 in più: possibile che erano stati tutti persi in Africa e a Lampedusa/Pantelleria?
QUANTO al pezzo da 94 mm, va detto che già prima della guerra erano state prodotte oltre 500 b.d.f. e oltre 480 affusti; per la fine del 1940 si arrivò a circa 2.000 b.d.f. e circa 1.600 affusti, praticamente eguagliando già il totale della produzione dell'Ansaldo in TUTTA la guerra.