25-2-015
Note sulla contraerea di bordo (1940-45) delle navi da guerra.
L'altro giorno ho fatto la disamina della contraerea leggera delle navi della II guerra mondiale. Già ne sapevo qualcosa, ma non pensavo che quel 'qualcosa', visto in una tabella d'insieme, fosse così significativo.
Inizio della storia
La crescita della minaccia aerea, negli anni '30, stava trasformando gli equilibri delle forze armate classiche. Le marine erano le più colpite da questo cambiamento. Fino ad allora sempre all'avanguardia della tecnica, avevano ad un certo punto scoperto che le loro magnifiche, grandi e potenti navi fossero in realtà vulnerabili bersagli per gli attacchi delle fragili e leggere macchine volanti. Per chi non fosse stato convinto dalla I Guerra mondiale, nei primi anni '20 ci fu una potente dimostrazione del potere aereo, quella serie di esperimenti voluti da Billy Mitchell. Le bombe dei bombardieri pesanti americani riuscirono ad affondare persino una grande e moderna corazzata ex-tedesca. Da allora, il problema della difesa a.a. delle navi divenne sempre più complesso e prioritario.
Fino ad allora era affrontato con qualche cannone da 76 mm con affusto ad elevato alzo. Del resto era facile, all'epoca: bastavano soluzioni semplici per riuscire a fare questi cambiamenti. E di cannoni da 75 o 76 mm, o persino da 88 (nelle navi tedesche) ce n'erano già tipicamente da 10 ad oltre 20 per nave, solo che erano a basso angolo perché erano solo per difendere le navi da attacchi di siluranti di superficie (come il MAS di Rizzo, che però riuscì, nell'oscurità, a silurare la St.Istvan) e poco altro. Per il resto c'erano delle mitragliatrici, tipicamente di modello leggero, visto che le armi pesanti di questa categoria non erano così sviluppate all'epoca, anche se presto sarebbe stato fatto.
A dire il vero, esistevano già delle interessanti mitragliere. C'era di tutto, persino dei cannoni-Gatling, ma ad azionamento manuale, e di calibri anche eccezionali (tipo quelli da 47 mm), anche se magari azionati con la manovella. Erano di buona cadenza di tiro, ma non erano molto maneggevoli per il fuoco contro aerei, anche se di tipo lento e vulnerabile. Comunque sparavano agevolmente, persino a cadenze di 30 colpi per minuto.
Molto più interessanti erano le armi pienamente automatiche, che diventarono presto assai diffuse. C'erano cannoncini di questo tipo fino almeno al calibro 40 mm, e di sicuro fu quest'ultimo a diventare il più famoso. Era quello dei cannoni Vickers inglesi, entrati in servizio nel 1915. Buoni cannoni, lunghi 39 calibri, capaci di tirare non meno di 100 colpi al minuto, e con caricatori di dimensioni notevoli (tipicamente 25 o anche 50 colpi). Avevano una buona autonomia di fuoco, anche se non erano per niente eccezionali quanto a balistica.
Ebbero successo, comunque sia, essendo adottati in centinaia di esemplari da parte della RN inglese, così come della RM e della Marina giapponese.
Il 40 mm diventerà poi, con appositi affusti, specie a 8 canne (o per le navi più piccole, a 4), il famoso 'Pom-Pom', di considerevole potenza di fuoco (lo si potrebbe definire il Phalanx/Dardo/Kasthan/Myriad dell'epoca), anche se era grosso e pesante, e sopratutto le armi non avevano una buona balistica, sebbene potessero sfiorare i 1.000 colpi al minuto messe tutte assieme.
Il problema era la scarsa velocità iniziale, che causava una scarsa velocità del proiettile, inoltre inizialmente non c'erano traccianti, molto utili nello 'scoraggiare' gli attaccanti -come rilevato quando venne affondata la P.o.W, che aveva anche i Bofors. Una munizione più performante venne approntata, aveva 700 m/sec anziché 600 ma questo non era un gran miglioramento. Inoltre, solo armi specificamente modificate erano adatte a questa nuova granata, la HV.
Negli anni '30 cominciarono a diffondersi anche le mitragliatrici pesanti: le Hotckhiss francesi, copiate dagli italiani e giapponesi, e le Browning americane, erano le più importanti. Poi arrivarono i cannoni da 20 mm automatici, che con INCOMPRENSIBILE RITARDO erano stati alfine adattati alle navi. Eh sì, perché essi erano nati, nella forma moderna, come un progetto Oerlikon svizzero, attorno al ...1914. Ebbene, questi cannoni, sebbene diffusi come armi a.a. di terra, erano però costosi e le navi -che pure erano oggetti di grande costo e prestigio- non erano state interessate da questa soluzione. Purtroppo questa situazione durerà anche in seguito, mentre Germania e Italia, per esempio, o il Giappone, non avranno problemi a rivolgersi a progetti di cannoni ben più potenti e moderni.
Nel mentre, i deboli cannoni da 40 mm venivano sostituiti da armi più potenti. I Bofors furono quelli di maggior successo, perché permisero di ottenere cannoni ad alta velocità e con rapidità di fuoco e granate potenti. Tuttavia, questi pezzi d'artiglieria a.a., seppure disponibili ben prima dell'inizio della guerra, non erano diffusi all'inizio della stessa. Perché? Anche questa è una bella domanda. Una delle ragioni, così come l'Oerlikon, era la difficoltà di produzione in larga scala. Peraltro, se è vero che il progetto di queste armi era troppo complesso per essere realizzato in quantità da nazione 'bellica', è anche vero che le navi, specie le più grandi, erano equipaggiate con armamenti ben più potenti e costosi, e nessuno aveva granché da obiettare!
La situazione venne risolta largamente dal pragmatismo americano. Per esempio, la canna dell'Oerlikon, che necessitava di essere lavorata da un blocco di acciaio pesante sui 25 kg, per ridursi alla fine a 2,7(!!) fu rielaborata nelle industrie americane, al punto che adesso era possibile realizzarla da un blocco d'acciaio di appena 6,35 kg! Questo fu uno dei motivi per cui i cannoni da 20 e 40 mm americanizzati diventarono di fatto armi 'originali' ed ebbero un successo enorme, tanto che ancora alle Falklands c'erano molte navi britanniche che li imbarcavano.
MA... malgrado tutto quanto sopra detto, bisogna adesso esaminare la situazione marina per marina, all'inizio della guerra, quando era necessario avere a disposizione la maggior potenza di fuoco possibile contro gli attacchi aerei. Bisogna dire che la nozione di 'troppo armamento' per molte navi era tutt'altro che ben compresa a quei tempi, ma mentre era così per molte navi armatissime contro altre unità, con siluri e artiglierie dappertutto, così non era per le armi a.a. Non solo perché non ce n'erano abbastanza, ma perché non c'era e non c'é nemmeno oggi un concetto come 'troppo armamento antiaereo' a bordo di una nave.
Bisogna capire che le navi da guerra, specie le maggiori, sono sempre mezzi prestigiosi, che giovano alla reputazione della nazione in tempo di pace, e che sono utili anche in tempo di guerra (anche al nemico, quando ne annuncia la distruzione!) per tenere alto il morale. Quando hai una nave importante, che costa come decine di bombardieri, e che ha a bordo centinaia, se non migliaia di uomini, e che non sarebbe possibile rimpiazzare se non dopo anni, ci pensi sopra parecchie volte prima di arrischiarla in qualche azione pericolosa. Questo è particolarmente vero per le corazzate, tanto potenti quanto 'preziose' da sacrificare, col risultato che spesso non le hanno usate nemmeno quando avrebbero dovuto farlo. Nessuno rischia a cuor leggero la vita di migliaia di uomini e l'esistenza di navi che costano un capitale e valgono la ragion d'essere di un'intera flotta d'alto mare.
La situazione del 1940
La RM, malgrado l'arretratezza dell'Italia, era sempre stata una marina all'avanguardia, per cui non poteva lasciarsi sfuggire nemmeno questo settore. Prima con la quantità delle armi di bordo, e poi con l'aggiunta della qualità delle stesse. Del resto, l'Italia era la nazione che aveva 'inventato' l'aereo da guerra vero e proprio, nel senso che lo usò per la prima volta in azioni belliche (e i Turchi inventarono la contraerea, di conseguenza!). Gli esperimenti di Mitchell, poi, causarono sicuramente molta preoccupazione per la RM, che era in un teatro tutt'altro che tranquillo, specie con l'acutizzarsi delle crisi internazionali, negli anni '30.
E' un fatto, comunque sia, che gli incrociatori tipo 'Trento' e 'Zara' ebbero qualcosa come 16 cannoni da 100 mm, un qualcosa che all'epoca era incredibile, mentre per esempio i britannici avevano 4 impianti singoli da 102 mm (poi, con molto comodo, aumentati a 4 imbianti binati) e i francesi ne avevano pochi da 75 mm.
All'inizio della guerra, le forze armate delle varie nazioni avevano ciascuna affrontato un pò a modo suo questo problema.
MA, sorprendentemente o meno, la Regia Marina era complessivamente senz'altro la marina meglio equipaggiata di armi a.a.
Questo perché:
1- aveva armi di tipo moderno, e in TUTTE le categorie. Segnatamente, armi da cortissimo raggio da 20 mm, a medio raggio da 37 mm (forse quelle più importanti) e quelle pesanti da 90 mm.
L'abilità dell'Italia nel costruire armi valide in tutti i calibri, durante la II guerra mondiale, è ben nota, del resto. Dalle pistole Beretta ai cannoni da 381, per non parlare di artiglierie per l'esercito da 20, 37, 75, 90, 105, 149 e 210 mm. Il problema fu la produzione, anche perché molte di queste armi apparvero in tempi utili e più o meno nei tempi in cui apparvero in altre nazioni. Quest'abilità non veniva dal niente, e non per la tradizione dei cannoni del Rinascimento, ma proprio per il lavoro di produzione su licenza di armi francesi, tedesche, austriache e sopratutto, inglesi, tanto che durante la I GM solo il piccolo (ed efficace) cannone da 65 mm era, apparentemente, di concezione nazionale. Negli anni '20-30 vi furono invece sviluppi 'autarchici', come del resto accadeva anche in altre nazioni arretrate ma che erano in veloce riarmo (URSS e Giappone).
2- non bastando questo, i progetti delle navi in genere comportavano un grosso numero di questi cannoni, quindi anche la quantità era adeguata. Per esempio, la Littorio aveva 20 cannoni da 37 mm e 16 da 20, mentre la Bismarck ne aveva 16 e 12 rispettivamente.
3- non solo: gli affusti erano 'speciali'. Visto che l'italian style non concepiva la 'semplicità' e non era pragmatico, si volle che persino le armi da 20 mm fossero dotate di stabilizzazione dell'affusto!!! Tranne i tedeschi con un impianto (però quadruplo, non binato) durante la guerra, a nessun altro venne in mente una simile bestialità. E' un fatto, però, che le Littorio avessero (quasi) TUTTO l'armamento a.a. stabilizzato. Infatti era stabilizzato il gruppo di 8 impianti da 20 mm binati, ed era stabilizzato il gruppo di 8 impianti binati da 37 mm, grazie ad un sistema semplice ma pesante (non lo erano, invece, i 4 impianti singoli anteriori). E volete che per la categoria superiore non si volesse qualcosa di ancora più sofisticato? Ed infatti, ecco a voi, il cannone da 90/50 con uno stabilizzatore niente meno che quadriassiale, basato su 11 giroscopi!!
4- anche il sistema di tiro era degno di rilievo: anche qui, TUTTE le armi avevano una sorta di RPC, anche quelle da 20 mm(!!), che però avevano indicazioni solo per il brandeggio, e non anche per l'alzo (e ci mancherebbe!).
5- le munizioni non erano -a differenza di quelle delle artiglierie principali- sacrificate in quantità: 1.500-2.000 colpi per arma minore, sui 500 per quelle più grosse.
6- anche armi più pesanti avevano una limitata capacità a-a, quanto meno fino al 120-135-152 mm, che però erano cannoni buoni essenzialmente per il fuoco di sbarramento e non avevano affusti adatti per il tiro a.a. vero e proprio, per cui la loro utilità era alquanto ridotta.
Questo era il sistema delle Littorio. Ma ovviamente, non era così per tutte le altre navi. Però dà l'idea di come questo settore fosse, in realtà, coperto dagli italiani più seriamente persino di siluri e artiglierie pesanti, malgrado avessero armi tra le più potenti in entrambi i settori.
E gli altri?
Una marina molto simile a quella italiana, era quella tedesca.
Cosa avevano i tedeschi? La loro flak leggera era costituita da armi da 20 mm Flak C/30 e C/38 (simili, e con le stesse munizioni, delle Breda italiane, ma con cadenza di tiro superiore, specie la C/38), dai cannoni a.a. C/30 da 37 mm e dai pezzi flak da 88 e 105 mm.
Erano armi potenti, va detto chiaramente. Inoltre, anche ai tedeschi piacevano i pezzi stabilizzati. Ne avevano per i cannoni da 88 e da 105 mm, ma anche per quelli da 37 mm.
Però, c'erano almeno due differenze: una, era che i cannoni da 20 mm non erano stabilizzati in nessun modo. Due, sopratutto: che i cannoni da 37 mm C/30, inspiegabilmente, erano armi a colpo singolo, semiautomatiche. Non c'era nemmeno un caricatore, tiravano con il colpo ricaricato ogni volta a mano! Questo significava ridurre la cadenza di tiro a circa 20-30 colpi/minuto, un'eresia che avviliva un cannone valido e un impianto stabilizzato pesante e complesso (per quanto privo di scudo protettivo, ma del resto nemmeno le armi italiane ne avevano). La munizione era molto più leggera di quella paricalibro italiana (640 gr vs 840!) che del resto era la più pesante della categoria (tanto da arrivare quasi al peso delle armi da 40 mm, del resto non tanto lontane in calibro). Ma la velocità iniziale era di ben 1 km/sec, per cui erano armi a tiro molto teso e a lunga portata. In base ai risultati di alcuni ingaggi, pare che, malgrado il ridotto volume di fuoco, queste armi fossero tutt'altro che innocue. La Bismarck, per esempio, abbatté due Swordfish nella prima azione d'attacco che subì, anche se incassò un siluro (quasi senza danni) e il morale ne beneficiò, anche perché pensavano di avere abbattuto 5 aerei. La VENETO, per quanto più armata in questo senso, ne abbatté solo uno prima di essere silurata.
Un'altra differenza erano gli affusti: le armi italiane da 90 mm erano interamente scudate e blindate, mentre quelle da 105 non lo erano (del resto erano anche più pesanti), cosa non buona specialmente per il clima orrendo dei mari settentrionali, che causava anche avarie ai sistemi di bordo.
Però è anche vero, che 2 cannoni da 105 valevano ben più di uno da 90 mm.
La Marina francese era notevolmente più pericolosa per gli italiani, essendo il rivale naturale di questi. Però l'armamento a.a. non era un granché: nessuna delle armi francesi era stabilizzata. Inoltre, i cannoni da 37 mm erano anche qui, a carica manuale e quindi con ratei di fuoco ridotti, sui 20 colpi/min. Ma se questo non bastasse, mancava anche un buon cannone a.a. ravvicinato, come i 20 mm. I cannoni da 25 mm francesi, sebbene fossero potenti e venduti all'estero, non vennero ordinati se non troppo tardi, perché si pensava che le mitragliere e i cannoni fossero sufficienti. Così, nel 1940, la Marina francese aveva solo cannoni da 37 mm a carica manuale e mitragliatrici da 13 mm. Nessuno dei due tipi era stabilizzato e tipicamente non avevano sistemi di controllo remoto (RPC), almeno non i 13 mm.
Il settore superiore era più interessante: c'erano dei buoni cannoni singoli da 90 mm (però erano molto meno recenti e leggermente meno potenti dei 90 mm), e da 100 mm binati. Inoltre, i francesi puntarono ampiamente ai pezzi DP e usarono allo scopo sia cannoni da 130 che da 152 mm, che erano valide armi, ma troppo pesanti per il ruolo a.a, tanto che dovettero sostituire due torri da 152 delle Richelieu con 6 impianti da 100 mm binati, scelta senz'altro più equilibrata. Resta il fatto che i ritardi nell'introdurre cannoni automatici da 25 e 37 mm, che pure erano disponibili, diede alla marina francese una scadente difesa a.a., almeno per i settori ravvicinati.
Poi c'é la Marina sovietica. Nemmeno loro brillavano. Avevano mitragliatrici a.a. per la difesa ravvicinata, ma erano le Maxim da 7,62 mm, praticamente inutili in molti casi. Poi, al di sopra, c'erano i cannoni da 45 mm, che però erano di tipo controcarri adattato, e nemmeno a dirlo: non automatici. Nel 1940 stavano peraltro introducendo un potente cannone a.a. da 37 mm automatico, così buono da avere rivaleggiato poi in longevità con il Bofors, tanto che la Cina ancora lo produce per le navi da guerra. Questo è abbastanza interessante, anche perché esso era la versione ingrandita del Bofors da 25 mm sperimentato anni prima. Però, nel 1940 questi cannoni non erano ancora realmente disponibili in quantità, per cui l'armamento standard non era certo quello.
Al livello superiore c'erano i cannoni binati da 100 mm. Questi erano praticamente la versione modificata dell'affusto italiano da 100 mm Minizimi, che a sua volta usava dei validi cannoni austro-ungarici della Grande guerra, riprodotti poi dall'Italia nel primo dopoguerra.
E adesso, abbiamo i 'big' della situazione.
Anzitutto, la Royal Navy: questa aveva un mix di armi che, almeno sulla carta, erano interessanti sia di per sé, che come affusto (anzi, sopratutto come affusto). Uno era il già visto Pom-pom, da 40/39 mm. L'altra era la mitragliatrice pesante Vickers, che sebbene fosse debole (gittata pratica a.a. circa 700 metri!) era pur sempre una buona arma, e di capacità discrete se impiegata in impianti multipli. Cosa che accadeva, normalmente, essendo tipicamente presenti in due o più impianti quadrupli (con le armi sovrapposte per semplificare l'alimentazione) sulle navi. Non era malaccio, considerando la diffusione. Però, è un fatto che i Bofors e gli Oerlikon sostituirono facilmente queste armi inglesissime, in rapporti tipicamente di 1:4 ovvero, meglio un cannone da 20 mm che un impianto quadrinato da 12,7! Idem per i Bofors singoli o binati vs i Vickers a 4 o 8 canne.
I cannoni DP erano stati invece introdotti con diverse navi, e questo era un fatto positivo, così come un discreto sistema a.a. (l'HACS). Questi erano di diversi tipi: i cannoni da 101 mm a.a. di diversi tipi erano armi di buon livello e cadenza di tiro, nel tipo più potente la gittata era anche eccellente (18 e passa km, addirittura più dei cannoni standard da 120 dei cacciatorpediniere!). Ma c'erano sopratutto i cannoni da 114 e 133 mm. Solo che erano pesanti, costosi, e sopratutto erano limitati ai soli scafi maggiori, ergo portaerei, corazzate e qualche incrociatore.
A livello ancora più alto, peraltro, c'erano anche i cannoni da 152 e 203 mm, che in molti tipi di affusti erano capaci di elevazioni sufficienti per usarli come sistemi a.a. Era un'idea dignitosa, ma purtroppo non molto funzionale, perché rendeva le torri più pesanti, complesse e meno protette di quanto sarebbe stato altrimenti, così l'idea venne successivamente dismessa. Però, almeno negli anni '20-primi anni '30, la velocità degli aerei era dell'ordine dei 200-250 km/h, sia caccia che bombardieri. Non c'era ragione per NON provarci, che poi negli anni '40 le prestazioni erano raddoppiate, è un'altra questione.
Poi c'era la US Navy: questa aveva ben pochi nemici essendo lontana da chiunque o quasi. Questo significa che dovevano temere ben poco, specie finché durava l'isolazionismo, per le loro navi. Ad ogni modo, avevano le Browning da 12,7 mm, armi potenti e usualmente, raffreddate ad acqua. Però erano troppo piccole per funzionare davvero bene, inoltre erano poche (molti cacciatorpediniere non avevano che 4-5 di tali armi). Ai livelli più alti c'erano i cannoni da 28 mm, un'arma vista probabilmente come un valido intermezzo tra quelle da 20 e quelle da 37-40 mm. Essa era invariabilmente presente in impianti quadrinati, ed aveva RPC. Però l'affidabilità non fu mai buona e presto venne sostituita dai pezzi da 40 mm, così come le Browning con i cannoni da 20 mm svizzeri 'americanizzati'. A dire il vero, erano cannoni comunque validi, ma il problema era che nemmeno nel 1940 -anni dopo l'introduzione in servizio- ce n'erano molti esemplari disponibili.
Dove l'USN era avanti era nei cannoni da 127 mm a.a. DP. Questa era un'altra innovazione notevole, che pose la marina americana all'avanguardia, producendo quello che era il migliore cannone della sua categoria. La cosa non era molto sensibile nel caso degli incrociatori, ovviamente, visto che questi come armi secondarie, ovviamente avevano i cannoni di medio-piccolo calibro, come i 100 mm. Ma nel caso delle navi da battaglia permetteva di ridurre ad un solo tipo i cannoni secondari, cosa che magari non piacerà ai modellisti, ma di sicuro piacque molto ai marinai e agli ammiragli, perché permetteva di usare il 100% dell'armamento secondario come sistema a.a.
Ad un certo punto, poi, apparvero anche una serie di sviluppi formidabili nella lotta a.a., a parte i radar: cannoni da 152, 203 e persino 406 vennero anche impiegati come armi antiaeree. Però questo non era ancora vero all'inizio della guerra (anche ipotizzando il dicembre 1941).
Ovviamente, sul fatto dei cannoni da 40 e 20 mm, dei radar, delle spolette di prossimità ecc, lasciamo stare, è storia fin troppo nota, ma non riguarda affatto quel periodo iniziale. Ancora nel 1942, si stima che circa il 20% degli abbattimenti venne ottenuta dai pochi cannoni da 20 mm (che pure, all'epoca, non erano ancora stati equipaggiati del sistema di mira Mk 14 girostabilizzato, che migliorava grandemente le capacità di tiro). Da notare la refrattarietà degli americani agli affusti binati da 20 mm: in pratica, a causa delle vibrazioni (specie per l'Mk 14) finivano per non essere meglio di quelli singoli, secondo quanto dissero all'epoca le indagini.
Infine la Marina Giapponese: questa aveva inizialmente le mitragliere da 13 mm Hotckhiss riprodotte in Giappone. Erano armi limitate, così presto arrivarono, durante gli anni '30, i cannoni da 25 mm, sempre di tipo francese. Essi vennero usati per lo più in impianti binati oppure -sulle navi da battaglia- tripli e scudati (la Yamato ne aveva 8, in origine). Però non c'era altro! Nessun'arma, cioé, da 37-40 mm venne sviluppata e messa in largo servizio. In pratica, anzi, il 25 mm fu scelto come vantaggioso sostituto non solo dell'arma da 13 mm, ma anche del cannone da 40 mm di vecchio tipo, che aveva una gittata e un'affidabilità insoddisfacenti. Il pezzo da da 25 mm era superiore in questo senso, anche se il proiettile era meno potente. La produzione di cannoni Bofors 'copiati' fu -come anche nel caso dei Tedeschi- molto limitata.
Nel settore dei cannoni più pesanti, però, non erano rimasti inerti, anzi: i giapponesi furono i primi ad introdurre torri realmente sofisticate per i loro pur leggeri cacciatorpediniere. La torre binata da 127/50 mm, era non solo ben armata, ma aveva una protezione anti-schegge e NBC per tutti quelli che erano all'interno, non essendo quindi una semplice postazione scudata. Inoltre, presto comparve la capacità di elevazione fino a 70°, che ne rese possibile l'impiego a.a. Questo rimase più che altro un esercizio teorico, perché la velocità di rotazione ed alzo non erano realmente sufficienti. Sta di fatto, però, che questi cacciatorpediniere potevano integrare il magro armamento a.a. leggero che avevano, con questi cannoni dell'intera batteria principale (4-6 pezzi), cosa fondamentale, specie contro bombardamenti in quota o attacchi siluranti portati da distanze troppo ampie per le armi leggere. Bisogna dire al riguardo che le marine italiana, francese, tedesca (a parte i caccia Type 36 con torre binata), sovietica e britannica nemmeno ci provarono a fare una cosa del genere, e i loro cacciatorpediniere vennero sterminati senza quasi colpo ferire, specie dagli attacchi di bombardieri in picchiata.
Le navi più grandi avevano cannoni da 155 mm tripli, con la capacità di eseguire tiro a.a. anche se erano, come sempre per questo calibro, un pò troppo lenti per essere davvero efficaci. Tuttavia, non si capisce perché non usarli, vista la minaccia data dall'aviazione nemica, anche se l'utilità fosse limitata (cosa risolta solo con i cannoni pienamente automatici di questo calibro, malgrado che i meccanismi non fossero esattamente affidabilissimi). Le navi giapponesi più grosse avevano anche dei cannoni da 127 mm a potenza ridotta, che erano le vere armi a.a. Questo era un fatto simile a quello che si rileva nelle navi americane, solo che in questo caso il cannone da 127/40 è successivo a quello più potente ed è specifico per questa ragione, mentre i pezzi da 127/38 americani sono stati successivi ai meno potenti (e usati quasi esclusivamente come armi a.a.) da 127/25 mm di vecchia generazione, così che al posto di due armi differenti (127/25 a.a. e 127/50 a.s.) gli USA trovarono il modo di costruire un solo modello unificato che -al di là delle soluzioni di compromesso- era efficace in entrambi i ruoli, essendo da 127/38 mm.
Infine, i giapponesi usarono con criteri mai visti prima i pezzi di grosso calibro, usandoli grazie all'elevato alzo disponibile (fino a 45°), e sopratutto con tipi di proiettili antiaerei ben specifici, addirittura di tipo cluster, con submunizioni incendiarie. Questa era una cosa nota sopratutto per l'uso da parte delle Yamato, che così ebbero modo di sfruttare tutto l'armamento per questo scopo. Però, in realtà, era presente anche con cannoni di calibro minore, per cui si può dire che molto probabilmente fosse possibile fare questo fin dall'inizio della guerra. Di sicuro, al di là della riuscita modesta, era un notevole fatto che la marina giapponese avesse usato questo tipo di munizioni, l'unico modo all'epoca per eseguire tiri a.a. a gittate tali da sorprendere gli aerei addirittura prima che iniziassero gli attacchi (fino a oltre 15 km!). Un motivo di plauso, dunque, così come lo fu l'aver sviluppato -in aggiunta ai migliori siluri della guerra- proiettili con traiettorie d'attacco subacquee, per colpire sotto le cinture le navi nemiche.
Ricapitolando:
Marine: RM MN RN KM VMF USN IJN
Cannoni da 20/28 mm: SI' NO NO? SI' NO SI' SI'
Cannoni da 37/40 mm: SI' SI' SI' SI' SI' NO NO
Cannoni da 37/45 mm automatici moderni: SI' NO NO NO NO NO NO
Cannoni leggeri (20-40 mm) stabilizzati: SI' NO NO NO/SI' NO NO NO
Cannoni da 90-105 mm moderni: SI' SI' SI' SI' NO? NO NO
Cannoni da 90-105 stabilizzati: SI' NO NO SI' NO NO NO
Cannoni DP da 100-155 mm: NO SI' SI' NO NO SI' SI'
Cannoni pesanti a.a.: NO NO NO NO NO SI' SI'
Evidentemente la RM diede molto sviluppo ai cannoni a.a. dei calibri minori, ma non credette mai (e certo non a torto) ai cannoni molto grandi come armi a.a. Però non sviluppò mai dei cannoni DP veri e proprio, e questo fu forse il peggior errore, forse perché per gli ammiragli italiani le gittate 'umane' che si potevano ottenere da tali 'compromessi' non soddisfavano la loro sete di 'cifre assolute'. Infatti, mentre da altre parti si faceva con successo (Giappone e USA), e da altre ancora almeno ci si provava (Francia, UK e persino Germania), da noi questo concetto rimase alieno fino alla fine della guerra, quando gli studi in merito cominciavano a funzionare, ma era troppo tardi. Così come non entrò mai in servizio la mitragliera automatica da 65/64 mm, relegata al solo caricamento manuale perché l'alimentazione non era soddisfacente con i soli meccanismi.
Adesso passiamo ad analizzare le debolezze delle armi a.a. navali italiane.
Uno: quanto detto sopra è senz'altro interessante, ma in realtà le cose in pratica non erano così 'de luxe'.
I cannoni da 37 mm, per esempio, erano ben diffusi nelle navi maggiori, ergo corazzate e incrociatori. Ma erano armi 'strane', con affusto, paradossalmente, 'rigido'. Ergo, era capace di stabilizzare la linea di mira, ma all'atto dello sparo la canna non rinculava, ma solo la culatta. Le vibrazioni trasmesse erano micidiali, specie negli affusti binati! E questo, assieme al frastuono e al fumo, non aiutava certo la mira. Per cui, pur essendo delle buone armi, non erano così efficaci in pratica. Anche la cadenza di fuoco era tutt'altro che eccezionale, anche se aiutata dal raffreddamento ad acqua e dal fatto di poter inserire le clip di colpi anche durante il fuoco.
La stabilizzazione di per sé, peraltro, non era molto efficiente e non c'era traccia di scudi protettivi. Il sistema di stabilizzazione, per molte navi, venne quindi abbandonato. I 37 mm, paradossalmente, pare che fossero apprezzati maggiormente nel tipo singolo, che era null'altro che un affusto semplificato, assolutamente privo di stabilizzazione e molto leggero. Quest'arma era considerata un buon cannone a.a., e forse meglio dei pezzi binati stabilizzati.
Di sicuro lo era per le navi più leggere. Infatti, le vibrazioni e il peso degli impianti standard era tale, che i cacciatorpediniere non poteva praticamente portarli, finché non venne sviluppato un apposito affusto singolo che lo rese possibile. Altrimenti, le navi minori avevano solo i cannoni da 20 mm.
I cannoni da 20 mm, a loro volta, in molti tipi di impianti, ebbero solo struttura normale, alleggerita, specie se in tipi singoli.
La stabilizzazione dei 90 mm era frequentemente disturbata da guasti elettrici, specie sulle corazzate 'Doria', che erano più basse sull'acqua, tanto che venne rimosso anche il sistema RPC. Le Littorio lo continuarono ad avere, ma non potevano non mancare guasti e problemi vari, anche se le loro crociere in mare non furono mai pesanti come quelle delle navi equivalenti di altre marine, veramente 'oceaniche', dove non c'era molto spazio per i 'fronzoli' che piacciono tanto ai progettisti nostrani.
Un altro discorso, è che pare che i cannoni a.a. italiani, malgrado avessero dei pesantissimi e sofisticatissimi sistemi di stabilizzazione, a quanto pare non avevano sistemi di elevazione e brandeggio motorizzati, ma soltanto manuali. Anche i sistemi di ricarica non erano nulla di speciale, e la cadenza dei cannoni da 90 mm (12 colpi/min, con artiglieri bravi anche 16) non era niente di eccezionale. Inoltre il cannone da 90 mm singolo, semplicemente, mancava di potenza di fuoco. A mio avviso, sia come arma a.a. che a.s. era inferiore rispetto al cannone da 100 mm binato, sia pure di vecchio tipo (10 rpm e granata molto più pesante, su gittate almeno analoghe), a parte il discorso della stabilizzazione. Solo che, se davvero la stabilizzazione fosse stata così importante, perché altre marine la trovarono un qualcosa di superfluo, inaffidabile e pesante? E non l'adottarono, infatti, se non in pochi esemplari e condizioni particolari.
Quanto all'effiacia complessiva del tiro a.a. italiano, non pare che sia stata particolarmente buona, anche se non ha nemmeno demeritato. Semplicemente, non risulta che le condizioni ottime da cui partì la RM risultassero, nemmeno a confronto con aerosiluranti biplani, un qualcosa di particolarmente rimarchevole.
E' un fatto che a Punta Stilo e a Matapan le armi a.a. italiane fossero numerosissime, ma che riuscissero malgrado questo, a distruggere solo un aereo. Quando la corazzata Strasbourg francese, per esempio, così come la Richelieu, riuscirono ad abbatterne un paio a testa durante gli attacchi dell'aviazione britannica americana, e in un singolo giorno (idem per la Bismarck, vedi sopra): solo fortuna?
Quanto all'armamento a.a. EFFETTIVAMENTE presente nel 1940, anche qui bisogna fare dei distinguo.
Le armi da 90 mm con i loro fantascientifici affusti stabilizzati quadriassiali, erano sì presenti... ma non erano efficienti. Infatti in quel mese, non erano in servizio operativo. Entrarono in linea solo con le corazzate 'Littorio' e 'Doria', eppure nemmeno a Punta Stilo (un mese dopo l'inizio della guerra e 2-3 mesi dopo la consegna delle prime due 'Littorio') qualcuna di esse era efficiente a sufficienza per entrare in azione contro i britannici.
TUTTE le altre navi ebbero invece i cannoni binati da 100 mm: tutti gli incrociatori li ebbero, tra 6 e 16 esemplari, tra cui 7 incrociatori pesanti, 1 corazzato, e 12 leggeri (più altri due di vecchio tipo, che non so se ebbero tali armi). Idem per le due 'Cavour' rimodernate.
Quindi i 90 mm erano 'cosa loro' delle 5 corazzate italiane più moderne, e basta.
Mentre i cannoni da 100 mm binati erano presenti su oltre 20 navi maggiori italiane, con un totale di probabilmente oltre 200 bocche da fuoco contro 56.
Quanto ai cannoni da 37 mm: questi erano certo più diffusi, c'erano sia sulle corazzate che sugli incrociatori. Ma quasi tutti i cacciatorpediniere erano privi di tali armi, mentre per esempio, i mezzi analoghi tedeschi ebbero numerosi cannoni da 37 mm (sebbene semi-automatici, erano meglio di niente!). E' vero che molti incrociatori inglesi non ebbero i pom-pom, ma è altrettanto vero che persino i cacciatorpediniere più moderni avevano affusti a 4 canne.
Soltanto attorno al 1942 alcuni caccia ne ebbero 2-3 esemplari, ma dei tipi singoli con affusto semplificato ed elastico, perché prima era impossibile imbarcarli sulle loro leggere strutture, essendo le vibrazioni fastidiose sulle navi maggiori per la precisione, ma addirittura pessime per i cacciatorpediniere e altre navi leggere.
Invece, la maggior parte dei cacciatorpediniere italiani avevano un paio di Vickers-Terni da 40 mm singoli, più un paio di mitragliatrici da 13 mm.
Ecco, i cannoni da 20 mm. Questi erano entrati in servizio da qualche anno, MA non furono subito estesi a tutte le navi italiane, nemmeno a molte moderne/rimodernate.
Sulle Littorio e sulle Doria, naturalmente, c'erano. Ma non era così nel caso delle Cavour, che all'inizio almeno ebbero le mitragliatrici da 13 mm (dato incerto, ad ogni modo: pare che almeno una di esse ebbe i 20 mm solo nel 1940, e non è chiaro quando: forse dopo i danneggiamenti di Punta Stilo?). Non solo, ma praticamente tutti gli incrociatori italiani ebbero inizialmente le armi da 13 mm, e anche se poi vennero sostituite da pezzi calibro 20 mm, non è chiaro quando questo avvenne (1939-42??).
Così avvenne anche per le navi italiane nella classe torpediniere e cacciatorpediniere, ergo quasi tutti su oltre 100 scafi disponibili. In genere avevano tra 4 e 8 armi da 13,2 mm, anche se alcune di queste navi, dal 1939, cominciarono a ricevere i cannoni da 20 mm. Quindi non è facile, in termini assoluti, capire quante di queste armi fossero disponibili nel giugno 1940.
Tra le navi di 'seconda classe', anche la metà degli incrociatori 'Condottieri', le prime due sottoclassi, le quali andarono distrutte quasi interamente (5 navi su 6, in particolare tutte e 4 quelle del primo gruppo). Però ebbero 8 cannoni da 20 mm al posto dei due da 40 mm. Le 6 più moderne, però, ebbero tali armi solo molto più tardi, quando li ebbero. In compenso, va detto che i primi sei Condottieri NON avevano armi da 37 mm, né apparentemente le ebbero in seguito.
Lo stesso vale anche per tutti i sottomarini, e per tutti i MAS e navigli ausiliari vari, generalmente provvisti di armi da 8, 13 o 40 mm a.a.
Si potrebbe dire che quindi, all'inizio della guerra, l'arma standard per la difesa a.a. ravvicinata della RM NON FOSSE il 20 mm, ma il 13 mm, arma valida ma non eccezionale e priva, per esempio, di proiettili esplosivi (a differenza delle 12,7 dell'aviazione).
Quindi, in definitiva, i nemici che avrebbero attaccato la RM, nel 1940, sarebbero stati quasi esclusivamente contrastati da: cannoni binati da 100 mm di tipo piuttosto vecchiotto (anche se ragionevolmente efficace); mitragliere da 37 mm, ma se non disponibili navi più grosse di un tipico cacciatorpediniere, probabilmente solo da 40/39 mm di vecchio tipo (e in pochi esemplari); e infine, per le distanze più brevi, quelle da 13 mm eccetto che per i 12 cacciatorpediniere 'Soldati' e qualche altra rara nave armata/riarmata in maniera moderna. I 4 caccia tipo 'Maestrale' probabilmente vennero armati fin dall'inizio con 6-8 armi da 20 mm, e così i 4 'Oriani', anche se inizialmente non lo erano. Infatti, la modifica fu fatta essenzialmente nel 1939, rimpiazzando le armi da 13 e 40 mm di vecchio tipo.
Per cui è del tutto difficile riuscire a capire quando vennero davvero riequipaggiate con tutti questi armamenti. Di sicuro c'erano 8 cannoni come standard (4 impianti binati) su 20 cacciatorpediniere e 6 incrociatori leggeri, e probabilmente altri 24 sulle 'Cavour' ammodernate, più qualche altra arma a bordo di altro naviglio, tra cui le 'Spica' (ma quanti saranno stati? Francamente lo ignoro), per cui siamo attorno alle 208-232 armi da 20 mm.
Non poche, ma se si considera una media di diciamo, 8 armi per ciascuno di 19 incrociatori principali, e 6 per ciascuno dei rimanenti 60 cacciatorpediniere e torpediniere relativamente moderni (ne avevano 2-8 esemplari, in genere), avremmo comunque una presenza di minoranza, riservata alla sola elite della flotta, e nemmeno a tutta (gli incrociatori, entrati in servizio con un certo anticipo, non ce l'avevano).
Questa era quantificabile in circa 230 armi da 20 mm su 26-28 unità, mentre dall'altra parte c'erano circa 70 navi con circa 550 armi (approssimazione), ergo il 75% delle unità italiane aveva ancora le mitragliatrici di vecchio tipo.
Il totale delle armi di bordo era difficile da dire: i 'Turbine', per esempio, erano 8 navi con 2 cannoni da 40 e 2 da 13,2 mm soltanto, i 4 Dardo avevano 2 da 40 e 4 da 13,2 mm, per cui una dozzina di cacciatorpediniere, in tutto mettevano assieme appena 24 cannoni da 40/39 e 32 da 13,2 mm. I 'Maestrale' e 'Poeti' vennero in extremis armati con i cannoni da 20 mm al posto di queste armi originali, appena prima della guerra. I 'Soldati' vennero direttamente costruiti così.
Per rimediare a questa situazione, comunque sia, gli italiani già dal 1941 riempirono le navi che gli restavano di cannoni da 20 mm.
Da notare che parecchie navi di vecchio tipo, per strano che possa sembrare, ebbero i cannoni da 20 mm attorno al 1939: si trattava delle torpediniere che in realtà erano vecchi cacciatorpediniere dequalificati, spesso della Grande Guerra. Essi ebbero, a seconda delle versioni, tra 4 e 7 cannoni da 20 mm. Non è affatto chiaro quali e quante navi ebbero tale modifica, sembra però che i 6 'Generali' ebbero tutti 4 cannoni da 20 mm. In contrasto, i 3 ben più grossi CT 'Sauro' rimasero con le due solite armi da 40 e le due da 13 mm, tutte al solito, in impianti singoli. Strano ma vero, le navi più moderne vennero lasciate indietro rispetto a questi vecchi catorci.
Quindi, al dunque, il 37 mm era l'unica arma realmente moderna e assai diffusa (ma pur sempre, solo su poco più di 20 navi, almeno nei tipi binati e stabilizzati), mentre lo standard era, per le brevi distanze, il 13 mm, diffuso su probabilmente 20+ incrociatori, quasi 100 tra cacciatorpediniere e torpediniere, e altrettanti sottomarini, più circa 50 MAS (spesso armati solo con armi da 8 mm, però), e navi ausiliarie e minori di vario tipo.
Per fare un esempio, invece, nella pur più piccola, ma più moderna marina tedesca, i cannoni da 20 mm e persino quelli da 37 mm erano diffusi in maniera capillare, cosa che faceva una non lievissima differenza: se ne trovavano su sottomarini, cacciatorpediniere, torpediniere, navi corsare, navi maggiori di vario tipo.
Tutto questo per mettere le cose nella loro giusta prospettiva, che comunque lasciava la RM (almeno una volta che le 'Littorio' entrarono in servizio attivo) in condizioni d'eccellenza all'inizio della guerra, per poi scivolare in quantità e qualità durante il conflitto, mentre RN e USN crescevano inesorabilmente, anche in questo ambito, dimostrando oltretutto che i cannoni a.a. leggeri dovevano essere sopratutto TANTI, mentre gli impianti stabilizzati erano più un impiccio per mole e per affidabilità, che una risorsa, almeno all'epoca dei fatti.
Complessiva presenza di armi a.a. nella RM, giugno 1940:
Armi da 13,2 mm (in genere binate): circa 550 su 75 navi (escludendo le torpediniere e i cacciatorpediniere più vecchi).
Armi da 20 mm (in genere binate): circa 220 su almeno 27 navi (includendo il S.Giorgio ma non le corazzate, per i motivi di cui sopra).
Armi da 37 mm (in genere binate): circa 128 su 2 corazzate e 13 incrociatori (le Littorio/Doria non vengono considerate in quanto non ancora operative)
Armi da 40 mm (singole): sicuramente diverse decine, se non qualche centinaio, su cacciatorpediniere e vecchie navi, forse anche incrociatori.
Armi da 90 mm (singole): nessuna (le 4 corazzate che ne avevano complessivamente 44 esemplari, non erano ancora pienamente operative).
Armi da 100 mm (binate): 194 (2*8 corazzate, 7*12 incrociatori pesanti, 10 S. Giorgio, 76 incr. leggeri)
Totale: circa 550 armi da 13,2 mm, 220 da 20 mm, 128 da 37 mm, decine da 40 mm, 0 da 90 mm, 194 da 100 mm.
Gran totale: circa 1.000+ armi disponibili su circa 150 navi (2 corazzate, 20 incrociatori, 120 caccia/torpediniere).
Note sulla contraerea di bordo (1940-45) delle navi da guerra.
L'altro giorno ho fatto la disamina della contraerea leggera delle navi della II guerra mondiale. Già ne sapevo qualcosa, ma non pensavo che quel 'qualcosa', visto in una tabella d'insieme, fosse così significativo.
Inizio della storia
La crescita della minaccia aerea, negli anni '30, stava trasformando gli equilibri delle forze armate classiche. Le marine erano le più colpite da questo cambiamento. Fino ad allora sempre all'avanguardia della tecnica, avevano ad un certo punto scoperto che le loro magnifiche, grandi e potenti navi fossero in realtà vulnerabili bersagli per gli attacchi delle fragili e leggere macchine volanti. Per chi non fosse stato convinto dalla I Guerra mondiale, nei primi anni '20 ci fu una potente dimostrazione del potere aereo, quella serie di esperimenti voluti da Billy Mitchell. Le bombe dei bombardieri pesanti americani riuscirono ad affondare persino una grande e moderna corazzata ex-tedesca. Da allora, il problema della difesa a.a. delle navi divenne sempre più complesso e prioritario.
Fino ad allora era affrontato con qualche cannone da 76 mm con affusto ad elevato alzo. Del resto era facile, all'epoca: bastavano soluzioni semplici per riuscire a fare questi cambiamenti. E di cannoni da 75 o 76 mm, o persino da 88 (nelle navi tedesche) ce n'erano già tipicamente da 10 ad oltre 20 per nave, solo che erano a basso angolo perché erano solo per difendere le navi da attacchi di siluranti di superficie (come il MAS di Rizzo, che però riuscì, nell'oscurità, a silurare la St.Istvan) e poco altro. Per il resto c'erano delle mitragliatrici, tipicamente di modello leggero, visto che le armi pesanti di questa categoria non erano così sviluppate all'epoca, anche se presto sarebbe stato fatto.
A dire il vero, esistevano già delle interessanti mitragliere. C'era di tutto, persino dei cannoni-Gatling, ma ad azionamento manuale, e di calibri anche eccezionali (tipo quelli da 47 mm), anche se magari azionati con la manovella. Erano di buona cadenza di tiro, ma non erano molto maneggevoli per il fuoco contro aerei, anche se di tipo lento e vulnerabile. Comunque sparavano agevolmente, persino a cadenze di 30 colpi per minuto.
Molto più interessanti erano le armi pienamente automatiche, che diventarono presto assai diffuse. C'erano cannoncini di questo tipo fino almeno al calibro 40 mm, e di sicuro fu quest'ultimo a diventare il più famoso. Era quello dei cannoni Vickers inglesi, entrati in servizio nel 1915. Buoni cannoni, lunghi 39 calibri, capaci di tirare non meno di 100 colpi al minuto, e con caricatori di dimensioni notevoli (tipicamente 25 o anche 50 colpi). Avevano una buona autonomia di fuoco, anche se non erano per niente eccezionali quanto a balistica.
Ebbero successo, comunque sia, essendo adottati in centinaia di esemplari da parte della RN inglese, così come della RM e della Marina giapponese.
Il 40 mm diventerà poi, con appositi affusti, specie a 8 canne (o per le navi più piccole, a 4), il famoso 'Pom-Pom', di considerevole potenza di fuoco (lo si potrebbe definire il Phalanx/Dardo/Kasthan/Myriad dell'epoca), anche se era grosso e pesante, e sopratutto le armi non avevano una buona balistica, sebbene potessero sfiorare i 1.000 colpi al minuto messe tutte assieme.
Il problema era la scarsa velocità iniziale, che causava una scarsa velocità del proiettile, inoltre inizialmente non c'erano traccianti, molto utili nello 'scoraggiare' gli attaccanti -come rilevato quando venne affondata la P.o.W, che aveva anche i Bofors. Una munizione più performante venne approntata, aveva 700 m/sec anziché 600 ma questo non era un gran miglioramento. Inoltre, solo armi specificamente modificate erano adatte a questa nuova granata, la HV.
Negli anni '30 cominciarono a diffondersi anche le mitragliatrici pesanti: le Hotckhiss francesi, copiate dagli italiani e giapponesi, e le Browning americane, erano le più importanti. Poi arrivarono i cannoni da 20 mm automatici, che con INCOMPRENSIBILE RITARDO erano stati alfine adattati alle navi. Eh sì, perché essi erano nati, nella forma moderna, come un progetto Oerlikon svizzero, attorno al ...1914. Ebbene, questi cannoni, sebbene diffusi come armi a.a. di terra, erano però costosi e le navi -che pure erano oggetti di grande costo e prestigio- non erano state interessate da questa soluzione. Purtroppo questa situazione durerà anche in seguito, mentre Germania e Italia, per esempio, o il Giappone, non avranno problemi a rivolgersi a progetti di cannoni ben più potenti e moderni.
Nel mentre, i deboli cannoni da 40 mm venivano sostituiti da armi più potenti. I Bofors furono quelli di maggior successo, perché permisero di ottenere cannoni ad alta velocità e con rapidità di fuoco e granate potenti. Tuttavia, questi pezzi d'artiglieria a.a., seppure disponibili ben prima dell'inizio della guerra, non erano diffusi all'inizio della stessa. Perché? Anche questa è una bella domanda. Una delle ragioni, così come l'Oerlikon, era la difficoltà di produzione in larga scala. Peraltro, se è vero che il progetto di queste armi era troppo complesso per essere realizzato in quantità da nazione 'bellica', è anche vero che le navi, specie le più grandi, erano equipaggiate con armamenti ben più potenti e costosi, e nessuno aveva granché da obiettare!
La situazione venne risolta largamente dal pragmatismo americano. Per esempio, la canna dell'Oerlikon, che necessitava di essere lavorata da un blocco di acciaio pesante sui 25 kg, per ridursi alla fine a 2,7(!!) fu rielaborata nelle industrie americane, al punto che adesso era possibile realizzarla da un blocco d'acciaio di appena 6,35 kg! Questo fu uno dei motivi per cui i cannoni da 20 e 40 mm americanizzati diventarono di fatto armi 'originali' ed ebbero un successo enorme, tanto che ancora alle Falklands c'erano molte navi britanniche che li imbarcavano.
MA... malgrado tutto quanto sopra detto, bisogna adesso esaminare la situazione marina per marina, all'inizio della guerra, quando era necessario avere a disposizione la maggior potenza di fuoco possibile contro gli attacchi aerei. Bisogna dire che la nozione di 'troppo armamento' per molte navi era tutt'altro che ben compresa a quei tempi, ma mentre era così per molte navi armatissime contro altre unità, con siluri e artiglierie dappertutto, così non era per le armi a.a. Non solo perché non ce n'erano abbastanza, ma perché non c'era e non c'é nemmeno oggi un concetto come 'troppo armamento antiaereo' a bordo di una nave.
Bisogna capire che le navi da guerra, specie le maggiori, sono sempre mezzi prestigiosi, che giovano alla reputazione della nazione in tempo di pace, e che sono utili anche in tempo di guerra (anche al nemico, quando ne annuncia la distruzione!) per tenere alto il morale. Quando hai una nave importante, che costa come decine di bombardieri, e che ha a bordo centinaia, se non migliaia di uomini, e che non sarebbe possibile rimpiazzare se non dopo anni, ci pensi sopra parecchie volte prima di arrischiarla in qualche azione pericolosa. Questo è particolarmente vero per le corazzate, tanto potenti quanto 'preziose' da sacrificare, col risultato che spesso non le hanno usate nemmeno quando avrebbero dovuto farlo. Nessuno rischia a cuor leggero la vita di migliaia di uomini e l'esistenza di navi che costano un capitale e valgono la ragion d'essere di un'intera flotta d'alto mare.
La situazione del 1940
La RM, malgrado l'arretratezza dell'Italia, era sempre stata una marina all'avanguardia, per cui non poteva lasciarsi sfuggire nemmeno questo settore. Prima con la quantità delle armi di bordo, e poi con l'aggiunta della qualità delle stesse. Del resto, l'Italia era la nazione che aveva 'inventato' l'aereo da guerra vero e proprio, nel senso che lo usò per la prima volta in azioni belliche (e i Turchi inventarono la contraerea, di conseguenza!). Gli esperimenti di Mitchell, poi, causarono sicuramente molta preoccupazione per la RM, che era in un teatro tutt'altro che tranquillo, specie con l'acutizzarsi delle crisi internazionali, negli anni '30.
E' un fatto, comunque sia, che gli incrociatori tipo 'Trento' e 'Zara' ebbero qualcosa come 16 cannoni da 100 mm, un qualcosa che all'epoca era incredibile, mentre per esempio i britannici avevano 4 impianti singoli da 102 mm (poi, con molto comodo, aumentati a 4 imbianti binati) e i francesi ne avevano pochi da 75 mm.
All'inizio della guerra, le forze armate delle varie nazioni avevano ciascuna affrontato un pò a modo suo questo problema.
MA, sorprendentemente o meno, la Regia Marina era complessivamente senz'altro la marina meglio equipaggiata di armi a.a.
Questo perché:
1- aveva armi di tipo moderno, e in TUTTE le categorie. Segnatamente, armi da cortissimo raggio da 20 mm, a medio raggio da 37 mm (forse quelle più importanti) e quelle pesanti da 90 mm.
L'abilità dell'Italia nel costruire armi valide in tutti i calibri, durante la II guerra mondiale, è ben nota, del resto. Dalle pistole Beretta ai cannoni da 381, per non parlare di artiglierie per l'esercito da 20, 37, 75, 90, 105, 149 e 210 mm. Il problema fu la produzione, anche perché molte di queste armi apparvero in tempi utili e più o meno nei tempi in cui apparvero in altre nazioni. Quest'abilità non veniva dal niente, e non per la tradizione dei cannoni del Rinascimento, ma proprio per il lavoro di produzione su licenza di armi francesi, tedesche, austriache e sopratutto, inglesi, tanto che durante la I GM solo il piccolo (ed efficace) cannone da 65 mm era, apparentemente, di concezione nazionale. Negli anni '20-30 vi furono invece sviluppi 'autarchici', come del resto accadeva anche in altre nazioni arretrate ma che erano in veloce riarmo (URSS e Giappone).
2- non bastando questo, i progetti delle navi in genere comportavano un grosso numero di questi cannoni, quindi anche la quantità era adeguata. Per esempio, la Littorio aveva 20 cannoni da 37 mm e 16 da 20, mentre la Bismarck ne aveva 16 e 12 rispettivamente.
3- non solo: gli affusti erano 'speciali'. Visto che l'italian style non concepiva la 'semplicità' e non era pragmatico, si volle che persino le armi da 20 mm fossero dotate di stabilizzazione dell'affusto!!! Tranne i tedeschi con un impianto (però quadruplo, non binato) durante la guerra, a nessun altro venne in mente una simile bestialità. E' un fatto, però, che le Littorio avessero (quasi) TUTTO l'armamento a.a. stabilizzato. Infatti era stabilizzato il gruppo di 8 impianti da 20 mm binati, ed era stabilizzato il gruppo di 8 impianti binati da 37 mm, grazie ad un sistema semplice ma pesante (non lo erano, invece, i 4 impianti singoli anteriori). E volete che per la categoria superiore non si volesse qualcosa di ancora più sofisticato? Ed infatti, ecco a voi, il cannone da 90/50 con uno stabilizzatore niente meno che quadriassiale, basato su 11 giroscopi!!
4- anche il sistema di tiro era degno di rilievo: anche qui, TUTTE le armi avevano una sorta di RPC, anche quelle da 20 mm(!!), che però avevano indicazioni solo per il brandeggio, e non anche per l'alzo (e ci mancherebbe!).
5- le munizioni non erano -a differenza di quelle delle artiglierie principali- sacrificate in quantità: 1.500-2.000 colpi per arma minore, sui 500 per quelle più grosse.
6- anche armi più pesanti avevano una limitata capacità a-a, quanto meno fino al 120-135-152 mm, che però erano cannoni buoni essenzialmente per il fuoco di sbarramento e non avevano affusti adatti per il tiro a.a. vero e proprio, per cui la loro utilità era alquanto ridotta.
Questo era il sistema delle Littorio. Ma ovviamente, non era così per tutte le altre navi. Però dà l'idea di come questo settore fosse, in realtà, coperto dagli italiani più seriamente persino di siluri e artiglierie pesanti, malgrado avessero armi tra le più potenti in entrambi i settori.
E gli altri?
Una marina molto simile a quella italiana, era quella tedesca.
Cosa avevano i tedeschi? La loro flak leggera era costituita da armi da 20 mm Flak C/30 e C/38 (simili, e con le stesse munizioni, delle Breda italiane, ma con cadenza di tiro superiore, specie la C/38), dai cannoni a.a. C/30 da 37 mm e dai pezzi flak da 88 e 105 mm.
Erano armi potenti, va detto chiaramente. Inoltre, anche ai tedeschi piacevano i pezzi stabilizzati. Ne avevano per i cannoni da 88 e da 105 mm, ma anche per quelli da 37 mm.
Però, c'erano almeno due differenze: una, era che i cannoni da 20 mm non erano stabilizzati in nessun modo. Due, sopratutto: che i cannoni da 37 mm C/30, inspiegabilmente, erano armi a colpo singolo, semiautomatiche. Non c'era nemmeno un caricatore, tiravano con il colpo ricaricato ogni volta a mano! Questo significava ridurre la cadenza di tiro a circa 20-30 colpi/minuto, un'eresia che avviliva un cannone valido e un impianto stabilizzato pesante e complesso (per quanto privo di scudo protettivo, ma del resto nemmeno le armi italiane ne avevano). La munizione era molto più leggera di quella paricalibro italiana (640 gr vs 840!) che del resto era la più pesante della categoria (tanto da arrivare quasi al peso delle armi da 40 mm, del resto non tanto lontane in calibro). Ma la velocità iniziale era di ben 1 km/sec, per cui erano armi a tiro molto teso e a lunga portata. In base ai risultati di alcuni ingaggi, pare che, malgrado il ridotto volume di fuoco, queste armi fossero tutt'altro che innocue. La Bismarck, per esempio, abbatté due Swordfish nella prima azione d'attacco che subì, anche se incassò un siluro (quasi senza danni) e il morale ne beneficiò, anche perché pensavano di avere abbattuto 5 aerei. La VENETO, per quanto più armata in questo senso, ne abbatté solo uno prima di essere silurata.
Un'altra differenza erano gli affusti: le armi italiane da 90 mm erano interamente scudate e blindate, mentre quelle da 105 non lo erano (del resto erano anche più pesanti), cosa non buona specialmente per il clima orrendo dei mari settentrionali, che causava anche avarie ai sistemi di bordo.
Però è anche vero, che 2 cannoni da 105 valevano ben più di uno da 90 mm.
La Marina francese era notevolmente più pericolosa per gli italiani, essendo il rivale naturale di questi. Però l'armamento a.a. non era un granché: nessuna delle armi francesi era stabilizzata. Inoltre, i cannoni da 37 mm erano anche qui, a carica manuale e quindi con ratei di fuoco ridotti, sui 20 colpi/min. Ma se questo non bastasse, mancava anche un buon cannone a.a. ravvicinato, come i 20 mm. I cannoni da 25 mm francesi, sebbene fossero potenti e venduti all'estero, non vennero ordinati se non troppo tardi, perché si pensava che le mitragliere e i cannoni fossero sufficienti. Così, nel 1940, la Marina francese aveva solo cannoni da 37 mm a carica manuale e mitragliatrici da 13 mm. Nessuno dei due tipi era stabilizzato e tipicamente non avevano sistemi di controllo remoto (RPC), almeno non i 13 mm.
Il settore superiore era più interessante: c'erano dei buoni cannoni singoli da 90 mm (però erano molto meno recenti e leggermente meno potenti dei 90 mm), e da 100 mm binati. Inoltre, i francesi puntarono ampiamente ai pezzi DP e usarono allo scopo sia cannoni da 130 che da 152 mm, che erano valide armi, ma troppo pesanti per il ruolo a.a, tanto che dovettero sostituire due torri da 152 delle Richelieu con 6 impianti da 100 mm binati, scelta senz'altro più equilibrata. Resta il fatto che i ritardi nell'introdurre cannoni automatici da 25 e 37 mm, che pure erano disponibili, diede alla marina francese una scadente difesa a.a., almeno per i settori ravvicinati.
Poi c'é la Marina sovietica. Nemmeno loro brillavano. Avevano mitragliatrici a.a. per la difesa ravvicinata, ma erano le Maxim da 7,62 mm, praticamente inutili in molti casi. Poi, al di sopra, c'erano i cannoni da 45 mm, che però erano di tipo controcarri adattato, e nemmeno a dirlo: non automatici. Nel 1940 stavano peraltro introducendo un potente cannone a.a. da 37 mm automatico, così buono da avere rivaleggiato poi in longevità con il Bofors, tanto che la Cina ancora lo produce per le navi da guerra. Questo è abbastanza interessante, anche perché esso era la versione ingrandita del Bofors da 25 mm sperimentato anni prima. Però, nel 1940 questi cannoni non erano ancora realmente disponibili in quantità, per cui l'armamento standard non era certo quello.
Al livello superiore c'erano i cannoni binati da 100 mm. Questi erano praticamente la versione modificata dell'affusto italiano da 100 mm Minizimi, che a sua volta usava dei validi cannoni austro-ungarici della Grande guerra, riprodotti poi dall'Italia nel primo dopoguerra.
E adesso, abbiamo i 'big' della situazione.
Anzitutto, la Royal Navy: questa aveva un mix di armi che, almeno sulla carta, erano interessanti sia di per sé, che come affusto (anzi, sopratutto come affusto). Uno era il già visto Pom-pom, da 40/39 mm. L'altra era la mitragliatrice pesante Vickers, che sebbene fosse debole (gittata pratica a.a. circa 700 metri!) era pur sempre una buona arma, e di capacità discrete se impiegata in impianti multipli. Cosa che accadeva, normalmente, essendo tipicamente presenti in due o più impianti quadrupli (con le armi sovrapposte per semplificare l'alimentazione) sulle navi. Non era malaccio, considerando la diffusione. Però, è un fatto che i Bofors e gli Oerlikon sostituirono facilmente queste armi inglesissime, in rapporti tipicamente di 1:4 ovvero, meglio un cannone da 20 mm che un impianto quadrinato da 12,7! Idem per i Bofors singoli o binati vs i Vickers a 4 o 8 canne.
I cannoni DP erano stati invece introdotti con diverse navi, e questo era un fatto positivo, così come un discreto sistema a.a. (l'HACS). Questi erano di diversi tipi: i cannoni da 101 mm a.a. di diversi tipi erano armi di buon livello e cadenza di tiro, nel tipo più potente la gittata era anche eccellente (18 e passa km, addirittura più dei cannoni standard da 120 dei cacciatorpediniere!). Ma c'erano sopratutto i cannoni da 114 e 133 mm. Solo che erano pesanti, costosi, e sopratutto erano limitati ai soli scafi maggiori, ergo portaerei, corazzate e qualche incrociatore.
A livello ancora più alto, peraltro, c'erano anche i cannoni da 152 e 203 mm, che in molti tipi di affusti erano capaci di elevazioni sufficienti per usarli come sistemi a.a. Era un'idea dignitosa, ma purtroppo non molto funzionale, perché rendeva le torri più pesanti, complesse e meno protette di quanto sarebbe stato altrimenti, così l'idea venne successivamente dismessa. Però, almeno negli anni '20-primi anni '30, la velocità degli aerei era dell'ordine dei 200-250 km/h, sia caccia che bombardieri. Non c'era ragione per NON provarci, che poi negli anni '40 le prestazioni erano raddoppiate, è un'altra questione.
Poi c'era la US Navy: questa aveva ben pochi nemici essendo lontana da chiunque o quasi. Questo significa che dovevano temere ben poco, specie finché durava l'isolazionismo, per le loro navi. Ad ogni modo, avevano le Browning da 12,7 mm, armi potenti e usualmente, raffreddate ad acqua. Però erano troppo piccole per funzionare davvero bene, inoltre erano poche (molti cacciatorpediniere non avevano che 4-5 di tali armi). Ai livelli più alti c'erano i cannoni da 28 mm, un'arma vista probabilmente come un valido intermezzo tra quelle da 20 e quelle da 37-40 mm. Essa era invariabilmente presente in impianti quadrinati, ed aveva RPC. Però l'affidabilità non fu mai buona e presto venne sostituita dai pezzi da 40 mm, così come le Browning con i cannoni da 20 mm svizzeri 'americanizzati'. A dire il vero, erano cannoni comunque validi, ma il problema era che nemmeno nel 1940 -anni dopo l'introduzione in servizio- ce n'erano molti esemplari disponibili.
Dove l'USN era avanti era nei cannoni da 127 mm a.a. DP. Questa era un'altra innovazione notevole, che pose la marina americana all'avanguardia, producendo quello che era il migliore cannone della sua categoria. La cosa non era molto sensibile nel caso degli incrociatori, ovviamente, visto che questi come armi secondarie, ovviamente avevano i cannoni di medio-piccolo calibro, come i 100 mm. Ma nel caso delle navi da battaglia permetteva di ridurre ad un solo tipo i cannoni secondari, cosa che magari non piacerà ai modellisti, ma di sicuro piacque molto ai marinai e agli ammiragli, perché permetteva di usare il 100% dell'armamento secondario come sistema a.a.
Ad un certo punto, poi, apparvero anche una serie di sviluppi formidabili nella lotta a.a., a parte i radar: cannoni da 152, 203 e persino 406 vennero anche impiegati come armi antiaeree. Però questo non era ancora vero all'inizio della guerra (anche ipotizzando il dicembre 1941).
Ovviamente, sul fatto dei cannoni da 40 e 20 mm, dei radar, delle spolette di prossimità ecc, lasciamo stare, è storia fin troppo nota, ma non riguarda affatto quel periodo iniziale. Ancora nel 1942, si stima che circa il 20% degli abbattimenti venne ottenuta dai pochi cannoni da 20 mm (che pure, all'epoca, non erano ancora stati equipaggiati del sistema di mira Mk 14 girostabilizzato, che migliorava grandemente le capacità di tiro). Da notare la refrattarietà degli americani agli affusti binati da 20 mm: in pratica, a causa delle vibrazioni (specie per l'Mk 14) finivano per non essere meglio di quelli singoli, secondo quanto dissero all'epoca le indagini.
Infine la Marina Giapponese: questa aveva inizialmente le mitragliere da 13 mm Hotckhiss riprodotte in Giappone. Erano armi limitate, così presto arrivarono, durante gli anni '30, i cannoni da 25 mm, sempre di tipo francese. Essi vennero usati per lo più in impianti binati oppure -sulle navi da battaglia- tripli e scudati (la Yamato ne aveva 8, in origine). Però non c'era altro! Nessun'arma, cioé, da 37-40 mm venne sviluppata e messa in largo servizio. In pratica, anzi, il 25 mm fu scelto come vantaggioso sostituto non solo dell'arma da 13 mm, ma anche del cannone da 40 mm di vecchio tipo, che aveva una gittata e un'affidabilità insoddisfacenti. Il pezzo da da 25 mm era superiore in questo senso, anche se il proiettile era meno potente. La produzione di cannoni Bofors 'copiati' fu -come anche nel caso dei Tedeschi- molto limitata.
Nel settore dei cannoni più pesanti, però, non erano rimasti inerti, anzi: i giapponesi furono i primi ad introdurre torri realmente sofisticate per i loro pur leggeri cacciatorpediniere. La torre binata da 127/50 mm, era non solo ben armata, ma aveva una protezione anti-schegge e NBC per tutti quelli che erano all'interno, non essendo quindi una semplice postazione scudata. Inoltre, presto comparve la capacità di elevazione fino a 70°, che ne rese possibile l'impiego a.a. Questo rimase più che altro un esercizio teorico, perché la velocità di rotazione ed alzo non erano realmente sufficienti. Sta di fatto, però, che questi cacciatorpediniere potevano integrare il magro armamento a.a. leggero che avevano, con questi cannoni dell'intera batteria principale (4-6 pezzi), cosa fondamentale, specie contro bombardamenti in quota o attacchi siluranti portati da distanze troppo ampie per le armi leggere. Bisogna dire al riguardo che le marine italiana, francese, tedesca (a parte i caccia Type 36 con torre binata), sovietica e britannica nemmeno ci provarono a fare una cosa del genere, e i loro cacciatorpediniere vennero sterminati senza quasi colpo ferire, specie dagli attacchi di bombardieri in picchiata.
Le navi più grandi avevano cannoni da 155 mm tripli, con la capacità di eseguire tiro a.a. anche se erano, come sempre per questo calibro, un pò troppo lenti per essere davvero efficaci. Tuttavia, non si capisce perché non usarli, vista la minaccia data dall'aviazione nemica, anche se l'utilità fosse limitata (cosa risolta solo con i cannoni pienamente automatici di questo calibro, malgrado che i meccanismi non fossero esattamente affidabilissimi). Le navi giapponesi più grosse avevano anche dei cannoni da 127 mm a potenza ridotta, che erano le vere armi a.a. Questo era un fatto simile a quello che si rileva nelle navi americane, solo che in questo caso il cannone da 127/40 è successivo a quello più potente ed è specifico per questa ragione, mentre i pezzi da 127/38 americani sono stati successivi ai meno potenti (e usati quasi esclusivamente come armi a.a.) da 127/25 mm di vecchia generazione, così che al posto di due armi differenti (127/25 a.a. e 127/50 a.s.) gli USA trovarono il modo di costruire un solo modello unificato che -al di là delle soluzioni di compromesso- era efficace in entrambi i ruoli, essendo da 127/38 mm.
Infine, i giapponesi usarono con criteri mai visti prima i pezzi di grosso calibro, usandoli grazie all'elevato alzo disponibile (fino a 45°), e sopratutto con tipi di proiettili antiaerei ben specifici, addirittura di tipo cluster, con submunizioni incendiarie. Questa era una cosa nota sopratutto per l'uso da parte delle Yamato, che così ebbero modo di sfruttare tutto l'armamento per questo scopo. Però, in realtà, era presente anche con cannoni di calibro minore, per cui si può dire che molto probabilmente fosse possibile fare questo fin dall'inizio della guerra. Di sicuro, al di là della riuscita modesta, era un notevole fatto che la marina giapponese avesse usato questo tipo di munizioni, l'unico modo all'epoca per eseguire tiri a.a. a gittate tali da sorprendere gli aerei addirittura prima che iniziassero gli attacchi (fino a oltre 15 km!). Un motivo di plauso, dunque, così come lo fu l'aver sviluppato -in aggiunta ai migliori siluri della guerra- proiettili con traiettorie d'attacco subacquee, per colpire sotto le cinture le navi nemiche.
Ricapitolando:
Marine: RM MN RN KM VMF USN IJN
Cannoni da 20/28 mm: SI' NO NO? SI' NO SI' SI'
Cannoni da 37/40 mm: SI' SI' SI' SI' SI' NO NO
Cannoni da 37/45 mm automatici moderni: SI' NO NO NO NO NO NO
Cannoni leggeri (20-40 mm) stabilizzati: SI' NO NO NO/SI' NO NO NO
Cannoni da 90-105 mm moderni: SI' SI' SI' SI' NO? NO NO
Cannoni da 90-105 stabilizzati: SI' NO NO SI' NO NO NO
Cannoni DP da 100-155 mm: NO SI' SI' NO NO SI' SI'
Cannoni pesanti a.a.: NO NO NO NO NO SI' SI'
Evidentemente la RM diede molto sviluppo ai cannoni a.a. dei calibri minori, ma non credette mai (e certo non a torto) ai cannoni molto grandi come armi a.a. Però non sviluppò mai dei cannoni DP veri e proprio, e questo fu forse il peggior errore, forse perché per gli ammiragli italiani le gittate 'umane' che si potevano ottenere da tali 'compromessi' non soddisfavano la loro sete di 'cifre assolute'. Infatti, mentre da altre parti si faceva con successo (Giappone e USA), e da altre ancora almeno ci si provava (Francia, UK e persino Germania), da noi questo concetto rimase alieno fino alla fine della guerra, quando gli studi in merito cominciavano a funzionare, ma era troppo tardi. Così come non entrò mai in servizio la mitragliera automatica da 65/64 mm, relegata al solo caricamento manuale perché l'alimentazione non era soddisfacente con i soli meccanismi.
Adesso passiamo ad analizzare le debolezze delle armi a.a. navali italiane.
Uno: quanto detto sopra è senz'altro interessante, ma in realtà le cose in pratica non erano così 'de luxe'.
I cannoni da 37 mm, per esempio, erano ben diffusi nelle navi maggiori, ergo corazzate e incrociatori. Ma erano armi 'strane', con affusto, paradossalmente, 'rigido'. Ergo, era capace di stabilizzare la linea di mira, ma all'atto dello sparo la canna non rinculava, ma solo la culatta. Le vibrazioni trasmesse erano micidiali, specie negli affusti binati! E questo, assieme al frastuono e al fumo, non aiutava certo la mira. Per cui, pur essendo delle buone armi, non erano così efficaci in pratica. Anche la cadenza di fuoco era tutt'altro che eccezionale, anche se aiutata dal raffreddamento ad acqua e dal fatto di poter inserire le clip di colpi anche durante il fuoco.
La stabilizzazione di per sé, peraltro, non era molto efficiente e non c'era traccia di scudi protettivi. Il sistema di stabilizzazione, per molte navi, venne quindi abbandonato. I 37 mm, paradossalmente, pare che fossero apprezzati maggiormente nel tipo singolo, che era null'altro che un affusto semplificato, assolutamente privo di stabilizzazione e molto leggero. Quest'arma era considerata un buon cannone a.a., e forse meglio dei pezzi binati stabilizzati.
Di sicuro lo era per le navi più leggere. Infatti, le vibrazioni e il peso degli impianti standard era tale, che i cacciatorpediniere non poteva praticamente portarli, finché non venne sviluppato un apposito affusto singolo che lo rese possibile. Altrimenti, le navi minori avevano solo i cannoni da 20 mm.
I cannoni da 20 mm, a loro volta, in molti tipi di impianti, ebbero solo struttura normale, alleggerita, specie se in tipi singoli.
La stabilizzazione dei 90 mm era frequentemente disturbata da guasti elettrici, specie sulle corazzate 'Doria', che erano più basse sull'acqua, tanto che venne rimosso anche il sistema RPC. Le Littorio lo continuarono ad avere, ma non potevano non mancare guasti e problemi vari, anche se le loro crociere in mare non furono mai pesanti come quelle delle navi equivalenti di altre marine, veramente 'oceaniche', dove non c'era molto spazio per i 'fronzoli' che piacciono tanto ai progettisti nostrani.
Un altro discorso, è che pare che i cannoni a.a. italiani, malgrado avessero dei pesantissimi e sofisticatissimi sistemi di stabilizzazione, a quanto pare non avevano sistemi di elevazione e brandeggio motorizzati, ma soltanto manuali. Anche i sistemi di ricarica non erano nulla di speciale, e la cadenza dei cannoni da 90 mm (12 colpi/min, con artiglieri bravi anche 16) non era niente di eccezionale. Inoltre il cannone da 90 mm singolo, semplicemente, mancava di potenza di fuoco. A mio avviso, sia come arma a.a. che a.s. era inferiore rispetto al cannone da 100 mm binato, sia pure di vecchio tipo (10 rpm e granata molto più pesante, su gittate almeno analoghe), a parte il discorso della stabilizzazione. Solo che, se davvero la stabilizzazione fosse stata così importante, perché altre marine la trovarono un qualcosa di superfluo, inaffidabile e pesante? E non l'adottarono, infatti, se non in pochi esemplari e condizioni particolari.
Quanto all'effiacia complessiva del tiro a.a. italiano, non pare che sia stata particolarmente buona, anche se non ha nemmeno demeritato. Semplicemente, non risulta che le condizioni ottime da cui partì la RM risultassero, nemmeno a confronto con aerosiluranti biplani, un qualcosa di particolarmente rimarchevole.
E' un fatto che a Punta Stilo e a Matapan le armi a.a. italiane fossero numerosissime, ma che riuscissero malgrado questo, a distruggere solo un aereo. Quando la corazzata Strasbourg francese, per esempio, così come la Richelieu, riuscirono ad abbatterne un paio a testa durante gli attacchi dell'aviazione britannica americana, e in un singolo giorno (idem per la Bismarck, vedi sopra): solo fortuna?
Quanto all'armamento a.a. EFFETTIVAMENTE presente nel 1940, anche qui bisogna fare dei distinguo.
Le armi da 90 mm con i loro fantascientifici affusti stabilizzati quadriassiali, erano sì presenti... ma non erano efficienti. Infatti in quel mese, non erano in servizio operativo. Entrarono in linea solo con le corazzate 'Littorio' e 'Doria', eppure nemmeno a Punta Stilo (un mese dopo l'inizio della guerra e 2-3 mesi dopo la consegna delle prime due 'Littorio') qualcuna di esse era efficiente a sufficienza per entrare in azione contro i britannici.
TUTTE le altre navi ebbero invece i cannoni binati da 100 mm: tutti gli incrociatori li ebbero, tra 6 e 16 esemplari, tra cui 7 incrociatori pesanti, 1 corazzato, e 12 leggeri (più altri due di vecchio tipo, che non so se ebbero tali armi). Idem per le due 'Cavour' rimodernate.
Quindi i 90 mm erano 'cosa loro' delle 5 corazzate italiane più moderne, e basta.
Mentre i cannoni da 100 mm binati erano presenti su oltre 20 navi maggiori italiane, con un totale di probabilmente oltre 200 bocche da fuoco contro 56.
Quanto ai cannoni da 37 mm: questi erano certo più diffusi, c'erano sia sulle corazzate che sugli incrociatori. Ma quasi tutti i cacciatorpediniere erano privi di tali armi, mentre per esempio, i mezzi analoghi tedeschi ebbero numerosi cannoni da 37 mm (sebbene semi-automatici, erano meglio di niente!). E' vero che molti incrociatori inglesi non ebbero i pom-pom, ma è altrettanto vero che persino i cacciatorpediniere più moderni avevano affusti a 4 canne.
Soltanto attorno al 1942 alcuni caccia ne ebbero 2-3 esemplari, ma dei tipi singoli con affusto semplificato ed elastico, perché prima era impossibile imbarcarli sulle loro leggere strutture, essendo le vibrazioni fastidiose sulle navi maggiori per la precisione, ma addirittura pessime per i cacciatorpediniere e altre navi leggere.
Invece, la maggior parte dei cacciatorpediniere italiani avevano un paio di Vickers-Terni da 40 mm singoli, più un paio di mitragliatrici da 13 mm.
Ecco, i cannoni da 20 mm. Questi erano entrati in servizio da qualche anno, MA non furono subito estesi a tutte le navi italiane, nemmeno a molte moderne/rimodernate.
Sulle Littorio e sulle Doria, naturalmente, c'erano. Ma non era così nel caso delle Cavour, che all'inizio almeno ebbero le mitragliatrici da 13 mm (dato incerto, ad ogni modo: pare che almeno una di esse ebbe i 20 mm solo nel 1940, e non è chiaro quando: forse dopo i danneggiamenti di Punta Stilo?). Non solo, ma praticamente tutti gli incrociatori italiani ebbero inizialmente le armi da 13 mm, e anche se poi vennero sostituite da pezzi calibro 20 mm, non è chiaro quando questo avvenne (1939-42??).
Così avvenne anche per le navi italiane nella classe torpediniere e cacciatorpediniere, ergo quasi tutti su oltre 100 scafi disponibili. In genere avevano tra 4 e 8 armi da 13,2 mm, anche se alcune di queste navi, dal 1939, cominciarono a ricevere i cannoni da 20 mm. Quindi non è facile, in termini assoluti, capire quante di queste armi fossero disponibili nel giugno 1940.
Tra le navi di 'seconda classe', anche la metà degli incrociatori 'Condottieri', le prime due sottoclassi, le quali andarono distrutte quasi interamente (5 navi su 6, in particolare tutte e 4 quelle del primo gruppo). Però ebbero 8 cannoni da 20 mm al posto dei due da 40 mm. Le 6 più moderne, però, ebbero tali armi solo molto più tardi, quando li ebbero. In compenso, va detto che i primi sei Condottieri NON avevano armi da 37 mm, né apparentemente le ebbero in seguito.
Lo stesso vale anche per tutti i sottomarini, e per tutti i MAS e navigli ausiliari vari, generalmente provvisti di armi da 8, 13 o 40 mm a.a.
Si potrebbe dire che quindi, all'inizio della guerra, l'arma standard per la difesa a.a. ravvicinata della RM NON FOSSE il 20 mm, ma il 13 mm, arma valida ma non eccezionale e priva, per esempio, di proiettili esplosivi (a differenza delle 12,7 dell'aviazione).
Quindi, in definitiva, i nemici che avrebbero attaccato la RM, nel 1940, sarebbero stati quasi esclusivamente contrastati da: cannoni binati da 100 mm di tipo piuttosto vecchiotto (anche se ragionevolmente efficace); mitragliere da 37 mm, ma se non disponibili navi più grosse di un tipico cacciatorpediniere, probabilmente solo da 40/39 mm di vecchio tipo (e in pochi esemplari); e infine, per le distanze più brevi, quelle da 13 mm eccetto che per i 12 cacciatorpediniere 'Soldati' e qualche altra rara nave armata/riarmata in maniera moderna. I 4 caccia tipo 'Maestrale' probabilmente vennero armati fin dall'inizio con 6-8 armi da 20 mm, e così i 4 'Oriani', anche se inizialmente non lo erano. Infatti, la modifica fu fatta essenzialmente nel 1939, rimpiazzando le armi da 13 e 40 mm di vecchio tipo.
Per cui è del tutto difficile riuscire a capire quando vennero davvero riequipaggiate con tutti questi armamenti. Di sicuro c'erano 8 cannoni come standard (4 impianti binati) su 20 cacciatorpediniere e 6 incrociatori leggeri, e probabilmente altri 24 sulle 'Cavour' ammodernate, più qualche altra arma a bordo di altro naviglio, tra cui le 'Spica' (ma quanti saranno stati? Francamente lo ignoro), per cui siamo attorno alle 208-232 armi da 20 mm.
Non poche, ma se si considera una media di diciamo, 8 armi per ciascuno di 19 incrociatori principali, e 6 per ciascuno dei rimanenti 60 cacciatorpediniere e torpediniere relativamente moderni (ne avevano 2-8 esemplari, in genere), avremmo comunque una presenza di minoranza, riservata alla sola elite della flotta, e nemmeno a tutta (gli incrociatori, entrati in servizio con un certo anticipo, non ce l'avevano).
Questa era quantificabile in circa 230 armi da 20 mm su 26-28 unità, mentre dall'altra parte c'erano circa 70 navi con circa 550 armi (approssimazione), ergo il 75% delle unità italiane aveva ancora le mitragliatrici di vecchio tipo.
Il totale delle armi di bordo era difficile da dire: i 'Turbine', per esempio, erano 8 navi con 2 cannoni da 40 e 2 da 13,2 mm soltanto, i 4 Dardo avevano 2 da 40 e 4 da 13,2 mm, per cui una dozzina di cacciatorpediniere, in tutto mettevano assieme appena 24 cannoni da 40/39 e 32 da 13,2 mm. I 'Maestrale' e 'Poeti' vennero in extremis armati con i cannoni da 20 mm al posto di queste armi originali, appena prima della guerra. I 'Soldati' vennero direttamente costruiti così.
Per rimediare a questa situazione, comunque sia, gli italiani già dal 1941 riempirono le navi che gli restavano di cannoni da 20 mm.
Da notare che parecchie navi di vecchio tipo, per strano che possa sembrare, ebbero i cannoni da 20 mm attorno al 1939: si trattava delle torpediniere che in realtà erano vecchi cacciatorpediniere dequalificati, spesso della Grande Guerra. Essi ebbero, a seconda delle versioni, tra 4 e 7 cannoni da 20 mm. Non è affatto chiaro quali e quante navi ebbero tale modifica, sembra però che i 6 'Generali' ebbero tutti 4 cannoni da 20 mm. In contrasto, i 3 ben più grossi CT 'Sauro' rimasero con le due solite armi da 40 e le due da 13 mm, tutte al solito, in impianti singoli. Strano ma vero, le navi più moderne vennero lasciate indietro rispetto a questi vecchi catorci.
Quindi, al dunque, il 37 mm era l'unica arma realmente moderna e assai diffusa (ma pur sempre, solo su poco più di 20 navi, almeno nei tipi binati e stabilizzati), mentre lo standard era, per le brevi distanze, il 13 mm, diffuso su probabilmente 20+ incrociatori, quasi 100 tra cacciatorpediniere e torpediniere, e altrettanti sottomarini, più circa 50 MAS (spesso armati solo con armi da 8 mm, però), e navi ausiliarie e minori di vario tipo.
Per fare un esempio, invece, nella pur più piccola, ma più moderna marina tedesca, i cannoni da 20 mm e persino quelli da 37 mm erano diffusi in maniera capillare, cosa che faceva una non lievissima differenza: se ne trovavano su sottomarini, cacciatorpediniere, torpediniere, navi corsare, navi maggiori di vario tipo.
Tutto questo per mettere le cose nella loro giusta prospettiva, che comunque lasciava la RM (almeno una volta che le 'Littorio' entrarono in servizio attivo) in condizioni d'eccellenza all'inizio della guerra, per poi scivolare in quantità e qualità durante il conflitto, mentre RN e USN crescevano inesorabilmente, anche in questo ambito, dimostrando oltretutto che i cannoni a.a. leggeri dovevano essere sopratutto TANTI, mentre gli impianti stabilizzati erano più un impiccio per mole e per affidabilità, che una risorsa, almeno all'epoca dei fatti.
Complessiva presenza di armi a.a. nella RM, giugno 1940:
Armi da 13,2 mm (in genere binate): circa 550 su 75 navi (escludendo le torpediniere e i cacciatorpediniere più vecchi).
Armi da 20 mm (in genere binate): circa 220 su almeno 27 navi (includendo il S.Giorgio ma non le corazzate, per i motivi di cui sopra).
Armi da 37 mm (in genere binate): circa 128 su 2 corazzate e 13 incrociatori (le Littorio/Doria non vengono considerate in quanto non ancora operative)
Armi da 40 mm (singole): sicuramente diverse decine, se non qualche centinaio, su cacciatorpediniere e vecchie navi, forse anche incrociatori.
Armi da 90 mm (singole): nessuna (le 4 corazzate che ne avevano complessivamente 44 esemplari, non erano ancora pienamente operative).
Armi da 100 mm (binate): 194 (2*8 corazzate, 7*12 incrociatori pesanti, 10 S. Giorgio, 76 incr. leggeri)
Totale: circa 550 armi da 13,2 mm, 220 da 20 mm, 128 da 37 mm, decine da 40 mm, 0 da 90 mm, 194 da 100 mm.
Gran totale: circa 1.000+ armi disponibili su circa 150 navi (2 corazzate, 20 incrociatori, 120 caccia/torpediniere).