13.1.015
Qualche commento sul Mitsubishi Zero
Il celeberrimo A6M Rei-sen è uno degli aerei più controversi mai esistiti; prima ignorato, poi temuto, alla fine ridicolizzato, e poi ancora riscoperto, mitizzato, analizzato criticamente, sopravvalutato e sottovaluto, a seconda delle stagioni e senza soluzione di continuità. Proviamo (per l'ennesima volta) a tirare qualche conclusione e a fornire qualche dato utile, per aiutare i let tori a capirne di più.
C'é chi lo considera un super-caccia, e chi un bersaglio da tiro a segno: hanno ragione gli uni e gli altri, ma il problema è che la qualità di quest'aereo è stata inversamente proporzionale ai suoi risultati. Certo è che il finale non fu, come è ben noto, particolarmente brillante. Ma è necessario contestualizzare, se si vuol capire meglio questo paradosso.
Bisogna capire come e perché nacque lo Zero. Esso non era una macchina da corsa, ma un 'maratoneta', capace di accompagnare i nuovi bombardieri G4M, macchine straordinarie quanto ad autonomia, ma troppo vulnerabili se le difese nemiche erano ben organizzate.
Bisognava accompagnarli, e per farlo l'unico rimedio era lo Zero, seppure troppo leggero e ripieno di pericolosa benzina avio. I serbatoi autostagnanti erano pesanti e limitavano la capacità di carburante, mentre sarebbe stata un'ottima idea adottare subito una pressurizzazione a CO2, come sarà negli ultimi tipi. Va però detto, che fino al 1940 era una situazione comune a quella di molti caccia, persino i celebri Bf 109E e Spitfire erano pressoché sprotetti nel primo anno di guerra. Che i Giapponesi non fossero pazzi suicidi, lo dimostra come l'Esercito adottasse rapidamente protezioni per i suoi caccia, non essendo chiamato a missioni a grandissimo raggio.
Tecnicamente, lo Zero era una macchina pregevole. Non aveva alcun vizio particolare, era assai confortevole per il pilota e consentiva un'eccellente visuale, nonostante l'eccesso di montanti (mentre stranamente, i Nakajima avevano tettucci pulitissimi!). L'armamento era potente ma migliorabile; all'inizio della guerra, comunque sia, era pari a quello del Bf 109E, anche se le mitragliatrici sporgevano nell'abitacolo come nei caccia della Grande guerra. Ampia l'adozione di eccellenti materiali, leghe d'alluminio ad alta resistenza, che assicuravano 7 G con un margine di 1,8 a rottura, valori non eccezionali, ma paragonabili a quelli di un F-15. Ribattini numerosi ma ben annegati. Piuttosto, il rivestimento era troppo leggero e tendente a vibrare eccessivamente. Ma la mancanza di protezioni o l'armamento difettoso non impedirono di cogliere successi a centinaia, durante i primi due-tre anni di guerra. La scommessa di puntare tutto di una cellula leggera, quindi veloce e agile, si dimostrò inizialmente vincente.
Paradossalmente, proprio quando le giuste migliorie vennero applicate ai nuovi A6M5, le perdite aumentarono e i risultati crollarono. Ma questo era dovuto ad un semplice fatto: il nemico era passato a potenze pressoché doppie, classe 2.000 hp. E non aveva più compromessi nel ricercare il meglio: nell'Hellcat, nulla fu sacrificato a vantaggio di qualcos'altro, anche se diventò un bestione da sei tonnellate.
Ma questo confronto non è 'fair' per lo Zero, che essendo rimasto sempre uguale a se stesso, va piuttosto confrontato ad altri aerei 'classe 1.000 hp'.
Lo Zero 52 era pari in velocità, potenza e armamento al Bf 109E; ma era circa il doppio superiore quanto a visuale, autonomia e carreggiata carrello, per non dire dell'agilità e del fatto che il suo motore era molto più resistente e affidabile del DB-601. Protezione? pratica mente 0 a 0.
Nemmeno il Bf 109T era migliore, nonostante il motore da 1.200 hp DB-601N; lo Zero 52 era pari per velocità e armamento, e lo surclassava in autonomia e agilità.
Contro l'Hurricane, anche con il motore da 1.280 hp, lo Zero dimostrò d'essere molto superiore, e il Sea Hurricane era ulteriormente appesantito e assai più lento, oltre che (al solito) inferiore in autonomia e agilità. Il Seafire I, versione imbarcata dello Spitfire V, contava su 1.440 hp, eppure non era superiore allo Zero 52: in una delle prove fatte, dimostrò solo 544 km/h, contro 539 (o 560, per uno Zero in 'piena forma'), ma ad alta quota restava indietro.
Caccia americani: il Wildcat era quello che gli somigliava di più, ma nemmeno la versione potenziata FM-2 era all'altezza dell'A6M5: pur con 100 hp extra, era pur sempre più lento dello Zero di 20-30 km/h. Caccia dell'Asse: il Ki-43-II, corrispettivo dell'Esercito, praticamente identico anche come motore, era molto meno armato, aveva minore autonomia, era più lento di 20-30 km/h e non era una macchina imbarcata. Forse era leggermente più agile, ma l'inferiorità complessiva era manifesta. Infine il Re.2000/2002 italiano (1.000-1.150 cv) era forse il più simile (per potenza e tipo motore) allo Zero, ma anche per esso valgono le stesse considerazioni del Ki-43 (robustezza a parte!)
Da questi pochi dati si capisce come lo Zero fosse ben curato aerodinamicamente, nonostante l'ala assai grande e spessa. Il motore non era potente, è vero. Ma c'é da dire che nella II GM, i motori netta mente sopra i 1.000 hp spesso erano inaffidabili o poco durevoli, consumavano troppo e se erano a cilindri in linea, era un dramma mantenerli in efficienza nelle basi avanzate. In altre parole, non ci sarebbe stato spazio per un Fw 190 in questo contesto, tanto meno per un Bf 109G. E questo, senza nemmeno considerare l'autonomia di per sé, o le operazioni da portaerei. In sostanza, i caccia e i bombardieri giapponesi erano una forza strategica, non meramente tattica come nelle aviazioni europee. Ogni discussione e critica sulla loro eccessiva vulnerabilità deve partire da questa premessa e le (im)possibili alternative.
La differente balistica delle armi richiedeva attenzione! I selettori di tiro nello Zero permettevano di aggiustare il fuoco con le armi da 7,7, per poi dare il colpo di grazia con i 20 mm, ma come si vede, non era affatto facile in pratica! E molti piloti commentavano quanto fosse difficile colpire un caccia con i 20 mm, o in alternativa, come con 2-3 raffiche fosse possibile restare senza munizioni, magari proprio sul più bello.
Ma il problema vero, è che gli Zero venivano distrutti troppo facilmente dalle micidiali 12,7 mm americane. Gli aerei USA, invece, reggevano abbastanza bene i colpi giapponesi, e anche quando venivano abbattuti, spesso i piloti si salvavano e tornavano poi a combattere, forti dell'esperienza acquisita. I Giapponesi no; o tornavano alla base, oppure morivano. Il giorno dopo, l'americano si sarebbe ricordato del perché si era trovato uno Zero in coda, cercando di non ricascarci; il novellino giapponese, invece, non si sarebbe nemmeno reso conto del pericolo e avrebbe fatto rapidamente la stessa fine del suo predecessore. E così, proprio l'A6M5, pur essendo un ottimo aereo, finì sterminato dagli Hellcat nell'ultimo anno di guerra.
Le Marianne potevano essere la rivincita giapponese, a parti invertite, di Midway; invece gli Americani distrussero prima le basi a terra, poi sterminarono le ondate d'attacco navali e infine si produssero in un futile esercizio d'attacco alle portaerei giapponesi, perdendo più aerei per mancanza di carburante che per l'azione nemica. Notare come in TUTTE le battaglie navali fu sempre determinante la ricognizione, dove i giapponesi non brillarono per nulla e subirono così il 'first strike' dalle portaerei americane. L'unica volta che non accadde, fu contro la vecchia Hermes britannica, del resto priva di aerei.
In attesa degli Hellcat, ma anche dopo, quando vi fu da equipaggiare le portaerei americane di scorta, i Wildcat erano ancora il più diretto avversario degli Zero, confrontandovisi praticamente da pari a pari, con il vantaggio di avere un minimo di blindatura e una potenza di fuoco affidabile, laddove gli Zero combattevano spesso sopratutto con le 7,7 mm e usando i 20 mm per le 'grandi occasioni', per esempio affrontando un bombardiere pesante, o dando il colpo di grazia ad un caccia sconfitto.
I cannoni furono senz'altro un cambio di stile notevole nella carriera degli 'Zero', e forse l'unico. I due Tipo 99 di vecchia generazione, con 60 colpi, erano relativamente poco efficienti; ma quando vennero aumentati i proiettili, con l'autonomia di fuoco passata da 7 a 11-12 secondi, la prospettiva del loro impiego cambiò.
Poi vennero migliorati come capacità balistiche, con alimentatori a nastro più capaci del 25%.
Quindi diventarono l'armamento più importante, tanto che le mitragliatrici da 7,7 mm vennero dismesse, in genere sostituite da una o più armi da 13,2 mm, che avevano una possibilità concreta di perforare le corazze nemiche.
I proiettili da 20x72 mm pesavano circa 128 grammi (gli MG FF tedeschi, circa 134 g), con munizioni a 200 gr o, nei Tipe 99 Mod 2, da 222 g.
Il peso dei Tipe 99-2 era più alto (35 vs 24 kg) pur restando limitato (Hispano: 50 kg); la velocità passava da circa 600 a 750 m/sec, gli ultimissimi Mod 2 avevano anche la cadenza di tiro aumentata da 500 a ca. 700 rpm.
Dove il livello di potenza 1 corrisponde, secondo Tony Williams (v. il suo sito e alcuni suoi lavori), al 7,7 mm americano, abbiamo, come comparazione: 4,6 per il 12,7 americano; 3 per i 12,7 giapponesi e italiani; 6 per quelli sovietici (per la maggiore quantità di esplosivo); i 20 mm Type 99-1 arrivavano a 12; i Type 99-2 (munizione da 20x101RB) a 15; gli MG 151/20 a 16; gli Hispano a 20 e gli Ho-5 (20x94 mm) a soli 10 punti, mentre gli ShVAK e B-20 si accontentavano di 11. Nell'insieme lo Zero arrivava ad un 'punteggio' di 238-262 (dove 20 corrisponde al proiettile da 7,7 mm Browning) ovvero circa il 50% meglio dei primi Hurricane e Spitfire.
L'armamento dello Zero fu sempre rispettato, ma passare dai tipi iniziali a valori come 2x20 mm più 3x 13,2 mm, era semplicemente un altro mondo. Però, a quel punto, era proprio la piattaforma che non era più in grado di usarlo, malgrado fosse notevolmente superiore anche come velocità rispetto agli Zero iniziali. Rispetto ai progressi americani, lo Zero non poté reggere il passo.
Essendo così vulnerabile e poco veloce, l'efficacia dello Zero dipese moltissimo dalla situazione. Nel 1940-41 riuscì ad accreditarsi circa 100 vittorie, senza alcuna perdita in combattimento aereo e solo pochissime (un paio) per contraerea. Spazzò via i pur validi caccia Polikarpov cinesi annullandone totalmente la capacità di difesa del territorio cinese. Ma come arrivò la guerra con gli Stati Uniti, le cose cambiarono. In quel primo giorno di combattimento, l'8 dicembre, ben 9 Zero vennero persi a Pearl Harbour e altri 7 nelle Filippine, totalizzando ben 16 perdite un giorno, otto volte di più che quelli persi nell'anno precedente e pari a circa il 5% del totale.
Va anche notato come i reparti d'attacco giapponesi riuscissero spesso ad operare da quote impressionanti, almeno per gli standard dei bombardieri europei: laddove 5.000 metri erano già una quota rispettabile, loro operavano abitualmente tra i 7.000 e gli 8.000 metri, nonostante le enormi difficoltà per equipaggi e macchine per via del gelo, ma anche della precisione di tiro, dato anche dallo scarso carico bellico disponibile. Eppure, spesso i puntatori giapponesi riuscivano a piazzare le bombe a segno, spiazzando le difese alleate e operando troppo in alto per velivoli come i P-39 e la maggior parte dei cannoni a.a.
E' un fatto di cui gli va dato atto, così come è sorprendente che gli Americani riuscissero a raggiungerli ugualmente, ma solo quando i radar li allertavano per tempo. Una volta arrivati in quota, i caccia dovevano vedersela con dei mitraglieri piuttosto ben armati e decisi a non farsi sopraffare, mentre i leggeri 'Zero', in quella tenue atmosfera, erano capaci di danzare attorno ai pesanti P-40, che invece erano al limite delle loro capacità; stranamente, i migliori caccia americani d'alta quota di prima generazione erano i Wildcat, però erano anche i più lenti!
Il problema fondamentale, ad ogni modo, era legato alle possibilità di crescita. Lo Zero rimase quasi tale e quale a quello che era nel 1939, solo un pò migliorato e dalla sagoma più spigolosa e incattivita. Come progetto era razionale e abbastanza ben producibile, dato che fu l'aereo giapponese più numeroso della Storia. Ma l'Hellcat, il Corsair e il futuribile Bearcat erano semplicemente superiori a qualsiasi Zero. L'unica possibilità era quella di costruire un caccia simile ad essi; ma l'A7M e lo Shiden arrivarono troppo tardi per fare una qualche differenza.
Che poi, tecnica a parte, non era nemmeno questo il problema di fondo. Il Giappone era KO, e l'economia stava andando a rotoli, assieme all'organizzazione produttiva e addestrativa.
Nel libro Rei Shiki Sento Ki (il caccia Zero) di Y. Akira, si descriveva come la fabbrica con il compito di assemblare lo Zero avesse quasi 8.000 persone, ma la metà erano non esperte, persino scolari e donne volontarie, e non gli era nemmeno permesso di raggiungere i rifugi quando c'erano gli attacchi aerei(!).
I lavoratori esperti vennero spesso risucchiati nelle forze armate, e sprecati come fanti! E nel frattempo la produzione di beni di prima necessità fu quasi totalmente spostata ai militari, che poi razionavano le poche risorse.
Le condizioni peggiorarono rapidamente, sia per le poche merci, che per il sistema di trasporti, oramai segnato sia dalla scarsa manutenzione che dagli attacchi nemici. E questo non aiutava certo la produzione di nuovi aerei, ora che gli impianti erano stati spesso dispersi e frammentati.
Yukio Seki era l'uomo che centrò la S.Lo nel primo attacco Kamikaze ufficiale, con i cinque A6M della 'Shikishima', il 25 ottobre 1944. Lui disse che andava a morire, ma non per il Giappone o per l'Imperatore, ma perché glielo avevano ordinato. E che il futuro della patria era nero, se ordinava ai suoi migliori uomini di andare a morire. Lui avrebbe piuttosto condotto un attacco radente e sganciato la bomba a breve distanza dalla nave. Lo videro sganciare l'ordigno sul ponte, ma poi si schiantò ugualmente, forse per la troppa velocità. Lasciò così la vita, la madre e la giovane moglie.
La guerra avrebbe dovuto quindi concludersi con il 'tiro al tacchino' delle Marianne, 4 mesi e mezzo prima.
Kamikaze a parte, dopo d'allora, tutto il resto fu noia.
Le Marianne potevano essere la rivincita giapponese, a parti invertite, di Midway; invece gli Americani distrussero prima le basi a terra, poi sterminarono le ondate d'attacco navali e infine si produssero in un futile esercizio d'attacco alle portaerei giapponesi, perdendo più aerei per mancanza di carburante che per l'azione nemica. Notare come in TUTTE le battaglie navali fu sempre determinante la ricognizione, dove i giapponesi non brillarono per nulla e subirono così il 'first strike' dalle portaerei americane. L'unica volta che non accadde, fu contro la vecchia Hermes britannica, del resto priva di aerei.
In attesa degli Hellcat, ma anche dopo, quando vi fu da equipaggiare le portaerei americane di scorta, i Wildcat erano ancora il più diretto avversario degli Zero, confrontandovisi praticamente da pari a pari, con il vantaggio di avere un minimo di blindatura e una potenza di fuoco affidabile, laddove gli Zero combattevano spesso sopratutto con le 7,7 mm e usando i 20 mm per le 'grandi occasioni', per esempio affrontando un bombardiere pesante, o dando il colpo di grazia ad un caccia sconfitto.
I cannoni furono senz'altro un cambio di stile notevole nella carriera degli 'Zero', e forse l'unico. I due Tipo 99 di vecchia generazione, con 60 colpi, erano relativamente poco efficienti; ma quando vennero aumentati i proiettili, con l'autonomia di fuoco passata da 7 a 11-12 secondi, la prospettiva del loro impiego cambiò.
Poi vennero migliorati come capacità balistiche, con alimentatori a nastro più capaci del 25%.
Quindi diventarono l'armamento più importante, tanto che le mitragliatrici da 7,7 mm vennero dismesse, in genere sostituite da una o più armi da 13,2 mm, che avevano una possibilità concreta di perforare le corazze nemiche.
I proiettili da 20x72 mm pesavano circa 128 grammi (gli MG FF tedeschi, circa 134 g), con munizioni a 200 gr o, nei Tipe 99 Mod 2, da 222 g.
Il peso dei Tipe 99-2 era più alto (35 vs 24 kg) pur restando limitato (Hispano: 50 kg); la velocità passava da circa 600 a 750 m/sec, gli ultimissimi Mod 2 avevano anche la cadenza di tiro aumentata da 500 a ca. 700 rpm.
Dove il livello di potenza 1 corrisponde, secondo Tony Williams (v. il suo sito e alcuni suoi lavori), al 7,7 mm americano, abbiamo, come comparazione: 4,6 per il 12,7 americano; 3 per i 12,7 giapponesi e italiani; 6 per quelli sovietici (per la maggiore quantità di esplosivo); i 20 mm Type 99-1 arrivavano a 12; i Type 99-2 (munizione da 20x101RB) a 15; gli MG 151/20 a 16; gli Hispano a 20 e gli Ho-5 (20x94 mm) a soli 10 punti, mentre gli ShVAK e B-20 si accontentavano di 11. Nell'insieme lo Zero arrivava ad un 'punteggio' di 238-262 (dove 20 corrisponde al proiettile da 7,7 mm Browning) ovvero circa il 50% meglio dei primi Hurricane e Spitfire.
L'armamento dello Zero fu sempre rispettato, ma passare dai tipi iniziali a valori come 2x20 mm più 3x 13,2 mm, era semplicemente un altro mondo. Però, a quel punto, era proprio la piattaforma che non era più in grado di usarlo, malgrado fosse notevolmente superiore anche come velocità rispetto agli Zero iniziali. Rispetto ai progressi americani, lo Zero non poté reggere il passo.
Essendo così vulnerabile e poco veloce, l'efficacia dello Zero dipese moltissimo dalla situazione. Nel 1940-41 riuscì ad accreditarsi circa 100 vittorie, senza alcuna perdita in combattimento aereo e solo pochissime (un paio) per contraerea. Spazzò via i pur validi caccia Polikarpov cinesi annullandone totalmente la capacità di difesa del territorio cinese. Ma come arrivò la guerra con gli Stati Uniti, le cose cambiarono. In quel primo giorno di combattimento, l'8 dicembre, ben 9 Zero vennero persi a Pearl Harbour e altri 7 nelle Filippine, totalizzando ben 16 perdite un giorno, otto volte di più che quelli persi nell'anno precedente e pari a circa il 5% del totale.
Va anche notato come i reparti d'attacco giapponesi riuscissero spesso ad operare da quote impressionanti, almeno per gli standard dei bombardieri europei: laddove 5.000 metri erano già una quota rispettabile, loro operavano abitualmente tra i 7.000 e gli 8.000 metri, nonostante le enormi difficoltà per equipaggi e macchine per via del gelo, ma anche della precisione di tiro, dato anche dallo scarso carico bellico disponibile. Eppure, spesso i puntatori giapponesi riuscivano a piazzare le bombe a segno, spiazzando le difese alleate e operando troppo in alto per velivoli come i P-39 e la maggior parte dei cannoni a.a.
E' un fatto di cui gli va dato atto, così come è sorprendente che gli Americani riuscissero a raggiungerli ugualmente, ma solo quando i radar li allertavano per tempo. Una volta arrivati in quota, i caccia dovevano vedersela con dei mitraglieri piuttosto ben armati e decisi a non farsi sopraffare, mentre i leggeri 'Zero', in quella tenue atmosfera, erano capaci di danzare attorno ai pesanti P-40, che invece erano al limite delle loro capacità; stranamente, i migliori caccia americani d'alta quota di prima generazione erano i Wildcat, però erano anche i più lenti!
Il problema fondamentale, ad ogni modo, era legato alle possibilità di crescita. Lo Zero rimase quasi tale e quale a quello che era nel 1939, solo un pò migliorato e dalla sagoma più spigolosa e incattivita. Come progetto era razionale e abbastanza ben producibile, dato che fu l'aereo giapponese più numeroso della Storia. Ma l'Hellcat, il Corsair e il futuribile Bearcat erano semplicemente superiori a qualsiasi Zero. L'unica possibilità era quella di costruire un caccia simile ad essi; ma l'A7M e lo Shiden arrivarono troppo tardi per fare una qualche differenza.
Che poi, tecnica a parte, non era nemmeno questo il problema di fondo. Il Giappone era KO, e l'economia stava andando a rotoli, assieme all'organizzazione produttiva e addestrativa.
Nel libro Rei Shiki Sento Ki (il caccia Zero) di Y. Akira, si descriveva come la fabbrica con il compito di assemblare lo Zero avesse quasi 8.000 persone, ma la metà erano non esperte, persino scolari e donne volontarie, e non gli era nemmeno permesso di raggiungere i rifugi quando c'erano gli attacchi aerei(!).
I lavoratori esperti vennero spesso risucchiati nelle forze armate, e sprecati come fanti! E nel frattempo la produzione di beni di prima necessità fu quasi totalmente spostata ai militari, che poi razionavano le poche risorse.
Le condizioni peggiorarono rapidamente, sia per le poche merci, che per il sistema di trasporti, oramai segnato sia dalla scarsa manutenzione che dagli attacchi nemici. E questo non aiutava certo la produzione di nuovi aerei, ora che gli impianti erano stati spesso dispersi e frammentati.
Yukio Seki era l'uomo che centrò la S.Lo nel primo attacco Kamikaze ufficiale, con i cinque A6M della 'Shikishima', il 25 ottobre 1944. Lui disse che andava a morire, ma non per il Giappone o per l'Imperatore, ma perché glielo avevano ordinato. E che il futuro della patria era nero, se ordinava ai suoi migliori uomini di andare a morire. Lui avrebbe piuttosto condotto un attacco radente e sganciato la bomba a breve distanza dalla nave. Lo videro sganciare l'ordigno sul ponte, ma poi si schiantò ugualmente, forse per la troppa velocità. Lasciò così la vita, la madre e la giovane moglie.
La guerra avrebbe dovuto quindi concludersi con il 'tiro al tacchino' delle Marianne, 4 mesi e mezzo prima.
Kamikaze a parte, dopo d'allora, tutto il resto fu noia.