13-3-19
Se c'é stata una corsa tecnologica nel periodo interguerra che ha richiesto un impegno integrale pur essendo relativa ad una categoria apparentemente secondaria, è stata quella degli incrociatori. Adesso non è forse così famosa come lo era all'epoca, ma non è nemmeno ignota, anzi, tanto che le classi di incrociatori, specie quelli pesanti, sono assai ben noti agli appassionati.
La competizione fu esacerbata dall'assurda rivalità italo-francese, che spostava di continuo in alto l'asticella della tecnologia necessaria a costruire navi sempre più potenti seppur secondarie rispetto alla flotta principale.
Assurda perché anzitutto, non c'era ragione di considerare la Francia come una rivale. L'Italia e la Francia avevano combattuto dalla stessa parte durante la Grande Guerra, a dire il vero erano pappa e ciccia dai tempi del Risorgimento; ma una volta messi fuori gioco gli imperi centrali è cominciata un'altra gara, bizzarra e futile, per disputarsi chi comandava nel mondo, chi comandava nel Mediterraneo e chi comandava nel Pacifico.
Nel caso del Mediterraneo, la gara è stata particolarmente idiota e inutile, voglio dire, a che pro l'Italia si sente minacciata dalla Francia? Perché non è una cosa legata solo agli anni '20. Nel tardo XIX secolo, la marina italiana inaugurò una corsa alle navi più potenti del mondo e bizzarramente riuscì a vincerla, almeno per il momento, probabilmente per mancanza di contendenti. Le due Duilio vennero costruite con progetto italiano, ma macchine e armi inglesi e corazze francesi. Se davvero francesi e inglesi, con cui l'Italia era in buone relazioni e con cui aveva combattuto diverse guerre tra cui quella 'gloriosa' di Crimea, dove ebbe 32 morti in battaglia e 5.000 per tutte le altre cause (incredibile no? E nemmeno in Libia circa 60 anni dopo andò molto meglio: quasi 2.000 morti in battaglia e circa altrettanti per tutte le altre cause, all'epoca combattere non era la cosa più pericolosa per un soldato in guerra...), con la Francia aveva concordato il Risorgimento, le navi inglesi avevano protetto Garibaldi e così via; eppure la nuova nata tra le grandi potenze europee si sentiva subito così minacciata, da dover ribadire a tutti che non si era secondi a nessuno. Ma i francesi erano tutt'altro che interessati alla gara a chi aveva il cannone più grosso, e gli inglesi, malgrado gli italiani considerassero Malta una 'terra irredenta', gli vendettero sia le macchine che i cannoni per le Duilio. Salvo poi comprare dalla stessa Armstrong altri cannoni per difendere Malta e Gibilterra dalle stesse navi italiane che venivano riarmate dai britannici. Fu veramente utile quella corsa agli armamenti? Per il prestigio nazionale probabilmente sì, ma se la Royal Navy avesse davvero voluto partecipare alla corsa, non avrebbe fatto qualcosa di più che ordinare una singola Inflexible come risposta agli italiani? Evidentemente c'erano dei seri problemi politici e di comunicazione all'epoca tra Italia e resto del mondo, ma senza le tecnologie straniere il progetto di Benedetto Brin non sarebbe stato possibile e la cosa divertente, è che una volta realizzato, esso fu una minaccia proprio contro le nazioni che avevano fornito gli elementi essenziali per la riuscita del progetto. Sarebbe bastato che la Armstrong avesse avuto ordine di non fornire armi agli italiani e tutto sarebbe crollato. Ma l'Italia in teoria era una nazione in pace con la Gran Bretagna e così li ebbe, per giunta la Armstrong ebbe il beneficio aggiuntivo di avere anche un ordine da parte dell'esercito inglese per altri cannoni da '100 tonnellate'. Businnes as usual.
Questo strano modo di vedersi circondati da nemici che non esistevano non impedirà, successivamente, la clamorosa sconfitta in Etiopia. Dove le super-corazzate della Regia Marina non ebbero, ovviamente, alcun ruolo, mentre quei poveracci mandati a combattere là in condizioni molto 'rustiche' non ebbero molta scelta se non morire o fuggire (del resto, gli abissini erano anche meno armati degli italiani, ma almeno erano 'a casa loro').
E nemmeno, dopo avere cambiato casacca prima di entrare in campo, vincendo la Grande Guerra con gli alleati colonialisti, di diffidare subito dopo degli stessi che qualche anno prima erano acclamati come salvatori-amici-fratelli dopo che andarono ad aiutare il fronte italiano dopo Caporetto. La politica di grandezza è così, non guarda in faccia nessuno. Nemmeno la logica.
E figurarsi se il regime dell'Italietta militarista e fascista non si faceva scappare un'occasione come quella di crearsi un nemico fatto su misura, i 'cugini' francesi.
Nel primo dopoguerra si arrivò così al Trattato di Washington, tentativo assai nobile di avere una limitazione futura ad altre corse agli armamenti, che all'epoca significavano sopratutto flotte da battaglia, visto che non è così facile ridurre il numero delle baionette (anche se alla Germania imposero un massimo di 100.000 uomini per l'esercito postbellico, però quello era il Trattato di Versailles). L'Italia, già in quel lontano 1921, e quindi, PRIMA ancora di diventare fascista, brigò e strepitò al punto di essere considerata pari alla Francia.
I francesi non erano contenti di come stavano andando le cose, ma vennero rassicurati dai britannici che la loro flotta mediterranea, in caso di confronto con l'Italia, sarebbe stata appoggiata dalla Mediterranean Fleet. E così si arrivò a questo ridicolo compromesso...
Dislocamento totale massimo secondo il trattato di Washington: (NB: le 'long ton' sono pari a 1.016 kg)
Stati Capital ship Portaerei
Impero Britannico 525 000 long ton (533 400 t)____135 000 long ton (137 200 t)
Stati Uniti 525 000 long ton (533 400 t)____135 000 long ton (137 200 t)
Giappone 315 000 long ton (320 100 t)____81 000 long ton (82 300 t)
Francia 175 000 long ton (177 800 t)____ 60 000 long ton (60 960 t)
Italia 175 000 long ton (177 800 t)____60 000 long ton (60 960 t)
Dice giustamente wikipedia:
Ogni nazione usò un approcciò differente per aggirare il trattato. Gli USA usarono caldaie migliori per ottenere velocità maggiori in navi più piccole. La Gran Bretagna progettò navi a cui poteva aggiungere corazzatura dopo l'inizio di una guerra e nel caso della Rodney e della Nelson usò "serbatoi di carburante" riempiti d'acqua come corazzatura*. L'Italia semplicemente mentì sul tonnellaggio delle sue navi. L'Impero giapponese si ritirò dal trattato nel 1936 e continuò il programma di costruzioni precedentemente iniziato, incluso il piazzare cannoni da 18,1 pollici (460 mm)) sulle corazzate classe Yamato. (ok, è wikipedia ma dice il giusto).
*infatti, le due Nelson avevano come parte della protezione delle paratie riempite di acqua o carburante e gli inglesi ottennero di non far includere queste nel dislocamento standard della nave. Infatti, il concetto di 'dislocamento standard' era essenzialmente questo: peso della nave, armata, equipaggiata, senza però carburante né acqua per le caldaie. La protezione era in genere 'fissa', ma con le paratie concepite per essere occupate da liquidi come 'corazza', fu possibile escludere il peso di questi ultimi dalla misurazione 'standard'. Peraltro, le Nelson furono tra le pochissime navi che davvero rispettarono i limiti di dislocamento stabiliti dai trattati, e lo sforzo fatto per ridurre i pesi e concentrare le capacità fu certamente molto lodevole per quanto desse alla luce questi compromessi. Altre nazioni invece, semplicemente mentirono o se ne fregarono bellamente dei limiti dei trattati, producendo 'mostri' di ben maggiore stazza e senza alcuna scusante.
E così con il trattato di Washington l'Italia riuscì a strappare il diritto di avere pari tonnellaggio di flotta militare di quanto ebbero i francesi, nonostante l'illogicità di questa decisione: la Francia aveva avuto il doppio dei morti dell'Italia, aveva da difendere un 'impero coloniale' (malgrado fosse una repubblica! Come diceva N.Chomsky, 'fascismo esteriore'...) distribuito su quasi tutti i continenti, mentre l'Italia non aveva che qualche modesto possedimento oltremare.
Però, a parte questo, la gara che cominciò è indubbiamente divertente. In un'epoca in cui anche un trofeo brutto e sgraziato diventava una ragion di stato come per l'appunto, il Trofeo Schneider (che a tutt'oggi viene ricordato spesso anche dai nostri giornalisti e storici, come una delle maggiori, se non la maggiore, delusione della propaganda fascista, aggiungendo che però via... l'MC.72 ha ancora il titolo dell'idrovolante più veloce del mondo), perso proprio contro l'odiata Albione, mentre l'Italia, veramente e quasi miracolosamente rinnovata malgrado la guerra, vinceva un pò di tutto, ma non era mai doma. Vinceva le corse il Tour de France, vinceva 2 mondiali a fila di calcio, vinceva con le macchine con Ferrari e Nuvolari, il Nastro azzurro (quello della Peroni, ma con il Rex, non con la birra) e così via, e non mancavano certo oltre 100 primati mondiali d'aviazione, la più fasssista delle armi, supportata da centri sperimentali di altissimo livello (anche se di resa pratica non così brillante come le tecnologie da 'formula uno' che concepivano).
Poi come carri armati aveva i 'veloci' L3, ovvero una serie di Carden-Lyod inglesi, da 'ben' 3 tonnellate (oh, però erano veloci, quindi andavano bene); e come aerei ebbe un impulso di grande modernità a metà degli anni '30, con l'SM.81 prodotto in quantità prodigiose (circa 500 in qualche anno), seguito per giunta da un numero ancora maggiore di SM.79. La caccia esibiva i suoi acrobatici biplani che riuscivano anche a dimostrare quanto erano buoni in combattimento, dominando in Spagna contro i caccia sovietici anche di tipo più moderno. Però la Regia Aeronautica era per lo più obsoleta già alla fine del decennio, e nemmeno la 'ripulitura' della gestione Pricolo (subentrato al gen. Valle) nel 1939 riuscirà a farne uno strumento realmente moderno, malgrado nel 1940, con circa 2.500 aerei ai reparti, fosse una delle più forti aeronautiche del mondo, paragonabile alla LW tedesca e con molti più stormi da bombardamento dei francesi, inglesi o americani. Nonostante questo, aveva quasi inaspettatamente imboccato una china discendente che la porterà a finire molto male in appena qualche anno, complice anche l'inanità (sic) dell'industria italiana, così debole rispetto a tutti i belligeranti. Mancavano i piani, il coordinamento, e le materie prime.
E l'esercito? Beh, ecco, quello ebbe qualche impulso moderato, ma nonostante i numeri impressionanti, ben oltre 12.000 pezzi di calibro superiore al 47 erano disponibili nel 1940, era per lo più equipaggiato con ferri vecchi, residuati di 1-2 guerra prima, poca meccanizzazione e corazzati modello 'scatole di sardine'. Curioso come appena nella I GM la FIAT divenne la spina dorsale della motorizzazione degli alleati (per strano che possa essere), ingigantendo la sua produzione in appena qualche anno e guadagnando la 'sempiterna' gratitudine dello stato italiano; gratitudine che ci è costata molto cara, ma del resto, diceva l'Avvocato, 'quel che va bene per la FIAT va bene per l'Italia'.
Durante la guerra l'esercito italiano dovette fare la Cenerentola a tutti gli effetti. In fondo se lo meritava, essendo facistissimo, al pari della prediletta del Duce, la R.Aeronautica (i cui elementi, però, non sembravano mediamente altrettanto indottrinati e fanatici).
Una produzione di mezzi corazzati ridicola (a parte alcuni temibili cannoni semoventi), artiglierie moderne poche e per giunta scarsamente utilizzate fuori dal territorio nazionale, con una produzione incredibilmente lenta e incerta, tanto che il pezzo da 90 mm divenne presto la 'star' della situazione, ma solo perché in pratica era l'unica artiglieria pesante a cui venne data una certa priorità produttiva. E anche così, persino all'Armistizio molte batterie mancavano ancora dei direttori di tiro e di piattaforme mobili e quindi le loro prestazioni belliche furono ben lontane da quelle dell'88 tedesco, che benché inferiore balisticamente (ma di ben poco, era comunque un pezzo micidiale e in pratica dubito che il nemico notasse la differenza...), era dappertutto e venne usato con successo contro ogni bersaglio. Fu così che venne usato ampiamente anche dal R.Esercito come 'stop gap' (per così dire). Per il resto, l'artiglieria modello Grande Guerra e i carri armati-sardine erano lo standard, e l'armamento individuale non era molto migliore. Le uniche cose relativamente buone erano i mortai e le artiglierie antiaerei leggere, ma è un pò troppo poco per fare la differenza in un conflitto così grande.
Ma la Marina, nonostante relativamente poco permeata dal nuovo regime, non ha mai e poi mai accettato la mediocrità e così si è regolata anche stavolta, volendo e pretendendo il massimo possibile in ogni campo. Armi, corazze, motori, e pure il design, che diamine, mica navi fatte così come vengono, con criteri da utilitaria tedesco-orientale o da auto tipo 'middle class' (come quelle con cui i britannici vinsero la guerra): no, soltanto fuoriserie super-accessoriate. A chi altri poteva venire in mente di dotare persino i cacciatorpediniere di due stazioni di direzione del tiro, se non a noaltri? (salvo poi rimuovere la seconda, perché di fatto inutile, o quanto meno non comprenderla più nelle costruzioni più moderne). Navi da 40+ nodi, siluri da 50+ nodi, cannoni da 1.000 metri al secondo. Niente era troppo per questa esaltazione collettiva. Dal 1880 almeno. Da questo punto di vista, come detto sopra, il governo fascista non aggiungeva niente alla politica navale dei precedenti 50 anni. Solo un robusto finanzialmento economico, ovviamente.
E così partì l'assurda e divertente gara tra Italia e Francia, dal momento che i francesi, loro malgrado, dovettero darci corda e iniziare una competizione in cui la loro mediocre industria navale dovette inventarsi molte importanti novità costruendo molte velocissime e costosissime navi, tanto per stare al passo con gli indiavolati italiani. Mica per superarli, ma proprio per non farsi surclassare inevitabilmente, anche perché il dopoguerra portò tali rinnovamenti nel settore della propulsione a turbina, che le navi passarono da poco più di 20 nodi a valori che alle volte si proiettavano verso i 40 e oltre, come era diventato normale aspettarsi per il futuro delle navi da guerra. Il futuro era visto, futuristicamente parlando, come un fatto di 'velocità'. Chi si ferma è perduto. Chi va più veloce vince, è il più forte e il più figo, anche se non sa dove sta andando.
Ecco perché si passò in pochi anni, dal mettere una potenza di circa 20.000 hp nei già veloci incrociatori tipo San Giorgio, a metterne, qualcosa come 150.000 (centocinquantamila) sui successivi incrociatori pesanti tipo Trento. Notare bene che questa potenza (ovviamente superata nelle prove a carico leggero) era su scafi di navi di circa diecimila tonnellate e degli anni '20, e che non è stata mai più eguagliata da qualsiasi altra nave entrata in servizio con la marina italiana, incluse le corazzate Littorio da 35.000 t del decennio successivo!!! Era quasi il doppio della potenza installata sugli incrociatori County, quelli della 'marina di riferimento' mondiale, quella inglese. Non era certo un fatto di 'non essere secondi a nessuno', ma di essere esasperatamente 'primi'. Non è assurdo? Eppure all'epoca riuscì possibile. Complimenti agli ingegneri che ci riuscirono, ma il senso di quelle navi quale fu?
Se lo chiesero anche all'epoca, e infatti dopo i Trento realizzarono gli Zara, che erano delle navi del tutto diverse.
Gli incrociatori Trento furono devoluti sopratutto alla velocità, ma comunque riuscirono ad essere, per qualche ragione, navi più equilibrate di altre tipo Washington realizzate all'epoca.
Erano leggermente in sovrappeso ma comunque non più di tanto.
Gli Zara, invece, erano incrociatori molto in sovrappeso, visto che anche considerando le 10.000 tonnellate come long tons (pari a 10.160 t), non si può dire che rimasero nel trattato, nemmeno per sbaglio: il dislocamento standard era tra 11.300 e 11.800 t, il che dava tra circa 1.200 e 1.600 t più del dovuto, non è certo un dettaglio, tanto che questo comportava fino al 15% di dislocamento extra, proprio quel che ci volle per dar loro una corazzatura eccezionale.
In verità, gli Zara non erano stati concepiti come veri e propri incrociatori Washington, ma quasi come delle vere corazzate leggere, in verità la Regia Marina non era convinta dell'utilità delle corazzate ad un certo punto del periodo interguerra e gli incrociatori pesanti, con le limitazioni dei trattati internazionali, sembravano tutto sommato più congrue. Dopotutto erano disponibili 175.000 t per costruire nuove corazzate, almeno all'inizio, ma in pratica non ci pensarono proprio a farlo, e solo verso la metà degli anni '30 riprese la corsa agli armamenti con il rimodernamento di 4 corazzate e l'impostazione di altrettante nuove. Nel mentre, però, erano stati utilizzati largamente gli incrociatori, di cui sette pesanti.
Quattro di questi erano gli Zara. La loro corazzatura era fatta apposta per reggere il tiro dei cannoni da 203 mm, e non solo quelli da 152. Però, per far questo, dovettero essere portati oltre il limite di dislocamento stabilito dai trattati, 10.000 tons che sono metricamente 10.160.
Ma già i pur leggeri Trento superavano questo valore, riferito alla nave con munizioni a bordo ma senza carburante né acqua da caldaia, tanto che stazzavano sulle 10.300 t, mentre il Bolzano arrivava a 10.800, ovvero oltre il 5% in più.
Per confronto, i Dunquesne francesi erano navi da 10.000 t (12.200 max), non molto di meno, d'accordo, ma di meno e sopratutto entro i limiti. I Trento, per starci, avrebbero dovuto cedere circa il 20% della loro non esuberante corazza protettiva (che era sulle 800 tonnellate). Gli incrociatori francesi non eran onemmeno concepiti realmente per fare la guerra ad unità analoghe, ma piuttosto per essere delle ottime navi marittime e per la difesa delle rotte navali dai raiders in stile tedesco.
Completate circa un anno prima (1927-28) dei due Trento, erano navi da 185-191 metri di lunghezza e 19 di largehzza massima, con 4 assi e 120.000 hp per 33,7 nodi. 1820 t di carburante davano loro 5.500 NM a 13 kt.
La corazzatura era drammaticamente inferiore rispetto ai Trento, ad ogni modo: solo 22-24 mm per il ponte, 30 mm per le torri, 30 per il torrione, 12-14 mm per la paratia antisiluro interna nella zona macchine, 20 mm per le traverse, mentre i depositi e il locale timone avevano anch'essi 30 mm.
L'armamento era simile (quello principale), ma i cannoni antiaerei erano inferiori, con soli 8 pezzi da 75 mm, per il resto c'erano anche 6 TLS da 550 mm e 1 idrovolante.
La loro struttura indicava chiaramente che essi non erano pensati per combattere realmente contro altri incrociatori pesanti, e forse nemmeno leggeri, la loro principale attività sarebbe stata la ricognizione e la guerra sulle linee commerciali (per protezione o attacco) e in questo somigliavano di più ai County inglesi che ai Trento.
La corazzatura era complessivamente appena 430 tonnellate. Navi veloci (fino ad oltre 35 kt alle prove) e con ottima tenuta di mare, potevano fare 30 kt con appena metà della potenza delle macchine.
Interessante fu la presenza fin dall'inizio di cannoni da 37 mm antiaerei (anche se di tipo a caricamento manuale), e che entrambe sopravvissero alla guerra, trovandosi dalla parte gollista, a differenza delle loro più potenti sorelline della marina francese.
Queste navi si potevano comparare solo ai County inglesi, piuttosto che ai Trento, in effetti non c'erano altri incrociatori che disprezzassero a tal punto la protezione da renderla appena credibile come antischegge o contro calibri davvero risibili.
In seguito arriveranno altre navi: i Suffren e l'Algerié, meglio protetti e bilanciati. Ma solo quest'ultimo era all'altezza degli Zara, mentre gli altri al limite, potevano confrontarsi con i Trento.
I County inglesi, dal canto loro, erano navi molto interessanti.
La loro corazzatura era modestissima, ma non è vero che fosse inesistente: sui lati delle macchine c'erano 25 mm (pare che 25 mm potesse essere realmente solo lo spessore dello scafo della nave, un pò più spesso di quello che avrebbe dovuto essere: diciamo che più che corazzati, i fianchi erano 'rinforzati' e questo comporta sia il fatto che la nave era considerata priva di cintura corazzata, sia che aveva una protezione per la sala macchine sia pure solo 'antischegge'), il ponte era sui 32 mm, mentre i depositi munizioni avevano fino a 101 mm laterali e 76 superiori. Inoltre avevano delle contro-carene che aiutavano a reggere i siluri, almeno fino ad un certo punto.
Questo per quel che riguarda le marine europee.
E quelle delle altre nazioni? Beh, gli americani lanceranno una serie di incrociatori iniziata con i due Pensacola, mentre continueranno con i Northampton e i New Orleans; dal canto loro i giapponesi risponderanno con numerose classi di queste navi: tipi come i Furutaka, Aoba, Myoko, Takao, fino ai Mogami e ai Tone, perché loro non abbandonarono mai il concetto di incrociatore pesante, a parte la prima edizione dei Mogami, presto convertiti in modalità 'heavy metal'.
Ma queso, per ora, è sol l'inizio della storia. E come si vede, non parliamo ancora degli incrociatori leggeri, altra faccia della medaglia anche se meno prestigiosi.
Se c'é stata una corsa tecnologica nel periodo interguerra che ha richiesto un impegno integrale pur essendo relativa ad una categoria apparentemente secondaria, è stata quella degli incrociatori. Adesso non è forse così famosa come lo era all'epoca, ma non è nemmeno ignota, anzi, tanto che le classi di incrociatori, specie quelli pesanti, sono assai ben noti agli appassionati.
La competizione fu esacerbata dall'assurda rivalità italo-francese, che spostava di continuo in alto l'asticella della tecnologia necessaria a costruire navi sempre più potenti seppur secondarie rispetto alla flotta principale.
Assurda perché anzitutto, non c'era ragione di considerare la Francia come una rivale. L'Italia e la Francia avevano combattuto dalla stessa parte durante la Grande Guerra, a dire il vero erano pappa e ciccia dai tempi del Risorgimento; ma una volta messi fuori gioco gli imperi centrali è cominciata un'altra gara, bizzarra e futile, per disputarsi chi comandava nel mondo, chi comandava nel Mediterraneo e chi comandava nel Pacifico.
Nel caso del Mediterraneo, la gara è stata particolarmente idiota e inutile, voglio dire, a che pro l'Italia si sente minacciata dalla Francia? Perché non è una cosa legata solo agli anni '20. Nel tardo XIX secolo, la marina italiana inaugurò una corsa alle navi più potenti del mondo e bizzarramente riuscì a vincerla, almeno per il momento, probabilmente per mancanza di contendenti. Le due Duilio vennero costruite con progetto italiano, ma macchine e armi inglesi e corazze francesi. Se davvero francesi e inglesi, con cui l'Italia era in buone relazioni e con cui aveva combattuto diverse guerre tra cui quella 'gloriosa' di Crimea, dove ebbe 32 morti in battaglia e 5.000 per tutte le altre cause (incredibile no? E nemmeno in Libia circa 60 anni dopo andò molto meglio: quasi 2.000 morti in battaglia e circa altrettanti per tutte le altre cause, all'epoca combattere non era la cosa più pericolosa per un soldato in guerra...), con la Francia aveva concordato il Risorgimento, le navi inglesi avevano protetto Garibaldi e così via; eppure la nuova nata tra le grandi potenze europee si sentiva subito così minacciata, da dover ribadire a tutti che non si era secondi a nessuno. Ma i francesi erano tutt'altro che interessati alla gara a chi aveva il cannone più grosso, e gli inglesi, malgrado gli italiani considerassero Malta una 'terra irredenta', gli vendettero sia le macchine che i cannoni per le Duilio. Salvo poi comprare dalla stessa Armstrong altri cannoni per difendere Malta e Gibilterra dalle stesse navi italiane che venivano riarmate dai britannici. Fu veramente utile quella corsa agli armamenti? Per il prestigio nazionale probabilmente sì, ma se la Royal Navy avesse davvero voluto partecipare alla corsa, non avrebbe fatto qualcosa di più che ordinare una singola Inflexible come risposta agli italiani? Evidentemente c'erano dei seri problemi politici e di comunicazione all'epoca tra Italia e resto del mondo, ma senza le tecnologie straniere il progetto di Benedetto Brin non sarebbe stato possibile e la cosa divertente, è che una volta realizzato, esso fu una minaccia proprio contro le nazioni che avevano fornito gli elementi essenziali per la riuscita del progetto. Sarebbe bastato che la Armstrong avesse avuto ordine di non fornire armi agli italiani e tutto sarebbe crollato. Ma l'Italia in teoria era una nazione in pace con la Gran Bretagna e così li ebbe, per giunta la Armstrong ebbe il beneficio aggiuntivo di avere anche un ordine da parte dell'esercito inglese per altri cannoni da '100 tonnellate'. Businnes as usual.
Questo strano modo di vedersi circondati da nemici che non esistevano non impedirà, successivamente, la clamorosa sconfitta in Etiopia. Dove le super-corazzate della Regia Marina non ebbero, ovviamente, alcun ruolo, mentre quei poveracci mandati a combattere là in condizioni molto 'rustiche' non ebbero molta scelta se non morire o fuggire (del resto, gli abissini erano anche meno armati degli italiani, ma almeno erano 'a casa loro').
E nemmeno, dopo avere cambiato casacca prima di entrare in campo, vincendo la Grande Guerra con gli alleati colonialisti, di diffidare subito dopo degli stessi che qualche anno prima erano acclamati come salvatori-amici-fratelli dopo che andarono ad aiutare il fronte italiano dopo Caporetto. La politica di grandezza è così, non guarda in faccia nessuno. Nemmeno la logica.
E figurarsi se il regime dell'Italietta militarista e fascista non si faceva scappare un'occasione come quella di crearsi un nemico fatto su misura, i 'cugini' francesi.
Nel primo dopoguerra si arrivò così al Trattato di Washington, tentativo assai nobile di avere una limitazione futura ad altre corse agli armamenti, che all'epoca significavano sopratutto flotte da battaglia, visto che non è così facile ridurre il numero delle baionette (anche se alla Germania imposero un massimo di 100.000 uomini per l'esercito postbellico, però quello era il Trattato di Versailles). L'Italia, già in quel lontano 1921, e quindi, PRIMA ancora di diventare fascista, brigò e strepitò al punto di essere considerata pari alla Francia.
I francesi non erano contenti di come stavano andando le cose, ma vennero rassicurati dai britannici che la loro flotta mediterranea, in caso di confronto con l'Italia, sarebbe stata appoggiata dalla Mediterranean Fleet. E così si arrivò a questo ridicolo compromesso...
Dislocamento totale massimo secondo il trattato di Washington: (NB: le 'long ton' sono pari a 1.016 kg)
Stati Capital ship Portaerei
Impero Britannico 525 000 long ton (533 400 t)____135 000 long ton (137 200 t)
Stati Uniti 525 000 long ton (533 400 t)____135 000 long ton (137 200 t)
Giappone 315 000 long ton (320 100 t)____81 000 long ton (82 300 t)
Francia 175 000 long ton (177 800 t)____ 60 000 long ton (60 960 t)
Italia 175 000 long ton (177 800 t)____60 000 long ton (60 960 t)
Dice giustamente wikipedia:
Ogni nazione usò un approcciò differente per aggirare il trattato. Gli USA usarono caldaie migliori per ottenere velocità maggiori in navi più piccole. La Gran Bretagna progettò navi a cui poteva aggiungere corazzatura dopo l'inizio di una guerra e nel caso della Rodney e della Nelson usò "serbatoi di carburante" riempiti d'acqua come corazzatura*. L'Italia semplicemente mentì sul tonnellaggio delle sue navi. L'Impero giapponese si ritirò dal trattato nel 1936 e continuò il programma di costruzioni precedentemente iniziato, incluso il piazzare cannoni da 18,1 pollici (460 mm)) sulle corazzate classe Yamato. (ok, è wikipedia ma dice il giusto).
*infatti, le due Nelson avevano come parte della protezione delle paratie riempite di acqua o carburante e gli inglesi ottennero di non far includere queste nel dislocamento standard della nave. Infatti, il concetto di 'dislocamento standard' era essenzialmente questo: peso della nave, armata, equipaggiata, senza però carburante né acqua per le caldaie. La protezione era in genere 'fissa', ma con le paratie concepite per essere occupate da liquidi come 'corazza', fu possibile escludere il peso di questi ultimi dalla misurazione 'standard'. Peraltro, le Nelson furono tra le pochissime navi che davvero rispettarono i limiti di dislocamento stabiliti dai trattati, e lo sforzo fatto per ridurre i pesi e concentrare le capacità fu certamente molto lodevole per quanto desse alla luce questi compromessi. Altre nazioni invece, semplicemente mentirono o se ne fregarono bellamente dei limiti dei trattati, producendo 'mostri' di ben maggiore stazza e senza alcuna scusante.
E così con il trattato di Washington l'Italia riuscì a strappare il diritto di avere pari tonnellaggio di flotta militare di quanto ebbero i francesi, nonostante l'illogicità di questa decisione: la Francia aveva avuto il doppio dei morti dell'Italia, aveva da difendere un 'impero coloniale' (malgrado fosse una repubblica! Come diceva N.Chomsky, 'fascismo esteriore'...) distribuito su quasi tutti i continenti, mentre l'Italia non aveva che qualche modesto possedimento oltremare.
Però, a parte questo, la gara che cominciò è indubbiamente divertente. In un'epoca in cui anche un trofeo brutto e sgraziato diventava una ragion di stato come per l'appunto, il Trofeo Schneider (che a tutt'oggi viene ricordato spesso anche dai nostri giornalisti e storici, come una delle maggiori, se non la maggiore, delusione della propaganda fascista, aggiungendo che però via... l'MC.72 ha ancora il titolo dell'idrovolante più veloce del mondo), perso proprio contro l'odiata Albione, mentre l'Italia, veramente e quasi miracolosamente rinnovata malgrado la guerra, vinceva un pò di tutto, ma non era mai doma. Vinceva le corse il Tour de France, vinceva 2 mondiali a fila di calcio, vinceva con le macchine con Ferrari e Nuvolari, il Nastro azzurro (quello della Peroni, ma con il Rex, non con la birra) e così via, e non mancavano certo oltre 100 primati mondiali d'aviazione, la più fasssista delle armi, supportata da centri sperimentali di altissimo livello (anche se di resa pratica non così brillante come le tecnologie da 'formula uno' che concepivano).
Poi come carri armati aveva i 'veloci' L3, ovvero una serie di Carden-Lyod inglesi, da 'ben' 3 tonnellate (oh, però erano veloci, quindi andavano bene); e come aerei ebbe un impulso di grande modernità a metà degli anni '30, con l'SM.81 prodotto in quantità prodigiose (circa 500 in qualche anno), seguito per giunta da un numero ancora maggiore di SM.79. La caccia esibiva i suoi acrobatici biplani che riuscivano anche a dimostrare quanto erano buoni in combattimento, dominando in Spagna contro i caccia sovietici anche di tipo più moderno. Però la Regia Aeronautica era per lo più obsoleta già alla fine del decennio, e nemmeno la 'ripulitura' della gestione Pricolo (subentrato al gen. Valle) nel 1939 riuscirà a farne uno strumento realmente moderno, malgrado nel 1940, con circa 2.500 aerei ai reparti, fosse una delle più forti aeronautiche del mondo, paragonabile alla LW tedesca e con molti più stormi da bombardamento dei francesi, inglesi o americani. Nonostante questo, aveva quasi inaspettatamente imboccato una china discendente che la porterà a finire molto male in appena qualche anno, complice anche l'inanità (sic) dell'industria italiana, così debole rispetto a tutti i belligeranti. Mancavano i piani, il coordinamento, e le materie prime.
E l'esercito? Beh, ecco, quello ebbe qualche impulso moderato, ma nonostante i numeri impressionanti, ben oltre 12.000 pezzi di calibro superiore al 47 erano disponibili nel 1940, era per lo più equipaggiato con ferri vecchi, residuati di 1-2 guerra prima, poca meccanizzazione e corazzati modello 'scatole di sardine'. Curioso come appena nella I GM la FIAT divenne la spina dorsale della motorizzazione degli alleati (per strano che possa essere), ingigantendo la sua produzione in appena qualche anno e guadagnando la 'sempiterna' gratitudine dello stato italiano; gratitudine che ci è costata molto cara, ma del resto, diceva l'Avvocato, 'quel che va bene per la FIAT va bene per l'Italia'.
Durante la guerra l'esercito italiano dovette fare la Cenerentola a tutti gli effetti. In fondo se lo meritava, essendo facistissimo, al pari della prediletta del Duce, la R.Aeronautica (i cui elementi, però, non sembravano mediamente altrettanto indottrinati e fanatici).
Una produzione di mezzi corazzati ridicola (a parte alcuni temibili cannoni semoventi), artiglierie moderne poche e per giunta scarsamente utilizzate fuori dal territorio nazionale, con una produzione incredibilmente lenta e incerta, tanto che il pezzo da 90 mm divenne presto la 'star' della situazione, ma solo perché in pratica era l'unica artiglieria pesante a cui venne data una certa priorità produttiva. E anche così, persino all'Armistizio molte batterie mancavano ancora dei direttori di tiro e di piattaforme mobili e quindi le loro prestazioni belliche furono ben lontane da quelle dell'88 tedesco, che benché inferiore balisticamente (ma di ben poco, era comunque un pezzo micidiale e in pratica dubito che il nemico notasse la differenza...), era dappertutto e venne usato con successo contro ogni bersaglio. Fu così che venne usato ampiamente anche dal R.Esercito come 'stop gap' (per così dire). Per il resto, l'artiglieria modello Grande Guerra e i carri armati-sardine erano lo standard, e l'armamento individuale non era molto migliore. Le uniche cose relativamente buone erano i mortai e le artiglierie antiaerei leggere, ma è un pò troppo poco per fare la differenza in un conflitto così grande.
Ma la Marina, nonostante relativamente poco permeata dal nuovo regime, non ha mai e poi mai accettato la mediocrità e così si è regolata anche stavolta, volendo e pretendendo il massimo possibile in ogni campo. Armi, corazze, motori, e pure il design, che diamine, mica navi fatte così come vengono, con criteri da utilitaria tedesco-orientale o da auto tipo 'middle class' (come quelle con cui i britannici vinsero la guerra): no, soltanto fuoriserie super-accessoriate. A chi altri poteva venire in mente di dotare persino i cacciatorpediniere di due stazioni di direzione del tiro, se non a noaltri? (salvo poi rimuovere la seconda, perché di fatto inutile, o quanto meno non comprenderla più nelle costruzioni più moderne). Navi da 40+ nodi, siluri da 50+ nodi, cannoni da 1.000 metri al secondo. Niente era troppo per questa esaltazione collettiva. Dal 1880 almeno. Da questo punto di vista, come detto sopra, il governo fascista non aggiungeva niente alla politica navale dei precedenti 50 anni. Solo un robusto finanzialmento economico, ovviamente.
E così partì l'assurda e divertente gara tra Italia e Francia, dal momento che i francesi, loro malgrado, dovettero darci corda e iniziare una competizione in cui la loro mediocre industria navale dovette inventarsi molte importanti novità costruendo molte velocissime e costosissime navi, tanto per stare al passo con gli indiavolati italiani. Mica per superarli, ma proprio per non farsi surclassare inevitabilmente, anche perché il dopoguerra portò tali rinnovamenti nel settore della propulsione a turbina, che le navi passarono da poco più di 20 nodi a valori che alle volte si proiettavano verso i 40 e oltre, come era diventato normale aspettarsi per il futuro delle navi da guerra. Il futuro era visto, futuristicamente parlando, come un fatto di 'velocità'. Chi si ferma è perduto. Chi va più veloce vince, è il più forte e il più figo, anche se non sa dove sta andando.
Ecco perché si passò in pochi anni, dal mettere una potenza di circa 20.000 hp nei già veloci incrociatori tipo San Giorgio, a metterne, qualcosa come 150.000 (centocinquantamila) sui successivi incrociatori pesanti tipo Trento. Notare bene che questa potenza (ovviamente superata nelle prove a carico leggero) era su scafi di navi di circa diecimila tonnellate e degli anni '20, e che non è stata mai più eguagliata da qualsiasi altra nave entrata in servizio con la marina italiana, incluse le corazzate Littorio da 35.000 t del decennio successivo!!! Era quasi il doppio della potenza installata sugli incrociatori County, quelli della 'marina di riferimento' mondiale, quella inglese. Non era certo un fatto di 'non essere secondi a nessuno', ma di essere esasperatamente 'primi'. Non è assurdo? Eppure all'epoca riuscì possibile. Complimenti agli ingegneri che ci riuscirono, ma il senso di quelle navi quale fu?
Se lo chiesero anche all'epoca, e infatti dopo i Trento realizzarono gli Zara, che erano delle navi del tutto diverse.
Gli incrociatori Trento furono devoluti sopratutto alla velocità, ma comunque riuscirono ad essere, per qualche ragione, navi più equilibrate di altre tipo Washington realizzate all'epoca.
Erano leggermente in sovrappeso ma comunque non più di tanto.
Gli Zara, invece, erano incrociatori molto in sovrappeso, visto che anche considerando le 10.000 tonnellate come long tons (pari a 10.160 t), non si può dire che rimasero nel trattato, nemmeno per sbaglio: il dislocamento standard era tra 11.300 e 11.800 t, il che dava tra circa 1.200 e 1.600 t più del dovuto, non è certo un dettaglio, tanto che questo comportava fino al 15% di dislocamento extra, proprio quel che ci volle per dar loro una corazzatura eccezionale.
In verità, gli Zara non erano stati concepiti come veri e propri incrociatori Washington, ma quasi come delle vere corazzate leggere, in verità la Regia Marina non era convinta dell'utilità delle corazzate ad un certo punto del periodo interguerra e gli incrociatori pesanti, con le limitazioni dei trattati internazionali, sembravano tutto sommato più congrue. Dopotutto erano disponibili 175.000 t per costruire nuove corazzate, almeno all'inizio, ma in pratica non ci pensarono proprio a farlo, e solo verso la metà degli anni '30 riprese la corsa agli armamenti con il rimodernamento di 4 corazzate e l'impostazione di altrettante nuove. Nel mentre, però, erano stati utilizzati largamente gli incrociatori, di cui sette pesanti.
Quattro di questi erano gli Zara. La loro corazzatura era fatta apposta per reggere il tiro dei cannoni da 203 mm, e non solo quelli da 152. Però, per far questo, dovettero essere portati oltre il limite di dislocamento stabilito dai trattati, 10.000 tons che sono metricamente 10.160.
Ma già i pur leggeri Trento superavano questo valore, riferito alla nave con munizioni a bordo ma senza carburante né acqua da caldaia, tanto che stazzavano sulle 10.300 t, mentre il Bolzano arrivava a 10.800, ovvero oltre il 5% in più.
Per confronto, i Dunquesne francesi erano navi da 10.000 t (12.200 max), non molto di meno, d'accordo, ma di meno e sopratutto entro i limiti. I Trento, per starci, avrebbero dovuto cedere circa il 20% della loro non esuberante corazza protettiva (che era sulle 800 tonnellate). Gli incrociatori francesi non eran onemmeno concepiti realmente per fare la guerra ad unità analoghe, ma piuttosto per essere delle ottime navi marittime e per la difesa delle rotte navali dai raiders in stile tedesco.
Completate circa un anno prima (1927-28) dei due Trento, erano navi da 185-191 metri di lunghezza e 19 di largehzza massima, con 4 assi e 120.000 hp per 33,7 nodi. 1820 t di carburante davano loro 5.500 NM a 13 kt.
La corazzatura era drammaticamente inferiore rispetto ai Trento, ad ogni modo: solo 22-24 mm per il ponte, 30 mm per le torri, 30 per il torrione, 12-14 mm per la paratia antisiluro interna nella zona macchine, 20 mm per le traverse, mentre i depositi e il locale timone avevano anch'essi 30 mm.
L'armamento era simile (quello principale), ma i cannoni antiaerei erano inferiori, con soli 8 pezzi da 75 mm, per il resto c'erano anche 6 TLS da 550 mm e 1 idrovolante.
La loro struttura indicava chiaramente che essi non erano pensati per combattere realmente contro altri incrociatori pesanti, e forse nemmeno leggeri, la loro principale attività sarebbe stata la ricognizione e la guerra sulle linee commerciali (per protezione o attacco) e in questo somigliavano di più ai County inglesi che ai Trento.
La corazzatura era complessivamente appena 430 tonnellate. Navi veloci (fino ad oltre 35 kt alle prove) e con ottima tenuta di mare, potevano fare 30 kt con appena metà della potenza delle macchine.
Interessante fu la presenza fin dall'inizio di cannoni da 37 mm antiaerei (anche se di tipo a caricamento manuale), e che entrambe sopravvissero alla guerra, trovandosi dalla parte gollista, a differenza delle loro più potenti sorelline della marina francese.
Queste navi si potevano comparare solo ai County inglesi, piuttosto che ai Trento, in effetti non c'erano altri incrociatori che disprezzassero a tal punto la protezione da renderla appena credibile come antischegge o contro calibri davvero risibili.
In seguito arriveranno altre navi: i Suffren e l'Algerié, meglio protetti e bilanciati. Ma solo quest'ultimo era all'altezza degli Zara, mentre gli altri al limite, potevano confrontarsi con i Trento.
I County inglesi, dal canto loro, erano navi molto interessanti.
La loro corazzatura era modestissima, ma non è vero che fosse inesistente: sui lati delle macchine c'erano 25 mm (pare che 25 mm potesse essere realmente solo lo spessore dello scafo della nave, un pò più spesso di quello che avrebbe dovuto essere: diciamo che più che corazzati, i fianchi erano 'rinforzati' e questo comporta sia il fatto che la nave era considerata priva di cintura corazzata, sia che aveva una protezione per la sala macchine sia pure solo 'antischegge'), il ponte era sui 32 mm, mentre i depositi munizioni avevano fino a 101 mm laterali e 76 superiori. Inoltre avevano delle contro-carene che aiutavano a reggere i siluri, almeno fino ad un certo punto.
Questo per quel che riguarda le marine europee.
E quelle delle altre nazioni? Beh, gli americani lanceranno una serie di incrociatori iniziata con i due Pensacola, mentre continueranno con i Northampton e i New Orleans; dal canto loro i giapponesi risponderanno con numerose classi di queste navi: tipi come i Furutaka, Aoba, Myoko, Takao, fino ai Mogami e ai Tone, perché loro non abbandonarono mai il concetto di incrociatore pesante, a parte la prima edizione dei Mogami, presto convertiti in modalità 'heavy metal'.
Ma queso, per ora, è sol l'inizio della storia. E come si vede, non parliamo ancora degli incrociatori leggeri, altra faccia della medaglia anche se meno prestigiosi.